Un colloquio con i sostenitori dell'economismo

Vladimir Lenin (1901)

 


Pubblicato per la prima volte nell' Iskra, n. 12, 6 dicembre 1901.
Trascritto per Internet da Antonio Maggio - Primo Maggio, novembre 2003.


 

Riportiamo integralmente quanto ci ha inviato uno dei nostri rappresentanti.

Lettera ai giornali socialdemocratici russi

In risposta all'invito dei nostri compagni di deportazione che ci hanno chiesto un nostro giudizio sull'Iskra, abbiamo deciso di far conoscere le cause del nostro disaccordo con questo giornale.

Riconoscendo che la pubblicazione di un organo socialdemocratico, particolarmente dedicato alle questioni della lotta politica è del tutto tempestiva, non pensiamo che l'Iskra adempia in modo soddisfacente il compito che si è assunto. Il suo difetto fondamentale, che passa come un filo rosso attraverso tutte le sue colonne ed è la causa di tutte le restanti lacune, grandi e piccole, consiste nel fatto che l'Iskra riserva un posto molto rilevante agli ideologi del movimento in rapporto alla loro influenza su questa o quella tendenza del movimento stesso. Nel medesimo tempo l'Iskra tiene poco conto di quegli elementi materiali del movimento e di quell'ambiente materiale il cui giuoco reciproco crea un certo tipo di movimento operaio e traccia il cammino, dal quale tutti gli sforzi degli ideologi, sia pure ispirati dalle più belle teorie e programmi, non sono in grado di farlo deviare.

Questo difetto dell'Iskra salta agli occhi in modo particolarmente netto quando lo si confronta con lo Iuzny Raboci, il quale, levando come l'Iskra la bandiera. della lotta politica, porta questa lotta in relazione con la fase precedente del movimento operaio nella Russia meridionale. Tale impostazione del problema è completamente estranea all'Iskra. Ponendosi il compito di far scaturire "dalla scintilla una grande fiamma", essa dimentica che per farlo sono necessarie materie infiammabili adatte e condizioni esterne favorevoli. Respingendo con ambo le braccia gli economisti", l'Iskra. dimentica che la loro attività ha preparato quella partecipazione degli operai agli avvenimenti di febbraio e di marzo che essa sottolinea con particolare cura e, con tutta probabilità, esagera notevolmente. Prendendo una posizione negativa di fronte all'attività dei socialdemocratici alla fine degli anni novanta, l'Iskra. ignora che allora mancavano le condizioni per un altro lavoro che non fosse la lotta per le piccole rivendicazioni e che quella lotta ebbe un enorme valore educativo. Valutando in modo completamente sbagliato e antistorico quel periodo e quell'orientamento dell'attività dei socialdemocratici russi, l'Iskra identifica la loro tattica con la tattica di Zubatov, poiché non vede la differenza che esiste tra "la lotta per le piccole rivendicazioni", che estende e approfondisce il movimento operaio, e "le piccole concessioni", che hanno lo scopo di paralizzare ogni lotta e ogni movimento.

Imbevuta fino alle ossa dell'intolleranza settaria caratteristica degli ideologi del periodo infantile dei movimenti sociali, l'Iskra è pronta a bollare ogni disaccordo con essa considerandolo non solo come una rinuncia ai principi socialdemocratici, ma perfino come un passaggio nel campo nemico. Tale è il suo attacco, estremamente sconveniente e meritevole della più severa e implacabile condanna, contro la Rabociaia Mysl, alla quale ha dedicato l'articolo su Zubatov e alla cui influenza ha attribuito i successi che costui ha ottenuto in un determinato strato di operai. Nel suo atteggiamento negativo verso le altre organizzazioni socialdemocratiche che vedono in modo diverso dal suo il corso e gli obiettivi del movimento operaio russo, l'Iskra, nel fuoco della polemica, dimentica spesso la verità e, appigliandosi a singole espressioni effettivamente infelici, attribuisce ai suoi avversari opinioni che essi non hanno, sottolinea i punti di contrasto, spesso di poca importanza, e passa tenacemente sotto silenzio i numerosi punti di contatto. intendiamo parlare dell'atteggiamento, dell'Iskra verso il Raboceie Dielo.

Questa sua eccessiva tendenza alla polemica deriva innanzi tutto dalla sua sopravvalutazione della funzione dell'ideologia (programma, teoria... nel movimento ed è in parte un'eco della lotta intestina divampata in Occidente tra gli emigrati russi, che si sono affrettati a darne notizia in una serie di opuscoli e articoletti polemici. A nostro avviso, tutti questi loro dissensi non hanno quasi nessuna influenza sul corso effettivo. del movimento, socialdemocratico russo; forse gli nuocciono soltanto, creando una deprecabile scissione tra i compagni che lavorano in Russia; non possiamo quindi non avere un atteggiamento negativo verso l'ardore polemico dell'Iskra., soprattutto quando essa esce dai limiti ammessi dal decoro.

Questo stesso difetto fondamentale dell'Iskra. è causa della sua mancanza di coerenza nella questione dell'atteggiamento della socialdemocrazia russa verso le varie classi e tendenze sociali. Essendosi posta, meteoriche, il compito di passare immediatamente alla lotta contro l'assolutismo e sentendo probabilmente tutta la difficoltà che questa lotta presenta per gli operai nella situazione attuale, ma non avendo la pazienza di attendere che vi sia una sufficiente accumulazione di forze da parte degli operai per questa lotta, l'Iskra. comincia a cercare alleati nelle file dei liberali e degli intellettuali, e nelle sue ricerche si allontana spesso dalla posizione classista, mascherando gli antagonismi di classe e ponendo in primo piano il malcontento comune contro il governo, sebbene le cause e il grado di tale malcontento siano molto diversi negli "alleati".

Tale è, per esempio, l'atteggiamento, dell'Iskra verso lo zemstvo. L'Iskra cerca di far divampare in una fiammata di lotta politica le velleità frondiste degli zemstvo - spesso provocate dal fatto che il governo non appoggia abbastanza, in confronto di quanto fa per l'industria, la cupidigia dei signori agrari degli zemstvo - e promette ai nobili non soddisfatti delle elemosine governative l'aiuto della classe operaia, senza dire, in pari tempo, nemmeno una parola sul contrasto di classe che pone l'uno contro l'altro questi strati della popolazione. Possiamo ammettere che si parli della ripresa del movimento degli zemstvo e si indichi lo zemstvo come un elemento che lotta contro il governo, però solo in una forma chiara e precisa, che non lasci dubbi sul carattere del nostro possibile accordo con simili elementi. l'Iskra, invece, pone la questione dell'atteggiamento verso lo zemstvo in un modo che, a nostro parere, può soltanto, offuscare la coscienza di classe, perché qui, essa, come i predicatori del liberalismo e di varie iniziative culturali, contravviene al compito fondamentale della pubblicistica socialdemocratica, che consiste nel criticare il regime borghese e nell'illustrare gli interessi di classe e non nell'offuscarne l'antagonismo. Tale è l'atteggiamento dell'Iskra anche verso il movimento, degli studenti. Tuttavia in altri articoli l'Iskra condanna energicamente ogni "compromesso" e difende per esempio l'intolleranza dei guesdisti.

Senza soffermarci sugli altri suoi difetti ed errori meno importanti, crediamo doveroso osservare, concludendo, che con la nostra critica non vogliamo affatto diminuire l'importanza che può avere l'Iskra e non chiudiamo gli occhi davanti ai suoi pregi. Noi la salutiamo come il giornale politico socialdemocratico della Russia. Riteniamo suo grande merito l'aver chiarito con efficacia la questione del terrorismo, alla quale essa ha tempestivamente dedicato alcuni articoli. Infine non possiamo non rilevare l'esemplare linguaggio letterario dell'Iskra, tanto raro nelle pubblicazioni illegali, la regolarità della sua pubblicazione e l'abbondanza di materiale recente e interessante.

Settembre 1901. "Un gruppo di compagni".

 

Rileviamo, innanzitutto, a proposito di questa lettera, che ci congratuliamo di tutto cuore per la sincerità e la franchezza dei suoi autori. Da tempo è ora di smetterla di giocare a rimpiattino nascondendo il proprio "credo" economistico (come fa spesso il comitato di Odessa dal quale si sono separati i "politici") o dichiarando, a derisione della verità, che "assolutamente nessuna organizzazione socialdemocratica è colpevole di economismo" (opuscolo Due congressi, edito dal Raboceie Dielo, P. 32). E ora veniamo al sodo.

L'errore fondamentale degli autori della lettera è esattamente lo stesso in cui cade il Raboceie Dielo (cfr. particolarmente il n. 10). Essi si imbrogliano nella questione dei rapporti tra gli elementi "materiali" (spontanei, secondo l'espressione del Raboceie Dielo) del movimento e quelli ideologici (coscienti, che agiscono "secondo un piano"). Non comprendono che l' "ideologo" merita di essere chiamato ideologo solo allorquando precede il movimento spontaneo e gli indica la via quando, sa risolvere tutte le questioni teoriche, politiche, tattiche e organizzative che si pongono spontaneamente gli "elementi materiali" del movimento. Per "tener conto degli elementi materiali" del movimento, nella giusta misura, bisogna considerarli criticamente, bisogna saper indicare i pericoli e i difetti del movimento spontaneo, bisogna saper elevare la spontaneità a co scienza. Dire, invece, che gli ideologi (cioè i dirigenti coscienti) non possono deviare il movimento dalla strada determinata dal giuoco reciproco dell'ambiente e degli elementi, significa dimenticare una verità elementare: che la coscienza partecipa a questa azione reciproca e a questa determinazione. Le associazioni operaie cattoliche e monarchiche in Europa sono anche esse il necessario risultato dell'azione reciproca dell'ambiente e degli elementi, ma a questa azione ha partecipato soltanto la coscienza dei preti e degli Zubatov, e non la coscienza dei socialisti. Le opinioni teoriche degli autori della lettera (come quelle del Raboceie Dielo) rappresentano non il marxismo, ma quella sua parodia che i nostri "critici" e i nostri bernsteiniani, i quali non comprendono come si possa legare l'evoluzione spontanea all'attività rivoluzionaria cosciente, portano alle stelle.

Questo profondo errore teorico conduce necessariamente, nel momento che attraversiamo, al gravissimo errore tattico che ha già procurato e procura un danno incalcolabile alla socialdemocrazia russa. Il fatto è che la ripresa spontanea sia della massa operaia sia (grazie all'influenza di quest'ultima) degli altri strati sociali avviene negli ultimi anni con stupefacente rapidità. Gli "elementi materiali" del movimento si sono enormemente sviluppati anche in confronto al 1898, ma i dirigenti coscienti (socialdemocratici) sono in ritardo su questo sviluppo. Questa è la causa principale della crisi che attraversa la socialdemocrazia russa. Al movimento di massa (spontaneo) mancano degli "ideologi" teoricamente tanto preparati da essere garantiti da ogni incertezza, mancano dei dirigenti che abbiano un orizzonte politico così largo, tanta energia rivoluzionaria, tale capacità organizzativa da permettere loro di creare sulla base del nuovo movimento un partito politico combattivo.

Tutto questo sarebbe però ancora una mezza disgrazia. Le cognizioni teoriche, l'esperienza pratica, l'abilità organizzativa sono cose acquisibili. Basterebbe la volontà di studiare e di acquisire le qualità necessarie. Ma dalla fine del 1897 e specialmente dall'autunno 1898 nella socialdemocrazia russa hanno alzato, la testa uomini che non soltanto chiudono gli occhi davanti a questo difetto, ma anzi l'hanno proclamato particolare virtù ed hanno elevato a teoria il prosternarsi e lo strisciare davanti alla spontaneità, hanno cominciato a propagandare che i socialdemocratici non devono essere alla testa del movimento, ma trascinarsi alla sua coda. (Fra questi giornali vi non solo la Rabociaia Mysl, ma anche il Raboceie Dielo, il quale ha cominciato con la "teoria degli stadi" per finire con la difesa, in linea di principio, della spontaneità, del "pieno diritto del movimento nel momento attuale", della "tattica-processo", ecc.).

E questa è già stata una vera disgrazia. Si trattava della costituzione di una particolare corrente che è d'uso chiamare economismo (nel senso lato della parola) e la cui caratteristica fondamenta consiste nell'incomprensione e perfino nel ritardo, cioè, come già abbiamo spiegato, del ritardo dei dirigenti coscienti rispetto alla ripresa spontanea delle masse. Questa corrente teoricamente è caratterizzata dalla grossolana semplificazione del marxismo e dall'impotenza davanti alla "critica" attuale, questa nuovissima varietà dell'opportunismo; politicamente, dalla tendenza a restringere l'agitazione politica e la lotta politica o a sostituirla con piccole attività, dall'incomprensione del fatto che, se non prenderà nelle proprie mani la direzione del movimento democratico generale, la socialdemocrazia non potrà rovesciare l'autocrazia; per la tattica, dalla completa instabilità (il Raboceie Dielo questa primavera si è arrestato perplesso davanti alla "nuova" questione del terrorismo e solo sei mesi dopo, quando già era passato per una serie di esitazioni, si è pronunciato sfavorevolmente in una risoluzione ambigua, trascinandosi, come sempre, alla coda del movimento); organizzativamente è caratterizzata dall'incomprensione del fatto che il carattere di massa del movimento non solo non attenua ma al contrario accentua il nostro dovere di formare un'organizzazione di rivoluzionari forte e centralizzata capace di dirigere sia la lotta preparatoria sia ogni improvvisa esplosione sia infine l'attacco decisivo.

Contro questa corrente abbiamo condotto e condurremo una lotta implacabile. A quanto pare, invece, gli autori della lettera fanno parte di questa corrente. Essi ci fanno osservare che la lotta economica ha preparato la partecipazione degli operai alle manifestazioni. Sì, e siamo stati proprio noi che per primi, e più profondamente di qualsiasi altro, abbiamo apprezzato questa preparazione quando ci siamo pronunciati fin dal dicembre 1900 (n. 1) contro la teoria degli "stadi", quando nel febbraio (n 2), subito dopo l'arruolamento forzato di studenti nell'esercito e prima ancora dell'inizio delle manifestazioni, abbiamo chiamato gli operai a dare man forte agli studenti. Gli avvenimenti di febbraio e di marzo non hanno "smentito le paure e i timori" dell'Iskra (come pensa - Raboceie Dielo, n. 10, P. 53 - Martynov, dimostrando cosi di non capire affatto la questione), ma li hanno interamente confermati, perché i dirigenti sono rimasti indietro rispetto alla ripresa spontanea delle masse, si sono dimostrati impreparati ad adempiere i loro doveri di dirigenti. Questa preparazione, anche nel momento attuale è ben lontana dall'essere compiuta, e perciò ogni discorso sulla "sopravvalutazione della funzione dell'ideologia" o sulla funzione dell'elemento cosciente in confronto a quella dell'elemento spontaneo, ecc. continua ad esercitare la più dannosa influenza pratica sul nostro partito.

Un'influenza egualmente dannosa esercitano i discorsi sulla necessità, in nome di un punto di vista pseudoclassista, di porre meno l'accento sul fatto che il malcontento contro il governo è comune a diversi strati della popolazione. Noi, al contrario, siamo fieri che l'Iskra alimenti il malcontento in tutti gli strati della popolazione, e ci dispiace soltanto di non riuscire a farlo in misura ancora maggiore. Non è vero che facendolo attenuiamo il punto di vista di classe: gli autori della lettera non hanno citato e non possono citare nessun esempio concreto di simile attenuazione. Ma, come combattente d'avanguardia per la democrazia, la socialdemocrazia deve – nonostante l'opinione del Raboceie Dielo, n. 10, p. 41 – dirigere l'attività concreta dei vari strati dell'opposizione, spiegar loro il valore politico generale dei frequenti conflitti, personali e di categoria, che essi hanno col governo, chiamarli a sostenere il partito rivoluzionario; deve formare nel proprio seno dei capi che sappiano influire politicamente su tutti gli strati dell'opposizione. Ogni rinuncia a questa funzione, per quanto mascherata da frasi pompose sullo stretto legame organico con la lotta proletaria ecc., equivale a una nuova "difesa del ritardo" dei socialdemocratici, del ritardo rispetto alla ripresa del movimento democratico di tutto il popolo, equivale a cedere la funzione dirigente alla democrazia borghese. Riflettano gli autori della lettera sul motivo per cui gli avvenimenti di primavera hanno suscitato tanta animazione tra le correnti rivoluzionarie non socialdemocratiche invece di produrre un rafforzamento dell'autorità e del prestigio della socialdemocrazia!

Non possiamo non insorgere anche contro la stupefacente miopia dimostrata dagli autori della lettera nel trattare della polemica e della lotta intestina tra gli emigrati. Essi ripetono le vecchie sciocchezze sulla "sconvenienza" commessa dedicando alla Rabociaia MysI un articolo su Zubatov. Vorrebbero forse negare che la diffusione dell'economismo agevola il compito dei signori Zubatov? È appunto quel che noi diciamo, senza affatto identificare la tattica degli economisti con la tattica di Zubatov. Quanto agli "emigrati" (se gli autori della lettera non dimostrassero una cosi imperdonabile noncuranza per la continuità delle idee nella socialdemocrazia russa, saprebbero che gli avvertimenti degli "emigrati", e precisamente del gruppo "Emancipazione del lavoro", a proposito dell'economismo si sono rivelati giusti nel modo più brillante!), udite come Lassalle, che lavorava nel 1852 tra gli operai della Renania, giudicava i contrasti nell'emigrazione londinese:

«È dubbio, - egli scriveva a Marx - che la polizia ponga ostacoli alla pubblicazione della tua opera contro i "grandi uomini", Kinkel, Ruge ed altri... Ritengo che il governo sia persino contento che appaiano tali opere, perché pensa che i rivoluzionari si dilanino fra di loro. Che la lotta di partito dia a un partito forza e vitalità, che la maggior prova di debolezza di un partito sia la sua dispersione e la scomparsa di barriere nettamente definite, che epurandosi un partito si rafforzi, questo la logica dei burocrati non lo sospetta e non lo teme»Concludendo rileviamo che qui abbiamo potuto trattare solo di sfuggita le questioni controverse. Alla loro analisi particolareggiata dedicheremo un opuscolo che speriamo apparirà tra un mese e mezzo circa [1].

NOTE

 

1. Il riferimento è al “Che fare?”, uscito circa tre mesi dopo, nel marzo 1902.

 


Ultima modifica 24.12.2003