Sulla rivoluzione strangolata ed i suoi strangolatori
Risposta ad André Malraux

Trotsky (1931)

 


Scritto il 12 giugno 1931.
Trascritto da mishu, luglio 2001


 

Kadikòy, 12 giugno 1931

Un lavoro urgente non mi ha permesso di leggere tempestivamente l'articolo di Malraux che, contro la mia critica, prende le difese dell'Internazionale Comunista, di Borodin, di Garin e dello stesso Malraux. Come scrittore politico Malraux è ancor più lontano dal proletariato e dalla rivoluzione di quanto non lo sia come artista. Ciò non sarebbe di per sé sufficiente a giustificare le pagine che seguono, poiché nessuno ha mai detto che uno scrittore di talento debba essere necessariamente un rivoluzionario proletario. Se tuttavia ritorno su di una questione già toccata, è per l'interesse rivestito dall'argomento e non per parlare di Malraux.

Come ho detto, i personaggi migliori del suo romanzo si elevano a simboli sociali. Devo aggiungere che Borodin, Garin e tutti i loro "collaboratori" sono simboli di una burocrazia quasi rivoluzionaria, del "tipo sociale" nuovo che è nato, da una parte grazie all'esistenza dello Stato sovietico e dall'altra grazie ad un certo regime esistente nell'Internazionale Comunista.

Mi sono rifiutato di includere Borodin nel tipo dei "rivoluzionari di professione", benché nel romanzo di Malraux sia caratterizzato in questo modo. L'autore cerca di dimostrarmi che Garin ha tutti i bottoni da mandarino che gli darebbero diritto al titolo in questione. Malraux non ritiene fuori luogo aggiungere che Trotsky ha qualche bottone in più. Non è forse ridicolo? Il tipo del rivoluzionario professionale non ha nulla del personaggio ideale. Ma in ogni caso si tratta di un tipo ben definito, con la sua biografia politica e con i suoi tratti nettamente delineati. Solo la Russia è stata in grado, da qualche decina di lustri, di creare questo tipo, e in Russia, più che in qualsiasi altro partito, lo ha creato il partito bolscevico.

I rivoluzionari professionali della generazione cui, come età, appartiene Borodin, cominciarono a formarsi alla vigilia della prima rivoluzione, subirono la prova del 1905, si educarono e si temprarono (o si corruppero) durante gli anni della controrivoluzione. La migliore occasione di dare la prova di quello che erano, la ebbero nel 1917. Dal 1903 al 198, cioè nel periodo in cui si formava in Russia il tipo di rivoluzionario di professione, uomini come Borodin e come centinaia e migliaia di suoi simili restavano al di fuori della lotta. Nel 1918, dopo la vittoria, Borodin si metteva al servizio dei soviet, e questo gli fa onore, perché è più onorevole servire uno Stato proletario che uno Stato borghese. Borodin era incaricato di missioni pericolose. Ma anche gli agenti delle potenze borghesi, all'estero e soprattutto nelle colonie, corrono spesso molti rischi per assolvere i loro compiti. Non per questo divengono dei rivoluzionari. Il tipo del funzionario avventuriero e quello del rivoluzionario di professione, in certi casi, possono avere delle analogie. Ma per la loro struttura psicologica, come per la loro funzione storica, sono due tipi contrapposti.

Il rivoluzionario si pare la strada assieme alla sua classe. Se il proletariato è debole, arretrato, il rivoluzionario si limita a un lavoro discreto, paziente, a lunga scadenza, poco appariscente, creando circoli, facendo propaganda, preparando quadri; e con l'appoggio dei primi quadri che ha formato, riesce a fare un'agitazione tra le masse, legalmente o clandestinamente, a seconda della situazione. Fa sempre una distinzione tra la propria classe e la classe avversa ed ha una sola politica, quella che corrisponde alle forze della sua classe e le consolida. Il rivoluzionario proletario, sia francese, russo o cinese, considera gli operai cinesi come un esercito proprio, per il presente o per il futuro. Il funzionario avventuriero si pone al di sopra di tutte le classi della nazione cinese. Si crede chiamato a dominare, a decidere, a comandare, indipendentemente dai rapporti di forza interni esistenti in Cina. Constatando che il proletariato cinese attualmente è debole e non può occupare con sicurezza posti di comando, il funzionario cerca di riconciliare e combinare insieme classi diverse. Agisce nel paese come un ispettore, come un viceré, preposto agli affari di una rivoluzione coloniale. Cerca di stabilire un'intesa tra il borghese conservatore e l'anarchico, improvvisa un programma ad hoc, costruisce una politica basta su equivoci, crea un blocco di quattro classi contrapposte, diventa divoratore di spade e mette i principi sotto i piedi. E con quale risultato? La borghesia è più ricca, più influente, più esperta. Il funzionario avventuriero non riesce a trarla in errore. In compenso, riesce a ingannare gli operai pieni di abnegazione, ma inesperti, consegnandoli alla borghesia.

Questa è la funzione svolta dalla burocrazia dell'Internazionale Comunista nella rivoluzione cinese.

Ritenendo che la burocrazia "rivoluzionaria" abbia il diritto di comandare, indipendentemente, beninteso, dalla forza del proletariato, Malraux ci insegna che era impossibile partecipare alla rivoluzione cinese senza partecipare alla guerra, che non si poteva partecipare alla guerra senza essere iscritti al Kuomintang, ecc. E aggiunge che la rottura con il Kuomintang avrebbe comportato per il Partito comunista la necessità di un ritorno all'azione clandestina. Quando si pensa che argomenti del genere sintetizzano la filosofia dei rappresentanti dell'Internazionale Comunista in Cina, non si può fare a meno di dire: sì, la dialettica del processo storico, a volte, fa davvero brutti scherzi alle organizzazioni, agli uomini, e alle idee!... Come è semplice la soluzione del problema! Per riuscire a immischiarsi negli avvenimenti di cui la classe avversa ha la direzione, bisognerebbe subordinarsi politicamente a questa classe; per sfuggire alla repressione del Kuomintang, bisognerebbe adornarsi dei suoi colori... Ecco tutto il segreto che Borodin e Garin dovevano rivelarci!

La valutazione politica di Malraux sulla situazione, sulle possibilità e sui problemi della Cina del 1925 p completamente errata, a mala pena l'autore arriva al punto in cui i veri problemi della rivoluzione cominciano a delinearsi. In proposito ho detto tutto quello che dovevo dire. In ogni caso, l'articolo di Malraux, pubblicato altrove, non mi induce affatto a correggere quello che ho detto. Ma, anche ponendosi sul piano del giudizio erroneo che Malraux dà della situazione, è assolutamente impossibile considerare giusta la politica di Stalin-Borodin-Garin. Per protestare contro questa politica nel 1925 bisognava prevedere. Difenderla nel 1931 è incurabile cecità.

Che cos'altro se non umiliazioni, sterminio dei quadri militanti e, cosa ancor più grave, una confusione spaventosa ha procurato al proletariato cinese la strategia dell'Internazionale Comunista? La vergognosa capitolazione davanti al Kuomintang ha forse messo al sicuro il partito dalle repressioni? Al contrario, il risultato è stato un accrescersi ed un intensificarsi delle misure repressive. Il Partito comunista non ha forse dovuto rientrare nell'illegalità? E quando? In una fase di disfatta della rivoluzione! Se i comunisti avessero cominciato ad agire clandestinamente nel momento dell'ascesa rivoluzionaria, avrebbero potuto poi apparire apertamente alla testa delle masse. Chiang Kai-shek, dopo aver gettato la confusione nel partito, dopo aver deformato e demoralizzato con l'aiuto di Borodin e di Garin, ha agito con tanto maggiore sicurezza costringendo il partito all'azione clandestina negli anni di controrivoluzione. La politica dei Borodin e dei Garin è stata completamente e totalmente al servizio della borghesia cinese.

Il Partito comunista cinese deve ricominciare il suo lavoro dall'inizio e su di un terreno coperto di relitti, pieno di pregiudizi, di errori non riconosciuti e tra la diffidenza degli operai avanzati. Ecco il risultato.

Il carattere criminale di tutta questa politica è particolarmente flagrante in certe questioni di dettaglio. Marlaux attribuisce a merito di Borodin e compagnia l'aver fatto cadere sotto i colpi del terrore il dirigente borghese Cieng-Dai, consegnando poi i terroristi alla borghesia. Una simile macchinazione è degna di un Borgia burocratico o della nobiltà rivoluzionaria polacca che ha sempre preferito praticare l'assassinio per interposta persona, nascondendosi dietro il popolo. no, il problema non era di giustiziare Cieng-Dai con un agguato: il vero obiettivo doveva essere il preparare il rovesciamento della borghesia. Quando un partito rivoluzionario è costretto a uccidere, agisce assumendosi apertamente le sue responsabilità e invocando obiettivi e scopi accessibili e comprensibili alla massa.

La morale rivoluzionaria non si fonda sulle norme astratte di Kant. È costituita da regole di condotta che pongono il rivoluzionario, nella realizzazione dei suoi obiettivi e dei suoi disegni, sotto il controllo della sua classe. Borodin e Garin non sono legati alla massa, non hanno alcun senso di responsabilità verso la loro classe. Sono superuomini della burocrazia che credono che "tutto è permesso" nell'ambito del mandato ricevuto dalle autorità superiori. L'azione di questi uomini, per rilevante che possa essere in determinati momenti, in ultima analisi si ritorce inevitabilmente contro gli interessi della rivoluzione.

Dopo aver fatto assassinare Cieng-Dai da Hong, Borodin e Garin consegnano ai carnefici Hong e il suo gruppo. Così tutta la loro politica si svolge sotto il segno di Caino. Anche qui Malraux prende le loro difese. Qual è la sua argomentazione? Sostiene che anche Lenin e Trotsky hanno trattato implacabilmente gli anarchici.

Si stenta a credere che si tratti dell'affermazione di un uomo che, almeno per un certo tempo, ha avuto qualcosa in comune con la rivoluzione. Malraux dimentica o non capisce che una rivoluzione viene compiuta contro una classe per assicurare il dominio di un'altra classe e che solo di fronte ad un tale obiettivo i rivoluzionari hanno il diritto di esercitare la violenza. La borghesia stermina i rivoluzionari, a volte anche gli anarchici (ma questi ultimi sempre più di rado, poiché divengono sempre più sottomessi), per mantenere un regime di sfruttamento e di infamia. Di fronte alla borghesia dominante, i bolscevichi stanno sempre dalla parte degli anarchici contro i vari Chiappe. Dopo la conquista del potere i bolscevichi hanno fatto di tutto per guadagnare gli anarchici alla dittatura del proletariato. Ed effettivamente la maggioranza degli anarchici è stata trascinata dai bolscevichi. Ma è vero pure che i bolscevichi hanno trattato duramente quegli anarchici che cercavano di mandare in rovina la dittatura del proletariato. Abbiamo avuto ragione o abbiamo avuto torto? Ognuno valuterà sulla base dell'opinione che può avere sulla rivoluzione che abbiamo fatto e sul regime che questa rivoluzione ha istaurato. Ma si può forse supporre per un secondo che, sotto il governo del principe L'vov o quello di Kerensky, in regime borghese, i bolscevichi avrebbero potuto divenire agenti del governo per sterminare gli anarchici? È sufficiente porre questa domanda per respingerla con disgusto.

Proprio come il giudice Brid'oison trascurava sempre il fondo di una questione, interessandosi solo della "fo-orma", la burocrazia pseudorivoluzionaria ed il suo avvocato letterario si interesano solo al meccanismo di una rivoluzione e non si chiedono di quale classe e di quale regime questa rivoluzione debba essere al servizio. Su questo punto, un abisso divide il rivoluzionario dal funzionario della rivoluzione.

Quello che Malraux dice del marxismo, è davvero curioso. A sentir lui, la politica marxista in Cina non era applicabile, poiché, secondo lui, il proletariato cinese non aveva ancora coscienza di classe. Si direbbe che in questo caso il problema fosse quello di ridestare la coscienza di classe, mentre Malraux come conclusione giustifica una politica diretta contro gli interessi del proletariato.

Malraux si vale di un altro argomento, se non più convincente, almeno più divertente: Trotsky - dice - sostiene l'utilità del marxismo per una politica rivoluzionaria; ma anche Borodin è un marxista, come lo è Stalin. C'è quindi da pensare che il marxismo non c'entri niente in tutta la faccenda...

Per parte mia, ho difeso contro Garin la concezione marxista, come difenderei la scienza medica contro un guaritore pretenzioso. Il guaritore può rispondermi che i medici laureati spesso uccidono i malati. È un argomento indegno non solo di un rivoluzionario, ma anche di un comune cittadino di istruzione media. La medicina non è onnipotente; i medici non riescono sempre a guarire; tra di essi ci sono ignoranti, imbecilli e anche avvelenatori. Non è evidentemente una ragione per autorizzare guaritori che non hanno mai studiato medicina e che ne negano l'importanza.

Dopo aver letto l'articolo di Malraux, devo fare una correzione al mio articolo precedente. Avevo scritto che a Garin sarebbe stata utile una iniezione di marxismo. Per il momento non lo penso più.

 


Ultima modifica 27.9.2001