Lettere a Giulia Schucht

Antonio Gramsci

 

1936, senza data

Cara Julca,
dispiace anche a me quando non mi riesce a scriverti, come sempre vorrei, a lungo e minutamente, della mia vita, di te, dei ragazzi, per cercare di darti delle forze o almeno per evitare di farti rimuginare a vuoto e quindi essere causa di un tuo dispiacere.

In questi ultimi giorni, dopo che Tatiana mi ha consegnato le tue lettere del '33, ho sentito nuovamente, con forza, quanto grande sia la mia tenerezza per te e quanto grande sia sempre stata anche negli anni passati, quando non ti scrivevo, perché mi sentivo isolato e sconfortato. Tu hai creduto che io non sentissi, fin dal '32, che la mia povera mamma era morta? Il piú forte dolore l'ho sentito allora e veramente in modo violento, sebbene fossi in grave stato di prostrazione fisica. Come potevo immaginare che mia madre, viva, non mi scrivesse o facesse scrivere e che da casa non mi accennassero piú a lei? Penso come la falsa pietà non sia altro che stoltezza e nelle condizioni in cui si trova un carcerato diventi una vera e propria crudeltà perché determina uno stato d'animo di diffidenza, di sospetto morboso che ti si nasconda chissà che cosa,... mah! Ho sofferto ora per te, nel leggere le tue lettere che mi erano state nascoste. Cara Julca, io conservo del tuo papà dei ricordi che me lo fanno sembrare sempre presente e penso con rimpianto che avremmo potuto conoscerci piú e meglio... Ma questo rientra nella zona delle occasioni perdute da me non [so] se per mio difetto, perché dal '20 in poi ho in gran parte vissuto sotto l'incubo di ciò che sarebbe successo in Italia e della enorme quantità di forza che avrei dovuto avere per fare fino in fondo ciò che mi pareva giusto e necessario. Cara, potrò parlarti mai di tante cose? Adesso sono diventato di una ipersensibilità morbosa e non potrei mai scrivere su certi argomenti. Forse non mi sono spiegato sufficientemente quando ti ho scritto dei ragazzi e del fatto che non riesco a comprendere la loro vita solo dalle loro lettere e dagli accenni che tu me ne fai. Non capisco neanche a che punto sia il loro sviluppo intellettuale. A te importa la loro sensibilità e la ricchezza dei loro sentimenti... ma tu sei la mamma e occorre sempre ricevere con cauzione le impressioni delle mamme e... naturalmente anche dei papà, quando vivono sempre a contatto dei loro figlioletti e si sentono commossi per ogni loro mossetta.

Non riesco a fare un paragone tra la loro «cultura» scolastica e quella dei paesi occidentali: non posso fare un paragone neanche pensando ai miei ricordi. Tuttavia: ho ricevuto una lettera di un mio nipotino che è piú giovane di Delio e che quest'anno entra nel ginnasio. Mi pare che non abbia la ricchezza di sentimenti e la larghezza di interessi e di visioni di Delio, ma che sia piú ordinato intellettualmente e che sappia ciò che vuole (bisogna tenere conto che ha vissuto finora la vita meschina e angusta di un paese della Sardegna, non paragonabile a una città mondiale dove confluiscono enormi correnti di cultura e di interessi e di sentimenti che raggiungono anche i venditori di sigarette della strada e come!). Giuliano mi pare moralmente piú pacato di Delio, intellettualmente meno turbolento, ma perciò un po' indietro, anche per il suo temperamento.

Cara Julca, occorre che riversiamo nei nostri ragazzi tutto l'affetto che ci univa ai nostri cari e che li facciamo rivivere in loro in ciò che di meglio e di piú bello ce ne rimane nella memoria. Ti abbraccio con tanta tenerezza.
Antonio

 

 


Ultima modifica 11.08.2010