LETTERA AI MEMBRI DEL CC E ALLA CCC DEL PCR(b)

Trotsky (1923)


CPA IML, f.51, op.1, d.21, l.54ob-57ob; Il testo tipografico è conforme ad una copia dattiloscritta conservata nell’archivio de CC del PCUS
Traduzione di Giorgio Paganini




23 Ottobre 1923


 

AI MEMBRI DEL CC.

AI MEMBRI DELLA CCC.

Al PLENUM


             

 

24/X ’23 (1)

 



La risposta dei membri del Politburo alla mia lettera ha un carattere particolare, come se gli autori dello scritto ritenessero esclusa la necessità e la possibilità di seri cambiamenti nel partito e nella sua politica economica; come se respingessero del tutto l’idea della costruzione di normali condizioni per un proficuo lavoro collettivo fra coloro che sono a capo delle istituzioni del partito. E questo è un fatto che suscita la più grande apprensione.



I. Il regime interno del partito.




1. Innanzitutto il documento sposta tutta la questione della crisi del partito sul piano della presentazione di un’accusa formale contro la creazione di una piattaforma, contro il frazionismo, e così via. Ma questa accusa è una chiara strumentalizzazione delle delibere del X congresso. E’ assolutamente indiscutibile che l’esistenza di frazioni, cioè di associazioni organizzate che professano le stesse idee all’interno del partito, sia un fatto gravissimo. Ma non è questo il caso, ne siamo ben lontani. Non si può definire frazione qualsiasi tentativo di un singolo membro del partito o di un gruppo di membri del partito di richiamare l’attenzione del CC sulla illiceità e gli errori della politica che lo stesso CC sta conducendo. Non c’è niente di più pericoloso che arrivare all’assurdo burocratico di una decisione che vieta la creazione all’interno del partito di organizzazioni frazionistiche. Un vero regime senza frazioni all’interno del partito può essere mantenuto soltanto se, in tutte le sue componenti, esso resta un collettivo attivo, dotato di spirito di iniziativa; se l’elaborazione del suo pensiero non urta contro eccessivi ostacoli creati artificialmente; se coloro che ne guidano le istituzioni non hanno scelto essi stessi di condurre una politica frazionistica nascosta. Prestino piuttosto la più grande attenzione alle voci della critica interna e rimangano con loro in contatto, senza tentare di liquidare qualsiasi spirito di iniziativa del partito con l’ accusa di frazionismo.


2. L’11 ottobre, ad una riunione del Politburo (2), il c. Dzerzinskij mise sotto accusa il Comitato di Mosca per il fatto che diversi membri dell’organizzazione moscovita non ritenevano possibile esprimere apertamente il proprio pensiero nell’ambito dell’organizzazione di partito, anche se poi lo facevano alle sue spalle. Il c. Zelenskij, segretario del comitato di Gubernija di Mosca, replicò letteralmente: ” Voi dite che non c’è vita nelle cellule di partito, che tutti stanno zitti. Ma nella riunione sugli avvenimenti in Germania non accadde forse la stessa cosa ? Anche là tutti tacquero”.


Il c. Bucharin, intervenendo contro la nuova proposta del Politburo che obbliga i militanti a riferire sull’attività di qualsiasi gruppuscolo all’interno del partito, disse quanto segue: ” Questo ci danneggerà e favorirà un eccesso di regime poliziesco che, anche senza la proposta, è molto presente nel Paese. Dobbiamo volgere bruscamente il timone verso la democrazia di partito”. Il c. Molotov affermò che egli, da parte sua, non aveva nulla da obiettare e alla mia domanda su cosa egli non avesse nulla da obiettare, rispose che non aveva nulla da obiettare “contro le verità elementari formulate dal c. Bucharin”, vale a dire, contro la necessità di un deciso colpo di timone in direzione della democrazia di partito. Tutte le frasi di cui sopra sono state riportate alla lettera, così come, considerata l’eccezionale importanza della questione, io allora scrupolosamente le annotai, quando vennero formulate in modo responsabile. Nessuno si espresse contro le affermazioni di chi diceva che bisognava procedere oltre senza invocare un aggravamento delle minacce di repressioni e di pressione; nessuno si espresse contro l’ affermazione del c. Bucharin, secondo il quale non si doveva ricorrere ad un inasprimento delle misure poliziesche ma muoversi, con un deciso colpo di timone, in direzione della democrazia di partito.


Tuttavia, nella lettera dei membri del Politburo non c’è nemmeno un’allusione a questa impostazione del problema. Il regime interno del partito appare normale. La lettera parla dettagliatamente dell’attività scolastico-educativa del partito, della formazione dei nuovi funzionari, etc. Indubbiamente l’apparato del partito cresce enormemente, ivi compreso anche l’apparato scolastico-educativo; è indubbio che lo studio si sia largamente diffuso e che, naturalmente, ciò rappresenti una grandissima conquista. Ma questo fatto non esclude assolutamente e non smentisce il degrado dell’attività critica e politica del partito, il rilassamento della sua vita interna in quanto partito, come pure non impedisce la crescita parallela di misure organizzative che garantiscono accuratamente la linea di coloro che guidano le istituzioni del partito.


3. L’accenno che io faccio a quell’insana cooptazione delle nomine, usata durante la preparazione del XII congresso, per contrapporre una parte dei compagni dirigenti all’altra (3) - e che fu usata senza motivazioni sufficienti o almeno espresse chiaramente dal punto di vista ideologico - mi procura, invece, da parte degli autori della “Risposta”, la formale accusa, radicalmente insussistente, di aver io diffamato, la correttezza della composizione del XII congresso. Nella mia lettera non c’è alcuna allusione a questo fatto. Sollevare una questione formale sulla legittimità o l’autorevolezza del XII congresso è, quanto meno, inopportuno. Ma è del tutto opportuno e giusto porre il problema di assicurare un regime tale all’interno del partito, dove, giorno dopo giorno, sia possibile formulare il proprio pensiero sulle più importanti questioni e si possa perciò stesso, determinare la propria volontà attraverso i relativi congressi.


4. “La Risposta” dei membri del Politburo mi attribuisce la rivendicazione di una presunta “libera” democrazia e mi chiede se io non pretenderò dei cambiamenti per tutte quelle decisioni del partito che limitano l’adozione dei metodi di una democrazia “libera”. In realtà la mia lettera parla del fatto che molti discorsi in difesa della democrazia operaia mi sono sembrati a suo tempo (al tempo del X congresso) esagerati e demagogici, “tenuto conto dell’assoluta incompatibilità di una democrazia operaia pienamente sviluppata con un regime di dittatura”. E così tutte le argomentazioni svolte a questo proposito nella “Risposta”, si configurano come altrettanti malintesi.

Anzi, io non arriverei alla conclusione di esigere “una brusca sterzata del timone verso la democrazia operaia”, come fece l’11 ottobre il c. Bucharin nella riunione del Politburo senza che nessuno gli obiettasse alcunché. E’ sufficiente che la sterzata sia sincera ed onesta, non brusca ma prudente e adeguata alla situazione esistente. Purché si faccia una vera svolta. Quelle limitazioni che il partito ha posto devono conservarsi: per il momento l’esperienza non ha rivelato la loro erroneità. Tuttavia, nel quadro di queste limitazioni, il partito deve vivere una vita autentica che coordini e diriga le varie organizzazioni ma senza chiudersi nel silenzio. Ecco a cosa si riduce la questione.


5. E’ pacifico che la mjasnikovschina [da Mjasnikov] (4) non sia un fenomeno recente – come dice la “Risposta”. Ma anche il Politburo ha dimenticato la preoccupazione assolutamente legittima dell’aumento della mjasnikovschina a proposito della moltiplicazione nel partito di cellule clandestine, a proposito della partecipazione di membri del partito agli scioperi, a proposito del passivo atteggiamento verso tali fenomeni da parte di quei numerosi membri del partito che non entrano però nelle cellule clandestine. E’ qui che va trovato il significato delle conclusioni della commissione del c. Dzerzinskij. Questa è l’essenza della questione. A quanto pare, la pericolosità della situazione non è un segreto per nessuno. Ecco perché il c. Dzerzinskij ha chiesto un deciso rinnovamento del Comitato di Mosca che, secondo la sua descrizione, è troppo burocratizzato. Ma proprio per questo il c. Bucharin ha chiesto con forza una brusca sterzata del timone verso la democrazia di partito e il c. Molotov ha parlato di “verità elementare”. Oggi si dichiara che tutto ciò non esiste più: l’intero problema si riduce all’espulsione di Mjasnikov e …a quella di Rjazanov. Una tale sorprendente interpretazione, assolutamente discorde dalle conclusioni ieri accettate, costituisce di per sé un gravissimo pericolo e minaccia di acuire le contraddizioni accumulate all’interno del partito.



II. Il tentativo di utilizzare il c. Lenin nelle nostre divergenze.


La lettera dei membri del Politburo tenta di coinvolgere nel dibattito il nome del c. Lenin, presentando la questione come se ci fosse, da un lato chi prosegue la sua politica e, dall’altro, chi l’attacca. In una forma più prudente e mascherata, i tentativi di una simile presentazione delle nostre divergenze sono state fatte molte volte, anche nel periodo della preparazione del XII congresso e in particolare dopo. Proprio perché questi tentativi assumevano la forma di allusioni e sottintesi, non era possibile reagire. Ma proprio per questo si facevano tali allusioni: si contava sul mio silenzio. Il tentativo di formularle più concretamente, da parte dei membri del Politburo, nella loro “Risposta” - così come ora vedremo - ne rende pienamente riconoscibile

l’ inconsistenza e nel contempo ci offre l’opportunità di una smentita chiara e puntuale. Esaminerò le questioni in discussione punto per punto, fornendo citazioni precise e un riferimento ai documenti, facilmente accessibili per la verifica.


1. Una delle questioni centrali e controverse nel campo dell’economia è stato ed è quella del ruolo di una direzione pianificata, vale a dire, di una sistematica combinazione degli elementi fondamentali di un’economia statale nel processo di adeguamento del mercato in continua crescita. Sono stato e sono del parere che una delle cause più importanti delle nostre crisi economiche, della loro particolare acutezza e forza distruttiva, è la mancanza di una corretta e uniforme gestione dell’economia dall’alto. E’ assolutamente vero che sul problema dell’organizzazione di una direzione pianificata ho avuto delle divergenze con il c. Lenin. L’autorità del c. Lenin ha avuto per me un significato non minore di quella che ha avuto per un qualsiasi membro del CC. Tuttavia io ho ritenuto e ritengo che il partito scelga i membri del CC perché essi difendano, nel Comitato Centrale, ciò che in ogni caso ritengono giusto.

 

Ma come è stata risolta la questione da parte dello stesso c. Lenin ? Il 2 giugno dell’anno in corso ho ricevuto da N. Krupskaja un messaggio speciale del c. Lenin “Sul conferimento delle funzioni legislative al Gosplan”, dettato il 27 dicembre 1922. In questo documento il c. Lenin scrive ciò che segue: ”Questa idea è stata avanzata dal c. Trockij, già da molto tempo,mi sembra.

Io l’ho avversata poiché trovavo che, in questo caso, ci sarebbe stata una fondamentale mancanza di coordinamento nel sistema delle nostre funzioni legislative. Ma, esaminando attentamente la cosa, trovo che, in sostanza, si tratti di una buona idea. E’ vero, il Gosplan rimane un po’ a parte rispetto alle nostre funzioni legislative, malgrado il fatto che esso, come insieme di persone competenti, esperte, rappresentanti della scienza e della tecnica, possegga, in sostanza, una grande quantità di dati per un corretto giudizio sui vari problemi……

A questo proposito io penso che si possa e si debba venire incontro al c. Trockij, non nel senso dell’attribuzione della presidenza del Gosplan a qualche persona particolare che provenga dai nostri capi politici oppure al presidente del Soviet Supremo dell’economia popolare, e così via”. (5)

E, in chiusura dell’articolo, il c. Lenin si pronuncia contro l’attuale lavoro del Gosplan, quando quest’ultimo si limita ad occuparsi di singole incombenze separate; egli, invece,si esprime a favore di quel lavoro secondo il quale il Gosplan potrebbe “sistematicamente dirigere tutto il coordinamento delle questioni di sua competenza” (6). Come vediamo il problema qui è posto con sufficiente chiarezza e compiutezza.


La questione del congiungimento del ruolo del Presidente del VSNX [Soviet Supremo dell’economia popolare] con il ruolo del Presidente del Gosplan, è subordinata a questioni tecniche. Adesso abbiamo una decisione del CC che unisce il ruolo del Vicepresidente dello STO [Soviet del Lavoro e della Difesa] col ruolo del VSNX - ciò che va molto più in là delle mie proposte in materia. Molte volte ho detto, e anche scritto al CC, che combinazioni di questo genere sono meramente convenzionali e che non sta in esse la sostanza della questione. Il nocciolo del problema sta nella necessità della creazione di un centro direttivo economico competente, che abbia un’autorità tale da impedire che una qualsiasi questione economica possa sfuggirgli di mano. Fino ad ora, a capo della politica economica c’era ancora il c. Lenin ed egli stesso, in notevole misura, rappresentava questo centro direttivo, perciò la questione del ruolo del Gosplan non poteva avere quel significato decisivo che ha avuto dopo la sua malattia. Ed ecco che, valutando la direzione economica e come essa si è formata dopo il suo allontanamento dal lavoro, il c.Lenin afferma che era una buona idea quella contenuta nella mia proposta di fondo. Il lungo ritiro del c. Lenin dall’attività dirigenziale è stato forse, in una certa misura,compensato dalla corretta impostazione organizzativa della direzione economica. Ma, nel frattempo, su questa linea, abbiamo fatto un passo indietro, non in avanti. I problemi economici, adesso più che mai, vengono risolti all’insegna dell’urgenza e dell’improvvisazione e non secondo una gestione sistematica.

 

2. Un’altra questione economica, sulla quale, all’interno del Plenum del CC, poco prima del XII congresso, ci furono delle divergenze,espresse anche dal c. Lenin, riguardò il monopolio del commercio estero, vale a dire, il problema che io, nel XII congresso – senza obiezioni da parte di nessuno - definii come uno dei capisaldi della dittatura socialista nelle condizioni dell’ accerchiamento capitalistico. Su questa questione ho avuto una proficua e vasta corrispondenza con il c. Lenin. Riporto qui per intero soltanto una lettera del c. Lenin del 13 dicembre 1922. Essa illumina chiaramente la sua impostazione del problema:

“ C. Trockij,

Ho ricevuto il Vostro parere sulla lettera di Krestinskij e sui programmi di Avanesov. Credo che Voi ed io si sia perfettamente d’accordo, e io penso che la questione del Gosplan, nell’attuale impostazione, escluda ( o rimuova) la discussione se sia necessario o meno, per il Gosplan, dotarsi di un diritto legislativo-amministrativo. 1*

In ogni caso Vi chiederei con urgenza di assumere nel prossimo Plenum la difesa del nostro comune punto di vista sull’assoluta necessità di conservare e rafforzare il monopolio del commercio estero. Poiché il Plenum precedente ha adottato, a questo proposito, una decisione del tutto opposta e, dato che su questa questione non si può cedere, io penso, come ho già detto in una lettera a Frumkin e a Stomonjakov che, nel caso di una nostra sconfitta, porteremo la questione al congresso del partito. Per questo sarà necessaria una breve esposizione delle nostre divergenze davanti alla frazione di partito del prossimo Congresso dei Soviet. Se posso la scriverò io e sarei molto contento se il Vostro intervento fosse di ugual tenore. I tentennamenti su questo problema ci stanno causando dei danni senza precedenti, ma è anche vero che gli argomenti a noi contrari si riducono interamente alle accuse di imperfezioni dell’apparato statale. Tuttavia da noi l’apparato si distingue in ogni campo per le imperfezioni e perciò, prenderle a pretesto per rinunciare al monopolio, significa gettar via con l’acqua sporca anche il bambino.

 

13/ XII - ‘22 Lenin (7)

 


Così, per uno solo tra i più importanti problemi della nostra politica economica, il c. Lenin esigeva - se il Plenum non avesse cambiato la sua decisione chiaramente sbagliata - che io intervenissi apertamente, con una esposizione delle divergenze, in una frazione del Congresso dei Soviet. Ciò è abbastanza evidente e mostra, innanzitutto, quale significato il c. Lenin attribuiva all’errore del Plenum e, in secondo luogo, che egli, pur comprendendo piuttosto bene – si deve ritenere - il senso della disciplina formale, poneva nel caso specifico, il contenuto al di sopra della forma.


3. La più importante divergenza dell’anno scorso con il c. Lenin, è stata quella sulla questione nazionale. E qui, ancora una volta, parlano i fatti e i documenti. Quale significato il c. Lenin attribuisse alla questione nazionale e agli errori ivi commessi, risulta sufficientemente chiaro da una sua lettera (del 30 dicembre 1922) che inizia con le parole “ A quanto pare, sono molto colpevole nei confronti dei lavoratori della Russia per il fatto di non essere intervenuto con sufficiente energia e durezza….” (8) Avendo saputo, mio malgrado, quale punto di vista io avessi difeso sulla questione nazionale al Plenum del CC, il c. Lenin mi inviò questo biglietto:

Assolutamente segreto

Personale.

Spettabile c. Trockij.

Vi chiederei con insistenza di assumervi la difesa dell’affare georgiano nel CC del partito. La faccenda è adesso posta sotto “l’inquisizione” di Stalin e Dzerzinskij e io non posso contare sulla loro imparzialità. Se foste d’ accordo di assumerne la difesa, mi sentirei più tranquillo. Se Voi invece, per una qualsiasi ragione non foste d’accordo, restituitemi tutto il dossier. Lo considererò come un segno del Vostro rifiuto.

 

Con i migliori saluti comunisti

Lenin

 

Scritto da M.V. il 5 marzo 1923. Ne attesto l’autenticità : M.Volodiceva ” (9)


Quando io proposi al c. Lenin, attraverso la sua segretaria ( egli era già gravemente malato e gli erano stati proibiti incontri personali) di mostrare questo suo biglietto e un suo articolo del 30 dicembre che segretamente mi aveva inviato, ai membri del Politburo, per ottenere dei cambiamenti di rotta sulla questione nazionale nel modo meno doloroso possibile, il c. Lenin me lo impedì formalmente con una argomentazione che io già ero stato costretto una volta a portare, in una riunione del Presidium del XII congresso. “ No,in nessun caso – mi fece sapere V.I. attraverso la segretaria – egli (si riferiva a Kamenev che era partito per la Georgia) racconterà tutto a Stalin, e Stalin ricorrerà ad uno sporco compromesso e ci ingannerà.”


Non posso qui non segnalare che la lettera del c. Lenin, in riferimento alla quale nel Consiglio degli Anziani (10) del XII congresso si disse, come è ovvio, che essa doveva essere pubblicata (forse soltanto con la rimozione, come proposero alcuni, dei riferimenti personali più crudi), non è stata a tutt’oggi ancora pubblicata. (11)


4. (12) Una delle questioni centrali del XII congresso è stata quella sollevata dal c. Lenin sulla riorganizzazione del Rabkrin [Commissariato del popolo per l’Ispezione operaia e contadina] e della CCC. E’ degno di nota il fatto che anche questo problema è stato più volte, ed è ancora presentato, come oggetto di divergenze tra me e il c. Lenin, quando, invece esso, similmente al problema nazionale, mette direttamente in cattiva luce i gruppuscoli all’interno del Politburo. E’ vero che io ho espresso un giudizio molto negativo nei confronti del vecchio Rabkrin. Però il c. Lenin nel suo articolo “Molto meno ma meglio” ne ha dato una tale valutazione liquidatrice quale io non avrei mai osato dare: “ Il Rabkrin ora non gode di alcun credito. Tutti sanno che non esistono organismi peggio organizzati di quello del nostro Rabkrin e che, nella situazione attuale, non ci si può aspettare nulla da questo Commissariato del popolo”. (13) Se si ricorda colui che è rimasto più a lungo di tutti a capo del Rabkrin, (14) non è difficile capire contro chi è diretto questo attestato di servizio che è pari a quello contenuto nell’articolo sulla questione nazionale.


Ma come ha accolto il Politburo il progetto di riorganizzazione del Rabkrin proposto dal c. Lenin ? Il c. Bucharin non si è ancora deciso a stampare l’articolo del c. Lenin il quale, da parte sua, ha insistito per la sua immediata pubblicazione. N.K. Krupskaja mi ha trasmesso per telefono l’articolo e mi ha chiesto di intervenire per la sua più rapida pubblicazione. (15) Sulla mia proposta per una immediata convocazione del Politburo, presenti i cc.Stalin, Molotov, Kujbischev, Rykov, Kalinin, Bucharin, tutti si espressero non solo contro il piano di del c. Lenin, ma anche contro la stampa dell’articolo. Particolarmente duri e categorici furono i membri della Segreteria. Considerate le insistenti richieste del c. Lenin affinché gli fosse mostrato l’articolo stampato, il c. Kujbischev, futuro Commissario del Popolo del Rabkrin, propose in una apposita riunione del Politburo di stampare in un solo esemplare un numero speciale della “Pravda” con l’articolo di Lenin, allo scopo di tranquillizzarlo, nascondendo al tempo stesso l’articolo al partito. Obiettai che la riforma radicale presentata dal c. Lenin prevedeva una applicazione progressiva – a condizione naturalmente di una sua corretta realizzazione – ma che, un atteggiamento di rifiuto, sarebbe stato ridicolo ed assurdo, quasi si dovesse difendere il partito dalle proposte del c.Lenin. Mi risposero con delle argomentazioni nello spirito del solito formalismo : “ Noi siamo il CC, la responsabilità è nostra, decidiamo noi”. Mi appoggiò soltanto Kamenev, che era giunto in ritardo di quasi un’ora alla riunione del Politburo. Era importante l’argomento che giocava a favore della pubblicazione della lettera: non si poteva in nessun caso nascondere al partito un articolo di Lenin. In seguito questa lettera diventò, nelle mani di coloro che non volevano stamparla, una singolare bandiera che tentarono di volgere… contro di me. Il c. Kujbischev, ex membro della Segreteria, fu posto a capo della CCC. Anziché lottare contro il piano del c. Lenin si seguì la via di “renderlo innocuo”. Non so se la CCC abbia assunto quel carattere di organismo di partito indipendente e imparziale, che difende e consolida il terreno dei diritti e dell’unità del partito, contro qualsiasi eccesso partitico-amministrativo: non entrerò nell’esame di questa questione poiché io penso, che essa sia di per sé già evidente.


5. Sono questi gli episodi più istruttivi dell’ultimo periodo, in merito alla mia “lotta” contro la politica del c. Lenin. E’ stupefacente che la “Risposta” dei membri del Politburo, passando sopra agli esempi molto chiari e incontestabili dell’ultimo anno, ritenga necessario riandare ad una proposta del c. Lenin, che risale al 1921 (!), di inviarmi in Ukraina come “incaricato del Narkomprod” [Commissario del Popolo per l’approvvigionamento alimentare]. La vicenda, tuttavia, è esposta erroneamente ed è interpretata in modo tendenzioso. Il c. Lenin temeva, nell’autunno del ’21, che gli ucraini non rivelassero un’energia sufficiente nella raccolta dell’imposta in natura ( in quel periodo la questione rivestiva una grande importanza) e propose di inviarmi (non come incaricato del Narkomprod ma del CC) per una opportuna “pressione”. Ho fatto molti viaggi di questo tipo nei primi tre-quattro anni, non soltanto nei vari fronti di guerra, ma anche nel Donbass, negli Urali (per due volte), e a Pietrogrado. Tutti questi viaggi non avevano alcun rapporto con le divergenze all’interno del Politburo ma erano richiesti da improrogabili e pratiche necessità. Poiché nella mia ultima visita in Ucraina avevo avuto l’impressione che i compagni ukraini riuscissero a fare da soli ciò che era necessario fare, ritenni inutile il mio viaggio. La divergenza fu di natura meramente pratica. La proposta del c. Lenin era già stata approvata. Allora io suggerii, per evitare ogni equivoco sui nostri rapporti, di nominarmi temporaneamente (4-6 settimane) Narkomprod dell’Ucraina. E così fu deciso (senza sollevarmi, si intende, dagli altri miei obblighi). Ma il giorno successivo lo stesso c. Lenin, il quale aveva avuto notizie più tranquillanti da Char’kov, venne da me al Commissariato militare e mi propose di revocare la decisione del giorno precedente, la qual cosa incontrò naturalmente il mio appoggio poiché ritenevo inopportuna la decisione approvata (16). Episodi come questo, ce ne furono a decine e non hanno nulla a che vedere con le questioni che oggi agitano il partito. Di per sé, il richiamare questo insignificante episodio, ormai dimenticato, testimonia con straordinaria chiarezza che, nell’ alimentare e sorreggere la leggenda di una mia linea quasi “antileninista”, non si siano trovati e fatti e materiali più appropriati e convincenti. E non ce ne possono essere. Giacché una leggenda disonesta, anche se è abilmente sostenuta, rimane una leggenda.



La sottovalutazione” del ruolo dei contadini. 2*


Una delle fantastiche “accuse” che, più di una volta, sono state espresse allusivamente o sussurrate alle mie spalle, ma che oggi sono apertamente formulate, è quella della mia “sottovalutazione” del ruolo esercitato dai contadini nella nostra rivoluzione. Gli autori della lettera non hanno nulla in mano a sostegno del loro tentativo di provare questa tesi, per il semplice fatto che le prove non ci possono essere. Sarebbe troppo inopportuno svolgere qui un esame puntuale delle divergenze nella valutazione delle forze interne alla rivoluzione, nel periodo, diciamo, tra il 1905 e il 1914. Da allora noi tutti abbiamo imparato, e fin troppo, a fare in modo che le odierne valutazioni possano prescindere formalmente, come è giusto che sia, dalle divergenze di allora. I miei più importante scritti su questo argomento sono

“ Bilanci e Prospettive” e “Le nostre divergenze”; li ho ripubblicati da molto tempo. Tutto ciò che c’era di sbagliato nelle mie opinioni di allora, è stato da me riconosciuto e corretto con la parola e l’azione. Ma in ogni caso le mie vecchie concezioni non soltanto non mi hanno impedito, ma mi hanno anche aiutato ad approvare le Tesi di Aprile (1917) del c. Lenin, dalle quali molti di coloro che oggi si dicono “leninisti” si erano molto allontanati; e, cosa ancora più importante, non mi impedirono di essere spalla a spalla con il c. Lenin nel periodo precedente l’Ottobre e in quello della Rivoluzione di Ottobre. Se c’è un momento in cui l’analisi delle forze e la valutazione delle classi sono sottoposte al massimo della prova, ciò avviene proprio all’epoca di un grandissimo avvenimento insurrezionale. Ecco perché io non ho trovato necessario – almeno nei limiti di questa lettera – ritornare al periodo precedente l’ottobre.

In cosa si è espressa la mia “sottovalutazione” dei contadini dopo l’Ottobre? Nel corso dei primi tre anni della rivoluzione io fui occupato quasi esclusivamente nella formazione dei reggimenti contadini con l’aiuto dei lavoratori dell’avanguardia operaia. Già questa sola attività sarebbe più che sufficiente per costringere chiunque a comprendere il ruolo dei contadini e i rapporti reciproci delle classi nella nostra rivoluzione. Proprio la mia esperienza militare mi ha sempre costretto a stare in guardia rispetto a tutto ciò che accadeva nel mondo contadino. Per dimostrarlo – visto che c’è sempre bisogno di prove – riporterò qui alcuni fatti, di importanza non omogenea, ma comunque convincenti su questa questione. (17)


a) Quando, dopo la morte di Ja.M. Sverdlov, fu avanzata dal c. Lenin l’idea della nomina a Presidente del VCIK [Comitato Centrale Esecutivo Panrusso] del c. Kamenev, io espressi il parere che questo posto dovesse essere occupato da una figura in grado di attirare su di sé l’interesse dei contadini. Quando il c. Lenin, e con lui anche il Politburo approvarono il piano, fu adottata la candidatura da me proposta del c. Kalinin.


b) Nel marzo del 1919, in un memorandum al CC sostenni - più che l’attuazione di un principio - la necessità di un orientamento verso il contadino medio, contro un distratto o superficiale atteggiamento che ancora si poteva osservare su questa questione all’interno del partito. In un intervento che mi era stato ispirato direttamente da una discussione dell’organizzazione di partito di Senghilevskaja (18) scrissi : “ La temporanea, sebbene forse anche prolungata, situazione politica è tuttavia lo specchio di una realtà socio-economica molto più profonda, poiché, anche di fronte al crescere di una rivoluzione proletaria vittoriosa in Occidente, noi dovremo, nella nostra costruzione socialista, basarci su quello stesso contadino medio e, con uno sforzo enorme, trascinarlo nell’economia socialista.


v) Consapevole dello stato d’animo esistente nell’esercito e grazie all’esperienza di un viaggio negli Urali, compiuto per ragioni economiche, scrissi al CC nel febbraio del 1920: “L’attuale politica di requisizione egualitaria in base alla legge sull’approvvigionamento dei viveri, quella della responsabilità collettiva nelle consegne forzose e quella di un’egualitaria distribuzione dei prodotti industriali, si è risolta in un calo dell’agricoltura, nella dispersione del proletariato industriale e nel rischio di compromettere definitivamente la vita economica del Paese.”

Proposi allora questa misura pratica di fondo:” Sostituire il prelevamento delle eccedenze con una determinata tassazione percentuale ( una sorta di imposta progressiva sulla rendita in natura) espressa con un calcolo tale che la terra arata più estesa o la coltivazione migliore rechino comunque lo stesso vantaggio”.

Si può naturalmente ritenere che questa proposta, presentata nel 1920, fosse prematura, ma in ogni caso non può in alcun modo essere interpretata come una mancanza di attenzione per il ruolo e l’importanza dei contadini.


g) Nel dibattito che si svolse al CC alla vigilia del congresso sulla questione della “smycka” [alleanza operai-contadini] io, essenzialmente sostenni, in pieno accordo con il discorso del c. Lenin all’ XI congresso, che, di fatto, la smycka si identificava oggi nel problema della correlazione dei prezzi (le forbici) e andava quindi affrontata con l’abbassamento del costo di produzione dei prodotti statali, la cui produzione doveva essere correttamente organizzata: questa era la chiave risolutrice della “smucka” - e non quella dei discorsi propagandistici, o dei sabotaggi politici. Anche se in questa idea ci fosse stato qualcosa di sbagliato, non c’era tuttavia alcuna “sottovalutazione” del ruolo dei contadini. Viceversa, l’dea si è rivelata più che giusta. Per quanto riguarda il problema dei prezzi, l’abbiamo pienamente applicata.


d) Nel XII congresso il c. Kamenev ha confermato che l’iniziativa dell’impostazione del problema per il corretto acquisto e l’esportazione del grano appartiene a me. Questo fatto può tranquillamente essere provato anche con i relativi documenti (19).


Respingo così le affermazioni infondate e chiaramente pretestuose di una certa mia linea non corretta sulla questione dei contadini; si tratta di una artificiosa leggenda creata per giustificare le barriere innalzate all’interno del partito.


Partito e Stato

 


Un’ altra invenzione, del tutto inesistente, è l’affermazione che io avrei cercato di ridurre la dipendenza dell’apparato statale dal partito. In realtà tutti i miei sforzi sono stati e sono diretti a creare le condizioni necessarie per una fattiva, autentica e reale direzione del partito in merito a tutte le questioni fondamentali, e non per affrontarle in modo meramente episodico e casuale. Al fine di non essere accusato di scarsa concretezza, riporterò qui alcuni punti (fra i tanti) di una mia lettera ai membri del CC del 22 marzo del corrente anno:


“ 1. La caratteristica del nostro apparato statale è quella di essere molto soggetta ad influenze ostili in relazione all’eterogeneità sociale e all’instabilità dello spirito rivoluzionario. Nelle condizioni rappresentate dalla NEP questo è un pericolo enorme.


2. L’apparato dello Stato, nella situazione in cui oggi lo vediamo, si è formato nel corso di questi cinque anni, anche se tutto il periodo è stato impiegato, grazie agli sforzi delle organizzazioni di partito, dei gruppi e delle cellule, a dirigere direttamente l’attività statale. La causa di ciò sta principalmente nei metodi artigianali ed occasionali del suo lavoro e nei limiti imposti al partito dall’impatto con la macchina dello Stato. C’è qui la necessità di una sterzata radicale. Si deve iniziare questa sterzata dall’attività del CC e del suo Politburo.


3. Il Politburo deve studiare a fondo con i dicasteri, i problemi fondamentali del lavoro pianificato, vale a dire, impostare un programma delle attività nel lungo periodo e in relazione a ciò creare un nucleo principale di funzionari.


4. Il Politburo deve periodicamente verificare i rendiconti e le relazioni dei dicasteri per quanto riguarda l’effettivo compimento del programma.


5. Il Politburo deve, con una costante pressione ed un puntuale riscontro, stabilire, in tutti i dicasteri, dei metodi di lavoro pianificato sullo spostamento e sulla formazione dei funzionari. Il Politburo deve rinunciare all’esame degli innumerevoli conflitti ministeriali ed interministeriali, dei ricorsi legali di carattere finanziario, lasciando questo lavoro agli organi dei Soviet.


6. Il Politburo e l’Orgburo devono rinunciare al sistema oggi dominante сhe sostituisce la gestione del partito e l’assegnazione degli incarichi con uno strappo alle regole, operato dalla segreteria.


A questi punti piuttosto convincenti, in replica all’assurda leggenda di cui sopra, non ho niente di fondamentale da aggiungere.

Dopo il XII congresso, il Politburo, come volesse fare il tentativo di venire incontro alle mie proposte, emanò una disposizione su un lavoro pianificato del Politburo. Questa disposizione tuttavia non trovò alcuna applicazione. L’ordine caotico dell’attività decisionale viene identificato a tutt’oggi con la dittatura del partito. Il tentativo di introdurre un piano e un sistema nei metodi e nelle forme della dittatura del partito, è visto come un sovvertimento delle basi stesse della dittatura.




Sulla direzione pianificata



Precedentemente abbiamo visto come il c. Lenin abbia affrontato la questione della direzione pianificata dell’economia nel suo scritto sul Gosplan. Gli autori della lettera ripetono più volte che in campo economico sono impensabili dei successi immediati, che non bisogna avere fretta, innervosirsi, etc. etc. Tutte queste considerazioni sono tuttavia del tutto prive di senso di fronte al fatto che noi siamo entrati in una crisi acuta, una causa fondamentale della quale – secondo la mia valutazione e secondo le dichiarazioni degli economisti più responsabili – è la mancanza di coordinazione degli elementi fondamentali della nostra economia, quelli soprattutto finanziari da un lato, e quelli dell’industria e del commercio dall’altro. Se è vero che in campo economico non sono possibili successi immediati, è altrettanto vero che i rapidi insuccessi, le crisi, i ritardi, gli incidenti parziali, sono del tutto possibili in assenza di oculatezza e di una direzione pianificata. Ho già citato nella mia lettera la recente dichiarazione dei cc. Rykov e Pjatakov che recita :” Alcune risoluzioni del Politburo ci obbligano a richiamare l’attenzione sul fatto che, nella situazione che si è venuta a creare, la gestione delegataci dell’industria statale è diventata estremamente difficile”. La firma del c. Rykov sotto la “Risposta” dei membri del Politburo non attenua ma, al contrario, aggrava il significato della medesima firma posta in calce alle parole della dichiarazione citata. Il membro del CC c. Pjatakov, il quale, su incarico del Politburo ha lavorato inizialmente nel Gosplan e, successivamente, è stato posto a capo del VSNX, aveva sottoscritto quella stessa dichiarazione che indicava nell’assenza di una direzione pianificata dell’economia, una delle ragioni più importanti delle nostre crisi e delle nostre inadempienze.


I rappresentanti dei principali sindacati hanno sottoscritto l’11 ottobre un documento che contiene questa importantissima conclusione; esso afferma: “Deve essere realizzato un coordinamento” delle attività dei vari organi dello Stato che sono in grado di creare le condizioni di base per il lavoro industriale e che esercitano un’enorme influenza, spesso schiacciante, sul prezzo dei prodotti ma che, nel contempo, conducono ciascuno la propria politica autonoma e il proprio ‘autofinanziamento’ indipendentemente dai dati sulla circolazione delle merci e dei prodotti commerciali del paese”.

Uno dei dirigenti più responsabili dell’industria, il c. Bogdanov, in una nota presentata il 14 ottobre, dice : “ I fenomeni che accadono nel momento attuale, dopo che il programma della riduzione del credito effettuato dalla Gosbankom [Banca di Stato] nel mese di luglio non era stato comunicato all’industria, sono inaccettabili e introducono soltanto panico e disordine nel mercato”.

Il numero di tali testimonianze, assolutamente incontestabili, potrebbe essere aumentato all’infinito. E tutto ciò accade a sette mesi dalla conclusione del XII congresso. Il guaio peggiore è l’assenza di una vera direzione pianificata che porta inevitabilmente all’improvvisazione e all’adozione di decisioni casuali. Tuttavia, davanti a questi fatti, del tutto inoppugnabili, la “Risposta” dei membri del Politburo si limita ad affermare che i discorsi su “un sistema di regolazione pianificato e flessibile” non hanno un contenuto reale, sono solo delle “frasi” (!) e meritano soltanto delle “risate di scherno” (!).

Devo qui constatare che gli autori della lettera hanno cancellato dalla loro memoria la Risoluzione del XII congresso. Qui è detto letteralmente : “ La pianificazione iniziata con la NEP differisce poco,quanto ad estensione, con quella del periodo del comunismo di guerra. Ma ne differisce radicalmente quanto ai metodi impiegati. Lo stato maggiore dell’amministrazione economica centralizzata del comunismo di guerra è ora sostituito da una economia manovrata, flessibile . (20) La mia indicazione sulla necessità di una regolazione pianificata e flessibile non fa altro che ripetere il testo della Risoluzione. Le risoluzioni del congresso di partito non devono essere un soggetto di “derisione”, devono essere realizzate.


“ E’ necessario – prosegue la medesima Risoluzione del congresso – conferire al Gosplan uno status più determinato, un’organizzazione più forte, dei diritti più chiari e indiscutibili e, in particolare, una funzione precisa. Deve essere stabilito un principio ineludibile: nessuna questione economica di interesse nazionale passi agli organi superiori della Repubblica senza essere prima esaminata dal Gosplan”. E’ stato fatto tutto ciò? Per niente.

E infine : ” E’ necessario lottare tramite il Gosplan – dice il XII congresso– contro la creazione di ogni genere di temporanee e casuali Commissioni che cercano,dirigono, verificano, preparano, etc. ma che costituiscono il male più grande della nostra attività statale. E’ necessario assicurare la correttezza del lavoro attraverso i normali organi permanenti. Solo così sarà possibile migliorarli e svilupparne la flessibilità necessaria - grazie ad un multilaterale adattamento al compito che essi stessi si daranno, sulla base di una esperienza quotidiana”. (21)


Quest’ultima citazione della Risoluzione del XII congresso appare particolarmente brillante e convincente alla luce degli ultimi avvenimenti e, in particolare, della creazione di un certo numero di commissioni speciali sul salario, sui prezzi, etc. “ La lotta per la riduzione dei prezzi è già iniziata” – afferma la lettera dei membri del Politburo, come si trattasse di qualcosa di autonomo, di isolato rispetto al problema affrontato. Il prezzo rappresenta il derivato di tutta la nostra attività economica ivi compresa la sua regolazione pianificata e flessibile. Lo stesso fatto della formazione di una commissione speciale per la diminuzione dei prezzi, rivela l’irregolarità del normale lavoro degli organi esistenti ed è, secondo la valutazione del XII congresso, “il male più grande della nostra attività statale”.

Bisogna ad ogni costo applicare la Risoluzione dell’ XII congresso nei confronti del Gosplan. Bisogna trasformarlo nel quartier generale che dirige l’economia. Bisogna garantire i diritti del Gosplan conformemente alle già citate proposte del c. Lenin.




Le questioni della politica estera



1. Alla radice della “Risposta” c’è una falsa presentazione del corso delle conversazioni diplomatiche, in relazione all’ultimatum di Curzon. (22).Qui l’autore della lettera si affida evidentemente alla memoria e nessuno di coloro che l’hanno firmata ha fornito le informazioni sui documenti relativi . Sarebbe troppo sovraccaricare questa lettera con informazioni e citazioni, al fine di correggere le affermazioni chiaramente scorrette, raccolte in diversi passi della “Risposta”. Sono pronto a farlo in caso di necessità, quando e in qualsiasi luogo si voglia. Mi limiterò per ora a ricordare che, delle 4 nostre note diplomatiche, in relazione all’ultimatum, la prima è stata scritta dal c. Litvinov e da me, la seconda da me, la terza dal c. Cicerin e la quarta da me.


2. La politica nei confronti della Polonia non richiede, per la verità, alcun commento. Quel cambiamento di rotta, sul quale un mese fa ho insistito, è stato fondamentalmente compiuto. I rapporti con la Polonia sono stati finalmente posti non sul piano di una serie di questioni formali ma sul piano delle trattative sul transito e sulla non ingerenza militare. Questa è l’unica, corretta, realistica, concreta impostazione della questione, in grado di conseguire dei chiari, forse anche sostanziali, risultati pratici e nello stesso tempo di creare per noi una posizione comprensibile di fronte alle masse del nostro Paese. Per il momento attuale la questione è così risolta.

Non so assolutamente perché e con quale fine il Politburo, incidentalmente, difenda se stesso dai miei “inopportuni” attacchi contro il c. Cicerin. Ho mosso delle critiche a queste o ad altre sue proposte, come pure alla politica della maggioranza del Politburo poiché le giudicavo sbagliate. Non c’è stato alcun attacco “inopportuno”.



Sulla rivoluzione in Germania

 



Sono false e unilaterali le divergenze esposte sul problema della rivoluzione tedesca. Credo che esse siano state largamente superate con una seria e dura lotta contro deliberazioni poi eliminate e, successivamente, con l’adozione di decisioni concrete. La lotta si è sviluppata su tre questioni : 1) il significato e la durata del periodo, 2) Soviet dei deputati e Consigli di fabbrica (Comitati sindacali di fabbrica e di stabilimento) e 3) rapporti fra il CC del Partito Comunista tedesco e la situazione a Berlino. Abbiamo approvato una Risoluzione nella quale indicavamo (dopo uno scontro costruttivo fra di noi) che il maggior pericolo per la rivoluzione tedesca sarebbe stato quello di un insufficiente orientamento decisionale da parte dei dirigenti dei circoli del partito in Germania, in relazione ad un’insurrezione armata che prevedesse un piano e un periodo determinato. E’ sufficiente ricordare la nostra esperienza prima dell’Ottobre per comprendere come qui sia necessaria una posizione chiara e inequivocabile. L’essenza delle divergenze che ebbero luogo è stata esposta nel mio articolo su “ I tempi” pubblicato sulla “Pravda” (23). Alla stesura della Risoluzione io, con grande risolutezza, mi battei contro un’immaginaria saggezza marxista la quale proclamava che “non si può assegnare alla “rivoluzione” (in realtà, alla presa del potere) un tempo stabilito, etc. Senza una chiara e distinta posizione su questo problema, saremmo stati posti davanti al più grave pericolo che il modello bulgaro rappresenta per gli avvenimenti in Germania. Alla luce dei dati che avevamo, in particolare, secondo il rapporto del delegato del Komintern c. Miljutin, noi abbiamo perso la rivoluzione in Bulgaria proprio perché non ci siamo comportati tempestivamente, con l’arte dovuta, nei confronti dell’insurrezione. (24) Ora siamo entrati in un periodo di grandissimi sconvolgimenti militari e rivoluzionari e il problema della rivoluzione, in tutta la sua concretezza, diventa uno dei più importanti problemi della politica comunista.

Sulla seconda questione è stato compiuto un tentativo di imporre al partito tedesco il compito di creare il Soviet dei deputati, analogamente a quanto è stato fatto con i Consigli di fabbrica già esistenti. (25) Dopo una lotta molto aspra, questo piano che poteva costar caro al partito comunista della Germania, è stato abbandonato.

E’ mostruosamente falsa l’affermazione che io abbia parlato con disprezzo del CC tedesco. Al contrario, in tutto il mio lavoro – e fin dal primo mese - ho insistito sulla necessità di appoggiare fortemente il CC tedesco contro gli inaffidabili dirigenti della sinistra berlinese. Ma non ho mai nascosto alla delegazione tedesca tutto il pericolo del suo attendismo nei confronti dell’insurrezione. Qui era richiesto il massimo di unità decisionale e di riuscita. Qui il benché minimo errore o l’ indecisione erano assolutamente inaccettabili. Nella direzione qui indicata, molto è stato fatto dopo l’ultimo Plenum.




I riferimenti personali nella lettera dei membri del Politburo



Nella “Risposta” ci sono dei riferimenti personali e delle accuse, dall’esame dei quali sarei molto felice di sottrarmi, se fosse possibile. Ma il sottrarmene equivarrebbe ad una tacita accettazione di ciò che gli autori della lettera sembrano volere, l’impossibilità di svolgere un lavoro collettivo sulla base di certi principi. Su questo piano non posso e non voglio seguirli. Credo perciò che sia necessario mostrare che gli autori della lettera sbagliano radicalmente quando tentano, con riferimenti personali, di giustificare l’impossibilità di un lavoro corretto ed equilibrato; esso sarebbe in realtà pienamente possibile sulla base di una chiara rettifica degli aspetti sbagliati

e nocivi dell’attuale regime economico e di partito. Il senso implicito della “Risposta” sta tutto nel fatto che le mie considerazioni sul ruolo di una dirigenza pianificata, sulla burocratizzazione dell’apparato del partito, etc. non sarebbero altro, né più né meno, che il prodotto di rivendicazioni personali: “Noi dichiariamo – dicono gli autori della lettera - che, così come è avvenuto nel passato, il Politburo non può assumere su se stesso la responsabilità di accondiscendere alle pretese del c.Trockij, e cioè alla dittatura della sua direzione economica, in aggiunta ai pieni poteri che egli ha già come Presidente del Soviet Militare Rivoluzionario. E’ nostro dovere affermare: su questa questione noi non possiamo assumerci la responsabilità di una esperienza così rischiosa.” 3*


Questa illustrazione è del tutto inverosimile alla luce dei fatti precedenti. Ne riporterò alcuni, evidenti e indiscutibili. Il 6 gennaio, in una lettera particolare a tutti i membri del CC, il c. Stalin propose, fra altre misure, anche le seguenti:


“ 3) Porre alla testa del VSNX il c. Pjatakov e assegnare a quest’ultimo come unico vicepresidente il c .Bogdanov (per me è chiaro che il c. Bogdanov non era e non è in grado di occuparsi dei trust che agivano in piena libertà, al loro inizio).


4) Nominare il c. Trockij vicepresidente del Soviet dei Commissari del Popolo (su proposta del c. Lenin) restituendogli l’incarico speciale nel VSNX.


5) Io credo che questi cambiamenti potrebbero facilitare il nostro lavoro per la liquidazione del “caos”.


E’ del tutto evidente che il c. Stalin ha fatto queste proposte scritte con il benestare degli altri membri del Politburo.


Il 17 gennaio il c. Stalin, in un’altra circolare scrive: “ Non avrei nulla da obiettare contro il fatto che il c .Trockij fosse nominato nello stesso tempo o vicepresidente del Soviet dei Commissari del Popolo e Presidente del VSNX, oppure vicepresidente del Soviet dei Commissari del Popolo e Presidente del Gosplan”. Le mie obiezioni orali e scritte, di natura puramente pratica, contro queste proposte, erano in parte dovute a questioni organizzative e in parte a fattori personali. Non c’è adesso la necessità di ripeterle , tanto più che il carteggio è completamente disponibile. Proprio io dimostrai che il cumulo del lavoro di Presidente del VSNX con quello del settore militare, sarebbe stato un compito troppo gravoso. Il c. Stalin ne sostenne la possibilità. In ogni caso, lo si comprende bene, la questione non si pone affatto; da un lato non ci sono state “rivendicazioni personali” ad occupare il posto di Presidente del VSNX, etc. e, dall’altro, c’è il rifiuto del Politburo di assumersi la responsabilità per “un’esperienza così rischiosa”. In realtà il c. Stalin, indubbiamente d’accordo con gli altri membri del Politburo, propose insistentemente questa esperienza ritenendo che essa sarebbe stata di aiuto per “la liquidazione del caos”. Ma io mi sottrassi a questa responsabilità aggiuntiva temendo – oltre a tutto il resto – la dispersione del lavoro e gli aspetti negativi del cumulo degli incarichi. Al XII congresso del partito il c. Stalin ritenne anche necessario precisare che io non mi ero sottratto ad un più intenso lavoro (26). Non so come si possano conciliare tutti questi fatti e le relative dichiarazioni, con ciò che la “Risposta” mi attribuisce ora, vale a dire l’aspirazione a diventare Presidente del VSNX. Frattanto l’aspirazione sarebbe diventata così forte da indurmi a presentare queste o altre proposte di principio oppure relative all’organizzazione del lavoro. Davvero, tutto questo è inqualificabile!


Già dopo il XII congresso (25 aprile 1923) il c.Rykov, rifiutando la carica di Presidente del VSNX, aveva scritto al Politburo:

“ In una delle sue proposte, inviate ai membri del CC, il c. Stalin ha proposto che la dirigenza del VSNX sia affidata al c. Trockij. Non c’è nessuna ragione per un rifiuto, in quanto il c. Trockij ha ripreso più volte negli ultimi anni lo studio dei problemi industriali ed economici ed ha una buona conoscenza sia delle più importanti questioni della situazione economica odierna sia dell’apparato amministrativo dell’industria.

L’eccezionale successo che la Relazione del c. Trockij ha riportato al congresso, offre la piena garanzia che tutto il partito approverà questa nomina.

E’ necessario collegare il lavoro del c.Trockij nel VSNX con la partecipazione dello stesso c. Trockij all’ attività generale del governo, grazie all’aiuto dello STO [Soviet del Lavoro e della Difesa] del quale il c. Stalin ha proposto nella sua lettera la ristrutturazione”.


Ma come è possibile allora, domando io, dopo che le cose si sono svolte in un certo modo, stravolgerne completamente la storia? Come si possono conciliare le citate proposte del c. Stalin, con la sua firma sotto l’ultima “Risposta” ? Come collegare la riportata dichiarazione del c. Rykov, con il suo attuale rifiuto alle mie supposte pretese di impadronirmi del VSNX ? Da dove proviene tutto ciò ? E per quale scopo? Mi rifiuto di capirlo.

E’ davvero incredibile poi l’affermazione che alcune decine di vecchi e irreprensibili militanti di partito esprimano i propri punti di vista e le loro preoccupazioni, in una lettera al CC, soltanto per…assicurarmi il posto di Presidente del VSNX. E quando? In un momento in cui la fusione del lavoro militare con quello economico è il meno realizzabile, sia dal punto di vista economico che militare.


2. Devo accennare ancora ad un episodio che mostra come si fa e come si scrive la storia. Nella riunione del Politburo che si occupava dell’ ordine del giorno sul futuro XII congresso, il c. Stalin, con il sostegno del c. Kamenev, del c.Kalinin e, se non erro, del c. Tomskij (il c. Zinov’ev era assente), mi invitò a tenere la Relazione politica al CC. La discussione, su questo punto, si svolgeva nel Politburo con toni molto tranquilli e costruttivi. Io replicai che chiunque fosse intervenuto con una Relazione politica, avrebbe soltanto aggravato l’inquietudine del partito, provocata dalla malattia di Vladimir Il’ic. Meglio limitarsi perciò ad un sommario consuntivo politico che il c. Stalin avrebbe potuto unire a quello sull’organizzazione. Anche le questioni di fondo sarebbero state scomposte e diluite in punti adeguati dell’ordine del giorno. Tanto più, aggiunsi io, che abbiamo ancora delle divergenze sostanziali sulle questioni economiche. Il c. Kalinin obiettando a quest’ultima osservazione, disse: “ Nella maggioranza sono state approvate le vostre proposte e non avete alcun motivo per rifiutarvi di fare una relazione politica”. Io continuai tuttavia ad insistere sulla mia tesi. Il problema non fu risolto in questa seduta e successivamente, come è noto, prese tutt’altra direzione. Comunque, appare evidente che la vicenda che ho appena ricostruito, e che naturalmente non può essersi cancellata dalla memoria dei partecipanti della richiamata seduta del Politburo, è in flagrante contraddizione con quel quadro d’assieme configurato ora dalla “Risposta” dei membri del Politburo, per spiegare e giustificare, col senno di poi, il sistema di barriere artificiali create nel partito.


3. Del tutto incredibile è l’accusa che mi viene mossa sul fatto che, negli ultimi anni, “ ho dedicato un’attenzione completamente insufficiente all’esercito”. Non so come interpretare questa accusa: significa che la mia giornata di lavoro è troppo corta o che io la riempio con incombenze d’altro genere? Per adempiere ai numerosi incarichi conferitemi dal CC mi è accaduto più di una volta di accennare al fatto che essi mi distoglievano dai compiti di natura militare. La preparazione della relazione e delle tesi sull’industria, per esempio, mi hanno tenuto occupato, per due mesi di intenso lavoro. Prender parte alle attività del Komintern mi ha richiesto un tempo molto considerevole. L’unico lavoro che ho svolto non su incarico del Politburo, è stato quello della mia partecipazione al Moskyst (27) [Consorzio integrato di Mosca] , ma è difficile che mi abbia impegnato per più di due- tre ore al mese. Nella “Risposta” c’è, per la verità, un’allusione “all’ elaborazione di questioni letterarie,artistiche e della vita quotidiana,etc.”, invocata come causa di un’ insufficiente attenzione per l’esercito. Ma l’allusione ha un carattere indiretto proprio perché, e gli autori questo lo sanno, io mi occupavo di queste questioni quando ero ammalato e mi era stata proibita un’ intensa attività mentale. Non vedo affatto per quale ragione dovrei giustificarmi davanti al partito di aver usato due periodi di permessi estivi non soltanto per curare una malattia, ma anche per scrivere dei libri sulla letteratura e sui problemi della vita quotidiana. (28) Posso solo meravigliarmi che, prendendo spunto da questa vicenda, si sia tentato di muovermi una tale accusa. 4*

E’ assolutamente vero, tuttavia, che non c’è stato o quasi un lavoro creativo nell’esercito, tenuto conto della pesante situazione relativa al suo approvvigionamento, della completa instabilità del bilancio, delle continue diminuzioni e trasformazioni degli organici, delle frequentissime nomine personali e delle revoche del tutto inappropriate, a mio avviso, dal punto di vista degli interessi dell’esercito stesso. Tutto ciò ha creato un’eccezionale situazione pesante per il lavoro da svolgere, cui si è aggiunta l’applicazione dall’alto, di quella “particolare” politica le cui modalità sono ora note alla maggioranza dei funzionari del partito e dell’esercito.

La “Risposta” dei membri del Politburo rappresenta l’ultimo sviluppo di quella stessa politica il cui significato appare estremamente chiaro.



 

Mancanza di fiducia nel partito



L’accusa, che sarebbe ben più pesante se non fosse così superficiale, è quella rivoltami di mancanza di fiducia nel partito e verso il partito, ed anche dell’incapacità di capirla. A prova di ciò viene riportata un’espressione da me usata, chissà quando e chissà dove, sull’ “oblomovismo del comitato di gubernija” – senza spiegare in quale contesto e in che senso queste parole siano state dette. Finalmente la mia affermazione sul fatto che mi sento obbligato, esclusivamente per senso di responsabilità su quanto sta accadendo, a porre l’essenza della questione al di sopra delle forme e ad attirare l’attenzione dei funzionari più responsabili del partito sulla situazione che si è venuta a creare, tale affermazione, dicevo, è così valutata nella “Risposta” : “ Noi riteniamo che questa dichiarazione, pronunciata in un ambiente bolscevico, sia di una gravità inaudita”.

Il significato e il tono della “Risposta” su questo punto è fin troppo eloquente. Ciò che alcuni dei firmatari – appoggiandosi all’indignazione degli altri – hanno detto in precedenza, ricorrendo ad allusioni, qui è detto abbastanza distintamente: l’ignoranza del partito, la mancanza di fiducia nella sua forza e nella forza delle sue organizzazioni locali e, finalmente, le affermazioni e le azioni, “inaudite in un ambiente bolscevico”. Penso che alcuni membri del Politburo dovrebbero stare più attenti a parlare di azioni e affermazioni “inaudite in un ambiente bolscevico”. La mia dichiarazione ha avuto ed ha soltanto il compito di stimolare il CC ad accelerare quel cambiamento di rotta che deriva inevitabilmente da tutta la situazione. Invece abbiamo avuto dei casi, alla vigilia di battaglie decisive – esattamente nell’ottobre del 1917 – nel corso dei quali ci furono dimissioni dalle cariche più responsabili, con appelli al partito contro il CC - e questo accadde in presenza di elementi senza partito e di nemici dichiarati. (29) Credo che la fiducia e la mancanza di fiducia nel partito e nelle sue forze innovative, si rivelino più affidabili e più vere nei giorni delle grandissime prove, come quelle attraverso cui siamo passati da un capo all’altro del Paese. In quasi tutti i Comitati di gubernja con i quali mi sono trovato a lavorare spalla a spalla nelle difficilissime ore della guerra civile, non c’è mai stata una criminale sfiducia verso le forze innovative del partito e della classe operaia; e non c’è stata nemmeno nel novero degli errori da me compiuti. Respingo questa accusa come falsa nel suo premeditato carattere offensivo.



* * *


Queste sono i miei commenti sui punti più importanti della lettera dei membri del Politburo. La via d’uscita meno dolorosa e più breve – lo ripeto nuovamente – può essere trovata in una seria e decisa e volontà dei dirigenti di un gruppo del CC, di rimuovere le barriere artificiali interne, di trattare con più attenzione le urgenti esigenze di un cambiamento di linea del partito e aiutarlo così a restituirgli il suo spirito d’iniziativa, la sua attività e la sua unità. Su questo cammino il CC incontrerebbe il più attivo sostegno della schiacciante maggioranza dei militanti, - e le questioni che ora sembrano o sono presentate da un punto di vista personale, scomparirebbero da sole.


23 / X- ’23


 

L. Trockij


NOTE:

 


1. La lettera è stata scritta il 23 ottobre ed è giunta alla Segreteria del CC del PCR(b) il 24 ottobre.


2. Nella riunione del Politburo del CC del PCR(b) dell’11 ottobre 1923 si era svolta la discussione sulla lettera di L.D. Trockij dell’8 ottobre 1923.


3. L.D. Trockij si riferisce al fatto che, alla vigilia del XII congresso del PCR(b), in molte Gubernija le conferenze di partito avevano eletto i delegati al congresso su raccomandazione dei segretari dei Comitati di Gubernija, i quali, a loro volta, fin dall’estate del 1922, erano eletti su raccomandazione del CC, e cioè, in realtà, dalla Segreteria del CC.

4. Cfr. “Izvestija CC PKUS”, 1990, N. 5, p.174, nota 3


5. Lenin V.I., Opere complete, T. 45, pp. 349-350


6. Cfr. lo scritto del 29 dicembre 1922. La citazione non è esatta ma il significato non è alterato. Lenin V.I., op.cit., T. 45, p. 353.


7. Lenin V.I., op.cit., T. 54, p. 324. La citazione non è esatta ma il significato non è alterato.


8. Lenin V.I., op.cit., T. 45, p. 356.


9. Lenin V.I., op.cit., T. 54, p. 329. L.D. Trockij riporta il testo di una lettera di V.I. Lenin di cui egli possedeva una copia dattiloscritta, autenticata dalla segretaria di V.I. Lenin, M.A. Volodiceva. Nelle Opere Complete la lettera di V.I. Lenin è tratta da una copia dattiloscritta, trasmessa al destinatario per via telefonica, il 5 marzo 1923. Nel testo riportato da L.D. Trockij risulta assente la frase: “Anzi, tutto il contrario” che si trova nelle Opere Complete di V.I. Lenin, dopo le parole : ” …..io non posso contare sulla loro imparzialità”. La frase successiva della lettera di Lenin contiene le parole “…sua difesa”, che nella copia di L.D. Trockij, sono state spostate. Entrambi i testi non presentano alcuna variazione di significato con la lettera di V.I. Lenin, pubblicata nel libro “L’Archivio di Trockij. L’Opposizione comunista in URSS. 1923-1927”, a cura di Ju. Fel’chtinckij. T.I. M., 1990, p. 34.


10. Sen’oren-konvent – “ Consiglio degli Anziani “, organo creato 2 giorni prima dell’apertura del XII congresso del PCR(b) su decisione del Plenum d’aprile (1923) del CC del partito (Cfr. Il XII congresso del PCR(b). Resoconto stenografico. M., 1968, pp. 768, 821).


11. La lettera di V.I. Lenin fu pubblicata per la prima volta in URSS nel 1956.


12. Questo punto della lettera di L.D. Trockij fu pubblicato per la prima volta nella rivista “Izvestija CC PCUS”, 1989, N. 11, pp. 180-181.


13. Lenin V.I., op.cit., T. 45, p.393.


14. Dal marzo del 1919 all’aprile del 1922, Commissario del Popolo per il Controllo di Stato, poi del Rabkrin [Commissariato del popolo per l’Ispezione operaia e contadina] fu I.V. Stalin.


15. Si tratta della documentazione a proposito dell’articolo di V.I. Lenin “ Come dobbiamo riorganizzare il Rabkrin (Proposta al XII congresso del partito) “, cfr. “Izvestija CC PCUS”, 1989, N. 11, pp. 179-192. Nella prima pubblicazione di questo articolo sulla “Pravda”, 25 aprile 1923, dal testo di Lenin “…affinché nessuna autorità, né quella del segretario generale, né quella di uno qualsiasi tra i membri del CC, possa impedirgli di presentare una richiesta…”, le parole sottolineate furono cancellate. Apparvero per la prima volta in Opere Complete, T. 45, p.387.


16. Secondo i documenti esistenti presso il CPA IML, questo episodio sembra essere avvenuto nel modo seguente. Nella riunione del Politburo del CC del PCR(b) del 16 luglio 1921, fu esaminata la proposta di V.I. Lenin sulla nomina di L.D. Trockij come Commissario del Popolo per l’approvvigionamento alimentare dell’Ucraina. La proposta fu approvata ma, a causa delle proteste di L.D. Trockij, il Politburo si accordò di non rendere esecutiva tale decisione fino alla convocazione del Plenum del CC del PCR(b). Il Plenum del CC del PCR(b), riunitosi il 9 agosto 1921, abrogò la decisione del Politburo e stabilì che “ il c. Trockij, in relazione all’inasprimento della situazione internazionale, avrebbe principalmente dedicato le sue forze al settore dell’attività militare”.


17. Cfr. anche Lenin V.I., op. cit., T. 37, p. 478; “Izvestija VZIK” [Comitato Esecutivo Centrale Panrusso], 1919, 7 febbraio.


18. La discussione avvenne nell’organizzazione di partito della Gubernija di Simbirsk. Ci si riferisce al malcontento ed alle agitazioni dei contadini a Povolz’e, nella primavera del 1919.


19. XII congresso del PCR(b), Resoconto stenografico, pp. 447-448.


20. ibidem, p. 678


21. ibidem, p. 678, 679. La citazione non è esatta ma non ne tradisce il significato.


22. Ci riferisce al memorandum del Governo della Gran Bretagna, redatto dal ministro degli esteri G.H. Curzon. Fu consegnato al Governo Sovietico l’8 maggio 1923 e pretendeva la revoca dei diplomatici sovietici dall’Iran e dall’Afghanistan ed anche la presentazione di scuse, a causa del loro comportamento scorretto nei confronto dell’impero britannico; pretendeva inoltre la conservazione della zona litoranea sovietica fino a 3 miglia, longitudinalmente alla costa settentrionale della penisola di Kol’skij, ed altro ancora. Il Governo inglese minacciava la rottura dell’accordo commerciale anglo-sovietico del 1921. Nella risposta dell’11 maggio 1923 il Governo sovietico respinse queste pretese, concordando nello stesso tempo di soddisfare alcune marginali esigenze da parte inglese. Nel giugno del 1923 entrambe le parti dichiararono di ritenere risolto il contrasto.


23. L’articolo di L.D. Trockij “ Si può fare la controrivoluzione o la rivoluzione in un tempo stabilito?”, fu pubblicato sulla “Pravda” il 23 settembre 1923.


24. Ci si riferisce all’insurrezione di settembre del 1923 contro il governo monarchico-fascista. Gli insorti occuparono alcune città nelle quali fu proclamato il potere operaio-contadino. L’insurrezione fu crudelmente repressa.


25. Cfr. “Izvestija CC PCUS”, 1990, N. 7, p. 190, nota 18.


26. Cfr. Il XII congresso del PCR(b). Resoconto stenografico, pp.198-199.


27. Il Consorzio Integrato di Mosca fu fondato all’inizio della NEP per la verifica dell’attività economica.


28. Cfr. “Izvestija CC PCUS”, 1990, N. 7, p. 189, nota 11.


29. L.D. Trockij si riferisce soprattutto al comportamento di G.E. Zinov’ev e di L.B. Kamenev alla vigilia della rivoluzione di Ottobre del 1917.

 


1* Come abbiamo visto, due settimane più tardi il c. Lenin riconobbe la necessità di dare al Gosplan anche i diritti amministrativi, per di più su scala maggiore di quelli che io avevo proposto.


2* Di seguito la lettera non è suddivisa in parti numerate. Red.


3* Non si sa perché, a proposito della questione delle mie pretese alla dittatura economica, sia stato accostato al mio anche il nome del c. Kolegaev. Sono molto perplesso, non so da dove venga questo accostamento e perché sia stato fatto.


4* A questo proposito il c.Lenin, con il quale parlai degli abbozzi dei miei articoli dedicati alla “cultura proletaria”, ancora un anno e mezzo fa, insisteva per un’accelerazione del lavoro. Mi è accaduto di completarlo soltanto questa estate.


 


Ultima modifica 29-04-2009