Cosa strana e mostruosa

Vladimir Lenin (1918)

 


Scritto nel febbraio 1918
Pubblicato per la prima volta: nella Prava nn.57 e 58, 28 febbraio e 1° marzo 1918
Trascritto per internet da mishu, febbraio 2002


 

Il 24 febbraio 1918 il Comitato della regione di Mosca del nostro partito ha votato una risoluzione di sfiducia al Comitato centrale in cui si rifiuta di sottomettersi alle sue decisioni che «avranno un legame con l'applicazione delle clausole del trattato di pace con la Germania e l'Austria» e ha dichiarato, nel «testo esplicativo» di questa risoluzione, ch'esso «non crede sia possibile evitare una prossima scissione nel partito» [*1].

In tutto ciò non solo non vi è nulla di mostruoso, ma nemmeno di strano. E' del tutto naturale che dei compagni che sono in stridente disaccordo con il Comitato centrale sulla questione della pace separata condannino aspramente il Comitato centrale ed esprimano la convinzione dell'inevitabilità di una scissione. E' un diritto assolutamente legittimo dei membri del partito, e si comprende perfettamente.

Ma ecco ciò che è strano e mostruoso. La risoluzione è seguita da un «testo esplicativo» che riproduciamo per intero:

«Il Comitato della regione di Mosca non crede sia possibile evitare una prossima scissione nel partito e si assegna quindi il compito di contribuire al raggruppamento di tutti gli elementi comunisti rivoluzionari conseguenti che lottano sia contro i fautori della conclusione di una pace separata, sia contro tutti gli elementi opportunisti moderati del partito. Noi crediamo sia conforme agli interessi della rivoluzione internazionale ammettere la perdita eventuale del potere dei Soviet che sta diventando ormai puramente formale. Come nel passato, noi consideriamo nostro compito fondamentale la diffusione delle idee della rivoluzione socialista in tutti gli altri paesi, l'applicazione decisa della dittatura operaia, la repressione implacabile della controrivoluzione borghese in Russia».

Noi sottolineiamo qui le parole che sono... strane e mostruose.

Il nodo della questione è in queste parole. In queste parole tutta la linea degli autori della risoluzione è spinta sino all'assurdo. Queste parole scoprono con straordinaria evidenza le radici del loro errore.

«E' conforme agli interessi della rivoluzione internazionale ammettere la perdita eventuale del potere dei Soviet...» Ciò è strano, poiché non vi è nemmeno un nesso fra i postulati e la deduzione. «E' conforme agli interessi della rivoluzione internazionale ammettere la sconfitta militare del potere sovietico»: una siffatta tesi potrebbe essere giusta o no, ma non si potrebbe chiamarla strana. Questo in primo lungo.

In secondo luogo: il potere dei Soviet «sta diventando ormai puramente formale». Ecco ciò che non è già più solamente strano, ma addirittura mostruoso. E' evidente che i nostri autori si sono inoltrati in un dedalo inestricabile. Toccherà a noi sbrogliare la matassa.

Sulla prima questione i nostri autori pensano evidentemente che sia conforme agli interessi della rivoluzione internazionale ammettere la eventualità di una sconfitta militare che condurrebbe alla perdita del potere dei Soviet, cioè alla vittoria della borghesia in Russia. Esponendo questa idea gli autori riconoscono indirettamente che è giusto, ciò che ho affermato nelle mie tesi (del 7 gennaio 1918, pubblicate sulla Pravda del 24 febbraio), e precisamente che il rifiuto di accettare le condizioni di pace offerte dalla Germania condurrebbe la Russia alla disfatta e all'abbattimento del potere dei Soviet.

E così, la raison finit touiours par avoir raison, la verità prende sempre il sopravvento! I miei avversari «estremi», i moscoviti, che ci minacciano di scissione, hanno dovuto, - appunto perché hanno spinto le cose sino a parlare apertamente di scissione, - sciorinare fino in fondo anche le loro considerazioni concrete, quelle stesse che le persone le quali si limitano a frasi generali sulla guerra rivoluzionaria preferiscono eludere. L'oggetto essenziale delle mie tesi e dei miei argomenti (come potrà constatare chiunque voglia leggere attentamente le mie tesi del 7 gennaio 1918) è di indicare la necessità di accettare una pace arcigravosa oggi, nel momento presente, preparando seriamente al tempo stesso la guerra rivoluzionaria (e appunto nell'interesse di questa preparazione). Coloro che si sono accontentati di frasi generali sulla guerra rivoluzionaria hanno eluso o non hanno notato, non hanno voluto notare, l'oggetto essenziale dei miei argomenti. E devo ringraziare di tutto cuore i miei avversari «estremi», i moscoviti, di aver rotto la «congiura del silenzio» sull'essenza dei miei argomenti. I moscoviti vi hanno risposto per i primi.

E quale è stata dunque la loro risposta?

La loro risposta riconosce che il mio argomento concreto è giusto. Sì, - hanno riconosciuto i moscoviti, - se noi affrontiamo la battaglia con i tedeschi, effettivamente ci attende una sconfitta [*2]. Si, questa sconfitta condurrà effettivamente alla caduta del potere dei Soviet.

Ancora e ancora una volta ringrazio di tutto cuore i miei avversari «estremi», i moscoviti, per aver rotto la «congiura del silenzio» ordita contro l'essenza dei miei argomenti, - vale a dire contro la mia indicazione concreta delle condizioni in cui si svolgerebbe la guerra nel caso che la si affrontasse oggi, - e per aver coraggiosamente riconosciuto che la mia indicazione concreta è giusta.

Proseguiamo. In che consiste la confutazione dei miei argomenti, che i moscoviti hanno dovuto riconoscere giusti nella loro essenza?

Nel dire che, nell'interesse della rivoluzione internazionale, bisogna ammettere la perdita del potere dei Soviet.

Perché gli interessi della rivoluzione internazionale lo esigono? Qui è il nodo, l'essenza stessa dei ragionamenti di coloro che vorrebbero confutare i miei argomenti. E proprio a questo punto, che è il punto essenziale, capitale, né nella risoluzione, né nel testo esplicativo non si fa cenno. Gli autori di questa risoluzione hanno trovato il tempo e la possibilità di parlare di ciò che è a tutti noto ed è indiscutibile: e della «repressione implacabile della controrivoluzione borghese in Russia» (con mezzi e metodi di una politica che porta alla perdita dei potere sovietico?), e della lotta contro tutti gli elementi opportunisti moderati del partito. Quanto a ciò che appunto è discutibile, quanto ai problemi concernenti l'essenza stessa della posizione degli avversari della pace, - non un cenno!

Strano, oltremodo strano. Non è forse perché sentivano di essere particolarmente deboli su questo punto che gli autori della risoluzione hanno mantenuto il silenzio? Dirne chiaramente il perché (gli interessi della rivoluzione internazionale lo esigono) avrebbe significato probabilmente smascherarsi...

Comunque sia, noi dobbiamo cercare gli argomenti su cui possono essersi basati gli autori della risoluzione.

Forse essi pensano che gli interessi della rivoluzione internazionale ci vietano ogni pace con gli imperialisti, qualunque essa sia? Questa opinione è stata esposta da alcuni avversari della pace in una riunione a Pietrogrado, ma è stata appoggiata da un'infima parte di coloro che si opponevano alla pace separata. E' evidente che questa opinione porta a negare l'utilità delle trattative di Brest-Litovsk, a negare la pace «anche» se la Polonia, la Lettonia e la Curlandia ci venissero rese. L'erroneità di tali opinioni (respinte dalla maggioranza, per esempio, degli avversari pietrogradesi della pace) salta agli occhi. La repubblica socialista, attorniata dalle potenze imperialiste, non potrebbe, se ci si mette dal punto di vista di siffatte opinioni, concludere nessun trattato economico, non potrebbe esistere senza prendere il volo per la luna.

Forse gli autori pensano che gli interessi della rivoluzione internazionale esigono che la si stimoli, e che un tale stimolo potrebbe essere unicamente la guerra e in nessun modo la pace, che potrebbe produrre nelle masse l'impressione di una specie di «legittimazione» dell'imperialismo? Una simile «teoria» sarebbe in flagrante contraddizione con il marxismo, che ha sempre negato si possano «stimolare» le rivoluzioni, le quali si sviluppano man mano che si aggravano gli antagonismi di classe che le generano. Sostenere una simile teoria equivarrebbe ad affermare che l'insurrezione armata è una forma di lotta obbligatoria, sempre e in qualsiasi circostanza. In realtà, gli interessi della rivoluzione internazionale esigono che il potere dei Soviet, che ha abbattuto la borghesia nel paese, aiuti questa rivoluzione, ma scegliendo una forma di aiuto proporzionata alle sue forze. Aiutare la rivoluzione socialista su scala internazionale, ammettendo l'eventualità della sconfitta di questa rivoluzione in un dato paese, - una siffatta opinione non scaturisce nemmeno dalla teoria dello stimolo.

Forse gli autori della risoluzione pensano che la rivoluzione è già incominciata in Germania, che essa ha già assunto colà il carattere di una guerra civile aperta estendentesi a tutto il paese, e che noi dobbiamo quindi consacrare le nostre forze ad un aiuto agli operai tedeschi, dobbiamo perire noi stessi «perdita del potere sovietico») salvando la rivoluzione tedesca che ha già iniziato la battaglia decisiva ed è esposta a duri colpi? Secondo questo punto di vista, noi distoglieremmo, soccombendo, una parte delle forze della controrivoluzione tedesca e salveremmo così la rivoluzione tedesca.

Con simili premesse si può benissimo ammettere non solo che sarebbe «conforme agli interessi» (come dicono gli autori della risoluzione), ma assolutamente obbligatorio ammettere l'eventualità di una sconfitta e l'eventualità della perdita del potere dei Soviet. Ma è evidente che simili premesse non esistono. La rivoluzione tedesca matura, ma è certamente ancora ben lungi dallo scoppiare in Germania, è ancora ben lungi dalla guerra civile. E' cosa evidente che, «ammettendo la perdita eventuale del potere dei Soviet», non solo non contribuiremmo alla maturazione della rivoluzione tedesca, ma la ostacoleremmo. Noi aiuteremmo così la reazione tedesca, ne faremmo il giuoco, ostacoleremmo il movimento socialista in Germania e storneremmo le grandi masse dei proletari e dei semiproletari della Germania, che non sono ancora venute al socialismo e che la disfatta della Russia dei Soviet spaventerebbe come la disfatta della Comune nel 1871 spaventò gli operai inglesi.

Da qualsiasi parte si esamini la cosa è impossibile trovare una logica nei ragionamenti degli autori. Non vi sono argomenti sensati a favore della tesi che sia «conforme agli interessi della rivoluzione internazionale ammettere la perdita eventuale del potere dei Soviet».

«Il potere dei Soviet sta diventando ormai puramente formale» tale è l'affermazione mostruosa a cui sono giunti, come abbiamo visto, gli autori della risoluzione di Mosca.

Poiché, si dice, gli imperialisti tedeschi ci imporranno un tributo, ci proibiranno la propaganda e l'agitazione contro la Germania, il potere dei Soviet perderà quindi il suo significato e «diventerà puramente formale»: è questo probabilmente il corso del «pensiero» degli autori della risoluzione. Diciamo: «probabilmente», giacché essi non hanno dato nulla di chiaro né di esatto in sostegno della tesi che stiamo esaminando.

Uno stato d'animo impregnato del più profondo e disperato pessimismo, un senso di accasciamento illimitato - tale è il contenuto della «teoria» che dichiara formale il significato del potere dei Soviet e possibile una tattica che ammette la perdita eventuale di questo potere. Checché si faccia, non vi è salvezza, perisca anche il potere dei Soviet! - tale è il sentimento che ha dettato questa risoluzione mostruosa. Gli argomenti cosiddetti «economici» di cui si rivestono talvolta simili pensieri si riducono allo stesso disperato pessimismo: ma di che Repubblica sovietica si tratta se è possibile esigere da essa un tributo come questo, come quest'altro e come quest'altro ancora?

Disperazione, e null'altro: checché si faccia, siamo perduti!

Sentimento comprensibile, data la situazione arcidifficile in cui si trova la Russia. Ma non «comprensibile» in un ambiente di rivoluzionari coscienti. Esso è caratteristico in quanto spinge sino all'assurdo le opinioni dei moscoviti. I francesi del 1793 non avrebbero mai detto che le loro conquiste, la repubblica e la democrazia, diventavano puramente formali e che bisognava ammettere la perdita eventuale della repubblica! Essi erano invasi non dalla disperazione, ma dalla fede nella vittoria. Predicare la guerra rivoluzionaria e parlare al tempo stesso, in una risoluzione ufficiale, di «ammettere la perdita eventuale del potere sovietico», significa smascherarsi in pieno.

All'inizio del secolo decimonono, durante le guerre napoleoniche, la Prussia e diversi altri paesi conobbero disfatte, invasioni, umiliazioni e oppressione imposte dagli invasori, incomparabilmente e infinitamente più dure e più gravi di quella che la Russia subisce nel 1918. Ciò nonostante i migliori uomini della Prussia, quando Napoleone li schiacciava sotto il tallone del suo stivale da soldato cento volte più greve di quello che pesa ora su di noi, non disperavano e non parlavano del significato «puramente formale» delle loro istituzioni politiche nazionali. Essi non si lasciavano cadere le braccia, non si lasciavano invadere dal sentimento: «Checché si faccia, siamo perduti». Firmavano trattati di pace infinitamente più gravosi, più feroci, più obbrobriosi, più oppressivi che non quello di Brest-Litovsk. Sapevano quindi aspettare, subivano stoicamente il giogo degli invasori, ricominciavano a combattere, ricadevano sotto il giogo degli invasori, firmavano ancora una volta trattati di pace infami, infamissimi, si risollevano e infine si liberarono (non senza trar profitto dalle discordie che sorgevano fra i più forti invasori concorrenti).

Perché una simile cosa non potrebbe ripetersi nella nostra storia?

Perché cadere nella disperazione e scrivere delle risoluzioni veramente molto più obbrobriose che non la più obbrobriosa delle paci, - una risoluzione affermante che «il potere dei Soviet sta diventando puramente formale»?

Perché le più gravi sconfitte militari subite nella lotta contro i colossi dell'imperialismo contemporaneo non potrebbero temprare anche in Russia il carattere del popolo, rafforzare l'autodisciplina, uccidere la millanteria e il regno della frase, insegnare la fermezza e condurre le masse sulla via della buona tattica dei prussiani, schiacciati da Napoleone: firma i trattati di pace più obbrobriosi finché non hai un esercito, raccogli le forze e risollevati, risollevati ancora e ancora?

Perché il primo trattato di pace inauditamente gravoso dovrebbe farci cadere nella disperazione, quando altri popoli hanno saputo sopportare fermamente calamità ancor peggiori?

Forse la fermezza del proletariato, il quale sa che bisogna sottomettersi quando le forze mancano e che, ciò nonostante, è capace in seguito di risollevarsi, ad ogni costo, ancora e ancora, accumulando le forze qualunque siano le condizioni, - è forse la fermezza del proletariato che corrisponde a questa tattica della disperazione o non è piuttosto la mancanza di carattere del piccolo borghese che da noi, personificata nel partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, ha il primato della frase circa la guerra rivoluzionaria?

No, cari compagni moscoviti «estremi»! Ogni giorno di prova allontanerà da voi appunto gli operai più coscienti e più fermi. Il potere dei Soviet, essi diranno, non sta diventando puramente formale, non solo quando l'invasore occupa Pskov e ci fa pagare un tributo di dieci miliardi in grano, minerali e denaro, ma non lo diventerà nemmeno quando il nemico, arrivato a Nizni o a Rostov sul Don, ci farà pagare un tributo di 20 miliardi.

Mai nessuna invasione straniera renderà «puramente formale» un'istituzione politica del popolo (e il potere dei Soviet non è solamente un'istituzione politica, infinitamente più elevata di tutte quelle che la storia abbia mai conosciuto). Al contrario, l'invasione straniera non farà che accentuare le simpatie del popolo verso il potere dei Soviet se... se esso non si lancerà in avventure.

Il rifiuto di firmare una pace obbrobriosissima quando non si ha un esercito, è un'avventura che darebbe diritto al popolo di accusare il governo che avesse opposto un tale rifiuto.

La storia conosce esempi in cui si firmò una pace incomparabilmente più dura e obbrobriosa di quella di Brest (si vedano gli esempi indicati più sopra), e ciò non condusse alla perdita del prestigio del potere, non lo rese formale, non rovinò né il potere, né il popolo, ma temprò quest'ultimo, gli insegnò la scienza ardua e difficile di formare un esercito serio anche in condizioni disperatamente difficili, sotto il tallone degli invasori.

La Russia si incammina verso una nuova e vera guerra per la difesa della patria, verso la guerra per il mantenimento e il consolidamento del potere dei Soviet. Può darsi che un'altra epoca - quale fu l'epoca delle guerre napoleoniche - sia quella delle guerre liberatrici (delle guerre, appunto, e non di una sola guerra) imposte dagli invasori alla Russia dei Soviet. Può darsi.

E quindi ciò che è più obbrobrioso di qualunque pace gravosa arcigravosa, dettataci dall'assenza di un esercito - ciò che è più obbrobrioso di qualunque pace obbrobriosa, è la disperazione obbrobriosa. Nemmeno una decina di trattati di pace arcigravosi ci faranno perire se ci comporteremo seriamente verso la guerra e l'insurrezione. Non periremo sotto i colpi dell'invasore se non ci abbandoneremo alla disperazione e alle vuote frasi.

 

Note

*1. Ecco il testo integrale della risoluzione: «Dopo aver discusso sull'attività del Comitato centrale, il Comitato della regione di Mosca del POSDR esprime la sua sfiducia verso il Comitato centrale, causa la sua linea politica e le persone che ne fanno parte, e alla prima occasione insisterà perché esso venga rinnovato. Inoltre, il Comitato della regione di Mosca non ritiene suo dovere sottomettersi obbligatoriamente alle decisioni del Comitato centrale che avranno un legame con l'applicazione delle clausole del trattato di pace con la Germania e l'Austria». La risoluzione fu approvata all'unanimità.

*2. L'argomento contrario, che cioè in ogni caso era impossibile non accettar battaglia, è confutato dai fatti: le mi tesi furono lette l'8 gennaio; il 15 gennaio potevamo avere la pace. Certamente ci sarebbe stata assicurata una tregua (e per noi una tregua, sia pur di breve durata, avrebbe avuto un'immensa importanza sia materiale che morale, poiché il tedesco avrebbe dovuto dichiarare una nuova guerra) se... se non ci fosse la fraseologia rivoluzionaria.

 


Ultima modifica 14.01.2003