L'involucro politico

Capitolo decimo

DIALETTICA E POLITICA DELL'IMPERIALISMO

La dialettica nella scoperta delle forme politiche
La dialettica delle epoche storiche
La dialettica della scienza infinita
La dialettica della verità oggettiva
I tre sintomi del capovolgimento
La dialettica della crisi politica
La sofistica e la dialettica della politica
La dialettica delle parti opposte
La dialettica multilaterale
La dialettica del fenomeno politico
La catena politica delle cause
Eclettismo e dialettica della lotta politica

 

La dialettica nella scoperta delle forme politiche

Nell'opera Stato e rivoluzione, scritta nell'estate del 1917, Lenin dedica il secondo capitolo all'esperienza del 1848-1851. Il secondo paragrafo riguarda il bilancio tracciato da Marx: Proprio questo è il problema che Marx pone e risolve nel 1852. Fedele alla sua filosofia, il materialismo dialettico, Marx prende come base l'esperienza storica dei grandi anni rivoluzionari 1848-1851. Qui, come sempre, la dottrina di Marx è il bilancio di un'esperienza, bilancio illuminato da una profonda concezione filosofica del mondo e da una vasta conoscenza della storia.

Il problema che Marx pone e risolve nel 1852, nel libro Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, è quello di determinare in cosa consista, dal punto di vista dello sviluppo storico la sostituzione dello Stato proletario allo Stato borghese. Osserva Lenin: Il problema dello Stato nel 'Manifesto' era posto in modo ancora troppo astratto, in nozioni e termini dei più generici.

Nel 18 Brumaio, invece, è posto concretamente e la conclusione è estremamente precisa, ben definita, praticamente tangibile: tutte le rivoluzioni precedenti non fecero che Perfezionare la macchina dello Stato, mentre bisogna spezzarla, demolirla. Questa conclusione è la cosa principale, essenziale della dottrina marxista sullo Stato.

Nel 1852, Marx giunge alla conclusione che i partiti che in Francia lottarono per il potere considerarono lo Stato come un bottino e che tutti i rivolgimenti politici invece di spezzare la macchina statale l'hanno perfezionata. Alla luce della successiva esperienza storica possiamo noi, oggi, comprendere appieno il valore della scoperta fatta da Marx della legge del movimento della sovrastruttura statale. Possiamo ancora più apprezzare il giudizio di Lenin: In questo ammirevole ragionamento il marxismo fa un grandissimo passo in avanti in confronto al Manifesto del Partito Comunista.

È utile considerare perché avviene questo balzo. Marx analizza l'esperienza dal 1848 al 1851, ma, precisa Lenin, il bilancio che ne trae è permesso da una profonda concezione filosofica del mondo e da una vasta conoscenza della storia. La conquista della dottrina marxista sullo Stato e della generale concezione materialista della politica ci rimanda alla filosofia che l'ha resa possibile, al metodo dialettico che l'ha guidata.

L'esposizione di Lenin è, tra l'altro, una rigorosa lezione di questo metodo: Il potere statale centralizzato, proprio della società borghese, apparve nel periodo della caduta dell'assolutismo. Le due istituzioni più caratteristiche di questa macchina statale sono: la burocrazia e l'esercito permanente.

Marx scopre che, nel corso delle numerose rivoluzioni borghesi di cui l'Europa è stata teatro dalla caduta del feudalesimo in poi, l'apparato burocratico e militare si perfeziona e si rafforza. È un fenomeno che si sviluppa nel tempo (due secoli) e nello spazio (l'Europa); non è singolo ma plurimo, non è isolato ma reiterato. Lenin dice che, nel 1852, si poteva unicamente constatare, con la precisione propria delle scienze naturali che la rivoluzione proletaria affrontava il compito di spezzare la macchina statale. Affrontava, per la prima volta, il compito storico di invertire la tendenza delle rivoluzioni borghesi ad aumentare la macchina statale burocratica e militare, la tendenza ad incrementare il parassitismo.

Lenin ricorda l'obiezione posta a Marx e cita la risposta di Engels, per il quale è giusto generalizzare la conclusione sulla storia dei tre anni della Francia proprio perché è in questo paese che le mutevoli forme politiche prendono i contorni più netti. Comunque, sostiene Lenin, la prova che Marx si attiene strettamente alla base reale dell'esperienza storica è data dal fatto che solo nel 1871 affronterà in concreto che cosa si debba sostituire alla macchina dello Stato.

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La dialettica delle epoche storiche

In una pagina dei Quaderni filosofici, Lenin scrive che l'essenza della dialettica viene espressa anche con la formula. unità, identità degli opposti. Lenin osserva che: Noi non possiamo rappresentare il movimento, non possiamo esprimerlo, misurarlo, riprodurlo, senza interrompere la continuità, senza semplificarla, alterarla, sminuzzarla, senza uccidere ciò che vive.

La riflessione va ancor più a fondo: La riproduzione del movimento ad opera del pensiero è sempre una adulterazione, un'uccisione, e invero non solo ad opera del pensiero, ma anche della sensazione, e non solo del movimento, ma anche di ogni e qualsiasi concetto.

La realtà è movimento; sappiamo quanto non possa essere correttamente rappresentata con formule oggettivistiche, soggettivistiche, comunque schematiche. Di molto presunto marxismo resta ben poco se è sottoposto all'esame dei Quaderni filosofici.

Lo schematismo semplifica la rappresentazione della realtà; la semplificazione diventa, infine, la rappresentazione di una realtà che non esiste. Inevitabilmente un metodo non dialettico di analisi della realtà conduce ad atteggiamenti politici subalterni ed incapaci di effettiva autonomia.

Possiamo cercare di verificare la riflessione di Lenin proiettandola sul corpo specifico della concezione materialista della politica. La nota di Lenin si riferisce alle Lezioni sulla storia della filosofia di Hegel, studiate all'inizio del 1915 a Berna.

Nel gennaio del 1915 A.N. Potresov pubblica a Pietroburgo, sul Nasce Dielo, un articolo sui limiti della democrazia nazionale. È così commentato da Lenin: A. Potresov ha intitolato il suo articolo. Sul limitare di due epoche. È indiscutibile che noi viviamo sul limitare di due epoche, e gli avvenimenti storici di grandissima importanza che si svolgono dinanzi a noi possono essere compresi soltanto analizzando, in primo luogo, le condizioni del passaggio da un'epoca all'altra.

Sorge, quindi, la necessità di rappresentare a livello teorico il movimento del passaggio da un'epoca all'altra. Il lavoro dei quaderni filosofici fornisce lo strumento della dialettica: Si tratta di grandi epoche storiche; in ogni epoca ci sono e ci saranno movimenti parziali, singoli, ora in avanti, ora indietro, vi sono e vi saranno diverse deviazioni dal tipo medio e dal ritmo medio del movimento. Non possiamo sapere con quale rapidità, né con quale successo., si svilupperanno singoli movimenti storici di una determinata epoca. Ma possiamo sapere e sappiamo quale classe sta al centro di questa o quell'epoca e ne determina il contenuto fondamentale, la direzione principale del suo sviluppo, le particolarità essenziali della situazione storica, ecc..

Già in un articolo del 26 novembre 1905, Lenin aveva affrontato il problema della rivoluzione russa con una visione delle grandi epoche storiche: L'epoca della rivoluzione borghese è contrassegnata in Russia, come in altri paesi, dalla relativa immaturità delle contraddizioni di classe della società capitalistica. In verità, il capitalismo è sviluppato oggi in Russia molto di più che nella Germania del 1848, per tacere della Francia del 1789, ma non c'è dubbio che le contraddizioni puramente capitalistiche sono in Russia occultate in misura molto ampia dalle contraddizioni fra la civiltà e asiatismo, fra l'europeismo e il tartarismo, fra il capitalismo e il feudalesimo; non c'è dubbio cioè che da noi emergono in primo piano rivendicazioni il cui appagamento farà espandere il capitalismo, lo depurerà dalle scorie del feudalesimo, migliorerà le condizioni di vita e di lotta sia per il proletariato che per la borghesia.

Tartarismo, asiatismo, europeismo: movimenti parziali dell'epoca storica e della sua strategia.

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La dialettica della scienza infinita

Gran Parte dei Quaderni filosofici, redatti nei primi mesi di guerra, sono dedicati all'opera di Hegel. Nel riassunto della Scienza della logica del filosofo tedesco, Lenin annota come fine e profondo un passo che sintetizza nei seguenti termini: La logica somiglia alla grammatica in questo, che essa una cosa è per i1 principiante e un'altra per il conoscitore della lingua (e delle lingue) e dello spirito della lingua. Altro è la logica per chi si accosta ad essa e alle scienze in generale per la prima volta, ed altro per chi dalle scienze ritorna ad essa.

Poco dopo giudica una formula magnifica quella dell'universale astratto che abbraccia in sé la ricchezza del particolare; la formula richiede un confronto con Il Capitale di Marx.

Tale confronto è stabilito in alcuni passi dei Quaderni. Nello stendere un Pìano della dialettica, Lenin osserva: Anche se Marx non ci ha lasciato alcuna Logica (con lettera maiuscola), ci ha lasciato tuttavia la logica del Capitale che, per il problema che ci interessa, dovrebbe essere utilizzata al massimo. Nel Capitale vengono applicate a una sola scienza la logica, la dialettica e la teoria della conoscenza del materialismo (non occorrono tre parole: è una stessa e identica cosa), prendendo tutto ciò che vi è di prezioso in Hegel e sviluppandolo ulteriormente.

Occorre utilizzare al massimo la logica che Marx ci offre nel Capitale. nello strumento di analisi dello sviluppo del modo capitalistico di produzione. Vedremo come il massimo di utilizzo della logica possa e debba essere fatto nella lotta politica. Lenin ci rimanda alla teoria marxista della conoscenza, secondo la quale: La conoscenza è l'eterna, infinita approssimazione del pensiero all'oggetto. Il rispecchi mento della natura nel pensiero umano non è morto. non è astratto senza movimento, senza contraddizioni, ma è da concepire nell'eterno processo del movimento, del nascere e togliersi delle contraddizioni.

Il commento alla Scienza della logica di Hegel ci permette di comprendere come la elaborazione teorica non rimanga confinata alla sfera filosofica e come venga tradotta nella concezione politica.

Nella seconda metà di maggio e nella prima metà di giugno del 1915, Lenin traccia un primo bilancio che intitola Il fallimento della II Internazionale e che pubblica nel fascicolo 1-2 del Kommunist dello stesso anno.

Ci preme mettere in rilievo alcuni passi poco considerati: Perciò, fra l'altro, si deve respingere come un sofisma ogni affermazione che la differenza tra la tattica nazionale e quella internazionale non sarebbe stata esaminata esaurientemente.... È quello che afferma Axelrod, ma: Questo è un sofisma, poiché altro è l'analisi scientifica di tutti gli aspetti dell'imperialismo, analisi che è appena incominciata e che, per sua natura, è infinita come, in generale, è infinita la scienza; altro sono ì fondamenti della tattica socialista contro l'imperialismo capitalista....

Lenin dice che è ipocrisia quella di Kautsky e di Cunow, dato che: Il capitalismo non sarà mai studiato a fondo in tutte le manifestazioni della sua pirateria e nemmeno in tutte le più minute ramificazioni del suo sviluppo storico e nelle sue particolarità nazionali.

Del resto: Sui particolari, gli scienziati (e specialmente i pedanti) non smetteranno mai di disputare. Su questa base, sarebbe ridicolo rifiutarsi di prendere parte alla lotta socialista contro il capitalismo, rifiutarsi di contrapporsi a coloro che hanno tradito questa lotta. E che cosa ci propongono di diverso Kautsky, Cunow, Axelrod, ecc?.

La scienza è infinita, come la dialettica della lotta.

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La dialettica della verità oggettiva

Riassumendo, nei suoi Quaderni filosofici, la Scienza della logica di Hegel, Lenin si sofferma sulla dottrina del concetto. Sottolinea i passi riguardanti la dialettica dei concetti e le sue radici materialistiche.

Compendia le parti dove la dialettica dei concetti appare come un processo: La vita produce il cervello. Nel cervello umano si rispecchia la natura. Verificando nella pratica e con la tecnica l'esattezza di questo rispecchiamento e applicandolo, l'uomo perviene alla verità oggettiva.

Lenin ricava che: La verità è un processo. Dall'idea soggettiva l'uomo perviene alla verità oggettiva attraverso la 'prassi' (e la tecnica).

Nell'articolo su Il fallimento della II Internazionale, abbiamo un esempio di come la teoria marxista della conoscenza serva a guidare l'azione politica. Viene presa in esame la versione di uno dei capi della Seconda Internazionale: Le speranze nella rivoluzione si sono dimostrate illusorie e non è da marxista difendere delle illusioni. ecco come ragiona Cunow.

La verità soggettiva di Cunow non è in alcun modo la verità oggettiva alla quale si perviene attraverso la pratica della lotta politica. Cunow spiega il fallimento dell'Internazionale come il fallimento delle speranze illusorie. Secondo Cunow, il manifesto di Basilea presupponeva lo scoppio della rivoluzione.

Lenin richiama, in sintesi, le tesi di Basilea e dice: Tutte queste sono idee assolutamente chiare; in esse non v'è la garanzia che la rivoluzione avverrà; ma in esse si mette l'accento su una precisa caratteristica di fatti e di tendenze. Chi dice, a proposito di questi argomenti e di questi ragionamenti, che prevedere lo scoppio della rivoluzione significa illudersi, ha dimostrato di avere, verso la rivoluzione stessa, un atteggiamento non marxista, ma struvista, poliziesco, da rinnegato.

Il dibattito pone, a questo punto, un problema che deve essere approfondito. Non vi sono garanzie sul divenire di un fatto da un altro fatto: non è certo che una guerra produca una rivoluzione. L'illusione può maturare solo in chi non ha compreso la dialettica dei concetti.

La guerra imperialistica è sì un concetto ma è un concetto che rispecchia un fenomeno della natura sociale capitalistica.

Stabilire la correlazione tra il fenomeno reale della guerra e la possibilità della rivoluzione è una verifica che avviene nella pratica della lotta politica. La verità è un processo, ci avverte Lenin. Dalla teoria si perviene alla verità oggettiva attraverso la prassi.

L'analisi precisa di fatti e di tendenze permette di scoprire la correlazione fra il processo oggettivo della società imperialista e il processo soggettivo del movimento rivoluzionario. In questo senso, la verità è un processo e non una speranza che può deludere.

È in questa occasione che Lenin consegna alla storia la teoria della rivoluzione, frutto dei Quaderni e della prima guerra mondiale.

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I tre sintomi del capovolgimento

Nella risposta a Cunow, Lenin mette in chiaro che il manifesto di Basilea dice che la guerra creerà una crisi economica e politica e che i socialisti hanno il dovere, di utilizzare la crisi. Ma come? Per il marxista non v'è dubbio che la rivoluzione non è possibile senza una situazione rivoluzionaria e che non tutte le situazioni rivoluzionarie sboccano nella rivoluzione. In questo passo di Lenin,la verità è processo, dato che è la conoscenza del passaggio da una situazione rivoluzionaria ad una rivoluzione. Con, la guerra, si è determinata una situazione di crisi economica e politica? Sì, senza dubbio, la crisi politica è evidente, tutti i governi vivono sopra un vulcano: questo è il giudizio dell'articolo del maggio 1915.

Quando la crisi economica e politica si trasforma in situazione rivoluzionaria? Lenin lo spiega in una limpida esposizione che procede mettendo a fuoco un concetto dietro l'altro: Quali sono, in generale, i sintomi di una situazione rivoluzionaria? Certamente non sbagliamo indicando i tre sintomi principali seguenti: 1) l'impossibilità per le classi dominanti di conservare il loro dominio senza modificarne la forma; una qualsiasi crisi negli strati superiori, una crisi nella politica della classe dominante che apre una fessura nella quale si incuneano il malcontento e l'indignazione delle classi oppresse. L'autore introduce una considerazione fondamentale: Per lo scoppio della rivoluzione non basta ordinariamente che gli strati inferiori non vogliano, ma occorre anche che gli strati superiori non possano vivere come per il passato. La condizione di crisi sbocca in una rivoluzione quando si instaura tra gli strati inferiori e gli strati superiori della società la dialettica indicata da Lenin.

Gli altri due sintomi principali sono i seguenti: 2) un aggravamento, maggiore del solito, dell'angustia e della, miseria delle classi oppresse; 3) in forza delle cause suddette, un rilevante aumento dell'attività delle masse, le quali, in un periodo 'pacifico', si lasciano depredare tranquillamente, ma in tempi burrascosi sono spinte, sia da tutto l'insieme della crisi che dagli stessi strati superiori, ad un'azione storica indipendente.

L'indicazione così precisa dei sintomi diventa necessaria alla valutazione e alla prassi politica. Più è accurata l'analisi della situazione oggettiva e più diventa chiara la necessità della trasformazione soggettiva: Senza questi cambiamenti oggettivi, indipendenti dalla volontà, non soltanto di singoli gruppi e partiti, ma anche di singole classi, la rivoluzione, di regola, è impossibile. L'insieme di tutti questi cambiamenti obiettivi si chiama situazione rivoluzionaria.

La storia ha dimostrato che se a tale situazione non si aggiunge una trasformazione soggettiva, cioè la capacità della classe rivoluzionaria di compiere azioni rivoluzionarie di massa sufficientemente forti per poter spezzare (o almeno incrinare) il vecchio governo, lo sbocco rimane all'interno della classe dominante. La teoria della rivoluzione ricava gli insegnamenti dalla storia economica e politica.

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La dialettica della crisi politica

Negli appunti A proposito della dialettica', inclusi nei Quaderni filosofici, Lenin osserva che nella dialettica (oggettiva) è relativa anche la differenza tra relativo e assoluto.

Il concetto diventa comprensibile appena lo ritroviamo nell'articolo su Il fallimento della Seconda Internazionale.

Si tratta di definire la crisi politica: Una tale situazione si presentò in Russia nel 1905 e in tutte le epoche rivoluzionarie in Occidente, ma essa si presentò anche nel 1860 in Germania e nel 1859-61, 1879-80 in Russia, sebbene in questi casi non vi sia stata una rivoluzione. Perché? Perché la rivoluzione non nasce da tutte le situazioni rivoluzionarie, ma solo da quelle situazioni nelle quali, alle trasformazioni obiettive sopra indicate, si aggiunge una trasformazione soggettiva, cioè la capacità della classe rivoluzionaria di compiere azioni di massa sufficientemente forti per poter spezzare (o almeno incrinare) il vecchio governo, il quale, in un periodo di crisi, non cadrà mai se non lo si farà cadere.

Senza dubbio, dice Lenin, si è determinata nel primo anno di guerra una situazione di crisi economica e politica. Il socialsciovinista Paul Lensch, a suo modo, lo ammette dicendo che attraversiamo una rivoluzione originale.

Con maggiore lungimiranza Lenin commenta: tutto il regime politico dell'Europa è scosso, e nessuno, certo, oserà negare che siamo entrati (e sprofondiamo sempre più, scrivo questo nel giorno della dichiarazione di guerra dell'Italia) in un periodo di grandissime convulsioni politiche.

Kautsky, con il suo piatto oggettivismo, constata che mai il governo è stato così forte e mai i partiti così deboli come all'inizio della guerra.

Lenin, con il suo materialismo, coglie invece il movimento della realtà e individua un periodo di grandissime convulsioni politiche. Possiamo dire che, nella prospettiva storica e temporale, coesistono il governo più forte e un periodo di grandissime convulsioni politiche. L'evoluzione della crisi politica procede in tale dialettica di contraddizioni insanabili, e in forme che presentano quasi sempre le due facce del movimento.

Lenin lo chiarisce magistralmente: E quanto più la guerra si trascina e s'inasprisce, tanto più fortemente gli stessi governi sviluppano e sono costretti a sviluppare l'attività delle masse, spronandole a una straordinaria tensione delle loro forze e al sacrificio di se stesse.

Riusciamo a capire, finalmente, perché governo forte e convulsioni politiche procedono nel ciclo della guerra, nel ciclo della massima crisi. Riflettendo sull'analisi di Lenin comprendiamo perché è proprio la forza dei governi a sviluppare l'estensione e la profondità del conflitto; in altre parole, è la forza dei governi a determinare la mobilitazione delle masse. Siamo di fronte al fatto soggettivo derivato da un rilevante aumento dell'attività delle masse.

Scrive Lenin: L'esperienza della guerra, come l'esperienza di qualsiasi crisi nella storia, come qualsiasi grande disastro o qualsiasi svolta nella vita d'una persona, mentre istupidisce e abbatte gli uni, educa e tempera gli altri, di modo che, in complesso, nella storia di tutto il mondo, il numero e la forza di questi ultimi superano il numero e la forza dei primi, ad eccezione di singoli casi di decadenza e di sfacelo di un qualche Stato.

A volte si è riflettuto poco sul fatto che gli stessi avvenimenti che istupidiscono e abbattono certe correnti politiche ne educano e temprano altre. È un insegnamento della concezione materialistica della politica,

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La sofistica e la dialettica della politica

Negli appunti sulla Storia della filosofia, di Hegel, contenuta nei Quaderni filosofici, Lenin risponde alla obiezione di V. M. Cernov contro Engels riguardo il rapporto tempo-spazio nel movimento. Giudica errata l'obiezione di Cernov perché: 1) essa descrive il risultato del movimento è non il movimento stesso; 2) essa non mostra, non contiene in sé la possibilità del movimento; 3) rappresenta il movimento come un insieme di stati di quiete, cioè con essa la contraddizione (dialetticá) non viene tolta, ma solo velata, differita, celata, coperta.

Vediamo come questo specialistico linguaggio di metodo trovi una chiara traduzione nel linguaggio dell'analisi politica. Riprendiamo l'esame dell'articolo su il fallimento della Seconda Internazionale e soffermiamoci sulla critica a G. Plekhanov.

La più primitiva delle teorie socialscioviniste è la teoria dell' aggressore o della difesa dall'aggressore. È una banalità trita e ritrita. Plekhanov l'abbellisce col suo abituale gesuitico richiamo alla dialettica . In realtà; sostituiste la sofistica alla dialettica.

Qui Lenin, illustrando la differenza fra la sofistica e la dialettica, fornisce una lezione di metodo e di politica: Il sofista afferra uno degli argomenti; già Hegel aveva detto giustamente che si possono trovare degli argomenti per qualsiasi cosa al mondo. La dialettica esige l'analisi di tutti gli aspetti di un dato fenomeno sociale nel suo svolgersi, esige che si riconducano le manifestazioni esterne, apparenti, alle forze motrici fondamentali, allo sviluppo delle forze produttrici e alla lotta di classe.

Come si traduce in politica il metodo dialettico di ricondurre le manifestazioni apparenti alle forze motrici fondamentali senza cadere in una risposta oggettivistica? Si traduce in un'analisi di tutti gli aspetti del fenomeno sociale, in un'analisi, appunto, che non sia fine a se stessa e che non si riduca ad una inutile ed inefficace pedanteria. Analisi di tutti gli aspetti del fenomeno sociale nel suo svolgersi, ci ammonisce Lenin, proprio per poterlo ricondurre allo sviluppo delle forze produttive.

Seguiamo Lenin nella lezione di dialettica e di politica rivoluzionaria che impartisce a Plekhanov: In lui non si trova neppure l'ombra di un tentativo di accennare alla storia economica e diplomatica, anche solo dei tre ultimi decenni, e questa storia dimostra incontestabilmente che l'asse principale della politica di tutti e due i gruppi di potenze attualmente belligeranti consiste appunto nelle conquiste coloniali, nel depredare terre straniere e nel soppiantare e rovinare il concorrente più fortunato.

La politica internazionale dell'imperialismo non può essere, quindi, affrontata teoricamente e praticamente se non nel suo svolgimento storico. Lenin aggiunge una considerazione importante: Applicati alle guerre, i principi fondamentali della dialettica, che Plekhanov ha così sfrontatamente falsificato per compiacere la borghesia, consistono in questo: La guerra è semplicemente la continuazione della politica con altri mezzi (e precisamente con mezzi violenti). Questa definizione è dovuta a Clausewitz, uno dei maggiori scrittori di storia militare, le cui idee erano state fecondate da Hegel.

Una attenta lettura ci ha permesso di comprendere che la ripresa leniniana della formula di Clausewitz è funzionale alle tesi dell'analisi del fenomeno sociale nel suo svolgersi. Il movimento è rapporto tra spazio e tempo. La politica è movimento storico. La politica continua nella guerra.

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La dialettica delle parti opposte

All'inizio degli appunti A proposito della dialettica, Lenin dice che l'essenza della dialettica è lo sdoppiamento dell'uno e conoscenza delle sue parti costitutive opposte. Plekhanov non dedica sufficiente attenzione a questo lato della dialettica: l'identità degli opposti viene presa come somma di esempi. Anche Engels fa questo, ma lo fa per ragioni di popolarizzazione e non per rappresentare la legge della conoscenza. Quello che Lenin accetta in Engels per ragioni di popolarizzazione non lo accetta in Plekhanov per ragioni politiche.

A tal fine è importante l'annotazione su due concezioni dello sviluppo: Le due fondamentali (o le due possibili? o le due osservabili nella storia?) concezioni dello sviluppo (evoluzione) sono: lo sviluppo come diminuzione e aumento, come ripetizione, e lo sviluppo come unità degli opposti (sdoppiamento dell'uno in opposti che si escludono l'un l'altro e il loro reciproco rapporto.

Non è un caso che Lenin rimproveri, nell'articolo politico su Il fallimento della Seconda Internazionale, Plekhanov di avere falsificato i principi della dialettica e che gli contrapponga Clausewitz.

Lenin cita per esteso il passo di Clausewitz che inizia in questo modo: tutti sanno che le guerre scaturiscono soltanto dai rapporti politici fra i governi e fra ipopoli, ma abitualmente le cose vengono presentate in modo da far credere che, all'inizio della guerra, questi rapporti cessino e sorga una situazione assolutamente diversa, sottoposta soltanto a leggi sue proprie. Noi al contrario affermiamo che la guerra non è altro che la continuazione dei rapporti politici con l'intervento di altri mezzi.

Lenin ricorda che: E questa fu sempre precisamente l'opinione di Marx e di Engels, i quali consideravano ogni guerra come la continuazione della politica degli Stati interessati e delle diverse classi all'interno di questi Stati, in un dato momento.

Invece: Il rozzo sciovinismo di Plekhanov riposa sulla stessa precisa posizione teorica dello sciovinismo di Kautsky, più raffinato, conciliante e dolcificato, che spiega il passaggio dei socialisti di tutti i paesi dalla parte dei propri capitalisti con il seguente ragionamento. difendere la patria è diritto e dovere di tutti; il vero internazionalismo consiste nel riconoscere tale diritto al socialisti di tutte le nazioni, comprese quelle che sono in guerra contro la mia….

È Kautsky a riprendere le leggi proprie della guerra; Ma a ben guardare, le premesse teoriche del ragionamento di Kautsky risultano identiche all'opinione derisa da Claosewitz circa ottant'anni fa: con l'inizio della guerra cessano i rapporti politici storicamente esistenti fra i popoli e le classi e sopravviene una situazione assolutamente diversa!.

Lenin ha ripreso la legge della conoscenza e il sarcasmo della dialettica.

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La dialettica multilaterale

Nei Quaderni filosofici è scritto: Condizione della conoscenza ai tutti i processi del mondo nel loro automovimento, nel loro sviluppo spontaneo, nella loro realtà vivente è la conoscenza di essi come unità degli opposti.

Poche righe prima, Lenin ha definito l'unità degli opposti la scoperta di tendenze contraddittorie opposte e che si escludono reciprocamente, in tutti i fenomeni e processi della natura (inclusi spirito e società). Limitiamo le nostre considerazioni al campo sociale. Diventa chiaro perché: lo sviluppo e una lotta degli opposti. Gli opposti sono le classi sociali nella loro dinamica.

Teniamo presente il seguente passo: la dialettica come conoscenza vivente, multilaterale (con un numero di lati eternamente crescente), con una infinità di sfumature di ogni genere nell'abbordare, nell'avvicinare la realtà (con un sistema filosofico che da ogni sfumatura si sviluppa fino a divenire un intero), - ecco il contenuto incommensurabilmente ricco a paragone del materialismo metafisico, il cui difetto principale consiste nella incapacità di applicare la dialettica alla teoria del riflesso, al processo e allo sviluppo della conoscenza.

Grazie alla conoscenza multilaterale possono essere affrontati politicamente i vari aspetti dea crisi della Seconda Internazionale.

K. Kautsky afferma: Non è affatto vero che la guerra sia puramente imperialista. Ma allora che cosa diamine è? si chiede Lenin. È anche nazionale. La dialettica si trasforma nella sofistica più vile, più abietta!, commenta Lenin e aggiunge: l'elemento nazionale nella guerra attuale, è rappresentato solamente dalla guerra della Serbia contro l'Austria.... Possiamo dire che la guerra imperialista è la lotta degli opposti.

Lenin ricorda che: La dialettica di Marx, la quale rappresenta l'ultima parola del metodo evoluzionista scientifico, proscrive appunto l'esame isolato, vale a dire unilaterale e mostruosamente deformato d'un oggetto. Il fattore nazionale della guerra serbo-austriaca non ha e non può avere alcuna seria importanza nella guerra europea.

Ed è proprio la conoscenza multilaterale a permettere una valutazione, che si avvicina alla realtà, della importanza del singolo fattore.

Tanto più che: Non esistono e non possono esistere fenomeni puri, sia nella natura che nella società. Precisamente questo insegna la dialettica di Marx, mostrandoci che lo stesso concetto della purezza è una certa limitazione e unilateralità dell'umano intelletto, incapace di abbracciare completamente un oggetto in tutta la sua complessità. Possiamo così comprendere perché la guerra imperialista non possa essere un fenomeno puro.

Lenin sottolinea che: Nel mondo non esiste e non può esistere un capitalismo puro, poiché in esso vi è sempre un miscuglio di feudalesimo, di piccola borghesia, oppure di qualcos'altro ancora

Lo sviluppo della guerra mondiale lo dimostrerà nell'area slava.

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La dialettica del fenomeno politico

Negli appunti A proposito della dialettica, Lenin osserva che: Marx nel Capitale analizza dapprima il rapporto più semplice, abituale, fondamentale, il rapporto più diffuso, più ricorrente, osservabile miliardi di volte, della società (mercantile) borghese: lo scambio delle merci. L'analisi scopre in questo fenomeno elementare (in questa cellula della società borghese) tutte le contraddizioni (resp. l'embrione di tutte le contraddizioni) della società moderna.

A nostro giudizio il rivoluzionario russo segue un procedimento analogo nell'analisi del fenomeno politico. Nei Quaderni afferma: Tale deve essere anche il metodo di esposizione (respective di studio) della dialettica in generale (giacché la dialettica della società borghese è per Marx solo un caso particolare della dialettica in generale). Cominciare con la cosa più semplice, più abituale, più diffusa ecc., con una proposizione qualsiasi. le foglie dell'albero sono verdi, Giovanni è un uomo, Fido è un cane e simili.

Il fenomeno politico deve essere considerato come dialettica della società borghese. Se è giusta questa nostra considerazione, diventa ancora più chiaro il seguente passo, sempre al fine della conoscenza politica: A questo modo in qualsiasi proposizione si può (e si deve) scoprire, come in una cellula. gli embrioni di tutti gli elementi della dialettica, e mostrare così che la dialettica è propria in generale di tutta la conoscenza umana.

Nella conoscenza della politica proseguiamo con la lettura di ulteriori passi de Il fallimento della II Internazionale. I due capi del socialsciovinismo, Plekhanov e Kautsky, si richiamano a Marx ed Engels per risolvere il problema di sapere per quale delle parti sarebbe stata più desiderabile la vittoria nelle guerre del secolo scorso.

Commenta Lenin: È il 7hetodo di tutti i sofisti di ogni tempo

prendere esempi che evidentemente si riferiscono a casi fondamentalmente diversi. Le guerre che ci vengono indicate erano

la continuazione della politica dei movimenti nazionali borghesi, durati molti anni e diretti contro il giogo straniero, contro il giogo di un'altra nazione, e contro l'assolutismo (turco e russo).

Nel prosieguo della critica ai sofismi di Piekhanov e di Katitsky, Lenin sviluppa una argomentazione che va oltre la polemica contingente e che assume un valore strategico di ampio respiro storico: Non c'era allora, e non poteva esserci, nessun altro problema fuorché quello di sapere se fosse preferibile il successo dell'una piuttosto che dell'altra borghesia.... E a M. Cernov, il capo degli epigoni del populismo, che definisce sciovinismo rivoluzionario l'atteggiamento di Marx, risponde: Noi marxisti siamo sempre stati e siamo per la guerra rivoluzionaria contro i popoli controrivoluzionari

L'affermazione è importante, anche perché è corredata dalla seguente ipotesi: Se il socialismo, per esempio, trionfasse in America o in Europa nel 1920, e il Giappone e la Cina, supponiamo, muovessero allora contro di noi - anche se da principio soltanto diplomaticamente - i loro Bismarck, noi saremmo per la guerra offensiva rivoluzionaria contro quei paesi.

La dialettica mira a vette inesplorate.

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La catena politica delle cause

Commentando un'opera di F. Lassalle sulla filosofia di Eraclito, Lenin, nei Quaderni filosofici, osserva che: Millenni sono passati dal tempo in cui nacque l'idea del legame di tutte le cose, della catena delle cause. Un confronto fra i diversi modi in cui queste cause sono state concepite nella storia del pensiero umano darebbe una teoria della conoscenza suffragata da prove incontestabili.

L'osservazione è suggerita da un passo nel quale Cicerone definisce il fato come l'ordine e la serie delle cause, quando una causa, legata a un'altra causa, genera una cosa dal suo seno.

Questi ed altri appunti metodologici di Lenin fecondano la sua analisi politica in generale e, in particolare, il suo esame su il fallimento della II Internazionale: Per lo strato superiore della piccola borghesia o della aristocrazia (e burocrazia) della classe operaia, si tratta di difendere e di consolidare la propria posizione privilegiata. ecco il naturale proseguimento delle illusioni opportunistiche piccolo-borghesi e della tattica corrispondente durante la guerra; ecco la base economica del socialismo odierno.

L'autore cita alcune opere, dall'inglese C. P. Lucas con La grande Roma e la grande Britannia del 1912 al tedesco Sartorius von Waltershausen con L'investimento dei capitali all'estero del 1907, dove vengono criticate le idee utopistiche internazionaliste del socialismo. In particolare I.I. Ruedorffer, nel suo libro sulle basi della politica mondiale: sottolinea il fatto ben noto che l'internazionalizzazione del capitale non elimina per nulla la lotta acuta dei capitali nazionali per il potere, per le zone di influenza, per la maggioranza delle azioni, e osserva che gli operai vengono trascinati in questa aspra lotta.

Lo stesso Ruedorffer riconosce che: il socialismo internazionale vincerà se riuscirà a strappare gli operai all'influenza della nazionalità, poiché con la sola violenza non si ottiene nulla; ma sarà battuto se il sentimento nazionale prenderà il sopravvento.

Uno dei teorici dell'imperialismo capisce prontamente che la internazionalizzazione del capitale acuisce la lotta dei capitali nazionali per il potere e rende necessario e possibile il coinvolgimento degli operai in tale lotta. Lenin lo nota subito perché è attrezzato a respingere l'oggettivismo e l'evoluzionismo pacifico.

Vede la politica catena delle cause quando scrive: E, naturalmente, la forza dell'abitudine, la consuetudine di una evoluzione relativamente 'pacifica', i pregiudizi nazionali, la paura dei rivolgimenti repentini e la sfiducia in essi sono le circostanze complementari che hanno rafforzato l'opportunismo e l'ipocrita e codarda conciliazione con esso, sia pure soltanto temporanea, sia pure soltanto per cause e ragioni particolari.

Può essere, così, tracciata la caratteristica dello sviluppo dell'opportunismo: La guerra ha modificato l'opportunismo sviluppatosi attraverso decenni, lo ha elevato a un grado superiore, ha aumentato il numero e la varietà delle sue sfumature, ha ingrassato le fila dei suoi seguaci, ha arricchito i suoi argomenti con un mucchio di nuovi sofismi, ha incanalato, per così dire, la corrente principale dell'opportunismo in molti nuovi ruscelli e ruscelletti; ma la corrente principale non è scomparsa. Al contrario.

La critica rivoluzionaria deve affrontare quantità e qualità delle sfumature dell'opportunismo.

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Eclettismo e dialettica della lotta politica

Studiando la Scienza della logica di Hegel, Lenin annota: Elasticità universale, onnilaterale, dei concetti, elasticità che va fino all'identità degli opposti - qui sta l'essenziale. Segue una importante precisazione: Questa elasticità, applicata soggettivamente = eclettismo e sofistica. Se questa elasticità è applicata oggettivamente, se essa cioè rispecchia la onnilateralità del processo materiale e la sua unità, allora è dialettica, allora essa è la riflessione esatta dell'eterno sviluppo del mondo.

Ancora una volta, lo studio del metodo si traduce in analisi politica. In un passo de Il fallimento della II Internazionale si legge: Prendiamo l'esercito moderno. Ecco uno dei buoni modelli di organizzazione. E questa organizzazione è buona soltanto perché è flessibile e, nel tempo stesso, atta a dare un'unica volontà a milioni di uomini.

Il giudizio è chiaro: l'organizzazione militare moderna è valida soltanto perché è flessibile. L'esempio è dato dalle varie forme di battaglie: Questo si chiama organizzazione: milioni di uomini, animati da una sola volontà, in nome di un solo scopo, cambiano la forma del proprio collegamento e della propria azione, cambiano il luogo e i metodi della loro attività, cambiano gli strumenti e le armi in conformità delle mutate condizioni e delle esigenze della guerra.

Possiamo pensare ad una elasticità applicata oggettivamente, dato che rispecchia tutti i lati del processo materiale.

È quello che vuole indicare Lenin: Lo stesso si può dire della lotta della classe operaia contro la borghesia. Oggi non c'è una situazione rivoluzionaria, mancano le condizioni per mettere in movimento le masse, per elevarne l'attività.

Prosegue: Certo non è cosa facile. È cosa che esige difficili azioni preparatorie. È cosa che esige duri sacrifici. Si tratta di imparare una nuova forma di organizzazione e di lotta, e la scienza non si acquista senza errori e senza sconfitte. Questa forma della lotta di classe sta alla partecipazione alle elezioni come l'assalto sta alle manovre, alle marce a all'immobilità nelle trincee. Questa forma di lotta, nella storia, si trova molto raramente all'ordine del giorno, ma in cambio la sua importanza e le sue conseguenze si protraggono per decenni. I giorni nei quali tali metodi possono e devono essere messi all'ordine del giorno della lotta valgono vent'anni di altri periodi storici.

Il soggettivismo nella scelta delle forme di lotta è una espressione dell'eclettismo nella teoria e nella pratica politica. Siccome la scelta delle forme della lotta politica è azione, tale scelta rimane confinata ad un livello velleitario e degrada nel tatticismo.

Soltanto una scelta che rispecchi le tendenze reali, in tutti i loro aspetti, diventa azione politica di una strategia generale. La strategia ha bisogno della dialettica.

 


Ultima modifica 12.5.2001