Sulla Pratica

Sul rapporto tra la conoscenza e la pratica, tra il sapere e il fare.

Mao Zedong


Pubblicatonel Luglio 1937
Trascritto per il MIA da Stella rossa.


Il materialismo premarxista esaminava il problema della conoscenza senza tener conto della natura socia­le dell'uomo e dello sviluppo storico dell'umanità e perciò non poteva comprendere che la conoscenza dipende dalla pratica sociale, cioè dalla produzione e dalla lotta di classe. I marxisti ritengono, innanzitutto, che l'attività produttiva dell'uomo è l'attività pratica fondamentale e che essa determina ogni altra forma di attività. Attraverso la conoscenza l'uomo, basandosi soprattutto sull'attività produttiva materiale, riesce a comprendere gradualmente i fenomeni, le proprietà e le leggi della natura e i propri rapporti con la natura; inoltre, attraverso l'attività produttiva, gradualmente giunge a diversi gradi di comprensione di determinati rapporti reciproci fra gli uomini.Nessuna di queste conoscenze può essere acquisita al di fuori dell'attività produttiva.

Nella società senza classi ogni uomo, come membro della società, collabora con gli altri membri della società, entra con essi in determinati rapporti di produ­zione e s'impegna nell'attività produttiva per risolvere i problemi della vita materiale. Anche nei vari tipi di società divise in classi i membri delle varie classi sociali entrano, in varie forme, in determinati rapporti di pro­duzione e s'impegnano nell'attività produttiva per risol­vere i problemi della vita materiale. Questa è la princi­pale fonte di sviluppo della conoscenza umana

La pratica sociale degli uomini non si limita alla sola attività produttiva, ma ha molte altre forme: lotta di classe, vita politica, attività scientifica e artistica; in breve, gli uomini, in quanto esseri sociali, partecipano a tutti i campi della vita pratica della società e così conoscono, a gradi differenti, i vari rapporti che esi­stono tra gli uomini, non soltanto attraverso la vita materiale, ma anche attraverso la vita politica e cultu­rale (che è strettamente legata alla vita materiale). Fra queste altre forme di pratica sociale è in particolare la lotta di classe, nelle sue diverse forme, a esercitare una profonda influenza sullo sviluppo della conoscen­za umana. Nella società divisa in classi, ogni indivi­duo vive come membro di una determinata classe e ogni suo pensiero, senza eccezione, porta un'impronta di classe.

I marxisti ritengono che l'attività produttiva della società umana si sviluppa passo a passo, dagli stadi più bassi ai più alti e che di conseguenza anche la conoscenza umana, sia della natura che della società, si sviluppa passo a passo, dagli stadi più bassi a quelli più alti, cioè dal superficiale al profondo, dall'unilate­rale al multilaterale. Per un periodo storico molto lungo gli uomini non poterono comprendere che unila­teralmente la storia della società. Questo era dovuto, da una parte, al fatto che i pregiudizi delle classi sfrut­tatrici deformavano costantemente la storia della società; dall'altra, al fatto che la produzione su scala ridotta limitava l'orizzonte degli uomini.

Solo quando, assieme alle grandi forze produttive, ossia all'industria su grande scala, comparve il proletariato moderno, gli uomini poterono pervenire a una completa comprensione storica dello sviluppo della società e poterono trasformare le loro conoscenze della società in una scienza.

Questa scienza è il marxismo.

I marxisti ritengono che soltanto la pratica sociale degli uomini è il criterio della verità delle loro conoscenze del mondo esterno. Di fatto gli uomini ricevo­no la conferma della verità delle loro conoscenze solo dopo che nel corso del processo della pratica sociale (nel processo della produzione materiale, della lotta di classe e della sperimentazione scientifica) hanno rag­giunto i risultati previsti. Se l'uomo vuole riuscire nel proprio lavoro, cioè arrivare ai risultati previsti, deve fare in modo che le sue idee corrispondano alle leggi del mondo oggettivo che lo circonda; in caso contrario fallirà nella sua attività. Se fallisce, egli trarrà insegna­mento dal suo fallimento, correggerà le sue idee e le renderà conformi alle leggi del mondo esterno, tra­sformando così la sconfitta in vittoria.

Questo è il significato delle massime "la sconfitta è madre del successo" e "sbagliando s'impara".

La teoria dialettico-materialista della conoscenza pone la pratica al primo posto; essa ritiene che la conoscenza umana non può in nessun modo essere separata dalla pratica e respinge tutte le erronee teorie che negano l'importanza della pratica scindono la conoscenza dalla pratica Lenin ha detto: "La pratica è superiore alla conoscenza (teorica), perché possiede non solo il pregio dell'universalità, ma anche quello dell'immediata realtà". La filosofia marxista, il mate­rialismo dialettico, ha due caratteristiche peculiari. La prima è la sua natura di classe: essa afferma aperta­mente che il materialismo dialettico è al servizio del proletariato. L'altra è la sua natura pratica: essa sotto­linea che la teoria dipende dalla pratica, che la teoria si basa sulla pratica e, a sua volta, serve la pratica.

Per valutare la verità di una conoscenza o di una teoria, l'uomo non si deve basare sui propri sentimenti soggettivi, ma sui risultati oggettivi della pratica sociale. Il criterio della verità può essere soltanto la pratica sociale. Il punto di vista della pratica è il punto di vista primo e fondamentale della teoria dialettico-materialista della conoscenza. Ma in che modo la conoscenza umana nasce dalla pratica e, a sua volta, serve la pratica? Per comprenderlo, basta esaminare il processo di sviluppo della conoscenza.

Gli uomini, nel corso della loro attività pratica, all'i­nizio vedono soltanto l'aspetto fenomenico, gli aspetti singoli e i nessi esteriori delle diverse cose. Per esem­pio, alcune persone vengono da fuori a Yenan per fare un'inchiesta. In uno o due giorni esse vedono la loca­lità, le strade, le case; incontrano molta gente; parteci­pano a ricevimenti, a serate e a riunioni di massa; sen­tono discorsi di vario genere e leggono vari documen­ti. Tutto ciò costituisce l'aspetto fenomenico, gli aspetti singoli e i nessi esteriori delle cose.

Questa fase del processo conoscitivo si chiama fase della percezione, cioè fase delle percezioni e delle impressioni. In altri termini, le varie cose che esistono a Yenan agiscono sugli organi dei sensi dei membri del gruppo d'inchiesta, determinano le loro percezio­ni, fanno sorgere nella loro mente una serie di impres­sioni assieme a un'idea delle relazioni generali este­riori tra queste impressioni.

Questa è la prima fase della conoscenza. In questa fase l'uomo non può ancora formarsi concetti profondi né trarre conclusioni logiche.

Man mano che la pratica sociale prosegue, le cose che determinano nell'uomo, nel corso della sua pratica, percezioni e sensazioni si ripetono più volte. A un certo punto si produce nella mente umana un subita­neo cambiamento (un salto) nel processo della cono­scenza e nascono i concetti.I concetti non rappresen­tano più l'aspetto fenomenico, gli aspetti singoli e i nessi esteriori delle cose, ma colgono l'essenza delle cose, il loro insieme e i loro nessi interni. La differen­za fra concetto e percezione non è soltanto quantitati­va, ma anche qualitativa. Procedendo oltre in questa direzione e servendosi dei metodi del giudizio e della deduzione, si può arrivare a conclusioni logiche. Quando, come nel Romanzo dei tre regni, si dice: "Aggrotta le sopracciglia e ti verrà in mente uno stra­tagemma" o quando più comunemente si dice: "Lasciatemi riflettere", ci si riferisce precisamente alla manipolazione dei concetti che l'uomo compie nella sua mente per formare giudizi e trarre deduzioni. Questa è la seconda fase della conoscenza.

Quando i nostri visitatori, i membri del gruppo d'in­chiesta, hanno riunito svariato materiale e quindi ci hanno "riflettuto" su, essi potrebbero dare il seguente giudizio: "La politica del fronte unito nazionale anti­giapponese, condotta dal Partito comunista cinese, è conseguente, sincera e leale". Una volta formulato questo giudizio, se hanno un atteggiamento onesto nei confronti dell'unità e della salvezza del paese, essi possono fare un altro passo e giungere a questa conclusione: "Il fronte unito nazionale antigiapponese può avere successo".

Nel processo complessivo della conoscenza di una cosa, questa fase dei concetti, dei giudizi e delle dedu­zioni è la più importante, è la fase della conoscenza razionale. Il vero compito della conoscenza è arrivare, attraverso la percezione, al pensiero, alla graduale comprensione delle contraddizioni interne delle cose oggettivamente esistenti, delle leggi che regolano que­ste cose, dei nessi interni tra l'uno e l'altro processo, arrivare cioè alla conoscenza logica. Ripetiamo: la conoscenza logica si distingue dalla conoscenza per­cettiva in quanto la conoscenza percettiva coglie gli aspetti singoli, fenomenici delle cose, i loro nessi este­riori, mentre la conoscenza logica fa un gran passo in avanti, abbraccia l'insieme, l'essenza, i nessi interni delle cose, porta alla scoperta delle contraddizioni interne del mondo circostante e può così afferrarne Io sviluppo nella sua totalità, con i nessi interni di tutti i suoi aspetti.

Prima della nascita del marxismo, nessuno aveva mai elaborato una simile teoria dialettico-materialista del processo di sviluppo della conoscenza, basata sulla pratica e che procede dal superficiale al profondo.

Il materialismo marxista ha risolto per la prima volta in modo corretto il problema del processo di sviluppo della conoscenza, mettendo in evidenza materialisticamente e dialetticamente il movimento di approfondimento della conoscenza, il movimento attraverso il quale la conoscenza percettiva si trasfor­ma in conoscenza logica per mezzo delle pratiche complesse e regolarmente ripetentisi di produzione e di lotta di classe che l'uomo compie nella vita sociale.

Lenin ha detto: "I concetti astratti come 'materia', 'legge naturale', 'valore economico', ecc., in breve, tutte le astrazioni scientifiche (giuste, serie, non arbi­trarie) riflettono la natura più profondamente, più veracemente, più completamente". Il marxismo-leni­nismo sostiene che le caratteristiche specifiche delle due fasi del processo della conoscenza consistono nel fatto che nella fase inferiore la conoscenza si manife­sta come conoscenza percettiva, mentre nella fase superiore essa si manifesta come conoscenza logica; ma esso sostiene anche che ciascuna di queste due fasi è uno stadio dell'unico processo della conoscenza. La conoscenza percettiva e la conoscenza razionale diffe­riscono qualitativamente, tuttavia non sono separate l'una dall'altra, ma sono unite sulla base della pratica.

La nostra pratica dimostra che le cose percepite non possono essere immediatamente comprese e che sol­tanto le cose comprese possono essere percepite più profondamente. La percezione non può risolvere che il problema dell'aspetto fenomenico; solo la teoria può risolvere il problema dell'essenza. Non è possibile tro­vare una soluzione a questi problemi al di fuori della pratica. Chiunque voglia conoscere una cosa, non ha altro mezzo che quello di venire a contatto con essa, ossia di vivere (operare) nel suo ambiente.

Al tempo della società feudale, non era possibile conoscere a priori le leggi della società capitalista per­ché, non essendo ancora apparso il capitalismo, man­cava la pratica a esso corrispondente.

Il marxismo poteva essere soltanto un prodotto della società capitalista. Al tempo del capitalismo premono­polista, Marx non poteva conoscere a priori e in con­creto certe leggi specifiche proprie dell'epoca dell'im­perialismo, poiché l'imperialismo, fase suprema del capitalismo, non era ancora apparso e mancava la pra­tica a esso corrispondente; soltanto Lenin e Stalin poterono assumersi questo compito.

Marx, Engels, Lenin e Stalin poterono formulare le loro teorie non solo per la loro genialità ma, soprattut­to, perché parteciparono personalmente alla pratica della lotta di classe e della sperimentazione scientifica del loro tempo; se fosse mancata questa condizione, nessun genio avrebbe potuto riuscirvi.

Il detto "il dotto, anche se non varca la soglia di casa, conosce tutto ciò che avviene sotto il sole" era una frase vuota dei tempi antichi, quando la tecnica era poco sviluppata. Anche se nella nostra epoca, tec­nicamente progredita, quel detto è realizzabile, anche adesso solo gli uomini impegnati nell'attività pratica hanno una conoscenza di prima mano e solo quando essi hanno raggiunto "la conoscenza" attraverso la loro pratica personale e solo quando questa loro cono­scenza arriva, per mezzo degli scritti e degli strumenti tecnici di comunicazione, al nostro "dotto", questi potrà conoscere indirettamente "tutto ciò che avviene sotto il sole".

Se un uomo vuole conoscere direttamente una cosa o un certo insieme di cose, egli deve partecipare di persona alla lotta pratica che modifica la realtà, che modifica quella cosa o quell'insieme di cose; solo cosi egli può prendere contatto con gli aspetti fenomenici di quella cosa o di quell'insieme di cose; solo durante la lotta pratica per cambiare la realtà cui partecipa per­sonalmente egli può scoprire l'essenza di quella cosa o di quell'insieme di cose e comprenderle.

Nella realtà questo è il processo della conoscenza che ogni uomo segue, anche se alcuni, deformando di proposito i fatti, sostengono il contrario. Le persone più ridicole che ci sono al mondo sono quei "saccenti" che, raggiunta un'infarinatura di cognizioni casuali e frammentarie, si considerano "superiori a tutti". Questo dimostra solo la loro incapacità di valutare serenamente se stessi.

La questione della conoscenza è la stessa cosa della questione della scienza e questa non ammette la mini­ma disonestà o presunzione; esige invece proprio il contrario: onestà e modestia. Per acquisire delle cono­scenze, bisogna partecipare alla pratica che trasforma la realtà. Per conoscere il gusto di una pera, bisogna trasformarla mangiandola. Per conoscere la struttura e le proprietà degli atomi, bisogna modificare lo stato degli atomi con esperimenti fisici e chimici. Per cono­scere la teoria e i metodi della rivoluzione, bisogna prendere parte alla rivoluzione. Tutte le vere cono­scenze provengono dall'esperienza diretta. Tuttavia nessun singolo uomo può sperimentare direttamente ogni cosa e la maggior parte del sapere ci deriva, di fatto, da esperienze indirette come, per esempio, le conoscenze tramandateci dai tempi antichi o pervenu­teci da altri paesi. Queste conoscenze sono però il pro­dotto dell'esperienza diretta dei nostri antenati o di uomini di altri paesi. Se le conoscenze acquisite dai nostri antenati e dagli uomini di altri paesi nel corso della loro esperienza diretta corrispondono alla condizione di quell'"astrazione scientifica" di cui parlava Lenin e sono il riflesso scientifico di cose oggettiva­mente esistenti, allora sono attendibili; in caso contra­rio non lo sono. Perciò le conoscenze di un uomo si compongono soltanto di due parti: la prima proviene dalla sua esperienza diretta, la seconda dall'esperienza indiretta. Ma ciò che per me è esperienza indiretta per altri è esperienza diretta. Ne consegue che, considerate nel loro insieme, le conoscenze di qualsiasi genere sono inseparabili dall'esperienza diretta.

La fonte di tutte le conoscenze risiede nelle perce­zioni che gli organi dei sensi dell'uomo ricevono dal mondo oggettivo esterno; chi nega questa percezione, chi nega l'esperienza diretta e la partecipazione perso­nale alla pratica che modifica la realtà, non è un mate­rialista. Ecco perché i "saccenti" sono così ridicoli. I cinesi hanno un vecchio detto: "Se non si entra nella tana della tigre, come si possono catturare i tigrotti?". Questo detto è vero sia per la pratica degli uomini sia per la teoria della conoscenza. Non ci può essere conoscenza disgiunta dalla pratica.

Al fine di chiarire il movimento dialettico-materiali­sta della conoscenza che nasce dalla pratica volta a modificare la realtà, per chiarire cioè il movimento del graduale approfondimento della conoscenza, daremo qualche altro esempio concreto.

Nel periodo iniziale della sua pratica, quello della distruzione delle macchine e della lotta spontanea, il proletariato era appena nella fase percettiva della sua conoscenza della società capitalista e conosceva sol­tanto gli aspetti singoli e i nessi esterni dei vari feno­meni del capitalismo. A quell'epoca il proletariato era ancora una "classe in sé". Ma una volta raggiunto il secondo periodo della sua pratica, quello della lotta economica e politica cosciente e organizzata, grazie alla sua attività pratica, all'esperienza acquisita nel corso di lotte prolungate, alla sua educazione nella teoria marxista (che è la generalizzazione di questa esperienza compiuta da Marx ed Engels secondo il metodo scientifico), il proletariato riuscì a comprende­re l'essenza della società capitalista, i rapporti di sfrut­tamento fra le diverse classi sociali, i propri compiti storici e divenne allora una "classe per sé".

La stessa strada ha seguito il popolo cinese per cono­scere l'imperialismo. La prima fase è stata quella della conoscenza percettiva, superficiale, come dimostrano le lotte indiscriminate contro gli stranieri: il Movimento dei Taiping, il Movimento dei Yi Ho Tuan, ecc. Soltanto in un secondo momento il popolo cinese ha raggiunto la fase della conoscenza razionale, quando ha visto le con­traddizioni interne ed esterne dell'imperialismo e ha compreso la yerità essenziale che l'imperialismo si era alleato con la classe dei compradores e con la classe feudale per opprimere e sfruttare le masse popolari della Cina. Questa conoscenza ha avuto inizio, più o meno, al tempo del Movimento del 4 maggio 1919.

1. Il primo, di cui abbiamo già parlato, ma del quale vogliamo riparlare, è il problema della dipendenza della conoscenza razionale dalla conoscenza percettiva.

Chi ritiene che la conoscenza razionale possa non provenire dalla conoscenza percettiva è un idealista. La storia della filosofia conosce una cosiddetta scuola "razionalista" che ammette soltanto la validità della ragione e nega quella dell'esperienza, ritenendo affi­dabile soltanto la ragione e non l'esperienza percetti­va; l'errore di questa scuola consiste nel capovolgere i fatti. La conoscenza razionale è affidabile proprio per­ché ha la sua origine nei dati della percezione, altri­menti sarebbero come un fiume senza sorgente, come un albero senza radici, sarebbero qualcosa di soggetti­vista, di ingenuo, di inattendibile.

Nell'ordine del processo della conoscenza, l'espe­rienza percettiva occupa il primo posto. Noi sottoli­neiamo l'importanza della pratica sociale in questo processo, proprio perché solo la pratica sociale può dare origine alla conoscenza umana e iniziare l'uomo alla ricezione di esperienze percettive dal mondo oggettivo esterno che lo circonda. Per un uomo che chiude gli occhi, si tura le orecchie e si isola comple­tamente dal mondo oggettivo esterno non si può nem­meno parlare di conoscenza. La conoscenza ha inizio con l'esperienza: questo è il materialismo nella teoria della conoscenza.

2. Il secondo punto è la necessità di approfondire la conoscenza, la necessità di passare dalla fase della conoscenza percettiva a quella della conoscenza razio­nale: questa è la dialettica nella teoria della conoscenza. Ritenere che la conoscenza possa fermarsi alla fase inferiore, alla fase della percezione, che solo la cono­scenza percettiva è attendibile e che quella razionale non è attendibile, significa ricadere nell'errore dell' "empirismo", errore ben conosciuto nella storia. L'errore dell'empirismo sta nel non ammettere che i dati della percezione, pur essendo il riflesso di certe realtà del mondo oggettivo esterno (non parlo dell'em­pirismo idealista che riduce l'esperienza alla cosiddet­ta introspezione), sono tuttavia soltanto unilaterali e superficiali, riflettono le cose in modo incompleto e non ne rispecchiano l'essenza. Per riflettere completamente una cosa nella sua totalità, per riflettere la sua essenza e le sue leggi interne, è necessario, operando con la mente, sottoporre i ricchi dati della percezione a un processo di elaborazione e di ricostruzione (eli­minare la pula e scegliere il grano, scartare il falso e conservare il vero, procedere dall'uno all'altro e dal­l'esterno all'interno) al fine di formare un sistema di concetti e teorie; è necessario, cioè, il salto dalla cono­scenza percettiva alla conoscenza razionale.

Dopo questa elaborazione, la conoscenza non diven­ta meno completa o meno attendibile. Al contrario, tutto ciò che nel corso del processo della conoscenza viene scientificamente elaborato sulla base della prati­ca, riflette, come ha detto Lenin, le cose oggettiva­mente esistenti in modo più profondo, più vero, più completo. I fautori del praticismo volgare, invece, danno importanza all'esperienza, ma disdegnano la teoria; di conseguenza sono incapaci di vedere l'insie­me del processo oggettivo, mancano di un chiaro orientamento e di ampie prospettive e, compiaciuti, si accontentano dei loro successi casuali e delle loro vedute ristrette. Se costoro dirigessero la rivoluzione, la condurrebbero in un vicolo cieco.

La conoscenza razionale dipende dalla conoscenza percettiva e la conoscenza percettiva deve svilupparsi in conoscenza razionale: ecco la teoria dialettico-materialista della conoscenza. In filosofia sia il "razio­nalismo" sia l "empirismo" non comprendono il carat­tere storico e dialettico della conoscenza e, sebbene ciascuna di queste dottrine contenga un aspetto della verità (mi riferisco al razionalismo e all'empirismo materialisti, non a quelli idealisti), tuttavia dal punto di vista della teoria della conoscenza considerata nel suo insieme sia l'una sia l'altra sono sbagliate. Il movimento dialettico-materialista della conoscenza, che va dalla conoscenza percettiva alla conoscenza razionale, ha luogo sia nel processo della conoscenza del piccolo (per esempio, la conoscenza di una cosa o di un lavoro) che nel processo della conoscenza del grande (per esempio, la conoscenza di una società o di una rivoluzione).

Ma il movimento della conoscenza non si conclude qui. Se il movimento dialettico-materialista della conoscenza si fermasse alla fase della conoscenza razionale, non sarebbe stata trattata che la metà del problema e, dal punto di vista della filosofia marxista, nemmeno la metà più importante.

La filosofia marxista sostiene che il problema più importante non è comprendere le leggi del mondo oggettivo ed essere quindi in grado di spiegarlo, ma avvalersi della conoscenza di tali leggi per trasformare attivamente il mondo. Per il marxismo la teoria è importante e questa importanza è espressa perfetta­mente nelle parole di Lenin "senza teoria rivoluziona­ria non vi può essere movimento rivoluzionario". Ma il marxismo attribuisce grande valore alla teoria pro­prio e solo perché essa può guidare l'azione. Se si pos­siede una giusta teoria, ma ci si limita a farne oggetto di vuote dissertazioni, la si tiene in archivio e non la si applica nella pratica, allora questa teoria, per quanto buona, non serve a nulla.

La conoscenza comincia con la pratica, raggiunge attraverso la pratica il livello teorico e quindi deve ritornare nuovamente alla pratica. Il ruolo attivo della conoscenza non si manifesta solo nel salto attivo dalla conoscenza percettiva a quella razionale, ma anche, e questo è ancora più importante, nel salto dalla cono­scenza razionale alla pratica rivoluzionaria.

La conoscenza che ci ha permesso di afferrare le leggi del mondo deve essere di nuovo diretta verso la pratica che trasforma il mondo, ossia deve essere applicata nella pratica della produzione, nella pratica della lotta rivoluzionaria di classe e della lotta rivolu­zionaria nazionale, nella pratica della sperimentazione scientifica. Questo è il processo di verifica e di svilup­po della teoria, la continuazione del processo della conoscenza nel suo complesso. Il problema di sapere se una teoria corrisponde alla verità oggettiva non è e non può essere risolto completamente nel movimento dalla conoscenza percettiva alla conoscenza razionale di cui abbiamo già parlato. L'unico modo per risolvere completamente questo problema è quello di dirigere ancora la conoscenza razionale verso la pratica socia­le, di applicare la teoria all'attività pratica e di vedere se si arriva ai risultati previsti.

Molte teorie delle scienze naturali sono riconosciute vere non solo perché furono considerate tali quando vennero elaborate dagli scienziati, ma anche perché hanno trovato conferma nella successiva pratica scien­tifica. Nello stesso modo, il marxismo-leninismo è riconosciuto come verità non solo perché fu ritenuto tale quando venne scientificamente elaborato da Marx, Engels, Lenin e Stalin, ma anche perché è stato con­fermato dalla susseguente pratica della lotta rivoluzio­naria di classe e della lotta rivoluzionaria nazionale.

Il materialismo dialettico è una verità universale per­ché nessuno nella sua attività pratica può scostarsi da esso. La storia della conoscenza umana ci dimostra che la verità di numerose teorie era incompleta e che solo la verifica nella pratica ha permesso di completarla.

Molte teorie erano sbagliate e solo attraverso la verifica nella pratica i loro errori sono stati corretti. Ecco perché diciamo che la pratica è il criterio della verità e che "il punto di vista della vita, della pratica, deve essere il punto di vista primo e fondamentale della teoria della conoscenza".

Stalin ha giustamente detto: "La teoria diventa priva di oggetto se non viene collegata con la pratica rivolu­zionaria, esattamente allo stesso modo che la pratica diventa cieca se non si rischiara la strada con la teoria rivoluzionaria". A questo punto, è concluso il movi­mento della conoscenza? Rispondiamo: è concluso e non è concluso.

Quando nella società l'uomo s'impegna nella prati­ca per modificare un determinato processo oggettivo (naturale o sociale) a un certo stadio del suo sviluppo, do un processo oggettivo progredisce e passa da uno stadio del suo sviluppo a un altro, essi devono anche essere capaci di seguire con la loro conoscenza sog­gettiva questo sviluppo e questo passaggio e di farli seguire a tutti quelli che partecipano alla rivoluzione; devono, cioè, proporre nuovi compiti rivoluzionari e nuovi piani di lavoro corrispondenti ai nuovi cambia­menti intervenuti nella situazione.

In un periodo rivoluzionario la situazione cambia rapidamente e se i rivoluzionari non modificano rapidamente la propria conoscenza per renderla conforme alla nuova situazione, essi non potranno condurre la rivoluzione alla vittoria.

Accade spesso che le idee non vanno al passo con la realtà; questo avviene perché numerose condizioni sociali pongono un limite alla conoscenza umana.

Noi lottiamo contro quei testardi appartenenti ai ranghi rivoluzionari le cui idee non seguono il ritmo delle modificazioni della situazione oggettiva e che storicamente si manifestano sotto forma di opportuni­smo di destra. Costoro non vedono che la lotta tra gli opposti ha già fatto avanzare il processo oggettivo, mentre la loro conoscenza è ancora ferma al vecchio stadio. Questo caratterizza le idee di tutti i testardi.

Le loro idee sono staccate dalla pratica sociale; essi non sono quindi capaci di guidare il carro della società; essi possono solo trascinarsi dietro di esso brontolando perché corre troppo e tentando di farlo indietreggiare o di indirizzarlo nella direzione opposta.

Noi lottiamo ugualmente contro i parolai "di sini­stra". Le loro idee vanno al di là di una determinata fase di sviluppo del processo oggettivo; alcuni di essi considerano come verità i parti della loro fantasia, cer­cando di realizzare, nel presente, obiettivi raggiungibi­li soltanto nel futuro; le loro idee, staccate dalla prati­ca corrente della maggioranza degli uomini, staccate dalla realtà attuale, si traducono, nell'azione, in avventurismo.

L'idealismo e il materialismo meccanicista, l'oppor­tunismo e l'avventurismo sono tutti caratterizzati dalla frattura fra il soggettivo e l'oggettivo, dal distacco della conoscenza dalla pratica. La teoria marxista-leniIn una parte della terra, nell'Unione Sovietica, que­sta trasformazione è già in atto e il popolo ne sta acce­lerando il processo. Anche il popolo cinese e i popoli del mondo intero attraversano o attraverseranno tale processo di trasformazione.

Il mondo oggettivo che deve essere trasformato include anche tutti gli avversari della trasformazione; essi dovranno passare per la fase della trasformazione forzata prima di poter entrare nella fase della trasfor­mazione cosciente.

L'epoca del comunismo mondiale sarà raggiunta quando l'umanità intera arriverà alla cosciente trasfor­mazione di se stessa e del mondo.

Scoprire la verità mediante la pratica e mediante la pratica confermare e sviluppare la verità. Partire dalla conoscenza percettiva e svilupparla attivamente in conoscenza razionale e poi partire dalla conoscenza razionale e dirigere attivamente la pratica rivoluziona­ria in modo da trasformare il mondo soggettivo e oggettivo.

Pratica, conoscenza, di nuovo pratica e di nuovo conoscenza; la ripetizione all'infinito di questo ciclo e, a ogni ciclo, l'innalzamento della pratica e della conoscenza a uno stadio più alto.

Questa è, nel suo complesso, la teoria della cono­scenza del materialismo dialettico, questa è la conce­zione dell'unità del sapere e del fare propria del mate­rialismo dialettico.




Inizio pagina

Ultima modifica 18.04.2008