Voci per la New American Cyclopœdia

Marx-Engels (1857-60)

Strumenti militari

 

Bastion – BASTIONE
Battery – BATTERIA
Battle – BATTAGLIA
Berme – BERMA
Bridge-Head - TESTA DI PONTE

Bastion
BASTIONE

Nelle antiche opere di fortificazione, sui fianchi delle mura delle città si trovavano torri circolari o quadrate dalle quali gli arcieri e le varie macchine da guerra dirigevano il loro tiro contro l'assalto dei nemici tenuti a freno dai fossati. Con l'introduzione in Europa dell'artiglieria queste torri furono notevolmente ampliate e, infine, all'inizio del XVI secolo, gli architetti italiani le resero poligonali anziché circolari o quadrate, creando così il bastione. Si tratta di un pentagono irregolare con un lato rivolto all'interno verso la torre, in modo che l'angolo sporgente opposto dia sul campo aperto. I due lati più lunghi, che comprendono l'angolo saliente, sono detti facce, mentre i due più corti, che collegano alle mura o al terrapieno, sono detti fianchi. Le facce sono concepite per rispondere al fuoco a distanza del nemico e i fianchi per proteggere il fossato. I primi bastioni italiani dimostravano ancora la loro derivazione dal le antiche torri: erano molto accostati alle mura principali, l'angolo saliente era eccessivamente ottuso, le facce troppo corte e il parapetto ricoperto intera mente in muratura. Con bastioni di dimensioni tanto ridotte l'unica funzione dei fianchi era la difesa del fossato antistante la cortina tra due bastioni; di conseguenza, i fianchi erano costruiti perpendicolarmente alla cortina stessa. Tali bastioni erano distribuiti agli angoli del poligono che costituiva l'intera enceinte [cinta] della fortezza, ma, laddove un lato di questo poligono era così lungo che una sua parte rimaneva fuori della portata efficace dei moschetti a partire da entrambi i fianchi sporgenti, si costruiva nel mezzo un bastione intermedio chiamato piatta forma.

Con il perfezionamento dell'artiglieria d'assedio nel XVII secolo si resero -necessari bastioni più ampi e ben presto la cortina perse il suo carattere di pre minenza perché i bastioni divennero i punti principali soggetti ad attacco. Anche la funzione dei fianchi mutò: ora dovevano soprattutto prendere d'infilata il fossato antistante la faccia del bastione opposto e così furono costruiti perpendicolarmente al prolungamento di questa faccia, la cosiddetta linea di difesa, e non più alla cortina. L'altezza del rivestimento in muratura fu ridot­ta e la copertura contro il fuoco diretto assicurata dagli spalti o dal parapetto delle fortificazioni esterne più basse. Così, nelle mani della vecchia scuola -francese e tedesca, e successivamente in quelle di Vauban e Coehorn, i bastio ni subirono numerosi cambiamenti di forma e dimensione finché, intorno al 1740, Cormontaigne pubblicò il suo sistema di fortificazione a bastioni che è universalmente considerato il più perfetto del suo genere. I bastioni dovevano raggiungere la massima ampiezza consentita dalla solidità della co­ struzione, i fianchi dovevano essere quasi, ma non esattamente, perpendico­lari alla linea di difesa, ed erano notevolmente migliorate le opere esterne di -fortificazione.

I bastioni possono essere pieni o vuoti. Nel primo caso l'interno è com-pletamente portato a livello del terrapieno; nel secondo caso, il terrapieno cor re lungo il perimetro interno del bastione con un'ampiezza sufficiente per la sistemazione dei cannoni, ma lascia un vuoto centrale. Sui bastioni pieni pos-sono essere talvolta eretti dei cavalieri, ossia dei rialzi paralleli alle loro pareti, capaci di consentire ai cannoni di sparare più in alto del parapetto. Su queste elevate posizioni dominanti sono in genere piazzati i pezzi d'artiglieria dotati della massima gittata e destinati a danneggiare il nemico da notevole distanza.

II sistema di fortificazione basato sui bastioni rimase l'unico conosciuto dal XVI secolo fino alla fine del XVIII, quando Montalembert propose diversi nuovi metodi che ne facevano a meno, tra i quali riscossero grande favore il sistema poligonale o a caponnière per le fortezze interne, e quello dei forti casamattati con varie schiere di cannoni.

Friedrich Engels
Scritto tra la fine di agosto e il 15 settembre 1857
-Pubblicato in The New American Cyclopœdia , vol. II

Battery
BATTERIA

Nell'artiglieria da campo il termine designa un certo numero di cannoni, da 4 a 12, con i necessari cavalli, cannonieri ed equipaggiamenti, generalmente destinati a operare insieme in battaglia. Britannici e francesi hanno batterie da 6 cannoni ciascuna, prussiani e austriaci da 8, russi da 8 o da 12. Le batterie da campo si dividono in leggere, pesanti e batterie di obici; in alcuni paesi esistono poi batterie di montagna. Inoltre, parlando di una posizione in battaglia, il termine può indicare qualsiasi punto in cui siano piazzati dei cannoni. Nell'artiglieria da assedio, batteria significa sia una qualunque linea di difesa della fortezza armata di cannoni sia, soprattutto, un certo numero di pezzi schierati in linea per l'attacco alla roccaforte e coperti da un parapetto. La realizzazione di questo parapetto e delle piazzole per i cannoni è ciò che comunemente si chiama costruzione della batteria. Rispetto al loro disegno le batterie possono essere rialzate, semi-incassate o incassate; rispetto al loro armamento, sono dette batterie di cannoni, di obici o di mortai; rispetto al sistema di copertura, batterie con feritoie, en barbette (senza feritoie) o in case-matte (blindate). Riguardo invece allo scopo cui sono destinate, esistono batterie da demolizione per distruggere i cannoni su una linea di difesa della fortezza assediata, linea parallelamente alla quale esse debbono essere costruite; batterie per il tiro di rimbalzo, costruite sul prolungamento di una linea di difesa e predisposte per il tiro d'infilata, con le palle e le granate che partono rasentando il parapetto e rimbalzano basse lungo tutta la suddetta linea; batterie di mortai per il bombardamento dentro i bastioni e delle costruzioni interne della fortezza; batterie da breccia, per abbattere le pareti di rivestimento dei terrapieni; batterie da contrasto, piazzate sulla cresta del terrapieno di fronte ai fianchi dei baluardi, per annullare il fuoco che protegge il fossato antistante la breccia. Le batterie costiere sono trinceramenti ricavati in un particolare punto di spiaggia per opporsi agli assalti nemici; possono essere permanenti, nel qual caso vengono costruite in muratura, spesso protette con casematte e dotate di varie file di cannoni, o temporanee, cioè realizzate in terra, per lo più disposte a barbetta per garantire un più ampio spazio di manovra; in entrambi i casi le batterie sono chiuse sul retro per proteggerle contro improvvisi attacchi della fanteria di terra.

Per costruire una batteria in terra occorre tracciarne le dimensioni principali e procurarsi il terreno scavando un fossato davanti o dietro all'ideale parapetto. Il pendio esterno di quest'ultimo va lasciato senza rivestimento, ma il pendio interno e le "guance" — o lati interni — delle feritoie devono essere rivestiti con fascine, gabbioni, graticci, barili di terra, sacchi di sabbia o zolle di torba, in modo da evitare frane di terreno anche in presenza di un pendio ripido. Come ulteriore rinforzo per il parapetto, solitamente si lascia una berma — ossia uno stretto sentiero livellato — tra il piede esterno e il fossato antistante. All'interno della batteria, tra una feritoia e l'altra, si erige una piattaforma sufficientemente alta perché un uomo in piedi possa vedere al di là del parapetto. Su uno o entrambi i fianchi della batteria si può aggiungere una spalletta al parapetto, che formi un angolo ottuso con la linea della batteria stessa e offra così una protezione contro il fuoco di fianco. Laddove si sia soggetti al fuoco d'infilata è necessario realizzare delle traverse o delle spallette tra i cannoni. Nelle batterie a barbetta tale protezione viene ulteriormente rinforzata rialzando di diversi piedi le traverse al di sopra del parapetto e facendo proseguire tali rialzi fino alla cresta esterna dello stesso parapetto, in quella che è definita "cuffia" di copertura. I cannoni sono piazzati su piattaforme costruite con tavole e travetti, o altri manufatti in legno, per garantire stabilità alle postazioni. Le munizioni sono in parte conservate in anfratti sotto il parapetto e in parte in un'apposita costruzione incassata, realizzata in legno e ricoperta da uno strato di terra così spesso da risultare a prova di bomba. Per riparare i cannonieri contro il tiro dei fucili spesso si chiudono le feritoie con blindature di robuste tavole di legno che poi vengono aperte a destra e a sinistra al momento dell'uscita del cannone, oppure che presentano un foro per l'inserimento della bocca da fuoco. Il tiro nemico può essere reso inoffensivo grazie a blindature di legno che, partendo dalla cresta interna del parapetto, si inclinano fino a raggiungere il terreno retrostante. Nelle batterie di obici, le basi delle feritoie sono inclinate verso l'alto anziché verso il basso; le batterie di mortai, invece, non prevedono feritoie, visto che il lancio della granata al di sopra del parapetto è assicurato dall'alto grado di elevazione impiegato. Per offrire una buona protezione contro il fuoco dei cannoni pesanti il parapetto dovrebbe avere uno spessore di almeno 17 o 18 piedi; tuttavia, se il nemico è equipaggiato di calibri davvero molto pesanti e il terreno è sfavorevole, può rendersi necessario uno spessore di 24 piedi. Un'altezza di 7 o 8 piedi assicura una protezione sufficiente. I cannoni dovrebbero essere intervallati da una distanza tra i io e i 14 piedi; qualora siano necessarìe le traverse, il parapetto dovrà essere allungato di conseguenza.

Friedrich Engels
Scritto tra il 18 e il 29 settembre 1857
Pubblicato in The New Jhnerican Cyclopœdia, vol. II, 1858

Battle
BATTAGLIA

Si chiama battaglia l'incontro tra due corpi militari avversari, sia se tali corpi formano la maggioranza dei rispettivi eserciti sia se operano indipendentemente in un separato teatro di guerra. Prima dell'introduzione della polvere da sparo tutte le battaglie erano effettivamente decise dalla lotta corpo a corpo. Presso i greci e i macedoni era determinante la carica della falange irta di lance, cui seguiva un breve scontro con la spada. Con i romani, l'attacco della legione schierata su tre linee consentiva di riprendere la carica con la seconda linea e di effettuare le manovre decisive con la terza. La linea romana avanzava fino 310015 iarde dal nemico, scagliava i suoi pila, ossia giavellotti molto pesanti, e quindi concludeva il combattimento spada alla mano. Se la prima linea veniva respinta, la seconda avanzava passando attraverso i suoi intervalli e, se la resistenza non era ancora spezzata, la terza linea, o riserva, si lanciava sul centro dello schieramento nemico o piombava su una delle sue ali. Nel Medioevo le cariche dei cavalieri ricoperti d'acciaio avrebbero determinato l'esito complessivo delle battaglie fino all'avvento dell'artiglieria e delle armi da fuoco impugnabili, che restaurarono la supremazia della fanteria. Da allora in poi la superiorità numerica e costruttiva delle armi da fuoco di un esercito fu l'elemento fondamentale della battaglia, almeno finché, nel style='text-transform:uppercase'>xviii secolo, tutti gli eserciti europei equipaggiarono le loro fanterie con i moschetti e raggiunsero pressoché lo stesso livello qualitativo nel settore delle armi da fuoco. L'elemento decisivo divenne allora il numero dei colpi sparati in un determinato arco di tempo e con precisione media. La fanteria veniva schierata in lunghe linee di tre righe; era addestrata con la massima cura per assicurarle stabilità e rapidità di fuoco, fino a 5 colpi al minuto; le lunghe linee avanzavano lentamente l'una contro l'altra, continuando sempre a sparare, sostenute dal tiro di cartocci a mitraglia effettuato dall'artiglieria; alla fine, quando, a causa delle perdite subite, le truppe di una delle due parti perdevano compattezza, l'avversario coglieva subito l'occasione per l'assalto alla baionetta, che generalmente risultava decisivo. Se uno dei due eserciti aveva già preso posizione prima dell'inizio della battaglia, l'altro cercava di solito l'attacco lungo una diagonale in modo da aggirare e poi avvolgere una delle ali nemiche; quest'ala, insieme al punto di congiunzione con il centro, era gettata nel più completo disordine dall'attacco di forze superiori e finiva per ammassarsi in grandi gruppi che venivano facilmente bersagliati dall'artiglieria pesante della parte assalitrice. Era questa la manovra preferita da Federico il Grande, che si dimostrò particolarmente efficace a Leuthen [1]. A volte succedeva anche che si lanciasse la cavalleria contro la fanteria nemica ormai disgregata, e in molti casi con evidente successo; tuttavia, era generalmente il fuoco veloce della fanteria a determinare l'esito dello scontro e tale fuoco era così efficace che le battaglie di quel periodo furono le più sanguinose dell'epoca moderna. A Kolin, Federico il Grande perse 12.000 uomini su un totale di 18.000, e a Kunersdorf 17.000 su 30.000 [2]; nella battaglia più sanguinosa di tutte le campagne napoleoniche, quella di Borodino, i russi persero, tra morti e feriti, non meno della metà dei loro effettivi.

La rivoluzione francese e Napoleone cambiarono completamente la fisionomia delle battaglie. L'esercito fu organizzato in divisioni di circa 10.000 uomini ciascuna, comprendenti reparti di fanteria, cavalleria e artiglieria; non si combatteva più esclusivamente in linea, ma anche in colonna e in ordine sparso. Con questo tipo di formazione non fu più necessario scegliere come esclusivo terreno di battaglia il campo aperto, giacché boschi, villaggi, fattorie , e orti erano sempre i benvenuti, anziché il contrario. Da quando, poi, questa formazione fu adottata in tutti gli eserciti, la battaglia divenne cosa affatto , diversa da ciò che era stata nel XVIII secolo. A quel tempo, infatti, sebbene l'esercito fosse in genere schierato su tre linee, un attacco, o al massimo due o tre in rapida successione, ne decidevano il destino; ora lo scontro poteva durare un'intera giornata, perfino due o tre giorni, con gli assalti, i contrattacchi e le manovre che si susseguivano gli uni agli altri con alterno successo. Attualmente una battaglia viene solitamente iniziata dall'avanguardia dell'esercito che attacca avanzando reparti di tiragliatori e truppe d'appoggio. Appena questi incontrano una seria resistenza, cosa che comunemente avviene quando capitano su un terreno favorevole alla difesa, l'artiglieria leggera, coperta dai tiragliatori e da piccoli reparti di cavalleria, avanza, mentre il corpo principale dell'avanguardia prende posizione. Segue quindi un cannoneggiamento e si consuma una gran quantità di munizioni al fine di facilitare la ricognizione e di indurre il nemico a scoprire le proprie forze. Intanto, una dopo l'altra, arrivano le divisioni, le quali vengono disposte nelle rispettive posizioni di combattimento a seconda delle informazioni ottenute sui mezzi del nemico. Nei luoghi favorevoli all'attacco si fanno avanzare i tiragliatori, appoggiati, ove necessario, dalla fanteria di linea e dall'artiglieria; si preparano gli attacchi laterali e si concentrano le truppe per l'assalto a punti cruciali di fronte alla postazione principale dell'avversario, il quale prende di conseguenza le sue contromisure. Parte della manovra serve a intimorire le posizioni difensive o a minacciare un ulteriore attacco in forze. Gradualmente l'esercito si avvicina al nemico, si stabiliscono definitivamente i punti dove sferrare l'attacco e le truppe avanzano in massa uscendo dalle posizioni riparate finora occupate. Ormai prevale il fuoco della fanteria di linea e dell'artiglieria, diretto contro i luoghi individuati per l'attacco; segue quindi l'avanzata dei reparti scelti per l'assalto, a volte con il contributo di una limitata carica di cavalleria. Inizia lo scontro per conquistare le postazioni più importanti, che vengono perse e rioccupate mentre le due parti continuano a turno a inviare truppe fresche. Lo spazio fra tali postazioni diventa così il campo di battaglia per la fanteria di linea per occasionali assalti alla baionetta che, tuttavia, raramente si trasformano in veri e propri combattimenti corpo a corpo, mentre, al contrario, la baionetta viene spesso utilizzata negli scontri all'interno di villaggi, fattorie, trincee, ecc. In questo campo aperto la cavalleria compie le sue incursioni quando le si presenta l'occasione, mentre l'artiglieria continua a sparare e a guadagnare nuove posizioni. Così, quando ancora l'andamento della battaglia è oscillante, gli obiettivi, le posizioni e, soprattutto, la forza dei due eserciti si vanno gradualmente palesando; le truppe vengono impegnate in numero sempre crescente e ben presto si scoprirà quale delle due parti possieda superiori forze di riserva per l'attacco finale e decisivo. Se fino a questo momento la parte che ha attaccato ha avuto successo, ora può decidere di lanciare la propria riserva contro il centro o il fianco dello schieramento in difesa; se, invece, l'attacco è stato finora respinto e non può essere rinnovato da truppe fresche, allora chi difende può far avanzare la sua riserva e con una carica massiccia trasformare la resistenza in sconfitta dell'avversario. Nella maggior parte dei casi l'attacco decisivo è portato contro un settore della linea frontale nemica in modo da aprirvi una breccia. Occorre concentrare quanto più fuoco d'artiglieria possibile sul punto prescelto; poi la fanteria avanza in gruppi serrati e, appena la sua carica ha successo, la cavalleria irrompe nel varco così creato, dispiegandosi a destra e a sinistra, aggirando il nemico sui fianchi e nelle retrovie e, per usare un'espressione molto efficace, "avvolgendolo" sulle sue due ali. In ogni caso, per riuscire efficacemente, un attacco del genere dev'essere intrapreso con forze imponenti e non prima che l'avversario abbia impegnato le sue ultime riserve; in caso contrario, si subirebbero perdite assolutamente sproporzionate rispetto al misero risultato che si otterrà, perdite che potrebbero perfino causare la sconfitta finale. Molte volte accade che uno dei due comandanti, piuttosto che impegnare le sue ultime riserve, decida di interrompere uno scontro che sta prendendo una piega estremamente sfavorevole e preferisca attendere la carica decisiva dell'avversario; con gli attuali sistemi organizzativi e tattici ciò può essere realizzato con perdite relativamente modeste, giacché, dopo un combattimento accanito, anche il nemico non è solitamente al meglio delle sue condizioni. La riserva e l'artiglieria arretrano dunque la loro posizione e, sotto la loro copertura, le truppe vengono gradualmente disimpegnate e ritirate. Se questa ritirata possa svolgersi in buon ordine dipende poi dalla velocità dell'inseguimento; il nemico invierà infatti la sua cavalleria contro i reparti che cercano di disimpegnarsi, i quali dovranno quindi essere affiancati e assistiti dalla loro cavalleria. Ma se quest'ultima verrà sgominata e la fanteria sarà raggiunta prima che possa mettersi al riparo, la disfatta si fa generale e la retroguardia, nella sua nuova posizione difensiva, avrà davanti a sé un duro lavoro a meno che, come solitamente avviene, non sopraggiunga la notte.

Questo è comunemente lo svolgimento di una moderna battaglia, supposto che le parti avverse abbiano la stessa forza militare e le stesse capacità di comando; se uno dei contendenti dimostra una marcata superiorità, la faccenda è molto più rapida e si presenteranno combinazioni anche molto diverse; tuttavia, quali che siano le circostanze, le moderne battaglie tra gli eserciti dei paesi avanzati presenteranno i caratteri fin qui descritti.

Friedrich Engels
Scritto tra il 18 e il 22 settembre 1857
Pubblicato in The New American Cyclopœdia, vol. II, 1858

Berme
BERMA

In un'opera di fortificazione, lo stretto sentiero livellato che viene lasciato tra il piede esterno del parapetto e il margine del fossato antistante. Solitamente ha una larghezza di circa tre piedi. Il suo scopo è sostenere il parapetto ed evitare che la terra di cui è composto frani nel fossato a causa di una forte pioggia, di una gelata, ecc. A volte può anche servire come via di comunicazione esterna intorno alla fortificazione. Non va sottovalutato, tuttavia, che la berma si presta eccellentemente come luogo di sosta e di raccolta per chi deve tentare l'assalto e la scalata; di conseguenza, in molti sistemi di fortificazione permanente viene completamente eliminata o protetta da un muro merlato, in modo da creare un riparo per una linea di fuoco della fanteria. Nella fortificazione da campo, o nella costruzione di batterie d'assedio, quando si abbia davanti un fossato, la berma è in genere inevitabile giacché la scarpa del fossato non ha quasi mai un rivestimento di sostegno e, mancando quello spazio intermedio, sia la scarpa sia il parapetto rischierebbero di franare presto a causa delle variazioni climatiche.

Friedrich Engels
Scritto tra il 23 e il 29 gennaio 1858
Pubblicato in The New American Cydopatdia, vol. III 1858

Bridge-Head
TESTA DI PONTE

Testa di ponte, o téte-de-pont, nell'arte della fortificazione è un'opera permanente o da campo che viene costruita a capo di un ponte allo scopo di proteggerlo e di permettere a chi lo controlla di manovrare su entrambe le sponde del fiume. La presenza di teste di ponte è indispensabile nel caso delle grandi fortezze moderne situate lungo ampi fiumi o alla confluenza tra due corsi d'acqua. In tali circostanze la testa di ponte è generalmente costituita da un borgo regolarmente fortificato sull'argine opposto; così, Castel è la testa di ponte di Magon-za, Ehrenbreitstein quella di Coblenza, Deutz quella di Colonia. Durante la guerra rivoluzionaria, appena i francesi si impadronirono di Kehl, la trasformarono in una testa di ponte per Strasburgo. In Inghilterra, Gosport può essere considerata la testa di ponte di Portsmouth anche in assenza di un ponte e sebbene svolga funzioni diverse e molto importanti. Come in quest'ultimo caso, qual-siasi postazione fortificata sulla sponda opposta di un fiume o di un braccio di mare viene spesso chiamata testa di ponte anche quando manca il ponte; e ciò perché tale postazione, proteggendo lo sbarco delle truppe e la preparazione di operazioni offensive, ne svolge le medesime funzioni e rientra, strategicamente parlando, nella stessa definizione. Nel caso di un esercito attestato al di là di un grande fiume, tutte le postazioni che esso occupa sulla sponda opposta — fortezze, villaggi trincerati o normali costruzioni da campo — sono chiamate teste di ponte nella misura in cui permettono all'esercito di trasferirsi in tutta sicurezza sull'altra riva. Così, quando nel 1813 Napoleone fermò la sua ritirata dalla Russia al di là dell'Elba, Amburgo, Magdeburgo, Wittenberg e Torgau furono le sue teste di ponte sulla riva destra del fiume. Nelle fortificazioni da campo le teste di ponte sono quasi sempre opere molto semplici, costituite da un bonnet àprétre o talvolta da costruzioni a corna o corona, aperte verso il fiume, e con una ridotta proprio di fronte al ponte. In alcuni casi un piccolo borgo, un gruppo di fattorie o di altri edifici vicini a un ponte possono essere trasformati, adattandoli opportunamente per la difesa, in adeguate teste di ponte; giacché, data l'attuale tattica della fanteria leggera, tali opere, quando possiedano capacità difensive, possono offrire una resistenza pari o addirittura maggiore a qualsiasi altra costruzione da campo realizzata a regola d'arte.

Friedrich Engels
Scritto nella prima metà di febbraio del 1858
Pubblicato in The New American Cyclopœdia, vol. IV, 1858

NOTE

1. Durante la Guerra dei Sette Anni.

2. Battaglie combattute durante la Guerra dei Sette Anni.


Ultima modifica 24.12.2003