I compiti dei socialdemocratici russi [1]

Vladimir Lenin (1897)

 


Scritto in deportazione verso la fine del 1897.
Pubblicato per la prima volta in opuscolo a Ginevra nel 1898.
Trascritto per Internet da Antonio Maggio - Primo Maggio, novembre 2003.

 

La seconda metà dell'ultimo decennio del secolo XIX è caratterizzata da un eccezionale interesse per l'impostazione e la soluzione dei problemi rivoluzionari russi. L'apparizione di un nuovo partito rivoluzionario, il Diritto del popolo, la crescente influenza e i successi dei socialdemocratici, l'evoluzione interna della Volontà del popolo, hanno provocato vivaci discussioni sulle questioni programmatiche, sia nei circoli socialisti, intellettuali e operai, sia nelle pubblicazioni illegali. Basti ricordare, in quest'ultimo campo, la Questione urgente e il Manifesto (1894) del partito del Diritto del popolo, il Lietuci listok «Gruppy narodovoltsev», il Rabotnik, pubblicato all'estero dall'Unione dei socialdemocratici russi, l'intensificata attività nella pubblicazione di opuscoli rivoluzionari, soprattutto per gli operai, in Russia, il lavoro di agitazione svolto dalla socialdemocratica Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia a Pietroburgo in rapporto con i grandi scioperi pietroburghesi del 1896, ecc.

Attualmente (fine del 1897) il problema più palpitante è, secondo il nostro modo di vedere, quello dell'attività pratica dei socialdemocratici. Sottolineiamo l'attività pratica della socialdemocrazia, perché i problemi teorici hanno già superato, a quanto pare, il periodo più acuto dell'ostinata incomprensione degli avversari, dei loro sforzi continui per schiacciare la nuova tendenza nel momento stesso in cui essa appare, da una parte, e dell'ardente difesa dei principi della socialdemocrazia, dall'altra. Oggi, le concezioni teoriche dei socialdemocratici appaiono sufficientemente chiare nelle loro linee principali e fondamentali. Non si può dire altrettanto delle questioni pratiche della socialdemocrazia, del suo programma politico, dei suoi metodi d'azione, della sua tattica. Secondo noi, soprattutto in questo campo dominano i malintesi e la reciproca incomprensione, il che impedisce il completo avvicinamento alla socialdemocrazia di quei rivoluzionari i quali in teoria si sono completamente staccati dalla Volontà del popolo, ma in pratica o sono spinti dalla forza stessa delle cose a svolgere un lavoro di propaganda e di agitazione tra gli operai e persino a impostare la propria attività tra gli operai sul piano della lotta di classe, oppure tendono a porre i compiti democratici a base di tutto il programma e di tutta l'azione rivoluzionaria. Salvo errore, quest’ultima tendenza è propria dei due gruppi rivoluzionari che agiscono attualmente in Russia accanto ai socialdemocratici, e precisamente la Volontà del popolo e il Diritto del popolo.

Ci sembra quindi particolarmente tempestivo tentare di spiegare i compiti pratici dei socialdemocratici e di esporre le ragioni per le quali consideriamo il loro programma come il più razionale fra i tre programmi esistenti e le ragioni per cui riteniamo le obiezioni mosse a questo programma fondate in larga misura su un malinteso.

Nella loro attività pratica i socialdemocratici si propongono, com'è noto, di dirigere la lotta di classe del proletariato e di organizzarla nelle sue due manifestazioni: quella socialista (lotta contro la classe dei capitalisti per la distruzione del regime di classe e l'organizzazione della società [2] socialista) e quella democratica (lotta contro l'assolutismo per conquistare alla Russia la libertà politica e per rendere democratico il suo regime sociale e politico). Abbiamo detto: com'è noto. Infatti, fin dal momento in cui si sono presentati come una particolare tendenza sociale e rivoluzionaria, i socialdemocratici russi hanno sempre indicato con la massima precisione questo obiettivo della loro attività, hanno sempre sottolineato il duplice aspetto e contenuto della lotta di classe del proletariato, hanno sempre insistito sul legame indissolubile che esiste tra i loro compiti socialisti e quelli democratici, legame espresso chiaramente nel nome che hanno adottato. Tuttavia, ancor oggi potete trovare spesso certi socialisti che hanno le idee più false sui socialdemocratici, che li accusano di ignorare la lotta politica, ecc. Soffermiamoci dunque brevemente sulle caratteristiche dei due aspetti dell'attività pratica della socialdemocrazia russa.

Cominciamo con l'attività socialista. Da quando l'organizzazione socialdemocratica Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia di Pietroburgo ha cominciato a svolgere la propria attività fra gli operai di questa città, il carattere dell'azione socialdemocratica, sotto questo aspetto, avrebbe dovuto essere, secondo noi, del tutto chiaro. L'attività socialista dei socialdemocratici russi consiste nella propaganda delle dottrine del socialismo scientifico, nella diffusione tra gli operai di una giusta concezione del regime economico e sociale contemporaneo, delle sue basi e della sua evoluzione, delle diverse classi della società russa, dei loro rapporti reciproci, della lotta che si svolge fra queste classi, della funzione della classe operaia in questa lotta, del suo atteggiamento verso le classi che declinano e quelle che sono in ascesa, verso il passato e l'avvenire del capitalismo, della funzione storica della socialdemocrazia internazionale e della classe operaia russa. Inseparabile dalla propaganda è l'agitazione tra gli operai, che naturalmente si pone in primo piano, date le attuali condizioni politiche della Russia e il livello di sviluppo delle masse operaie. L'agitazione fra gli operai consiste nella partecipazione dei socialdemocratici a tutte le manifestazioni spontanee della lotta della classe operaia, a tutti i conflitti tra gli operai e i capitalisti per la durata della giornata lavorativa, il salario, le condizioni di lavoro, ecc. ecc. Noi abbiamo il compito di fondere la nostra azione con le questioni pratiche, quotidiane della vita operaia, di aiutare gli operai a comprendere queste questioni, di richiamare la loro attenzione sugli abusi più gravi, di aiutarli a formulare in modo più preciso e più pratico le loro rivendicazioni contro i padroni, di sviluppare in essi la coscienza della solidarietà, la coscienza dei loro comuni interessi e della causa comune di tutti gli operai russi, come classe operaia unica che è parte integrante dell'esercito mondiale del proletariato. L'organizzazione di circoli tra gli operai, la creazione di rapporti regolari e clandestini tra questi circoli e il gruppo centrale dei socialdemocratici, la pubblicazione e la diffusione della stampa operaia, l'organizzazione della corrispondenza con tutti i centri del movimento operaio, la pubblicazione e la diffusione di manifestini e di appelli, la preparazione di un gruppo di esperti agitatori: queste sono a grandi linee le manifestazioni dell'attività socialista della socialdemocrazia russa.

Il nostro lavoro è orientato anzitutto e soprattutto verso gli operai di fabbrica e di officina, verso gli operai della città. La socialdemocrazia russa non deve disperdere le proprie forze, ma concentrarle nell'azione da svolgere tra il proletariato industriale, che è il più pronto ad accogliere le idee socialdemocratiche, il più evoluto intellettualmente e politicamente, il più importante per numero e concentrazione nei grandi centri politici del paese. La creazione di una solida organizzazione rivoluzionaria tra gli operai di fabbrica e di officina, tra gli operai della città, è pertanto il primo e più urgente compito della socialdemocrazia, compito che sarebbe assolutamente irrazionale trascurare in questo momento. Ma, anche se riconosciamo la necessità di concentrare le nostre forze sugli operai di fabbrica e di officina, condannando il frazionamento delle forze, non vogliamo affatto dire che la socialdemocrazia russa debba ignorare gli altri strati del proletariato e della classe operaia russa. Assolutamente no. L'operaio di fabbrica russo, per le sue stesse condizioni di vita, è costretto assai spesso a stabilire legami molto stretti con gli artigiani, con questo proletariato industriale disseminato fuori delle fabbriche, nelle città e nei villaggi, e posto in condizioni infinitamente peggiori. L'operaio di fabbrica russo è in contatto diretto con la popolazione rurale (non di rado la sua famiglia vive in campagna) e quindi non può non avvicinarsi al proletariato rurale, ai milioni di braccianti fissi e di giornalieri, nonché ai contadini rovinati che, pur essendo attaccati a un miserabile boccone di terra, sono occupati in prestazioni di lavoro e in ogni sorta di «lavori ausiliari» occasionali, ossia in lavori salariati. I socialdemocratici russi ritengono che sia oggi intempestivo orientare le loro forze verso gli artigiani e gli operai agricoli, ma essi non hanno alcuna intenzione di trascurare questi strati e cercheranno quindi di istruire gli operai d'avanguardia anche sulla vita degli artigiani e degli operai agricoli, affinché, venendo a contatto con gli strati più arretrati del proletariato, vi diffondano le idee della lotta di classe, del socialismo, dei compiti politici della democrazia russa in generale e del proletariato russo in particolare. Non sarà pratico inviare agitatori tra gli artigiani e gli operai agricoli, fino a quando rimarrà da svolgere una tale mole di lavoro tra gli operai di fabbrica e di officina, tra gli operai della città; ma in moltissimi casi l'operaio socialista, indipendentemente dalla sua volontà, viene a contatto con quegli strati e deve sapersi avvalere di queste occasioni e comprendere i compiti generali della socialdemocrazia in Russia. Sbagliano pertanto profondamente coloro che accusano la socialdemocrazia russa di ristrettezza, di tendenza a ignorare la massa della popolazione lavoratrice per occuparsi esclusivamente degli operai di fabbrica e di officina. Al contrario, l'agitazione tra gli strati avanzati del proletariato è l'unica e la più sicura via per ridestare (a misura che il movimento si allarga) tutto il proletariato russo. La diffusione del socialismo e dell'idea della lotta di classe fra gli operai della città diffonderà inevitabilmente queste idee attraverso i più piccoli e più ramificati canali; perciò è necessario che esse si radichino più profondamente in un ambiente meglio preparato e saturino l'avanguardia del movimento operaio russo e della rivoluzione russa. Orientando tutte le sue forze verso l'azione tra gli operai di fabbrica e di officina, la socialdemocrazia russa è pronta a sostenere quei rivoluzionari russi che in pratica impostano il lavoro socialista sul piano della lotta di classe del proletariato, senza nascondere affatto che tutte le alleanze pratiche con le altre frazioni rivoluzionarie non possono né debbono condurre a compromessi o concessioni sulla teoria, il programma, gli ideali. Convinti che, ai nostri giorni, una sola teoria rivoluzionaria, la dottrina del socialismo scientifico e della lotta di classe, può servire da bandiera al movimento rivoluzionario, i socialdemocratici russi cercheranno di diffonderla con tutti i mezzi, di difenderla contro le false interpretazioni, di reagire contro ogni tentativo diretto a legare il movimento operaio russo, ancora giovane, a dottrine meno precise. Le considerazioni teoriche dimostrano, e l'attività pratica dei socialdemocratici prova che tutti i socialisti in Russia debbono diventare socialdemocratici.

Passiamo ai compiti democratici e all'attività democratica dei socialdemocratici. Ripetiamo ancora una volta che questa attività è indissolubilmente legata a quella socialista. Nella loro propaganda tra gli operai, i socialdemocratici non possono ignorare i problemi politici, e considererebbero come grave errore e abbandono dei principi fondamentali della socialdemocrazia mondiale ogni tentativo di ignorarli o di porli in secondo piano. Insieme alla propaganda del socialismo scientifico, i socialdemocratici russi si assumono il compito di diffondere tra le masse operaie le idee democratiche, di dare un giusto concetto dell'assolutismo in tutte le sue manifestazioni, del suo contenuto di classe, della necessità di abbatterlo, dell'impossibilità di lottare vittoriosamente per la causa operaia senza conquistare la libertà politica e senza democratizzare il regime politico e sociale della Russia. Nello svolgere tra gli operai un lavoro di agitazione basato sulle rivendicazioni economiche immediate, i socialdemocratici legano strettamente a queste ultime l'agitazione basata sulle esigenze politiche immediate, sull'angosciosa situazione e sulle rivendicazioni della classe operaia, l'agitazione contro il giogo poliziesco che si manifesta in ogni sciopero, in ogni conflitto tra gli operai e i capitalisti, l'agitazione contro la restrizione dei diritti degli operai, come cittadini russi in generale e come la classe più oppressa e più priva di diritti in particolare, l'agitazione contro ogni alto esponente e servo dell'assolutismo che si trovi a diretto contatto con gli operai e renda evidente alla classe operaia la sua schiavitù politica. Se nel campo economico non vi è problema della vita operaia che non possa essere utilizzato per l'agitazione economica, anche nel campo politico non vi è problema Che non possa servire per l'agitazione politica. Queste due forme di agitazione sono inscindibilmente connesse tra loro nell'attività dei socialdemocratici, come le due facce di una stessa medaglia. Sia l'agitazione economica che l'agitazione politica sono parimenti indispensabili per sviluppare la coscienza di classe del proletariato; l'una e l'altra sono parimenti indispensabili come guida della lotta di classe degli operai russi, giacché ogni lotta di classe è una lotta politica. L'una e l'altra forma di agitazione, ridestando la coscienza degli operai, organizzandoli, disciplinandoli e educandoli per un'azione solidale e per la lotta in favore degli ideali socialdemocratici, daranno loro la possibilità di sperimentare le proprie forze sui problemi e sui bisogni più immediati, permetteranno loro di ottenere concessioni parziali dal loro nemico, migliorando così la loro situazione economica, costringendo i capitalisti a tenere conto della forza degli operai organizzati, costringendo il governo a estendere i diritti degli operai, a prestar orecchio alle loro rivendicazioni, tenendo il governo in continuo timore davanti allo stato d'animo ostile delle masse operaie, dirette da una solida organizzazione socialdemocratica.

Abbiamo così indicato il legame indissolubile che esiste tra la propaganda e l'agitazione socialista e democratica, il perfetto parallelismo del lavoro rivoluzionario nell'uno e nell'altro campo. Ma tra queste due forme di attività e di lotta esiste anche una grande differenza. La differenza sta nel fatto che nella lotta economica il proletariato è assolutamente isolato, poiché ha contro di sé tanto la nobiltà terriera quanto la borghesia, e poiché si può avvalere soltanto (e non sempre) dell'appoggio degli elementi della piccola borghesia che gravitano attorno al proletariato. Nella lotta politica, democratica, invece, la classe operaia russa non è isolata; al suo fianco si schierano tutti gli elementi dell'opposizione politica, tutti gli strati della popolazione e le classi in quanto sono ostili all'assolutismo e lo combattono in questa o quella forma. A fianco del proletariato si schierano quegli elementi di opposizione della borghesia o delle classi colte o della piccola borghesia o delle nazionalità, religioni e sette perseguitate dall'assolutismo, ecc. ecc. Qui sorge spontanea una domanda: quali debbono essere i rapporti tra la classe operaia e questi elementi? E inoltre: deve la classe operaia unirsi ad essi per lottare insieme contro l'assolutismo? Se tutti i socialdemocratici riconoscono che la rivoluzione politica deve precedere in Russia la rivoluzione socialista, non dobbiamo forse allearci a tutti gli elementi dell'opposizione politica per lottare contro l'assolutismo e nel frattempo lasciare da parte il socialismo? Non è ciò necessario per rafforzare la lotta contro l'assolutismo?

Esaminiamo i due problemi.

I rapporti tra la classe operaia, in quanto combattente contro l'assolutismo, e tutte le altre classi e gruppi sociali che si trovano politicamente all'opposizione, sono determinati con la massima precisione dai principi fondamentali della socialdemocrazia esposti nel celebre Manifesto comunista. I socialdemocratici sostengono le classi sociali progressive contro le classi reazionarie, la borghesia contro i rappresentanti della proprietà terriera privilegiata e di casta e contro la burocrazia, la grande borghesia contro le velleità reazionarie della piccola borghesia. Questo appoggio non presuppone e non implica alcun compromesso con i programmi e i principi non socialdemocratici; è l'appoggio di un alleato contro un nemico determinato, e i socialdemocratici danno questo appoggio per accelerare la caduta del comune nemico, ma nulla attendono per sé dai loro alleati temporanei e nulla loro concedono. Nella loro lotta per l'uguaglianza dei diritti, i socialdemocratici sostengono ogni movimento rivoluzionario contro il regime sociale vigente, ogni nazionalità oppressa, ogni religione perseguitata, ogni ceto sociale umiliato, ecc.

Nella propaganda, l'appoggio a tutti gli elementi dell'opposizione politica si traduce nel fatto che i socialdemocratici, dimostrando che l'assolutismo è ostile alla causa operaia, faranno vedere che in pari tempo esso è ostile a questo o quel gruppo sociale, e che la classe operaia è solidale con tali gruppi in queste o quelle questioni, per questi o quei compiti, ecc. Nell'agitazione, l'appoggio si traduce nel fatto che i socialdemocratici si avvarranno di ogni manifestazione del giogo poliziesco dell'assolutismo per mostrare agli operai come questo giogo prema in generale su tutti i cittadini russi, e in particolare sui rappresentanti dei ceti, delle nazionalità, delle religioni, delle sette, ecc. più oppresse, e come questo giogo gravi specialmente sulla classe operaia. Infine, nella pratica, questo appoggio significherà che i socialdemocratici russi saranno disposti a concludere alleanze con i rivoluzionari di altre tendenze per raggiungere questi o quegli scopi parziali; di questa loro disposizione essi hanno già dato concretamente prova più d'una volta.

Veniamo così alla seconda questione. Nel porre in rilievo la solidarietà con gli operai di diversi gruppi di opposizione, i socialdemocratici distingueranno sempre da questi gruppi gli operai, spiegheranno sempre il carattere temporaneo e relativo di questa solidarietà, sottolineeranno sempre che il proletariato è una classe a sé, la quale potrà domani diventare avversaria dei suoi alleati di oggi. Si obietterà: «Questo indebolirà tutti coloro che lottano per la libertà politica nel momento presente». No, questo rafforzerà invece tutti coloro che combattono per la libertà politica, risponderemo noi. Forti sono soltanto quei combattenti che si appoggiano sugli interessi reali, effettivamente riconosciuti come tali, di classi determinate, e ogni tentativo di nascondere gli interessi di classe che svolgono già una funzione dominante nella società contemporanea, indebolirebbe soltanto i combattenti. Ciò in primo luogo. In secondo luogo, nella lotta contro l'assolutismo, la classe operaia deve assumere una posizione indipendente perché soltanto essa è fino in fondo un nemico coerente e irriducibile dell'assolutismo, perché soltanto per essa è impossibile ogni compromesso con l'assolutismo, perché soltanto nella classe operaia la democrazia può trovare un partigiano senza riserve e senza indecisioni, che non guarda al passato. In tutte le altre classi, gruppi, strati della popolazione, l'ostilità verso l'assolutismo non è incondizionata, il loro democratismo è sempre rivolto al passato. La borghesia non può non riconoscere che l'assolutismo frena lo sviluppo industriale e sociale, ma essa teme di rendere pienamente democratico il regime politico e sociale e può sempre allearsi con l'assolutismo contro il proletariato. La piccola borghesia ha per sua natura due facce: da una parte gravita attorno al proletariato e alla democrazia, dall'altra gravita attorno alle classi reazionarie, cerca di fermare il corso della storia, è capace di prestarsi agli esperimenti e di cedere alle profferte dell'assolutismo (sotto la forma, magari, della «politica popolare» di Alessandro III), è capace di concludere un'alleanza con le classi dirigenti contro il proletariato pur di consolidare la propria situazione di classe piccolo-proprietaria. Gli uomini colti, gli «intellettuali» in generale, non possono non insorgere contro la selvaggia oppressione poliziesca dell'assolutismo che iugula il pensiero e la scienza, ma i loro interessi materiali li legano all'assolutismo, alla borghesia, li costringono a essere incoerenti, a stipulare compromessi, a rendere il loro ardore di oppositori e rivoluzionari per uno stipendio statale o per la partecipazione a profitti o a dividendi. Quanto agli elementi democratici delle nazionalità oppresse e delle religioni perseguitate, ognuno sa e vede che le contraddizioni di classe all'interno di questi gruppi della popolazione sono assai più profonde e acute della solidarietà fra tutte le classi in uno di questi gruppi nella lotta contro l'assolutismo e per le istituzioni democratiche. Solo il proletariato può essere – e per la sua situazione di classe non può non esserlo – coerentemente democratico sino in fondo, nemico deciso dell'assolutismo, incapace di qualsiasi concessione, di qualsiasi compromesso. Solo il proletariato può essere il combattente d'avanguardia per le libertà politiche e per le istituzioni democratiche, perché, in primo luogo, l'oppressione politica grava soprattutto sul proletariato e non trova nessun correttivo nella situazione di questa classe, che non ha alcuna possibilità di accedere al potere supremo né alla burocrazia, e che non ha influenza sull'opinione pubblica. In secondo luogo, soltanto il proletariato è capace di democratizzare sino in fondo il regime politico e sociale, poiché questa democratizzazione metterebbe tale regime nelle mani degli operai. Ecco perché la fusione dell'azione democratica della classe operaia con il democratismo delle altre classi e degli altri gruppi indebolirebbe il movimento democratico, indebolirebbe la lotta politica, la renderebbe meno decisa, meno coerente, più suscettibile di compromessi. Viceversa, se si distinguerà la classe operaia come combattente d'avanguardia per le istituzioni democratiche, si rafforzerà il movimento democratico, si rafforzerà la lotta per la libertà politica, perché la classe operaia spingerà avanti tutti gli altri elementi democratici e dell'opposizione politica, spingerà i liberali verso i radicali, indurrà i radicali alla rottura definitiva con tutto il regime politico e sociale della società attuale. Abbiamo già detto che tutti i socialisti della Russia devono diventare socialdemocratici. Aggiungiamo ora: tutti i veri e coerenti democratici della Russia debbono diventare socialdemocratici.

Chiariremo il nostro pensiero con un esempio. Consideriamo i funzionari, la burocrazia, come uno strato particolare di uomini specializzati nell'amministrazione e che godono di una situazione privilegiata rispetto al popolo. Se dalla Russia assolutistica e semiasiatica passiamo all'Inghilterra evoluta, libera e civile, notiamo che dappertutto questo istituto è un organo indispensabile della società borghese. All'arretratezza della Russia e al suo assolutismo corrisponde la mancanza assoluta di diritti del popolo di fronte ai funzionari, la mancanza assoluta di controllo sulla burocrazia privilegiata. In Inghilterra esiste un forte controllo popolare sull'amministrazione, ma anche là questo controllo è tutt'altro che completo, anche là la burocrazia conserva non pochi privilegi ed è sovente il padrone e non il servitore del popolo. Anche in Inghilterra troviamo gruppi sociali potenti, i quali sostengono la situazione privilegiata della burocrazia e ne impediscono la completa democratizzazione. Perché? Perché la sua completa democratizzazione si accorda con gli interessi del solo proletariato: gli strati più progrediti della borghesia difendono alcune prerogative della burocrazia, si dichiarano contrari alla eleggibilità di tutti i funzionari, alla completa soppressione del diritto censitario, alla diretta responsabilità dei funzionari davanti al popolo, ecc., perché questi strati sentono che una simile totale democratizzazione sarebbe utilizzata dal proletariato contro la borghesia. Lo stesso avviene in Russia. Contro l'onnipotente, irresponsabile, venale, selvaggia, ignorante e parassitaria burocrazia russa si levano gli strati più numerosi e più diversi del popolo russo. Ma, tranne il proletariato, nessuno di questi strati ammetterebbe la completa democratizzazione della burocrazia, perché tutti (borghesia, piccola borghesia, «intellettualità» in genere) sono legati alla burocrazia, perché tutti sono imparentati con la burocrazia russa. Chi non sa con quale facilità nella santa Russia un intellettuale radicale, un intellettuale socialista si trasforma in un funzionario del governo imperiale, in un funzionario che si consola al pensiero di essere «utile» nei limiti della prassi burocratica, in un funzionario che giustifica con questa «utilità» la propria indifferenza politica, il proprio servilismo verso il governo della frusta e del bastone? Solo il proletariato è incondizionatamente ostile all'assolutismo e alla burocrazia russa, solo il proletariato non ha alcun legame con questi organi della società aristocratico-borghese, solo il proletariato è capace di un odio implacabile, è capace di condurre contro di essi una lotta decisiva.

Quando dimostriamo che il proletariato, diretto nella sua lotta di classe dalla socialdemocrazia, è il combattente d'avanguardia della democrazia russa, ci troviamo di fronte all'opinione molto diffusa e molto strana che la socialdemocrazia russa porrebbe in secondo piano i problemi politici e la lotta politica. Come vediamo, quest'opinione è diametralmente opposta alla verità. Come si può spiegare allora una così sorprendente incomprensione dei principi della socialdemocrazia, che sono stati più volte esposti nelle prime pubblicazioni socialdemocratiche russe, negli opuscoli pubblicati all'estero e nei libri del gruppo Emancipazione del lavoro? Crediamo che la spiegazione di questo fatto sorprendente vada ricercata nelle tre circostanze seguenti:

In primo luogo, nella generale incomprensione dei principi socialdemocratici da parte dei rappresentanti delle vecchie teorie rivoluzionarie, abituati a costruire programmi e piani di azione sulla base di idee astratte e non sulla base dell'analisi delle classi che agiscono realmente nel paese e che la storia ha posto in rapporti determinati. Proprio la mancanza di una discussione realistica degli interessi su cui poggia la democrazia russa ha potuto far nascere l'opinione che la socialdemocrazia russa lasci nell'ombra i compiti democratici dei rivoluzionari russi.

In secondo luogo, non si è compreso che la fusione dei problemi economici e politici, dell'azione socialista e democratica in un tutto organico, in un'unica lotta di classe del proletariato, non indebolisce ma rafforza il movimento democratico e la lotta politica, accostandoli agli interessi reali delle masse popolari, traendo i problemi politici fuori dagli «angusti studi degli intellettuali» per portarli nella strada, tra gli operai e le classi lavoratrici, sostituendo alle idee astratte sull'oppressione politica le manifestazioni reali di quest'oppressione, di cui il proletariato soffre maggiormente e sul cui terreno svolge la propria agitazione la socialdemocrazia. Sembra spesso al radicale russo che il socialdemocratico il quale, anziché chiamare direttamente e immediatamente gli operai d'avanguardia alla lotta politica, addita la necessità di sviluppare il movimento operaio e di organizzare la lotta di classe del proletariato, si allontani così dal suo democratismo e respinga in secondo piano la lotta politica. Ma se vi è qui una ritirata, è il caso di dire come nel proverbio francese: «Il faut reculer pour mieux sauter!» (bisogna indietreggiare per saltare meglio).

In terzo luogo, l'incomprensione proviene dal diverso significato che il concetto stesso di «lotta politica» ha tra i seguaci della Volontà del popolo e del Diritto del popolo da una parte, e tra i socialdemocratici dall'altra. I socialdemocratici intendono la lotta politica in modo diverso, in modo molto più ampio che non i rappresentanti delle vecchie teorie rivoluzionarie. Un'illustrazione lampante di questa affermazione, che può sembrare paradossale, ci è data dal Lietuci listok «Gruppy narodovoltsev», n. 4 del 9 dicembre 1895. Mentre salutiamo con tutta l'anima questa pubblicazione, che prova la profonda e feconda attività intellettuale degli odierni seguaci della Volontà del popolo, non possiamo non segnalare l'articolo di Lavrov Sulle questioni programmatiche (pp. 19-20), che mette in risalto la diversa concezione della lotta politica dei membri della Volontà del popolo della vecchia tendenza [*1]. «... Vi è qui – scrive Lavrov, facendo un confronto tra il programma della Volontà del popolo e quello dei socialdemocratici – un solo fatto essenziale: è forse possibile organizzare, sotto l'assolutismo, un forte partito operaio senza organizzare un partito rivoluzionario diretto contro l'assolutismo?» (p. 21, colonna 2). La stessa cosa è detta più sopra (colonna 1): «...organizzare un partito operaio russo sotto il dominio dell'assolutismo, senza organizzare in pari tempo un partito rivoluzionario contro questo assolutismo». Queste differenze, che per Lavrov sono di capitale importanza, per noi sono assolutamente incomprensibili. Come dunque? «Un partito operaio senza un partito rivoluzionario diretto contro l'assolutismo»?? Ma lo stesso partito operaio non è forse un partito rivoluzionario? Non è forse diretto contro l'assolutismo? La spiegazione di questa stranezza ci è fornita dal seguente brano dell'articolo di Lavrov: «Siamo costretti a creare l'organizzazione di un partito operaio russo nelle condizioni determinate dall'esistenza dell'assolutismo con tutte le sue delizie. Se i socialdemocratici riuscissero a far ciò, senza organizzare nello stesso tempo una cospirazione politica contro l'assolutismo, con tutte le condizioni che una simile cospirazione implica, naturalmente il loro programma politico sarebbe il vero programma dei socialisti russi, poiché l'emancipazione degli operai per opera degli operai stessi sarebbe in via di realizzazione. Ma ciò è molto dubbio, se non impossibile» (p. 21, colonna 1).

Ecco dunque di che cosa si tratta! Per un seguace della Volontà del popolo il concetto di lotta politica si identifica col concetto di cospirazione politica! Bisogna riconoscere che con queste parole P. L. Lavrov è riuscito a chiarire perfettamente la differenza fondamentale fra la tattica della Volontà del popolo e quella della socialdemocrazia nella lotta politica. La tradizione blanquista della cospirazione è cosi tenacemente radicata nei seguaci della Volontà del popolo che essi non riescono a immaginare la lotta politica altrimenti che sotto forma di cospirazione politica. I socialdemocratici non peccano di siffatta ristrettezza di vedute; essi non credono alle cospirazioni, pensano che il periodo delle cospirazioni è ormai passato da molto tempo, ritengono che ridurre la lotta politica alla cospirazione significa, da una parte, restringerla eccessivamente e, dall'altra, scegliere i mezzi di lotta meno adatti. Tutti comprendono che le parole di Lavrov: «l'attività dell'Occidente è per i socialdemocratici russi un modello obbligatorio» (p. 21, colonna 1), sono soltanto una battuta polemica, e che in realtà i socialdemocratici russi non hanno mai dimenticato la nostra situazione politica, non hanno mai sognato la possibilità di creare in Russia un partito operaio legale, non hanno mai scisso la lotta per il socialismo dalla lotta per la libertà politica. Essi invece hanno sempre pensato e continuano a pensare che questa lotta non deve essere condotta da cospiratori, ma da un partito rivoluzionario che si appoggi sul movimento operaio. Ritengono che la lotta contro l'assolutismo non deve consistere nell'organizzare complotti, ma nell'educare, nel disciplinare e nell'organizzare il proletariato, nel condurre tra gli operai un'agitazione politica che stigmatizzi ogni manifestazione dell'assolutismo, inchiodi alla gogna tutti i paladini del governo poliziesco e costringa quest'ultimo a fare concessioni. A Pietroburgo non è forse stata proprio questa l'attività dell'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia? Questa organizzazione non è forse precisamente l'embrione di un partito rivoluzionario che si appoggia sul movimento operaio, dirige la lotta di classe del proletariato, la lotta contro il capitale e il governo assoluto, senza organizzare alcuna cospirazione, attingendo le proprie forze appunto dalla fusione della lotta socialista e della lotta democratica nell'unica e inseparabile lotta di classe del proletariato di Pietroburgo? L'azione svolta dall'Unione, nonostante la sua breve esistenza, non ha forse già dimostrato che il proletariato guidato dalla socialdemocrazia è una forza politica considerevole, della quale il governo è costretto a tener conto e alla quale si affretta a fare concessioni? La legge del 2 giugno 1897, sia per la fretta con cui è stata promulgata, sia per il suo contenuto, tradisce chiaramente il suo significato di concessione forzata al proletariato, di posizione conquistata al nemico del popolo russo.

La concessione è minima, la posizione insignificante, ma è pur vero che l’organizzazione della classe operaia, che è riuscita a strappare questa concessione, non si distingue neanche essa né per ampiezza, né per solidità, né per anzianità, né per ricchezza di esperienza o di mezzi. L'Unione di lotta è stata fondata, com'è noto, solo nel 1895-1896 e i suoi appelli agli operai si sono limitati a manifestini poligrafati e litografati. Si può forse negare che un'organizzazione di questo tipo, che comprendesse almeno i centri principali del movimento operaio russo (regioni di Pietroburgo, Mosca-Vladimir, del sud, e le principali città, come Odessa, Kiev, Saratov, ecc.), che disponesse di un giornale rivoluzionario e godesse tra gli operai russi dell'autorità di cui l'Unione di lotta gode tra gli operai di Pietroburgo, si può forse negare che un'organizzazione di questo tipo sarebbe uno dei più importanti fattori politici della Russia contemporanea, un fattore di cui il governo dovrebbe tener conto in tutta la sua politica interna ed estera? Dirigendo la lotta di classe del proletariato, sviluppando lo spirito di organizzazione e di disciplina fra gli operai, aiutandoli a lottare per i loro bisogni economici immediati e a strappare al capitale una posizione dopo l'altra, educando politicamente gli operai e lottando in modo sistematico e tenace contro l'assolutismo, dando la caccia a ogni cane da guardia dello zarismo che fa gravare sul proletariato la pesante zampa del governo poliziesco, una simile organizzazione sarebbe in pari tempo una organizzazione del partito operaio adeguata alle nostre condizioni e un forte partito rivoluzionario diretto contro l'assolutismo. Ma discutere preventivamente sul mezzo a cui questa organizzazione dovrà ricorrere per infliggere il colpo decisivo all'assolutismo, discutere preventivamente se essa preferirà, per esempio, l'insurrezione o lo sciopero politico di massa o un altro mezzo di attacco, discutere preventivamente e risolvere oggi questa questione sarebbe vuoto dottrinarismo. Saremmo come dei generali che si riunissero in consiglio di guerra prima ancora di radunare e mobilitare l'esercito o di entrare in campagna contro il nemico. Quando l'esercito del proletariato lotterà decisamente, sotto la guida di una forte organizzazione socialdemocratica, per la propria emancipazione economica e politica, l'esercito stesso indicherà ai suoi generali i metodi e i mezzi per l'azione. Allora e soltanto allora si potrà risolvere il problema del colpo definitivo da infliggere all'assolutismo, perché la soluzione del problema dipende precisamente dalla situazione del movimento operaio, dalla sua ampiezza, dai metodi di lotta elaborati dal movimento stesso, dalle qualità dell'organizzazione rivoluzionaria che lo dirige, dall'atteggiamento che gli altri strati sociali assumono verso il proletariato e verso l'assolutismo, dalle condizioni della politica estera e interna, in una parola da mille condizioni che è impossibile e inutile indovinare fin d'ora.

È quindi assolutamente sbagliato anche il seguente ragionamento di Lavrov:

«Se sarà loro [ai socialdemocratici] necessario raggruppare in un modo o nell'altro non solo le forze operaie per la lotta contro il capitale, ma anche gli individui e i gruppi rivoluzionari per la lotta contro l'assolutismo, i socialdemocratici russi, qualunque denominazione assumano, accetteranno di fatto il programma dei loro avversari, il programma della Volontà del popolo. Le divergenze di opinioni sull'obscina [3], sui destini del capitalismo in Russia, sul materialismo economico sono particolari di scarsissima importanza per l'azione reale, in quanto favoriscono od ostacolano la soluzione di problemi particolari, di particolari metodi di elaborazione dei punti essenziali, ma nulla di più» (p. 21, colonna 1).

È persino strano dover contestare quest'ultima affermazione per cui le divergenze d'opinione sulle questioni fondamentali della vita russa e dell'evoluzione della società russa, sui problemi fondamentali della concezione della storia, sono soltanto dei «particolari»! Già da molto tempo è stato detto che senza teoria rivoluzionaria non può esistere movimento rivoluzionario, e oggi non è più necessario dimostrare questa verità. La teoria della lotta di classe, l'interpretazione materialistica della storia russa e la valutazione materialistica dell'attuale situazione economica e politica della Russia, la riconosciuta necessità di imperniare la lotta rivoluzionaria sugli interessi determinati di una classe determinata, esaminando i rapporti tra questa classe e le altre classi: definire queste questioni rivoluzionarie di estrema importanza come dei semplici «particolari» è così enormemente sbagliato e sorprendente da parte di un veterano della teoria rivoluzionaria, che siamo quasi disposti a considerare questo brano come un lapsus. Ma ancor più colpisce l'erroneità della prima parte del brano citato. Dichiarare per iscritto che i socialdemocratici raggruppano soltanto le forze operaie per lottare contro il capitale (ossia soltanto per la lotta economica!), senza tendere a unire gli individui e i gruppi rivoluzionari per lottare contro l'assolutismo, significa che o non si conoscono o non si vogliono conoscere i fatti universalmente noti dell'attività dei socialdemocratici russi. Oppure, forse, Lavrov non considera come «individui rivoluzionari» e come «gruppi rivoluzionari» i socialdemocratici che svolgono un lavoro pratico in Russia?! Oppure (ed è forse più esatto) per «lotta» contro l'assolutismo egli intende soltanto le cospirazioni contro l'assolutismo? (cfr. p. 21, colonna 2: «... Si tratta.., dell'organizzazione di una cospirazione rivoluzionaria». Il corsivo è nostro). Forse, secondo P. L. Lavrov, chi non organizza cospirazioni politiche non conduce una lotta politica? Lo ripetiamo ancora una volta: questa idea corrisponde pienamente alle vecchie tradizioni della vecchia Volontà del popolo, ma non corrisponde affatto né alle concezioni attuali sulla lotta politica, né alla realtà attuale.

Dobbiamo ancora dire alcune parole sui seguaci del Diritto del popolo. Lavrov ha perfettamente ragione, secondo noi, quando afferma che i socialdemocratici «qualificano i seguaci del Diritto del popolo come gli elementi più sinceri, e sono pronti a sostenerli pur senza confondersi con loro» (p. 19, colonna 2); bisognerebbe soltanto aggiungere: come i democratici più sinceri, e nella misura in cui agiscono come democratici coerenti. Purtroppo questa condizione riguarda piuttosto l'auspicabile avvenire che non il reale presente. I seguaci del Diritto del popolo hanno manifestato il desiderio di liberare i compiti democratici dal populismo e in generale da ogni legame con le forme antiquate del «socialismo russo», ma essi stessi hanno dimostrato di non essersi ancora liberati dai vecchi pregiudizi e di non essere coerenti quando hanno denominato il loro partito, che è solo un partito di riforme politiche, partito «sociale (?)-rivoluzionario» (cfr. il loro Manifesto del 19 febbraio 1894) e quando hanno dichiarato nello stesso Manifesto che «la nozione di diritto del popolo comprende l'organizzazione della produzione popolare» (siamo costretti a citare a memoria), introducendo così di soppiatto i pregiudizi del populismo. Non aveva dunque del tutto torto Lavrov quando li definiva «politici da carnevale» (p. 20, colonna 2). Ma forse è più giusto considerare la dottrina del Diritto del popolo come una dottrina di transizione, alla quale non si può negare il merito di essersi vergognata del primitivismo delle dottrine populiste e di aver polemizzato apertamente contro i più ripugnanti reazionari del populismo, i quali si permettono di dire, di fronte all'assolutismo poliziesco di classe, che sono auspicabili le trasformazioni economiche e non quelle politiche (cfr. Una questione urgente, edita dal partito del Diritto del popolo). Se nel partito del Diritto del popolo vi sono effettivamente solo ex socialisti i quali nascondono la loro bandiera socialista per ragioni tattiche e che di uomini politici non socialisti hanno soltanto la maschera (come suppone P. L. Lavrov; p. 20, colonna 2), questo partito non ha allora, naturalmente, alcun avvenire. Ma se in questo partito vi sono anche dei politici non socialisti, seri, e non da carnevale, se vi sono dei democratici non socialisti, allora il partito potrà recare grande utilità adoperandosi ad avvicinare gli elementi della nostra borghesia che hanno un atteggiamento di opposizione politica, a ridestare la coscienza politica di classe della nostra piccola borghesia, dei piccoli commercianti, dei piccoli artigiani, ecc., di questa classe che dappertutto, nell'Europa occidentale, ha svolto una determinata funzione nel movimento democratico, che in Russia ha progredito in modo assai rapido nel campo culturale e in altri campi, nell'epoca seguita alla riforma, e che non può non sentire il giogo del governo poliziesco e il cinico appoggio dato da questo governo ai grandi industriali, ai grandi monopolisti della finanza e dell’industria. Ma a tal fine e necessario soltanto che i seguaci del Diritto del popolo si propongano di accostarsi effettivamente ai diversi strati della popolazione e non si limitino sempre a quella «intellettualità», la cui impotenza, derivante dal suo distacco dagli interessi reali delle masse, è riconosciuta anche nella Questione urgente. A tal fine è necessario che i seguaci dei Diritto del popolo abbandonino ogni pretesa di voler fondere elementi sociali eterogenei e di mettere da parte il socialismo di fronte ai compiti politici, abbandonino quella falsa vergogna che impedisce loro di accostarsi ai ceti borghesi della nazione; è necessario, cioè, che essi non solo parlino di un programma di uomini politici non socialisti, ma agiscano conformemente a questo programma, risvegliando e sviluppando la coscienza di classe di quei gruppi sociali e di quelle classi che non hanno affatto bisogno del socialismo, ma sentono sempre di più il giogo dell'assolutismo e la necessità della libertà politica.

* * * * * *

La socialdemocrazia russa è ancora molto giovane. Esce appena dallo stato embrionale in cui i problemi teorici avevano un posto predominante. Comincia appena ora a sviluppare la sua attività pratica. Invece di criticare le teorie e i programmi socialdemocratici, i rivoluzionari delle altre frazioni debbono, per forza di cose, criticare l'attività pratica dei socialdemocratici russi. E bisogna riconoscere che quest'ultima critica è nettamente diversa dalla critica teorica, è tanto diversa che si è potuto diffondere la ridicola diceria secondo cui l'Unione di lotta di Pietroburgo non sarebbe un'organizzazione socialdemocratica. La possibilità stessa di una simile diceria mostra già l'infondatezza delle accuse che circolano, le quali rimproverano ai socialdemocratici di trascurare la lotta politica. La possibilità stessa di una simile diceria dimostra che molti rivoluzionari, i quali non si erano lasciati convincere dalla teoria dei socialdemocratici, cominciano a essere convinti dalla loro attività pratica.

La socialdemocrazia russa ha ancora dinanzi a sé un immenso campo di lavoro tuttora quasi intatto. Il risveglio della classe operaia russa, la sua spontanea aspirazione alla cultura, all'unione, al socialismo, alla lotta contro i suoi sfruttatori e oppressori, si rivelano ogni giorno più vivi e più ampi. I giganteschi progressi che il capitalismo russo ha compiuto negli ultimi tempi ci garantiscono che il movimento operaio crescerà costantemente in ampiezza e in profondità. Stiamo oggi attraversando, evidentemente, quella fase del ciclo capitalistico nella quale l'industria «fiorisce», il commercio si espande, le fabbriche lavorano a pieno rendimento, nella quale nuove aziende, nuove officine, società per azioni, ferrovie, ecc. ecc., sorgono numerose come i funghi dopo la pioggia. Non è necessario esser profeti per predire il crollo inevitabile (più o meno violento) che seguirà a questa «prosperità» industriale, e manderà in rovina la massa dei piccoli proprietari, getterà masse di operai nelle file dei disoccupati e porrà così in forma acuta davanti alle masse operaie le questioni del socialismo e della democrazia, già da molto tempo poste davanti a ogni operaio cosciente e pensante. I socialdemocratici russi debbono far si che questo crollo trovi il proletariato russo più cosciente, più unito, consapevole dei compiti della classe operaia russa, capace di resistere alla classe dei capitalisti che mietono oggi ingenti profitti e aspirano a far sempre ricadere le perdite sugli operai, capace di impegnare, alla testa della democrazia russa, la lotta decisiva contro l'assolutismo poliziesco che tiene legati mani e piedi gli operai russi e tutto il popolo russo.

Al lavoro dunque, compagni! Non sprechiamo un tempo prezioso! I socialdemocratici russi hanno ancora moltissimo da fare per soddisfare le esigenze del proletariato che si risveglia, per organizzare il movimento operaio, per rafforzare i gruppi rivoluzionari e i legami tra di essi, per dare agli operai pubblicazioni di propaganda e di agitazione, per unire i circoli operai e i gruppi socialdemocratici disseminati in tutti gli angoli della Russia in un unico partito operaio socialdemocratico!

 

note

1. L'opuscolo I compiti dei socialdemocratici russi fu scritto da Lenin verso la fine del 1897, mentre si trovava deportato in Siberia, e fu pubblicato per la prima volta a Ginevra nel 1898 dal gruppo "Emancipazione del lavoro". Il manoscritto originale non è stato ritrovato; ne esiste soltanto una copia dovuta ad una mano ignota. L'opuscolo apparve nel 1902 in seconda edizione e nel 1905 in terza edizione, con prefazione di Lenin, e venne inoltre incluso nella raccolta VI. Ilin, In 12 anni, apparsa nel 1907. Nelle edizioni del 1905 e del 1907 manca il proclama L' Unione di lotta, agli operai e ai socialisti di Pietroburgo , presente nella copia manoscritta e, sotto forma di appendice, nella prima edizione. La copia del manoscritto contiene alcuni errori dovuti al copista. Le inesattezze, contenute anche nella prima edizione dell'opuscolo, vennero corrette dallo stesso Lenin nelle successive edizioni.  

2. A questo punto nel manoscritto non era scritto «obsticestva» («della società»), ma «pr-va» («proizvodstva»: «della produzione»). Nella prima edizione (1898) questa parola venne decifrata erroneamente come «pravitielstva» («del governo»). Nella seconda edizione (1902), curata direttamente da Lenin, l'evidente errore venne corretto. La parola «governo» fu sostituita con la parola «società». Questa correzione di Lenin fu introdotta nel testo dell'edizione del 1905 e della raccolta In 12 anni, del 1907.

*1. L'articolo di P.L. Lavrov, pubblicato nel n. 4, è solo un «estratto» di una lunga lettera di P.L. Lavrov destinata ai Documenti. Abbiamo saputo che nella scorsa estate (1897) sono apparse all'estero sia la lettera di P. L. Lavrov nel suo testo integrale sia la risposta di Plekhanov; ma non abbiamo potuto vedere né l'una né l'altra. Ignoriamo inoltre se sia uscito il n. 5 del Lietuci listok «Gruppy narodovoltsev», nel quale la redazione aveva promesso di pubblicare un editoriale a proposito della lettera di P. L. Lavrov. Cfr. il n. 4, P. 22, colonna 1 a, nota.

3. Obscina: comunità rurale russa. Di essa parlano Marx ed Engels nella prefazione all’edizione russa, del 1882, del Manifesto del partito comunista, chiedendosi: “questa forma in gran parte già disciolta della originaria proprietà comune della terra, potrà essa passare direttamente a una più alta forma comunistica di proprietà terriera, o dovrà essa attraversare prima lo stesso processo di dissoluzione che trova la sua espressione nella evoluzione storica dell'occidente?
La sola risposta oggi possibile è questa: se la rivoluzione russa servirà da segnale a una rivoluzione operaia in occidente, in modo che entrambe si completino, allora l'odierna proprietà comune russa potrà servire di punto di partenza per una evoluzione comunista”.

 


Ultima modifica 24.12.2003