Anti-Dühring

Terza Sezione: Socialismo

 

V. Stato, educazione, famiglia

 

Con i due capitoli precedenti avremmo dunque pressappoco esaurito la "nuova costruzione socialitaria" di Dühring. Al più ci sarebbe ancora da notare come l'"ampiezza universale dell'orizzonte storico" non gli impedisca di coltivare i suoi interessi particolari, anche a prescindere dal noto sovraconsumo moderato. Poiché nella socialità continua a sussistere la vecchia divisione del lavoro, la comunità economica dovrà fare i conti, oltre che con architetti e carrettieri, anche con letterati di professione, per cui sorge la questione del come ci si dovrà contenere poi circa i diritti d'autore. Questa questione occupa Dühring più di ogni altra. Dovunque, per es. a proposito di Louis Blanc e di Proudhon, il diritto d'autore capita tra i piedi al lettore per essere poi diluito per nove pagine nel "Corso" e esser portato felicemente in salvo nel porto della socialità sotto forma di una misteriosa "remunerazione del lavoro", non è detto se con moderato sovraconsumo o senza. Un capitolo sulla posizione delle pulci nel sistema naturale della società sarebbe altrettanto appropriato e in ogni caso meno noioso.

Sull'ordinamento statale dell'avvenire la "Filosofia" ci dà precisazioni particolareggiate. Qui Rousseau, malgrado sia l'"unico predecessore di rilievo" di Dühring, tuttavia non ha posto basi abbastanza profonde; il suo più profondo successore ripara completamente, annacquando nel modo più straordinario Rousseau e mescolandovi avanzi della filosofia del diritto hegeliana cotti e stracotti in una misera brodaglia anch'essa troppo diluita. "La sovranità dell'individuo" costituisce la base del dühringiano Stato dell'avvenire; essa non dev'essere soppressa col dominio della maggioranza, ma deve esserne invece proprio il culmine. Come avviene tutto questo? In un modo molto semplice:

"Se si presuppongono accordi reciproci fra tutti e in tutti i sensi, e se questi contratti hanno come oggetto la reciproca prestazione di aiuto contro ingiuste offese, allora soltanto viene accresciuta la forza diretta al mantenimento del diritto e nessun diritto viene dedotto dalla semplice preponderanza della massa sui singoli o della maggioranza sulla minoranza."

Con siffatta facilità la forza viva dell'abracadabra della filosofia della realtà sorpassa gli ostacoli più insormontabili e, se il lettore ritiene di non saperne con ciò più di prima, Dühring gli risponde di non prendere la cosa così alla leggera perché "il più piccolo errore nella concezione della funzione della volontà collettiva annullerebbe la sovranità dell'individuo, e soltanto questa sovranità è ciò (!) che porta a dedurre reali diritti". Dühring, se prende in giro il suo pubblico, lo tratta proprio come questo merita. Avrebbe potuto somministrargli perfino delle cose notevolmente più grosse; gli studiosi della filosofia della realtà non se ne sarebbero neanche accorti.

La sovranità dell'individuo consiste dunque essenzialmente nel fatto che "il singolo è sottoposto ad una costrizione assoluta di fronte allo Stato", ma questa costrizione può giustificarsi solo nella misura in cui essa "serve veramente alla giustizia naturale". Per questo fine ci saranno "un'attività legislativa e un'attività giudiziaria", ma esse "debbono restare nella collettività"; inoltre ci sarà una lega difensiva che si estrinseca nell'"essere riuniti nell'esercizio o in una sezione esecutiva appartenente al servizio di sicurezza interna", quindi ci saranno anche esercito, polizia, gendarmi. Invero Dühring ha già spesse volte provato ad essere un bravo prussiano e qui mostra di essere pari a quel prussiano modello che, secondo la buonanima del ministro von Rochow, "porta il suo gendarme nel seno". Questa gendarmeria dell'avvenire non sarà però pericolosa come gli odierni "Zarucker" [199]. Qualunque cosa questa gendarmeria possa fare verso l'individuo sovrano, quest'ultimo avrà sempre una consolazione: "ciò poi che di giusto o di ingiusto in ogni circostanza egli sopporta da parte della società libera, non può mai essere qualche cosa di peggio di ciò che porterebbe con sé anche lo stato di natura"! E allora Dühring, dopo averci fatto incappare ancora una volta nel suo inevitabile diritto d'autore, ci assicura che nel suo mondo dell'avvenire ci sarà "un'avvocatura evidentemente del tutto libera e generale". "La società che oggi ci si immagina libera" diventa sempre più composita. Architetti, carrettieri, letterati, gendarmi ed ora, per di più, anche avvocati! Questo "regno ideale solido e critico" rassomiglia in modo perfetto ai vari paradisi delle varie religioni, nei quali il fedele ritrova sempre trasfigurate tutte le dolcezze che gli ha presentate la vita terrena. E Dühring appartiene a quello Stato in cui "ognuno può salvarsi l'anima alla sua maniera" [200]. Che cosa vogliamo di più?

Ma ciò che possiamo volere è qui indifferente. Quello che importa è quel che vuole Dühring. E costui si distingue da Federico II per il fatto che nel dühringiano Stato dell'avvenire non avviene affatto che ognuno possa salvarsi l'anima alla sua maniera. Nella Costituzione di questo Stato dell'avvenire si legge:

"Nella società libera non ci sarà nessun culto; infatti ognuno dei suoi membri supera la fanciullesca fantasia primitiva secondo cui al di là o al di sopra della natura ci sarebbero degli esseri sui quali si possa influire mediante sacrifici o preghiere. Un sistema socialitario rettamente inteso deve perciò (...) abolire tutte le apparecchiature della magia scolastica e conseguentemente tutti gli elementi essenziali del culto".

La religione è proibita.

Ma ogni religione non è altro che il fantastico riflesso nella testa degli uomini di quelle potenze esterne che dominano la sua esistenza quotidiana, riflesso nel quale le potenze terrene assumono la forma di potenze sovraterrene. All'inizio della storia sono anzitutto le potenze della natura quelle che subiscono questo riflesso e che nello sviluppo ulteriore passano nei vari popoli per le più svariate e variopinte personificazioni. Questo primo processo è stato seguito, almeno per i popoli indoeuropei, dalla mitologia comparata, risalendo sino alla sua origine nei Veda indiani, e mostrato in particolare nel suo sviluppo presso gli indiani, i persiani, i greci, i romani, i germani e, nella misura in cui il materiale è sufficiente, anche presso i celti, i lituani e gli slavi. Ma presto, accanto alle forze naturali, entrano in azione anche forze sociali, forze che si ergono di fronte agli uomini altrettanto estranee e, all'inizio, altrettanto inspiegabili, e li dominano con la medesima necessità naturale delle stesse forze della natura. Le forme fantastiche nelle quali in principio si riflettevano solo le misteriose forze della natura, acquisiscono di conseguenza attributi sociali e diventano rappresentanti di forze storiche [*16]. Ad un grado di sviluppo ancora posteriore tutti gli attributi naturali e sociali dei molti dei vengono trasferiti ad un solo dio onnipotente che a sua volta è, esso stesso, solo il riflesso dell'uomo astratto. Così sorse il monoteismo, che fu storicamente l'ultimo prodotto della tarda filosofia volgare greca e trovò la sua incarnazione in Jahvè, dio esclusivamente nazionale degli ebrei. In questa forma comoda, palpabile, adattabile a tutto, la religione può continuare a sussistere come forma immediata, cioè sensibile, dell'atteggiamento degli uomini verso le forze naturali e sociali estranee che li dominano sino a quando gli uomini sono sotto il dominio di tali forze. Ma abbiamo visto ripetutamente che nella società borghese attuale gli uomini sono dominati, come da forza estranea, dai rapporti economici creati da loro stessi e dai mezzi di produzione da loro stessi prodotti. La base reale dell'azione riflessa della religione continua dunque a sussistere e con essa lo stesso riflesso religioso. E anche se l'economia borghese dà adito ad una certa conoscenza del nesso causale di questo dominio estraneo, ciò in sostanza non cambia niente. L'economia borghese non può né in genere impedire le crisi, né garantire il singolo capitalista da perdite, cattivi debitori e fallimenti e neppure garantire il singolo operaio dalla disoccupazione e dalla miseria. Si dice sempre: l'uomo propone e dio (cioè il dominio estraneo del modo di produzione capitalistico) dispone. La semplice conoscenza, anche se va molto più lontano e molto più a fondo di quella dell'economia borghese, non basta per sottomettere le forze sociali al dominio della società. Per questo occorre anzitutto un'azione sociale. E quando quest'azione sarà compiuta, quando la società, mediante la presa di possesso e l'uso pianificato di tutti i mezzi di produzione, avrà liberato se stessa e tutti i suoi membri dall'asservimento in cui essi sono mantenuti al presente da questi mezzi di produzione prodotti da loro stessi, ma che si ergono di fronte a loro come una prepotente forza estranea, quando dunque l'uomo non più semplicemente proporrà, ma anche disporrà, allora soltanto sparirà l'ultima forza estranea che ancora oggi ha il suo riflesso nella religione e conseguentemente sparirà anche lo stesso riflesso religioso, per la semplice ragione che non ci sarà più niente da rispecchiare.

Dühring non può aspettare che la religione muoia di questa morte naturale. Egli procede più radicalmente. Fa il Bismarck più di Bismarck; decreta leggi di maggio [201] inasprite non solo contro il cattolicesimo, ma contro tutta la religione in generale; aizza i suoi gendarmi dell'avvenire e così l'aiuta ad acquistarsi il martirio e un prolungamento di esistenza. Dovunque giriamo lo sguardo troviamo socialismo tipicamente prussiano.

Dopo che così Dühring ha felicemente annientato la religione, "l'uomo che ora poggia solo su se stesso e sulla natura ed è maturo per riconoscere le sue forze collettive, può imboccare arditamente l'intero cammino che gli aprono il corso delle cose e la sua propria natura". Consideriamo ora, per cambiare, quale "corso delle cose" può arditamente imboccare, guidato per mano di Dühring, l'uomo che poggia su se stesso.

Il primo corso delle cose per cui l'uomo è posto su se stesso è quello di esser nato. Poi rimane, per il tempo della sua minorità naturale, affidato alla madre, "naturale educatrice dei bambini". "Questo periodo può arrivare, come nell'antico diritto romano, sino alla pubertà, pressappoco perciò sino al quattordicesimo anno." Solo laddove i fanciulli più grandicelli non bene educati non rispettino convenientemente l'autorità della madre, l'aiuto paterno, ma specialmente le disposizioni educative statali, possono neutralizzare questa manchevolezza. Con la pubertà il fanciullo entra sotto la "naturale tutela del padre", se cioè ne esiste uno "la cui paternità sia realmente incontestata", altrimenti la comunità nomina un tutore.

Dühring, come prima immaginava che si possa sostituire il modo di produzione capitalistico con il modo di produzione sociale senza trasformare la produzione stessa, così ora immagina che si possa staccare la famiglia borghese moderna da tutta la sua base economica senza perciò mutare tutta quanta la sua forma. Questa forma è per lui tanto immutabile che arriva a rendere decisivo per l'eternità, per ciò che concerne la famiglia, l'"antico diritto romano", anche se in una forma alquanto "nobilitata", e a potere immaginare la famiglia solo come unità "ereditante", cioè come unità possidente. Su questo punto gli utopisti sono molto più avanti di Dühring. Per loro, con la libera socializzazione degli uomini e con la trasformazione del lavoro privato domestico in un'industria pubblica, era data immediatamente anche la socializzazione dell'educazione della gioventù e con ciò un rapporto reciproco realmente libero dei membri della famiglia. E inoltre già Marx ha dimostrato ("Capitale", p. 515 e sg.) come "la grande industria crea il nuovo fondamento economico per una forma superiore della famiglia e del rapporto fra i due sessi, con la parte decisiva che essa assegna alle donne, agli adolescenti e ai bambini di ambo i sessi nei processi di produzione socialmente organizzati al di là della sfera domestica" [202].

"Ogni sognatore di riforme sociali", dice Dühring, "naturalmente ha bell'è pronta la pedagogia adeguata alla sua nuova vita sociale". Prendendo come misura questo principio, Dühring appare come "un vero mostro" tra i sognatori di riforme sociali. La scuola dell'avvenire lo occupa almeno quanto il diritto d'autore e questo vuol dire veramente molto. Non solo egli ha un piano scolastico e universitario fisso e pronto per tutto "il futuro che può prevedersi", ma anche per il periodo di passaggio. Limitiamoci per tanto a ciò che sarà offerto alla gioventù di ambo i sessi nella socialità definitiva di ultima istanza.

La scuola elementare per tutti offre "tutto ciò che per se stesso e in linea di principio può avere un'attrattiva per gli uomini", quindi specialmente le "basi e i risultati principali di tutte le scienze che riguardano le conoscenze del mondo e della vita". Essa insegna quindi anzitutto matematica e precisamente in modo che venga "interamente percorso" il ciclo di tutti i concetti e i procedimenti principali, dalla semplice enumerazione e dall'addizione al calcolo integrale. Ma questo non significa che in questa scuola si debba veramente derivare e integrare: al contrario. In essa debbono invece essere insegnati elementi completamente nuovi della matematica generale che contengono in sé in germe tanto la solita matematica elementare quanto anche la matematica superiore. Ora, sebbene Dühring affermi di sé di avere già "davanti agli occhi schematicamente, nei suoi tratti essenziali", "il contenuto dei manuali" di questa scuola dell'avvenire, disgraziatamente sinora non è neppure riuscito a scoprire questi "elementi della matematica generale"; ma ciò che egli non può darci, "bisogna aspettarselo realmente solo dalle forze libere e accresciute delle nuove condizioni sociali". Ma se per il momento l'uva della matematica dell'avvenire è ancora molto acerba, tanto minori difficoltà offriranno l'astronomia, la meccanica e la fisica dell'avvenire, le quali "forniranno il nocciolo di ogni cultura", mentre "botanica e zoologia, per la loro forma e il loro metodo tuttora prevalentemente descrittivi, malgrado tutte le teorie (...) serviranno piuttosto come una facile forma di distrazione". Così sta stampato nella "Filosofia" a p. 417. Dühring sino ad oggi non conosce che una botanica e una zoologia prevalentemente descrittive. Tutta la morfologia organica che comprende l'anatomia comparata, l'embriologia e la paleontologia del mondo organico, gli sono ignote anche di nome. Mentre dietro alle sue spalle nascono quasi a dozzine nel campo della biologia scienze completamente nuove, il suo spirito puerile va tuttora a prendere "gli elementi culturali eminentemente moderni del modo naturale scientifico" nella "Storia naturale per fanciulli" di Raff ed elargisce del pari questa costituzione del mondo organico a tutto "il futuro che può prevedersi". La chimica, come è sua abitudine, anche qui è completamente dimenticata.

Per quanto riguarda l'aspetto estetico dell'istruzione, Dühring doveva rifare tutto da capo. La poesia quale è stata finora non è utile a questo fine. Laddove la religione è proibita è chiaro che l'"apparato mitologico o comunque religioso" abituale nei poeti precedenti, non può essere tollerato nella scuola. Anche il "misticismo poetico, nella forma in cui per es. è stato fortemente coltivato da Goethe", è riprovevole. Dühring stesso dovrà quindi decidersi a fornirci egli stesso quei capolavori poetici che "corrispondono alle più elevate esigenze di una fantasia conciliata con l'intelletto" e rappresentano quel puro ideale che "significa la perfezione del mondo". Speriamo che non indugi. La comunità economica potrà conquistare il mondo solo appena essa avanzerà al passo di carica dell'alessandrinismo conciliato con l'intelletto.

L'adolescente cittadino dell'avvenire non sarà tormentato molto con la filologia, "Le lingue morte sono completamente soppresse (...) mentre le lingue straniere viventi restano (...) qualcosa di secondario." Solo dove lo scambio tra i popoli si estende al movimento delle stesse masse popolari, esse debbono essere rese facilmente accessibili a ciascuno a seconda delle esigenze. "L'istruzione linguistica veramente educativa" si troverà in una specie di grammatica generale e specialmente nella "materia e nella forma della propria lingua". La limitatezza nazionale degli uomini di oggi è ancora troppo cosmopolita per Dühring. Egli vuole abolire le due leve che nel mondo odierno offrono almeno l'opportunità di elevarsi al di sopra del limitato punto di vista nazionale: la conoscenza delle lingue antiche che dischiude, almeno agli uomini di tutte le nazioni che hanno ricevuto la cultura classica, un più ampio orizzonte comune, e la conoscenza delle lingue moderne, unico mezzo con il quale gli uomini delle varie nazioni possono intendersi tra loro e familiarizzarsi con ciò che accade fuori dei propri confini. Invece deve essere inculcato a fondo lo studio della grammatica della lingua nazionale. Ma "materia e forma della propria lingua" sono intelligibili solo allorché se ne seguono il nascere e il graduale sviluppo e questo non è possibile senza tener conto in primo luogo delle lingue vive e morte dello stesso ceppo. Ma così siamo tornati di nuovo al campo espressamente vietato. Ma se con ciò Dühring cancella dal suo piano scolastico tutta la moderna grammatica storica, per l'insegnamento linguistico non gli rimane altro che la grammatica tecnica di vecchio stampo, raffazzonata completamente nello stile della vecchia filologia classica, con tutte le sue casistiche e le sue arbitrarietà, fondate sulla mancanza di una base storica. L'odio verso la filologia classica lo spinge ad elevare il prodotto deteriore della vecchia filologia a "fulcro di un'istruzione linguistica veramente educativa". Si vede chiaramente che abbiamo da fare con un linguista che non ha mai sentito parlare di tutta un'indagine storica linguistica che da sessant'anni a questa parte si è sviluppata con tanta impetuosità e tanto successo, e che perciò non cerca gli "elementi culturali eminentemente moderni" dell'istruzione linguistica in Bopp, Grimm e Diez, ma in Heyse e Becker, di felice memoria.

Ma con tutto ciò il giovane cittadino dell'avvenire sarebbe ancora molto lontano dal "poggiare su se stesso". Per questo occorre ancora una volta un fondamento più profondo dato dalla "assimilazione delle basi ultime della filosofia". "Ma un tale approfondimento non rimarrà (...) nient'altro, se non un compito gigantesco", dopo che qui Dühring ha aperto la strada. In effetti "se il poco sapere rigoroso di cui può menar vanto la schematizzazione generale dell'essere si purifica dai falsi ghirigori scolastici e ci si decide ad affermare dovunque come valida solo la realtà assodata" da Dühring, si rende assolutamente accessibile la filosofia elementare anche alla gioventù dell'avvenire. "Ci si ricordi di quei procedimenti della più grande semplicità con i quali si è reso possibile ai concetti di infinità e alla loro critica di raggiungere una portata sinora sconosciuta"; e allora "non si riesce assolutamente a capire perché gli elementi della concezione universale di spazio e tempo, resi così semplici dall'approfondimento e dalla precisazione attuale, non debbano finalmente passare nel campo delle cognizioni preliminari (...); i pensieri che vanno più alle radici" di Dühring "non debbono avere una funzione secondaria nel sistema universale di educazione della nuova società". Lo stato eguale a se stesso della materia e l'innumere numerato sono destinati invece "non solo a permettere" all'uomo "di poggiare sui suoi piedi, ma anche a fargli comprendere da se stesso che egli ha sotto i piedi il cosiddetto assoluto".

La scuola elementare dell'avvenire non è altro, come si vede, che un liceo prussiano alquanto "nobilitato" nel quale il greco e il latino sono sostituiti da un po' di matematica, pura e applicata, e specialmente dagli elementi della filosofia della realtà, e l'insegnamento del tedesco è di nuovo ridotto al Becker di felice memoria, cioè all'incirca al livello della quinta ginnasiale. In effetti "non si riesce assolutamente a capire" perché le "cognizioni" di Dühring, che in tutti i campi da lui toccati sono, come abbiamo ormai dimostrato, assolutamente elementari, o meglio ciò che in generale resta di esse, dopo la radicale "purificazione" che ne è stata fatta, "non debbano in blocco passare infine nel campo delle cognizioni preliminari", tanto più che esse non hanno in realtà mai abbandonato questo campo. Certo Dühring ha anche sentito parlare vagamente del fatto che nella società socialista lavoro ed educazione devono esser uniti insieme e che con ciò deve essere assicurata tanto una multiforme istruzione tecnica quanto una base pratica per l'educazione scientifica: anche questo punto viene perciò utilizzato per la socialità nella consueta maniera. Ma poiché, come abbiamo visto, la vecchia divisione del lavoro continua nella sua essenza a sussistere tranquillamente nella dühringiana produzione dell'avvenire, viene tolta a questa istruzione tecnica ogni futura applicazione pratica e ogni significato per la produzione stessa; essa ha precisamente e solo un fine scolastico: deve sostituire la ginnastica, della quale il nostro rivoluzionario che va alle radici non vuol sentir parlare. Egli perciò non può offrirci che poche frasi come per es.: "la gioventù e la maturità lavorano nel vero significato della parola". Ma veramente miserevoli appaiono queste chiacchiere insulse e vuote se si confrontano col passo del "Capitale" da p. 508 a p. 515 [203], in cui Marx sviluppa il principio che "dal sistema della fabbrica, come si può seguire nei particolari negli scritti di Robert Owen, è nato il germe dell'educazione dell'avvenire, che collegherà, per tutti i bambini di una certa età, il lavoro produttivo con l'istruzione e la ginnastica, non solo come metodo per aumentare la produzione sociale, ma anche come unico metodo per produrre uomini di pieno e armonico sviluppo" [204].

Passiamo all'università dell'avvenire nella quale la filosofia della realtà formerà il germe di ogni sapere e nella quale, accanto alla facoltà di medicina, continua pienamente a fiorire anche la facoltà giuridica; tralasciamo gli "istituti di specializzazione professionale" dei quali veniamo a sapere semplicemente che dovranno essercene solo "per poche materie". Ammettiamo finalmente che il giovane cittadino dell'avvenire dopo aver terminato tutto il corso di studi, finalmente "poggi su se stesso" al punto di essere in grado di cercar moglie. Quale corso delle cose gli apre qui Dühring?

"In considerazione dell'importanza della procreazione per la fissazione, l'eliminazione e la mescolanza delle qualità, come anche per un nuovo sviluppo formativo delle qualità, bisogna cercare le radici ultime di ciò che è umano e di ciò che non è umano in gran parte nell'unione e nella selezione sessuale e, inoltre, nella cura pro o contro un determinato risultato delle nascite. Il giudizio sulla confusione e la stupidaggine che dominano in questo campo deve essere lasciato praticamente ad un'epoca posteriore. Tuttavia, si deve almeno far comprendere sin dal principio, pur sotto la pressione dei pregiudizi, che certamente molto più che il numero deve prendersi in considerazione la qualità delle nascite, raggiunta con buono o cattivo successo dalla natura o dalla circospezione umana. Certo, in tutti i tempi e in tutte le organizzazioni giuridiche, i mostri sono votati all'annientamento, ma la scala che va dallo stato normale sino alle deformazioni che non hanno più nulla di umano, ha molti gradi intermedi (...) Se si previene la nascita di un uomo che non diventerebbe che un prodotto difettoso, questo fatto, è evidentemente un vantaggio".

In un altro passo si legge ancora:

"Per la considerazione filosofica non può essere difficile (...) concepire (...) il diritto del mondo non ancora nato ad una composizione quanto più buona possibile (...) Il concepimento e in ogni caso anche la nascita offrono l'occasione per fare intervenire a questo riguardo una sollecitudine preventiva e, eccezionalmente, anche selettiva."

E inoltre:

"L'arte greca che idealizzava l'uomo nel marmo non potrà conservare la stessa importanza storica non appena ci si sarà assunto il compito, meno artistico e perciò molto più serio per il destino della vita di milioni di uomini di perfezionare la formazione di uomini in carne ed ossa. Questa specie di arte non è semplicemente di pietra e la sua estetica non riguarda la contemplazione di forme morte" ecc.

Il nostro giovane cittadino dell'avvenire cade dalle nuvole. Che nel matrimonio non si tratti di un'arte semplicemente di pietra e neanche della contemplazione di forme morte, questo certamente lo sapeva anche senza Dühring; ma costui gli aveva pur promesso che egli avrebbe potuto imboccare ogni via che il corso delle cose e il suo proprio essere gli schiudono per trovare un cuore di donna in perfetto accordo col suo, insieme al corpo che ne è il necessario complemento. Niente affatto! gli urla addosso la "severa e profonda moralità". Si tratta anzitutto di eliminare la confusione e la stupidità che dominano nel campo dell'unione e della selezione sessuale e di tener conto del diritto dei nuovi nati ad una composizione quanto più buona possibile. Si tratta per lui in questo momento solenne di perfezionare la formazione dell'uomo in carne ed ossa e per così dire di diventare un Fidia in carne ed ossa. Come porvi mano? Le misteriose conciliazioni di Dühring, qui riferite, non gli danno a questo proposito la più piccola guida, malgrado lo stesso Dühring dica che questa è un'"arte". Avrebbe forse Dühring già "schematicamente davanti agli occhi" un manuale anche per quest'arte, simile a quelli così vari che al giorno d'oggi girano per le librerie tedesche, pudicamente velati? In effetti qui non ci troviamo più ormai nella socialità, ma nel "Flauto magico" con la differenza che il corpulento prete massone Sarastro può sembrare a stento un "prete di seconda classe" di fronte al nostro profondo e severo moralista. Gli esperimenti che costui intraprende con la sua coppietta amorosa di adepti sono un vero giuoco da bambini di fronte alle orribili prove che Dühring impone ai suoi due individui sovrani prima di permetter loro di entrare nello stato di "coppia morale e libera". E così può ben accadere che il nostro Tamino dell'avvenire che "poggia su se stesso" abbia certo sotto i suoi piedi il cosiddetto assoluto, ma che uno di questi piedi devii di pochi gradini dalla normalità e così che delle cattive lingue lo chiamino piede storto. E anche nel regno del possibile che la sua dilettissima Pamina dell'avvenire non si tenga bene in piedi sul predetto assoluto a causa di una lieve deviazione in favore della spalla destra, che l'invidia potrebbe perfino spacciare per una piccola gobba. E che allora? Il nostro più profondo e più severo Sarastro proibirà loro di praticare l'arte del perfezionamento degli uomini in carne ed ossa, farà valere la sua "sollecitudine preventiva" per il "concepimento" o la sua "sollecitudine selettiva" per la "nascita"? Nove volte su dieci le cose vanno diversamente; la coppietta amorosa lascia stare Dühring -Sarastro e va dall'ufficiale di stato civile.

Alt! Esclama Dühring. Non è questo che volevo dire. Lasciate che vi spieghi:

Nei "motivi elevati schematicamente umani delle unioni sessuali salutarie (...) la forma umanamente nobilitata dell'attrazione sessuale, il cui grado superiore si manifesta come amore spassionato, è nella sua reciprocità la migliore garanzia per un'unione feconda anche per il suo risultato (...) è solamente un effetto di second'ordine il fatto che da una relazione in sé armoniosa risulti anche un prodotto che porta l'impronta dell'armonia. Da ciò consegue a sua volta che ogni costrizione deve agire in modo nocivo" ecc.

E così tutto si sbriga nel modo migliore nella migliore delle socialità. Piede storto e gobbetta si amano tra loro appassionatamente e offrono nella loro reciprocità la migliore garanzia per un armonioso "effetto di second'ordine". Tutto avviene come nel romanzo: si amano, si sposano e tutta la profonda e severa moralità va a finire, come al solito, in un'armoniosa banalità.

Quale alto concetto Dühring abbia in generale del sesso femminile lo si vede nella seguente denuncia contro la società attuale:

"La prostituzione nella società dell'oppressione fondata sulla vendita dell'uomo all'uomo ha il valore di un ovvio completamento del matrimonio coatto a vantaggio dei maschi ed è una delle cose più comprensibili, ma anche più significative, il fatto che per le donne non possa esserci nulla di simile".

Per niente al mondo io vorrei raccogliere le lodi che a Dühring dovrebbero toccare da parte delle donne per questa sua galanteria. Ma sarebbe forse completamente ignoto a Dühring quella specie di reddito dato da prebende ottenute col favore di qualche gonnella e che oggi non è più assolutamente eccezionale? Eppure Dühring è stato egli stesso referendario [uditore giudiziario] e abita a Berlino dove, già ai miei tempi, trentasei anni fa, per non parlare dei tenentini, Referendarius rimava molto spesso con Schürzenstipendiarius [colui che fa carriera coll'aiuto di amicizie femminili].

Ci sia concesso di congedarci dal nostro argomento, che certo spesso è stato arido e noioso, in forma conciliante e gaia. Sino a che abbiamo dovuto trattare i singoli punti controversi, il nostro giudizio è stato legato ai fatti obiettivi e incontestabili e conformemente a questi fatti ha dovuto essere spesso tagliente ed anche duro. Ora che ci siamo lasciati alle spalle filosofia, economia e socialità e che abbiamo davanti l'immagine complessiva dello scrittore che avevamo da giudicare nei particolari, ora possono venire in primo piano delle considerazioni umane; ora ci è concesso ricondurre a cause personali parecchi errori scientifici e presunzioni altrimenti inconcepibili e sintetizzare il nostro giudizio sul signor Dühring nelle seguenti parole: irresponsabilità dovuta a megalomania.

 

Note

199. La parola "Zarucker", derivata dal berlinese "zaruck" (indietro) significa all'incirca retrivo, reazionario. Il neologismo sarebbe stato ispirato dall'uso dei poliziotti di gridare "zaruck" per disperdere gli assembramenti.

200. Avendo ricevuto dal ministro di Stato von Brand e dal presidente concistorale von Reichenbach un rapporto del 22 luglio 1740 in cui si chiedeva se le scuole romano-cattoliche dovessero continuare ad esistere in Prussia, Federico II vi scrisse in margine un'annotazione che terminava con le parole: "... qui ognuno deve salvarsi l'anima alla sua maniera".

*16. Questo ulteriore duplice carattere delle forme della divinità è un fatto trascurato dalla mitologia comparata che si è fermata unilateralmente al loro carattere di riflessi delle forze naturali, fatto che più tardi ha generato confusione tra le mitologie. Così in alcune tribù germaniche il dio della guerra era chiamato in antico nordico Tyr, nell'antico alto tedesco Zio, ciò che corrisponde al greco Zeus, al latino Jupiter per Diespiter; in altre tribù Er, Eor, che corrisponde al greco Ares, latino Mars.

201. Nel maggio 1873 il Reichstag approvò quattro leggi che istituivano un vero controllo dello Stato sulla Chiesa cattolica, e con le quali il Kulturkampf (vedi sopra, nota 55) raggiunse il punto culminante. Esse costituirono il punto più essenziale di una lunga serie di provvedimenti legislativi presi da Bismarck contro il clero cattolico negli anni 1872-1875 (il clero cattolico era il sostegno principale del partito di Centro, che rappresentava gli interessi separatisti della Germania meridionale e sud-occidentale). Le persecuzioni poliziesche provocarono la resistenza accanita dei cattolici, dando loro l'alone del martirio. Negli anni 1880-1887, per unire tutte le forze della reazione nella lotta contro il movimento operaio, Bismarck fu costretto ad attenuare e infine a revocare quasi tutte le leggi anticattoliche.

202. Cfr. K. Marx, "Il Capitale", I, trad. it. Cit., p. 536.

203. Ibid, pp. 529-537.

204. Ibid, p. 530.

 


Ultima modifica 16.10.2002