Il processo al centro Trotskista anti-sovietico

Capitolo 15

 

 

 

Tra il Plenum di dicembre e quello di febbraio-marzo si tenne un secondo processo farsa che durò otto giorni, dal 23 al 30 Gennaio 1937.

Il primo degli imputati di questo processo ad essere arrestato, Muralov, era in carcere dall’aprile del 1936. E’ possibile che fosse stato designato per il processo precedente, ma evidentemente in sei mesi e mezzo non si era riusciti a ottenere una sua confessione.

Il primo degli accusati che accettò di collaborare con gli inquisitori fu Sokolnikov. A. M. Larina ha raccontato quanto le aveva riferito, nel campo di concentramento dove si trovava, la moglie del Deputato Commissario del Popolo per gli Affari Interni, Prokofiev. Questa aveva saputo dal marito, che Sokolnikov, appena arrestato e informato delle accuse a suo carico aveva immediatamente dichiarato: “Qualsiasi confessione assurda mi chiediate di fare, io la farò. Più grande sarà il numero dei partecipanti allo spettacolo che state preparando, più presto apriranno gli occhi nel Comitato Centrale, e più presto voi finirete sul banco degli accusati al mio posto”.

Questo fatto dimostra quanto, anche persone politicamente sofisticate, che pure conoscevano bene i metodi staliniani, una volta presi dal rullo compressore della repressione, fossero lontani dal capire quanto crudele potesse diventare l’azione di Stalin, quando utilizzava elementi di politica interna mescolati alla complessa situazione geopolitica . Anche dirigenti della statura di Sokolnikov erano prigionieri della massima psicologica che emerge in simili situazioni estreme: “Questo non può essere”. Così continuarono a credere nel “buon senso” delle elites politiche. Come oggi dimostra l’esperienza, simili radicate illusioni di massa, sono nate spesso in periodi di crudeli cambiamenti storici. Tali illusioni si sono sempre rivelate fatali, in quanto da loro è sempre dipesa una errata comprensione della realtà e in ultima analisi, hanno spinto la gente verso false conclusioni storiche.

Stalin, che seguiva accuratamente il corso delle indagini riguardanti il caso, scrisse dei commenti a margine sul verbale dell’interrogatorio di Sokolnkov allo scopo di indicare quali dichiarazioni si potevano ottenere dall’imputato. Sul punto dove Sokolnikov raccontava del suo incontro con il giornalista inglese Talbot, Stalin aggiunse a margine una domanda e una risposta: “Gli parlò del progetto di ammazzare i dirigenti del partito? Certamente lo fece”. Nella pagina successiva del verbale, dove Sokolnikov dichiarava di non essere a conoscenza dei legami tra Talbot e i servizi segreti inglesi, Stalin scrisse: “È certo che Sokolnikov forniva informazioni a Talbot sull’URSS, sul CC, sulla GPU, su tutto. Di conseguenza Sokonikov è un informatore (una spia) a favore dei servizi Britannici”.

Molto più difficile fu ottenere la collaborazione di Radek - l’unico vero importante trotskista al quale, dopo la capitolazione nel '29, era stato permesso di raggiungere posizioni elevate nell’apparato del partito (fino al suo arresto ne aveva diretto l’ufficio informazioni). Dopo la sua capitolazione promise a Stalin che si sarebbe impegnato attivamente nella propaganda contro l’opposizione di sinistra: da quel momento divenne uno dei più ascoltati consiglieri del capo nella costruzione delle calunnie contro il “Trotskismo”. Dalla sua penna provenivano ora la accuse più ciniche e le più velenose invettive contro Trotsky Scrisse A. Orlov: fin dal 1929, sei anni prima dei Processi di Mosca, definiva Trotsky ‘Giuda’ e servo di Lord Beaverbrook. Negli anni le sue falsificazioni e le sue calunnie crebbero in proporzione geometrica.

L’azione più infamante di Radek - il tradimento di Bliunkin, il quale dopo una visita illegale a Trotsky, aveva preso l’impegno di consegnare una lettera di questo a Radek – venne immediatamente portata a conoscenza dell’opposizione da Rabinovich, un membro del settore politico segreto della OGPU che nascostamente condivideva le idee dell’opposizione. Rabinovich, come Bliunkin, venne fucilato senza processo. Scrisse in seguito Orlov: Radek si era macchiato di una colpa così infamante che, da quel momento venne considerato alla stregua di un agente provocatore…i vecchi Bolscevichi- anche quelli che non avevano mai avuto a che fare con l’opposizione- iniziarono a boicottare Radek e smisero di salutarlo.

In un articolo pubblicato durante il Processo dei Sedici, Radek si vantò del suo ruolo d’informatore nel caso Bliunkin, anzi, arricchì la storia dell’incontro Trotsky-Bliunkin.

Secondo Radek , “Trosky aveva persuaso Bliunkin a introdurre letteratura illegale in URSS.

Inoltre nel 1928 Trosky aveva progettato di fuggire all’estero, e provò a convincere me e altri a fare altrettanto”, in quanto sosteneva che “senza emigrare in qualche paese straniero, sarebbe stato impossibile continuare il lavoro politico”. “Io ero inorridito”, scrisse Radek “dall’idea delle azioni contro l’URSS che si sarebbero potute fare con il sostegno degli stati borghesi, così che sabotai il tentativo di fuga”.

Alla vigilia del suo arresto, Radek scrisse numerose lettere a Stalin, in cui proclamò reiteratamente la sua innocenza. Evidentemente aveva intuito il ruolo vergognoso che gli avrebbero fatto assumere nel processo che si stava allestendo. Quando lo stavano portando in prigione, nel salutare la moglie le disse: “ Qualsiasi cosa tu venga a sapere di me, in qualunque modo tu ne venga a conoscenza, ti assicuro che non sono colpevole di niente”.

Dopo l’arresto, per due mesi e mezzo, Radek si rifiutò di collaborare con gli inquisitori, nonostante se lo lavorassero intere squadre di investigatori, ricorrendo anche al sistema del “nastro trasportatore”. Al Plenum di dicembre Stalin riferì delle numerose e lunghe lettere che Radek gli aveva scritto dalla prigione, lamentando il ‘terribile crimine’ che era stato commesso:

“ Qualcuno vuole mettere lui -un uomo sincero, devoto al partito, che ama il partito, che ama il CC, e così di seguito - sul banco degli imputati…ma egli vorrebbe che il suo onore restasse intatto”.

Secondo Orlov, Radek iniziò a collaborare solo dopo un lungo incontro con Stalin. Rifiutò di firmare la deposizione costruita per lui dagli investigatori, e offrì un propria versione, secondo la quale il Centro aveva dato a Trotsky il mandato di intavolare negoziati con il governo tedesco.

Come Muralov e Radek, la maggioranza degli imputati non confessarono immediatamente. Drobnis iniziò a collaborare dopo 40 giorni dalla data del suo arresto. Piatakov e Shestov dopo 33 giorni. Serebriakov dopo tre mesi e mezzo. Turol dopo 58 giorni. Norkin e Livshits dopo 51 giorni.

La preparazione di questo processo, come del precedente, fu tenuta sotto il controllo diretto di Stalin. Alcune note dell’archivio personale di Vishinsky, che risalgono al periodo di preparazione del processo, rivelano che Stalin era preoccupato che gli imputati potessero uscire dal seminato durante le descrizioni concrete degli atti di sabotaggio. Così ordinò a Vishinsky: “Non permettere che si soffermino troppo sui sabotaggi. Zittiscili subito. Hanno provocato così tanti disastri. Non concedergli di blaterare a vuoto”.

Vishinski e Yezhov presentarono tre possibili varianti dell’accusa finale. Stalin impose la rielaborazione della prima variante, e intervenne personalmente sulla seconda, cancellando il nome di Chlenov e mettendo al suo posto quello di Turok.

A fianco di figure politiche ben note(Sokolnikov, Radek, Piatakov,Serebriakov,Boguslavsky), il processo presentava cinque uomini che lavoravano nel Kusbass, già condannati nella “processo di prova” di Kamerovo (Dobris, Norkin, Shestov, Stroilov, Arnold) e due specialisti in campo economico provenienti dalla provincia. I restanti sei vennero scelti tra i numerosi economisti e ingegneri già arrestati .

Al fine di dare una maggiore credibilità al processo i verbali erano composti di ben 400 pagine, a differenza del processo dei 16 dove le pagine erano 150. Tutti i verbali erano composti in forma di dialogo tra accusato ed accusatore .I commenti anonimi sul comportamento degli imputati furono eliminati.

Il nome di Trotsky figurava centinaia di volte nei verbali. Piatakov e Radek affermarono che gli imputati del precedente processo avevano volutamente nascosto il punto principale: essi avevano ricevuto gli ordini di sabotaggio da Trotsky , il quale si era accordato con i fascisti per portare avanti una politica di disfattismo in URSS, in previsione della futura guerra. Radek stesso testimoniò di aver ricevuto una lettera da Trotsky contenente simili direttive. Sedov l’aveva consegnata ai suoi emissari del “centro” i quali gliela avevano fatta pervenire. Piatakov testimoniò che si era incontrato con Sedov (nel 1931) e con Trotsky (nel 1935).

Tra gli obiettivi del “centro Trotskista” il terrorismo stava al primo posto. La precedente lista di sei persone, indicate come vittime designate d’attentati terroristici, fu incrementata dai nomi di Molotov, Eikhe, Yezhov e Beria. Gli accusati nominarono decine di nuove persone come facenti parte dei gruppi che intendevano portare il loro attacco terroristico contro i “dirigenti”.

Victor Serge, che conosceva personalmente alcuni dei “terroristi” menzionati al processo, affermò che uno di loro era Zaks-Gladev, un anziano marxista erudito e grandissimo oratore, che conduceva una vita solitaria ed era completamente incapace di qualsivoglia azione pratica.

Un altro era Tovel, un giovane giornalista e studioso che si occupava d’Induismo. Un altro gruppo era composti di giovani storici, Zaidel, Fridliand, Vanag e Piontkovsky, i cui lavori, pur se non mancavano di meriti , erano completamente impregnati dell’ideologia staliniana.

Dopo l’assassinio di Kirov non un solo atto di terrorismo si era verificato in Russia. E questo in un paese dove durante il regime zarista, decine d’attentati erano stati fatti contro lo Zar, i suoi ufficiali e la polizia.” “È impossibile usare all’infinito la salma di Kirov per annientare l’intera opposizione”, scrisse Trotsky. “Quindi nel processo sono lanciate accuse nuove: sabotaggio dell’economia, spionaggio militare,aiuto alla restaurazione del capitalismo e perfino tentato sterminio di massa di lavoratori.

Notando che nessuna di queste accuse era stata sollevata al precedente processo, Trosky scrisse: “nessuno riesce a capire come mai, Radek e Piatakov, definiti ‘complici’ dagli accusati del Processo Dei Sedici, non siano stati portati immediatamente al primo processo. Incomprensibile è capire come mai Zinovev, Kamenev, Smirnov e Mrachkovsky, fossero all’oscuro dei piani su scala internazionale di Piatakov e Radek (accelerare lo scoppio della guerra, smembrare L’URSS e così via). Chi possiede un minimo d’intuizione, comprende che questi grandiosi progetti, così come la grande idea del ‘Centro Parallelo”, sono frutto dell’ispirazione della GPU, allo scopo di puntellare una traballante falsificazione con un falso ancora più grande.

Nel 1932, Radek disse a Romm che il centro ‘Trotskista-Zinovevista’ era già stato costituito, ma loro, Radek e Piatakov, non si erano uniti a questo centro: avevano preservato se stessi per unirsi a un centro ‘parallelo dominato dai Trotskisti. In questo senso la disponibile socievolezza di Radek si è rivelata provvidenziale. Ma questo non deve essere inteso nel senso che Radek nel 1932 aveva parlato a Romm di un centro parallelo, come se avesse previsto in anticipo il lavoro di Vishinsky nel 1937. No, la questione è molto più semplice: Radek e Romm, con l’aiuto della GPU, hanno creato una ricostruzione di comodo degli eventi del 1932 . E dobbiamo dirlo chiaramente: il lavoro non è venuto bene”.

Trotsky trovò un ancor più assurdo strafalcione giuridico nella testimonianza di Romm, quando questi riferiva di aver consegnato un dettagliato rapporto di Radek a Sedov, in cui si ‘riferiva sia al centro principale che del centro parallelo’. “Lasciateci rilevare questa circostanza impagabile!”scrisse Trosky “ Nessuno dei sedici imputati, iniziando da Zinovev per finire con Reingold, che conoscevano ogni cosa ed erano informati su ognuno, conosceva , fino a tutto il mese di agosto, l’esistenza di un centro parallelo. Invece Romm, già alla fine del 1932 era pienamente informato sull’esistenza di un centro parallelo e della sua attività. Ancora più attenzione merita il fatto che Radek, che non si era unito al centro principale, gli spedì un rapporto dettagliato, sia sul centro principale che sul centro parallelo”.

Secondo tutte le testimonianze degli accusati, i “Trotskisti” eseguivano prontamente e senza discussione qualsiasi direttiva di Trotsky . Victor Serge scrisse:”L’Opposizione di Sinistra era composta di combattenti devoti, ma non ha mai avuto un ‘leader’, ed ha sempre avversato il ‘culto del capo’. I veri Trotskisti, nelle carceri staliniane, sebbene acconsentissero alla definizione di Trotskisti in segno di rispetto per ‘il vecchio’(così veniva chiamato Trotsky), non hanno mai accettato neanche una singola idea sulla base della fiducia, da chiunque provenisse, senza prima fare un esame critico. L’idea stessa di una ‘direttiva’ non discutibile, è il prodotto di un immaginazione contorta (degli Stalinisti)”.

Le affermazioni di Radek, Sokolnikov e Piatakov delineano la seguente versione dei fatti: Trotsky aveva condotto dei negoziati con Hess, il presidente nazista della camera dei deputati. Trotsky aveva fatto sapere al “centro” che la Germania stava progettando l’attacco alla Russia già nel 1937. Trotsky aveva la premonizione che in una simile guerra la Russia sarebbe stata inevitabilmente sconfitta, e ciò avrebbe comportato “ la distruzione di tutti i quadri Trotskisti, travolti dalle rovine dello stato Sovietico”. Al fine di preservare i suoi “quadri”, Trotsky aveva ottenuto la promessa dai futuri aggressori dell’URSS che, in caso di guerra, ai Trotskisti sarebbe stato permesso di tornare al potere. Ovviamente in cambio di alcune concessioni: alla Germania sarebbero stati venduti importanti settori dell’industria nazionale; la Germania avrebbe ottenuto dalla Russia materie prime e prodotti lavorati a prezzi inferiori del mercato corrente; si sarebbe soddisfatta la volontà tedesca di espansione verso est concedendogli L’Ucraina; simili concessioni sarebbero state fatte pure al Giappone .Trotsky stesso si era impegnato a concedere ai giapponesi le regioni dell’estremo oriente. Inoltre prometteva di fornire petrolio in caso di guerra contro gli USA. Per affrettare la sconfitta della Russia, Trotsky chiese al “Centro”di stilare una lista delle fabbriche più importanti. Sarebbero state messe fuori uso all’inizio della guerra. Radek e Sokolnikov confermarono “ il diritto di Trotsky” di parlare a nome dei “Trotskisti Sovietici”, e nel corso di conversazioni con diplomatici tedeschi e giapponesi , si impegnarono a sostenere , da “politici realisti” quali erano, le posizioni politiche di Trotsky.

Radek fu molto loquace nel sostenere questa versione. Vischinsky lo definì “ministro degli esteri del Centro Trotskista, oltre che “il più importante, e, dobbiamo riconoscergli ciò che gli spetta, il più talentoso e ostinato Trotskista…Egli è il più fidato e stretto collaboratore dell’atamano Trotsky”. (Vischinsky prese l’espressione ‘atamano’, per definire Trotsky, da una articolo di Radek pubblicato durante il Processo dei Sedici)

Nelle sue conclusioni Radek fu molto generoso in ʽavvertimenti’, non solo ai Trotskisti, ma anche, come si espresse egli stesso,”Ai semi-Trotskisti, ai Trotskisti per un quarto e ai Trotskisti per un ottavo”. Alle “persone che ci aiutarono, pur senza sapere niente della nostra organizzazione terroristica, e simpatizzarono con noi, o perché influenzati dal liberalismo e perché scontenti del partito… a tutti questi elementi lo vogliamo dire, prima che la corte emetta la sua sentenza: anche la più insignificante divergenza verso il partito può portare chiunque a diventare domani un traditore e un sabotatore, se questa divergenza non viene portata all’esame del partito”. Le parole rivolte agli “elementi Trotskisti” rifugiati all’estero suonarono anche più minacciose: “Loro pagheranno con la propria testa il fatto di non aver voluto fare tesoro della esperienza”. Queste parole vennero presto confermate dalle azioni sanguinose degli Stalinisti in terra Spagnola.(vedi cap.43)

Nel frattempo Radek, per due volte, in reazione agli insulti del procuratore, rispose più di quanto gli era stato domandato. Dopo le parole di Radek sui dubbi tormentosi che lo colsero dopo l’arrivo delle direttive di Trotsky, intervenne Vishinsky e gli chiese:” Possiamo prendere sul serio i vostri dubbi e le vostre vacillazioni?” Replicò Radek:“Se dimenticate il fatto che tutto ciò che sapete sui cospiratori e sul programma di Trotsky lo avete appreso esclusivamente da me, potete non prendermi sul serio”.

Ancora più insidiosa fu la conclusione di Radek, quando mise in discussione la definizione che Vishinsky aveva dato degli accusati, come di “ una banda di criminali, che in niente differisce, o nel migliore dei casi è poco diversa, dai banditi di strada maestra con randello e pugnale”. A questo proposito, così rispose Radek:” Questo processo ha dimostrato come si sta preparando la guerra, e come i Trotskisti sono diventati agenti di chi questa nuova guerra mondiale la sta preparando. Quali prove esistono di questo fatto? Ci sono due testimonianze, la mia, circa le direttive e le lettere inviate da Trotsky (lettere che ho sfortunatamente bruciato), e la testimonianza di Piatakov che ha parlato con Trotsky. Tutte le risposte degli altri accusati restano nel solco della nostra testimonianza. Se voi avete a che fare con semplici spie e criminali, su cosa basate la certezza che noi abbiamo detto la verità, la inscalfibile verità?”

Ci fu qualche scivolone anche nelle testimonianze d’altri imputati. Cosi Muralov, che pure aveva confessato la sua partecipazione alla preparazione d’attacchi contro Molotov ed Eikhe, confutando la testimonianza di Shestov, negò testardamente di aver dato direttive per la preparazione di una attacco a Orzdonikidze.

A Piatakov, che era il vero dirigente dell’industria pesante (superava di gran lunga Orzdonikidze, quanto a conoscenze economiche e tecniche), fu affidato il compito di esporre una racconto dettagliato degli atti di sabotaggio avvenuti in campo industriale. Sebbene si dimostrasse molto obbediente, fu in relazione alla sua testimonianza che gli ‘investigatori’ presero una cantonata di dimensioni perfino superiori a quella dell’Hotel Bristol nel processo precedente.

Già il 15 settembre 1936, Trotsky si era rivolto all’opinione pubblica mondiale per mettere tutti sull’avviso: Stalin, dopo il risultato politicamente disastroso del primo processo, ne avrebbe preparato un secondo in cui, la GPU avrebbe tentato di dimostrare che la base operativa del terrorismo era da cercare a Oslo. Piatakov, quasi ad attuare questa ipotesi, testimoniò che nel 1935, mentre si trovava in missione d’affari a Berlino, con un aereo fornito dai servizi segreti tedeschi, volò fino ad Oslo. Che si trattava di un falso gigantesco fu subito chiaro leggendo gli ampi resoconti della stampa occidentale. Inoltre, lo stesso rapporto segreto di Zborowsky, fondato sulle sue caute conversazioni con Sedov, aveva potuto stabilire, senza ombra di dubbio che Trotsky, da quando era stato esiliato non aveva incontrato Piatakov.

Il primo a commentare il fatto sulla stampa mondiale, il 24 gennaio subito dopo la pubblicazione della testimonianza di Piatakov, fu lo stesso Trotsky, il quale pose, via telegrafo, trenta domande riguardanti il Processo di Mosca, chiedendo che fossero sottoposte a Piatakov, allo scopo di specificare le circostanze sui loro pretesi incontri. Nello stesso tempo, il quotidiano Norvegese Aftenposten assicurò che ,nel dicembre 1935, nessun aereo estero era atterrato nell’aeroporto di Oslo. Il 9 di Gennaio, il quotidiano del partito di governo pubblicò la testimonianza del direttore dell’aerodromo: dal 19 settembre al primo maggio 1936 nessun aereo straniero era atterrato su quell’aeroporto. Lo stesso giorno Trotsky rilasciò la seguente dichiarazione: “Sono fortemente preoccupato che la GPU possa affrettare l’esecuzione di Piatakov per evitare ulteriori scomode domande e garantirsi che una commissione internazionale di inchiesta sul processo non possa interrogare direttamente Piatakov.

Il giorno successivo durante la sua dichiarazione finale, Piatakov disse che Trotsky “invece di venire qui al processo a confutare di persona le accuse che gli ho rivolto, preferisce sottrarsi al confronto e accusare gli imputati di mentire”. Comunque neanche questa dichiarazione assurda, chiaramente messa in bocca all’imputato da Vishinsky, riuscì a evitare la fucilazione a Piatakov.

Parlando della loro attività di sabotaggio, Piatakov e altri imputati citarono incidenti, incendi e disastri realmente accaduti, già esaminati in indagini di varie commissioni d’inchiesta. Tutte giunte alle stesse conclusioni: i tragici eventi erano stati provocati da errori dovuti alla violazione delle regole di sicurezza sul lavoro, alla negligenza e all’inesperienza dei lavoratori.

Tutto fu attribuito al sabotaggio. Romm, presentato come un intermediario fra Trosky e il centro, testimoniò che in una conversazione con Trotsky al Bois de Boulogne, questi chiese che fossero programmati degli atti di sabotaggio, senza badare a possibili perdite di vite umane. Seguendo l’esempio di Romm, gli altri accusati confermarono che, con gli incendi, le esplosioni, gli incidenti di treni, essi cercarono, coscientemente, di causare sofferenza alla popolazione, allo scopo di creare scontento verso Stalin e il governo. Inoltre, gli ‘imputati’ confessarono di aver realizzato atti di sabotaggio e spionaggio, non solo a seguito degli ordini di Trotsky, ma anche per volontà dei servizi segreti giapponesi e tedeschi.

Tentando di suscitare l’orrore, Vishinsky, nella sua requisitoria esclamò: “Non sono da solo a muovere queste accuse! Accanto a me, compagni giudici, sento che stanno le vittime di questi crimini e di questi criminali - invalidi con le stampelle, mezzi morti, magari senza gambe, come la compagna Nagovitsyna, addetta agli scambi alla stazione Chusovskaya, che oggi si è rivolta a me attraverso le pagine della Pravda, e che ha perso entrambe le gambe nel tentativo di impedire il deragliamento che queste persone avevano organizzato. Nonostante le vittime siano state sepolte, esse stanno lo stesso accanto a me, e agitano contro il banco degli imputati, contro di voi, le braccia decomposte nelle tombe, dove voi le avete spedite!”.

Senza un minimo di vergogna, Vishinsky fece alcune affermazioni da cui si capiva chiaramente che la colpevolezza degli imputati non sarebbe mai stata dimostrata al processo. Così, rispondendo alle dichiarazioni dell’ex capo dell’industria chimica principale, commentò beffardo: “Se sia una spia tedesca o polacca, questo non è ancora chiaro; ma che sia una spia non ci sono dubbi. In ogni caso merita di essere chiamato bugiardo, truffatore e imbroglione”.

Toccando il punto debole del processo- l’assenza di qualsiasi prova materiale dell’attività criminale degli imputati- Vishinsky dichiarò: “Io posso asserire, seguendo le fondamentali esigenze della procedura penale, che simili prove, nel caso di cospirazione, non possono essere prodotte”.

Ancora una volta, definendo la lettera aperta di Trotsky del '32 una direttiva terroristica, Vishinsky aggiunse un riferimento ad un altro articolo di Trotsky, il quale, secondo le sue parole, conteneva “ in forma abbastanza scoperta…l’ordine di scatenare il terrore”. Vishinsky non si limitò ad alcune parole, ma citò diverse frasi dell’articolo di Trotsky: “Sarebbe infantile credere che la burocrazia Stalinista possa essere rimossa per mezzo del partito o di un congresso dei Soviet…per cacciare la cricca al potere non rimane più nessun mezzo costituzionale. La burocrazia può essere costretta a cedere il potere solo dall’avanguardia del proletariato: con la forza. ome si può chiamare questo se non un appello al terrorismo?”. Definendo terrorismo qualsiasi uso della forza,Vischinsky dichiarò: “Un oppositore del terrorismo e della violenza, avrebbe dovuto dire: sì, è possibile la riforma dello stato Sovietico, con mezzi pacifici e , lasciatecelo dire, sulla base della nostra costituzione”.

Commentando le argomentazioni del procuratore,Trotsky scrisse: “I rivoluzionari seri non giocano con la violenza. Ma essi non possono rifiutarsi di ricorrere alla violenza rivoluzionaria, nel caso la storia neghi ogni altro mezzo… Io credo che il sistema del Bonapartismo Staliniano possa essere rimosso solo per mezzo di una rivoluzione politica. Comunque le rivoluzioni non si fanno su ordinazione. Le rivoluzioni derivano dalle sviluppo sociale. Esse non possono essere provocate artificialmente. Ancora più assurdo è pensare che una rivoluzione possa essere sostituita da una qual si voglia azione terroristica avventuristica . Quando, invece di contrapporre le due metodologie- terrorismo individuale e insurrezione di massa- Vishinsky le equipara, sferra un attacco contro l’intera storia della Rivoluzione Russa e rinuncia a tutta la filosofia Marxista in favore di una contraffazione giudiziaria.” Trotsky mise in rilievo anche un’altra impostura nella dichiarazione di Vishinsky, laddove questi diceva essere possibile rimuovere il regime totalitario Staliniano “sulla base della Costituzione”, la quale era solo un belletto sulla faccia della presunta democrazia esistente in URSS .

A differenza del processo precedente, erano presenti alcuni famosi avocati che difendevano tre degli imputati meno importanti. Interpretarono la loro funzione nel fiancheggiare il procuratore quanto più potevano. L’avvocato Braude, rivolto verso i giudici dichiarò apertamente: “non voglio nascondere la grandissima difficoltà in qui si trova un difensore in un caso come questo…Il sentimento di grande indignazione, rabbia e orrore che pervade l’intero paese, giovani e vecchi, il sentimento che il procuratore ha così chiaramente espresso: questi sentimenti non possono essere estranei ad un avocato difensore”. Riconoscendo che era stato provato al di là d’ogni ragionevole dubbio che il suo assistito Kniazev “ha fatto deragliare treni carichi di persone e di soldati dell’Armata Rossa, su ordine dei servizi segreti Giapponesi”, Braude chiese che la pena fosse attenuata in virtù del fatto che Kniazev era solo l’esecutore indiretto di “molti crimini terribili”, la cui responsabilità principale ricadeva sulle spalle dello “spregevole Trotsky”.

Al processo fu subito annunciato che 14 degli imputati avevano rinunciato non solo al difensore, ma anche a difendersi personalmente, preferendo concentrare la loro verità nella dichiarazione finale, che comunque poco somigliava a una vera e propria difesa, quanto più tosto a una ulteriore auto-flagellazione.

Nei loro appelli finali gli imputati provarono a spiegare le ragioni delle loro originarie ‘false deposizioni’. In questo senso l’ultimo discorso di Muralov era caratteristico, e più tardi servì ai sostenitori del "complesso di Koestler"[vedi capitolo 23]. Muralov dichiarò che in prigione era giunto a questa conclusione: "Se io continuo a restare un Trotskista diventerò senz’altro la bandiera della controrivoluzione. La cosa mi terrorizzava: diventare un vessillo per i controrivoluzionari, che ancora purtroppo esistono nel nostro paese. Così non ho voluto essere la radice dalla quale sarebbero nati dei germogli avvelenati. Allora mi sono detto, dopo almeno otto mesi [durante i quali si ha rifiutato di collaborare. V.R:], devo subordinare i miei personali interessi in favore dell’interesse dello stato per il quale ho combattuto attivamente in tre rivoluzioni, durante le quali, per dozzine di volte la mia vita e rimasta appesa a un filo”.

Stimolati dal procuratore, gli imputati negarono risolutamente che le loro testimonianze fossero state ottenute con l’utilizzo di ‘pressioni esterne’. Così Vishinsky entrò nei dettagli chiedendo a Norkin in che maniera era stato ‘torchiato’ dagli investigatori. Simili ‘pressioni’, disse Vishinsky, “si realizzano nel privare gli accusati del sonno e del buon cibo. Questo noi lo conosciamo dalla storia delle prigioni nei paesi capitalisti. Anche le sigarette possono essere vietate”. Di fronte a queste domande ciniche, Norkin replicò mestamente: "Non c’è stato niente di tutto questo”.

Radek andò anche oltre, quando, nell’appello finale, sollevando la questione spinosa disse: “Se la domanda è - sono stato torturato durante l’istruttoria? allora devo rispondere che non sono stato torturato, ma io ho torturato loro forzandoli ad un lavoro non necessario [rifiutandosi per due mesi e mezzo di confessare-V.R:]”

Nella sentenza si sosteneva che “Piatakov, Serebriakov, Radek e Sokolnikov, membri del ‘Centro Trotskista anti-sovietico’, agli ordini di Trotsky, il nemico del popolo che vive all’estero…hanno diretto l’attività di terrorismo, spionaggio e sabotaggio contro l’Unione Sovietica”. I restanti accusati furono ritenuti colpevoli di partecipazione all’organizzazione e di aver messo in esecuzione gli ordini provenienti dal ‘Centro’.

Il 29 Gennaio Ulrich mandò la sentenza da lui scritta a Yezhov ‘per l’approvazione'.L’unica misura punitiva prevista nella sentenza, per tutti gli imputati, era la fucilazione. Yezhov, certamente su ordine di Stalin, attenuò la punizione di quattro imputati, inclusi due membri del ‘centro', Sokolnikov e Radek ’. Questa manovra sarebbe potuta servire per dare una speranza agli imputati dei futuri processi.

Dopo che la sentenza fu pronunciata, i condannati chiesero la grazia al Comitato Esecutivo Centrale. Piatakov, cercando parole convincenti per gli Stalinisti scrisse: ”Durante tutto il periodo passato in prigione, e nei difficili giorni del processo, ho ispezionato me stesso per vedere se anche il minimo residuo di Trotskismo mi fosse rimasto addosso”. “Io ho sessanta anni, ” scrisse Muralov, “ e vorrei dedicare il resto della mia vita al servizio della mia madrepatria . Così mi prendo la libertà di chiedere al Comitato Esecutivo Centrale di risparmiare la mia vita."

Anche questa volta, a dispetto delle 62 ore previste per esaminare le richieste di grazia, gli imputati vennero fucilati il giorno dopo la lettura della sentenza.

I quattro accusati risparmiati non sopravvissero a lungo ai loro co-imputati. Radek e Sokolnikov vennero assassinati nel 1939 dai loro compagni di cella, probabilmente su ordine dei ‘servizi’. Arnold e Stroilov vennero fucilati nell’ottobre del 1941 nella prigione di Orlov, a seguito di una sentenza in contumacia. Essi vennero fucilati insieme ad elementi del ‘Centro Trotskista di Destra” che evitarono la condanna a morte nel 1938 e ad altri prigionieri politici (Maria Spiridinova, per esempio).

L’ultimo giorno del processo ci fu un comizio sulla Piazza Rossa, nonostante i trenta gradi sotto zero. Parole di condanna contro gli imputati furono pronunciate da Kruscev, Shvernik e Komarov, quest’ultimo presidente dell’Accademia delle Scienze.

Il caso del “Centro Trotskista anti-Sovietico” conteneva meno fatti reali anche rispetto al materiale del precedente processo. Sedov ne scrisse molto esplicitamente a Victor Serge, il quale pensava che dal secondo processo, con l’uso provocatorio delle prove, potesse derivare l’idea che almeno una parte degli imputati fosse disposta a lottare contro lo Stalinismo. “Se questo processo è meglio costruito del precedente,” scriveva Sedov “ dipende in primo luogo dal fatto che gli imputato stessi hanno attivamente partecipato al lavoro di falsificazione, e senza alcun dubbio, Radek ha ‘redatto’ personalmente le lettere di L. D. Le conversazioni di Piatakov con L.D. sono il prodotto della collaborazione tra Radek e Piatakov; è chiaro che un idiota come Yezhov non sarebbe riuscito nemmeno ad immaginare una tale raffinato imbroglio. Inoltre l’amoralità di Radek, il suo cinismo, e altre qualità fanno di lui il più appropriato candidato, in mancanza del capo, a dirigere la cucina della GPU…Se avessimo tentato di coinvolgere persone tipo Radek e Piatakov in una qualche forma di ‘cospirazione’, spedendo loro una lettera provocatoria, essi immediatamente avrebbero denunciato il fatto alla GPU. Chiunque conosca i due elementi e la situazione attuale dell'URSS, su questo non può avere dubbi… Le vostre ipotesi possono servire solo ai sostenitori dello Stalinismo, che infatti, già disquisiscono su questa o quella questione di forma, o a chi è convinto che al di là delle falsificazioni ed esagerazioni c’è qualcosa di vero nel processo…Al processo di Radek e Piatakov , in quanto a formulazioni politiche c’è ancor meno verità di quanta ce ne fosse al processo Zinovev-Kamenev. Non ci sono nemmeno le briciole meschine del mio incontro con I. V. Smirnov. Tutto è menzogna, forse meno volgare, ma molto più vile e demoralizzante”.

Immediatamente dopo la chiusura del processo, i partiti comunisti stranieri scatenarono una rumorosa campagna “contro i Trotskisti controrivoluzionari e servi della Gestapo”. Pochi giorni dopo la fucilazione degli imputati, la Pravda ristampò un articolo di Dolores Ibanurri, già pubblicato nel giornale comunista Spagnolo Fronte Rojo . “ Dopo il processo” scriveva l’Ibanurri, ” ogni operaio e contadino, ogni combattente per la causa della libertà e del progresso, può vedere il ruolo miserabile che i Trotskisti hanno giocato nel movimento rivoluzionario internazionale…di fronte alla prove e ai fatti inconfutabili è stato smascherato il significato reale di una teoria infarcita di frasi ultra-rivoluzionarie, che serviva soltanto alle ambizioni e all’egoismo del rinnegato Trotsky. “Asserendo che in tutti i paesi lo scopo principale dei Trotskisti è di distruggere la rivoluzione dall’interno, Ibanurri scrisse che “ il risultato del processo del centro Trotskista anti-Sovietico deve servire da lezione a chi ha creduto ai Trotskisti, e magari ci crede ancora e ora deve ammettere la correttezza del Partito Comunista Spagnolo, all’interno del quale , neanche una singola sezione ha mai accettato di collaborare con i Trotskisti .”

All’estero il processo fu giustificato dai liberali amici dell’URSS, particolarmente da Pritt, che garantì della irreprensibilità giuridica del processo. Ai primi di marzo, lo scrittore Danese Andersen-Nexo, che aveva assistito al processo, arrivò a Oslo e dichiarò di non aver dubbi sulla veridicità del racconto di Piatakov riguardo al suo incontro con Trotsky.

Tra i liberali la palma del mistificatore spetta indiscutibilmente a Feuchtwanger, vero campione nel disorientare l’opinione pubblica occidentale, il quale a processo ancora in corso, scrisse sulla Pravda una articolo intitolato “Prime impressioni sul Processo”, dove si dichiarava “soddisfatto”, in quanto “il Processo al Centro Trotskista anti-Sovietico ha fatto luce sui motivi che hanno costretto gli accusati a confessare i loro reati. Così, per chi ricerca onestamente la verità, è molto più facile considerare queste confessioni alla stregua di prove”. Rendendosi conto della scarsa forza di simili argomenti per convincere l’opinione pubblica mondiale, Feuchtwanger invocò l’aiuto della penna di qualche grande scrittore Sovietico, in quanto “solo lui sarebbe capace di spiegare agli Europei Occidentali i delitti e i castighi degli imputati”.

Nel suo libro Mosca 1937, scritto per fare da contrappeso ai ‘dubbiosi’, cioè a coloro che ritenevano psicologicamente inspiegabile il comportamento degli accusati, Feuchtwanger si rifece ai ’cittadini Sovietici’, che davano una ‘semplicissima’ spiegazione delle ragioni che avevano portato gli imputati a collaborare: “Durante l'istruttoria sono stati convinti con testimonianze e documenti tali che negare era inutile”….” Che le confessioni suonino patetiche è per lo più dovuto alla traduzione. L'accento russo è difficile da cogliere; il russo, tradotto, fa un'impressione superlativa, sentimentale e strana .”

Feuchtwanger accompagnò queste divagazioni linguistiche con le sue ‘impressioni dirette’ sul processo: “Anche a me… le accuse del processo di Zinoviev sembrarono poco degne di fede, fondamentalmente estorte con mezzi misteriosi e, tutto il procedimento mi parve una commedia strana ed orrenda, messa in scena con arte consumata. Ma quando a Mosca assistetti al secondo processo, quando vidi ed udii Piatakov, Radek ed i suoi amici, l'impressione di quanto questi accusati dissero ed il modo con cui lo dissero fece sciogliere questi miei sospetti come neve sole. Se quello che dissero è falso o predisposto, allora non so più che cosa è la verità .”

Feuchtwanger aggiunse che il processo si doveva considerare come un dibattito di partito, e gli imputati sentivano se stessi come ancora appartenenti a questo partito : “Anche l'accusato si sente ancora legato al partito e non è quindi un caso che il processo sin dall'inizio avesse carattere di discussione, cosa strana per gli occidentali. Giudici, pubblico ministero ed accusati non sembravano soltanto, ma erano effettivamente legati da uno scopo comune. Erano come ingegneri intenti a provare una nuova macchina complicata. Alcuni hanno rovinato un pezzo della macchina,[così Feuchtwanger considera le accuse di spionaggio, sabotaggio, disfattismo,terrorismo. V.R.] non per malvagità, ma perché volevano ostinatamente provare le proprie teorie sul suo miglioramento. I loro metodi si sono dimostrati falsi, ma la macchina non sta loro meno a cuore che agli altri, e per questa ragione discutono di comune accordo i loro errori. Ciò che unisce è l'interesse per la macchina, l'amore per essa. È questo sentimento fondamentale che permette a giudice ed accusato di collaborare così concordemente.”

Feuchtwanger aggiunse a questa serie di sofismi anche una citazione di Socrate , che , messo di fronte ad alcune parole ermetiche di Eraclito disse: “Quello che ho capito è eccellente. Da ciò deduco che anche quello che non ho capito, sia pure eccellente".

I sofismi di Feuchtwanger riecheggiavano in gran parte ‘argomentazioni’ prese in prestito da Stalin, che dedicò diverse ore del suo tempo ad una ‘sincera’ discussione con lui. Lo scrittore fece notare a Stalin “ l’effetto negativo, anche fra i simpatizzanti, prodotto all'estero dal troppo sbrigativo processo contro Zinoviev, Stalin rise di coloro che desideravano documenti scritti prima di decidersi a credere ad un tradimento; congiurati incalliti, secondo lui, hanno raramente l'abitudine di lasciare in giro i documenti”. Stalin suscitò un sentimento di fiducia in Feuchtwanger quando gli parlò con “ amarezza e commozione “ di Radek, nonostante questi l’avesse tradito.

Ma le ‘giustificazioni’ date dagli amici dell’URSS non risultarono così convincenti per l’opinione pubblica Occidentale come lo erano state dopo il primo processo, in quanto, ora, tutto il mondo poteva sentire direttamente l’esposizione dei fatti dalla viva voce di Trotsky.

 

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Ultima modifica 22.02.2008