Il sottotesto anti-semita dei Processi di Mosca

Capitolo 19

 



Dopo la notizia del nuovo arresto del figlio, che non lasciva dubbi sul suo destino, N.I. Sedova mandò una dichiarazione alla stampa “Alla Coscienza del Mondo” nella quale, angosciosamente, proclamava l’onestà e l’innocenza di Sergei . “Qualcuno si è levato in sua difesa? Esclusi i nostri amici, nessuno” ricordò in seguito “Lev Davidovich era schiantato dalla notizia. –Forse la mia morte servirebbe a salvare Sergei- mi disse- e all’epoca avvertivo che era dispiaciuto di essere ancora vivo.”


Profondamente toccato dal destino del figlio, Trotsky concentrò l’attenzione su un fatto apparentemente insignificante di questo caso, nel quale egli vedeva l’espressione di una aspetto particolare delle Grandi Purghe.


“Fin dalla nascita i mie figli anno portato il cognome della madre (Sedova)” scrisse Trotsky. “Non sono mai stati conosciuti con nessun altro nome- ne a scuola, ne all’università, ne nei loro posti di lavoro. Lo stesso vale per me, per 34 anni ho portato il nome di Trotsky. Per tutto il periodo Sovietico, mai sono stato chiamato con il cognome di mio padre (Bronstein), come Stalin, che nessuno ha mai chiamato Djugashvili …in seguito, quando mio figlio è stato portato davanti alla corte, e,a ssurdamente accusato di aver tentato di sterminare degli operai, la GPU ha annunciato ai Soviet e alla stampa mondiale, che il vero (!) nome di mio figlio non era Sedov, bensì Bronstein. Se questa montatura giudiziaria fosse servita esclusivamente per evidenziare il legame dell’accusato con me, si sarebbe usato il nome Trotsky, perché, politicamente, il nome Bronstein, non significa niente per nessuno. Evidentemente l’intento era un altro: si voleva sottolineare la mia origine ebraica e l’origine per metà ebraica di mio figlio…Se simili mezzi vengono usati al più alto livello, dove la responsabilità diretta di Stalin è presente al di là di ogni dubbio, non è difficile immaginare cosa può succedere al livello più basso, specialmente nelle fabbriche e nelle fattorie collettive.”


Trotsky vide un chiaro orientamento anti-semita nei Processi di Mosca nello sproporzionatamente alto numero di ebrei accusati. Al primo processo , dieci accusati su sedici erano ebrei. Al secondo erano otto su diciassette. Trotsky trovava particolarmente mostruoso che, i terroristi suppostamene mandati da lui in URSS, oltre a essere contemporaneamente agenti della Gestapo, erano tutti - poco casualmente - ebrei.


Queste affermazioni di Trotsky indignarono, all’estero, non solo i sostenitori di Stalin, ma anche i circoli della borghesia liberale ebraica. Così il famoso attivista sionista americano Stephen Wise, spiegò il suo rifiuto a partecipare alla commissione di inchiesta sui processi, sostenendo che Trotsky non aveva agito in buona fede sollevando la questione ebraica in accostamento ai processi. “Se anche le altre sue accuse”,dichiarò Wise “hanno lo stesso fondamento di quelle sul punto dell’anti-Semitismo, allora tutto il caso non esiste proprio “.


Respingendo la tesi di Trotsky sulla permanenza dell’antisemitismo in URSS, B. Z. Goldberg, che era stato tra i collaboratori del giornale stampato a New York Der Tog , scrisse: “ Pur di colpire Stalin, Trotsky trova normale dipingere l’URSS come antisemita… e vero Signor Trotsky? E’ onesto scrivere simili cose sapendo che non sono vere? Noi siamo abituati a considerare l’Unione Sovietica come la sola nostra speranza di fronte all’antisemitismo… per questo è imperdonabile che Trotsky possa muovere a Stalin tali accuse senza alcuna prova”.


Il suo successivo destino politico è degno di nota. All’inizio del 1941 , alcuni colleghi di Der Tog tentarono di allontanarlo dalla redazione del giornale per “legami con il Comintern e con la GPU”. Durante gli anni di guerra Goldberg andò diverse volte in Unione Sovietica, dove fu ricevuto da Kalinin e da Manuilsky. Nel 1949, il Dipartimento di Giustizia degli USA propose che fosse schedato come agente straniero. Nello stesso anno il MGB implicò Goldberg nel caso del Comitato Ebraico Antifascista, con i leader del quale si era spesso incontrato nel 1940. Una delle principali imputazioni al comitato fu quella di aver passato a Goldberg informazioni di carattere spionistico destinate alla CIA.

Per molti anni, l’accusa di antisemitismo rivolta a Stalin, fu respinta non solo dai circoli Ebraici, ma anche da elementi della emigrazione Russa. Lo storico israeliano Nedava riporta che ancora nel 1952, l’anno in cui l’antisemitismo in URSS raggiunse il culmine, Kerensky gli disse che l’antisemitismo in URSS era stato sradicato da lungo tempo, e che la questione era stata inventata dai fautori della guerra fredda.


Simili sentimenti erano diffusi anche tra molti rappresentanti della intellighentia occidentale: davano molta fiducia alla dichiarazione di Stalin del 1931, in risposta alla domanda postagli dalla Agenzia Telegrafica Ebraica, circa la situazione degli Ebrei in URSS. Quella volta Stalin non esitò a usare le parole più dure contro l’antisemitismo. “Lo sciovinismo nazionale e razziale”asserì Stalin “sono le vestigia del misantropismo morale, caratteristica del periodo del cannibalismo. L’antisemitismo , come forma estrema di sciovinismo, è la più pericolosa eredità del cannibalismo” Stalin dichiarò che “Nell’Unione Sovietica l’antisemitismo è legalmente perseguito nella maniera più severa, in quanto fenomeno profondamente ostile alla società sovietica. Per gli attivisti antisemiti, le leggi sovietiche prevedono la pena di morte”.


È difficile pensare che sia un caso che Stalin abbia fatto pubblicare l’intervista in Unione Sovietica solo il 30 novembre 1936, cioè nell’intervallo tra i due processi di Mosca. Se la pubblicazione dell’Agenzia Telegrafica Ebraica nel novembre 1930 poteva essere rimasta sconosciuta a molti intellettuali occidentali, ora la pubblicazione di tale dichiarazione inappuntabile sulla Pravda , costruiva a Stalin la reputazione di “ implacabile nemico giurato dell’antisemitismo”.


Avendo creduto alla sincerità di questa dichiarazione di Stalin (come del resto,bisogna dirlo, a molte altre sue dichiarazioni demagogiche), molti intellettuali Occidentali considerarono i rilievi di Trotsky sugli elementi antisemiti presenti nei processi, come dettati dal suo odio personale nei confronti di Stalin. Alcuni risposero a Trotsky con altre domande, il senso delle quali può essere così sintetizzato: “Come è possibile accusare la Russia di antisemitismo? Se l’URSS è una nazione antisemita, cosa altro rimane?”. “Simili obiezioni e stupori” affermò Trotsky “provengono da persone abituate a contrapporre all’antisemitismo fascista, l’emancipazione degli ebrei portata avanti dalla Rivoluzione d’Ottobre, così ora si sentono come se una certezza gli venga strappata di mano”.


Trotsky considerò con attenzione il fatto che negli anni trenta “numerosi circoli di intellettuali Ebrei…rivolgevano le loro aspettative verso il Comintern, non perché interessati al Marxismo e al Comunismo, ma per chiedere sostegno contro l’antisemitismo aggressivo”, diventato politica di stato in Germania. E’ naturale che in ambienti simili, qualsiasi commento sull’antisemitismo di Stalin potesse suonare blasfemo. Trotsky riteneva così importante spiegare la questione dell’antisemitismo, tanto da dedicare un articolo al suo approfondimento: “Termidoro e Antisemitismo”. In questo lavoro ricordò, prima di tutto, quanto ampiamente diffuso fosse l’antisemitismo nella Russia Zarista, manifestatosi non solo nei in periodici pogrom, ma anche in una gran quantità di pubblicazioni dei Cento Neri , stampate in tirature altissime per quei tempi. Sebbene la Rivoluzione d’Ottobre avesse posto fine alla minorità giuridica degli Ebrei, ciò non significava l’eliminazione immediata dell’antisemitismo. “La legge da sola non basta a cambiare l’uomo, i cui sentimenti, la mentalità, dipendono dalla tradizione, dalle condizioni di vita, dal livello culturale e così via. Il regime sovietico ha soltanto venti anni. La vecchia generazione è stata educata sotto il regime zarista. La nuova ha molto appreso dalla vecchia. Soltanto queste condizioni storiche generali dovrebbero costringere il pensatore onesto a capire che, nonostante l’esemplare legislazione dell’Ottobre, nel cuore delle masse arretrate pregiudizi nazionalistici e sciovinisti, e l’antisemitismo in particolare, potrebbero aver conservato una grande forza.”


Comunque Trotsky si rese conto che era insufficiente spiegare l’antisemitismo in Unione Sovietica come una semplice eredità del passato. Così puntò l’attenzione sui nuovi fattori sociali, nati nel periodo sovietico, che avevano preparato il terreno per la rinascita dell’antisemitismo. Gli Ebrei Sovietici appartenevano prevalentemente alla popolazione urbana e costituivano una forte minoranza in Ucraina, Bielorussia, e anche in gran parte del territorio della Russia. Il regime burocratico costituitosi in URSS “necessita di un gran numero di funzionari più di qualsiasi altro regime del mondo. Essi vengono reclutati tra la popolazione urbana più acculturata. Così è naturale che gli Ebrei siano presenti in numero sproporzionato nella burocrazia. Uno può anche chiudere gli occhi davanti a questi fatti, limitandosi a proferire frasi vuote sull’eguaglianza e la fraternità, ma la politica dello struzzo non conduce da nessuna parte.”


In condizioni di povertà e di basso livello culturale per la maggior parte della popolazione, continuava Trotsky, la percezione degli antagonismi sociali può facilmente degenerare nella xenofobia e nella malevolenza. “L’odio dei contadini e degli operai contro la burocrazia è una realtà di fatto nella società Sovietica. Anche a priori è possibile concludere che, almeno dove i funzionari Ebrei rappresentano una percentuale elevata della popolazione, l’odio per la burocrazia si tinge di antisemitismo”.


Trotsky notò che nella rinascita dei pregiudizi antisemiti, una parte della colpa ricadeva sui funzionari stessi e sugli intellettuali di provenienza ebraica. A questo riguardo ricordò il suo discorso alla Conferenza del Partito Ucraino, dove dichiarò che ogni funzionario avrebbero dovuto essere capace di scrivere e parlare il linguaggio della popolazione locale. Questa esigenza, che discendeva direttamente dai principi della politica nazionale bolscevica, incontrò la risposta ironica e sdegnata di quella parte dell’intellighenzia ebraica che scriveva e parlava in Russo, e non aveva nessuna voglia di mettersi a studiare l’Ucraino. A questi fattori sociologici , si univa la politica staliniana che fomentava i sentimenti antisemiti, dettata dal desiderio della burocrazia di uscire dall’isolamento sociale. Aveva creato attorno alla burocrazia un relativamente ampio strato di nuovi aristocratici, con l’aiuto di misure politiche ed economiche (gli stipendi assurdamente alti degli Stacanovisti, sproporzionati rispetto al loro lavoro, le onorificenze, le medaglie e così via) assieme a proclami demagogici pseudo-socialisti( ‘il socialismo e già stato realizzato. Stalin ha dato, dà e darà una vita felice al popolo’). Questa politica tendeva a conformarsi ai sentimenti nazionalistici della parte più arretrata della popolazione. “Il funzionario ucraino, se è nato in Ucraina, nei momenti di crisi, tende a sottolineare che egli è un fratello dei mugiki e dei contadini, non un forestiero, e in ogni caso, non un Ebreo. In simili comportamenti non c’è- purtroppo- nessun elemento di socialismo, ma neanche di semplice democrazia. Ma il punto vero è, che la burocrazia privilegiata , preoccupata solo dei suoi privilegi e completamente demoralizzata, è ora lo strato più antisocialista e antidemocratico della società Sovietica. Nella sua lotta per l’ autoconservazione, tende a sfruttare i pregiudizi più infami e gli istinti più bassi.”


Trotsky diede anche un gran numero di esempi di quanto ampiamente i metodi antisemitici furono usati nella lotta contro l’opposizione legale degli anni venti . La campagna causò un corrispondente rafforzamento dell’antisemitismo nella società in generale. Una conferma di queste tesi la forniva un seminario sull’antisemitismo, organizzato nel 1928 da Yuri Larin. Qui, un gran numero di propagandisti provenienti da ogni angolo del paese, riportarono le tipiche domande che gli venivano rivolte più frequentemente nei vari incontri. Insieme a una serie di domande che riflettevano le formulazioni dell’antisemitismo tradizionale (Perché gli Ebrei riescono a raggiungere buone posizioni?’, ‘Perché gli Ebrei non vogliono fare lavori pesanti? perché gli Ebrei tradiscono in caso di guerra? e così via), c’erano ”nuove” domande di questo tipo: ̔ perché l’opposizione al partito era composta per 76 % da Ebrei?’. E’ intuibile che simili fantasiose percentuali venissero suggerite dagli agitatori ufficiali.


I processi di Mosca provocarono una nuova fiammata di antisemitismo. Come prova di questo, Trotsky fece notare che, l’agenzia Tass rese noti, oltre agli pseudonimi dei politici accusati, coi quali erano conosciuti dalle masse, anche i loro veri nomi (lo stesso trattamento venne riservato in seguito a Sergei Sedov). “I nomi di Zinovev e Kamenev erano molto più conosciuti di quelli di Radomyslsky e Rosenfeld” scrisse Trotsky “Quale altro motivo può aver spinto Stalin a svelare i ‘veri’ nomi delle sue vittime, se non quello di risvegliare l'odio antisemita?”.


I nemici giurati del bolscevismo, percepirono istintivamente gli elementi antisemiti dei Processi di Mosca, così come della Grande Purga in generale. Nelle sue memorie, lo scrittore Lev Razgon, racconta di una conversazione nella prigione Butyrka con un tale di nome Roshakovsky, una grande aristocratico russo che era stato amico di Nicola II. Nei primi anni trenta, su sua richiesta, fu concesso a Roshakovsky di ritornare in Unione Sovietica dall' emigrazione, dove venne onorato, festeggiato, gli vennero concessi dei privilegi, ed ebbe un incontro con Stalin e Voroshilov.

Arrestato nel 1937, disse al suo compagno di cella che nonostante tutto si era sentito felice, quando aveva visto le celle “piene di comunisti- e di quei cominternisti, ebrei e politici intriganti che non capiscono niente di quello che gli sta succedendo”. Roshakovsky era sicuro poi, che il genocidio dei bolscevichi messo in atto da Stalin, unito strettamente alla persecuzione degli stranieri, prefigurava la “costituzione di un grande stato Russo con suoi grandi obbiettivi nazionali.”

In questo stato, dichiarò Roshakovsky, vedremo la rinascita “dell’antisemitismo di stato. Ci saranno di nuovo quote limitanti alle università e la smetteranno di prendere Ebrei nel Dipartimento degli Affari esteri, nella polizia, nella milizia: dovranno escluderli dalla elite governativa…Nella Germania civile, l’incolto e sottosviluppato Hitler, è arrivato al potere dicendo : ̔la Germania ai Tedeschi!’… Qui dovranno lanciare lo slogan:la Russia ai Russi !. E’ impossibile da evitare. E tutti seguiranno gli slogan che malediranno gli Ebrei! Gli slogan saranno fatti propri dai burocrati, dai professori, dai giornalisti e dagli scrittori.”


A quel tempo una previsione simile sarebbe apparsa assurda alla maggioranza dei bempensanti. Ma non a Trotsky, che scrisse che nella storia non è possibile trovare un solo esempio in qui la reazione, a seguito di una insurrezione rivoluzionaria, non si sia intrecciata a sfrenate passioni sciovinistiche, incluso l’antisemitismo”. La conferma emerse alla fine della Grande Purga, nella quale la percentuale gli ebrei coinvolti (così come gli altri “stranieri”- Finlandesi, Estoni, Lituani, Polacchi) superava di molto la percentuale degli epurati del resto della nazione. Dopo il 1938, solo pochi Ebrei restavano alla guida dello stato, nell’apparato economico e nell’esercito. L’apparato di partito, il vero sovrano del paese era stato, per dirla brutalmente, ripulito dagli Ebrei. Non si sa se ci fu qualche istruzione segreta a riguardo, ma resta il fatto che tra gli uomini dell’apparato, “le reclute del 1937 ” che rimpiazzarono i Bolscevichi della vecchia guardia – non c’erano quasi più Ebrei. A stretto contato con Stalin c’erano solo due Ebrei ( Kaganovich e Mekhlis), che avevano condotto operazioni antisemite con lo stesso zelo con cui si erano impegnati nei altri crimini della banda Staliniana.


Nelle sue memorie, S. Allilueva attribuisce l’antisemitismo del padre alla sua lotta contro Trotsky e l’Opposizione di sinistra in generale. Secondo la sua opinione, nel corso di questa lotta, l’antisemitismo, propagandato da Stalin, era rinato su “basi nuove”, trasformandosi successivamente in una aggressiva teoria ufficiale, diffusa in lungo e in largo con “la velocità di una pestilenza”.


In ogni modo, ancora oggi sopravvive la falsa concezione che l’antisemitismo di stato e nella vita quotidiana si sia risvegliato in URSS solo nella seconda metà degli quaranta. Ma sia i fatti suddetti, sia gli argomenti di Trotsky, confutano questa versione. Se la politica di Stalin non avesse contribuito alla rinascita dei sentimento anti-ebraico, non sarebbe stata possibile la vera e propria esplosione antisemita degli anni della guerra. A differenza che nei paesi occupati dell’Europa Centrale e Occidentale, dove le forze di Hitler trasportavano gli Ebrei nei campi di concentramento mascherando l’intenzione sterminatrice, nei territori occupati in Unione Sovietica il piano di sterminio degli Ebrei fu praticato apertamente, con la collaborazione di gruppi della popolazione locale. Negli stessi anni, si assistette ad un ritorno dell’antisemitismo tradizionale nella vita quotidiana . Le circolari del Comitato Centrale del VKP ponevano in evidenza l’eccessivo numero di Ebrei in campo scientifico, nel mondo della cultura e così via.


R. B. Lert, uno dei pochi del movimento dei dissidenti, che criticavano il presente regime da posizioni comuniste, scrisse quanto segue : “L’antisemitismo restò latente nel partito e nello stato prima della guerra; si sviluppò durante la guerra, per raggiungere la piena maturazione a cavallo degli anni cinquanta”. Ma anche allora la politica antisemita non veniva portata avanti apertamente, come accadeva nella Germania di Hitler, ma sotto forma di slogan di piombo contro il cosmopolitismo, il Sionismo e così via. Questa politica, che durante la vita di Stalin assunse la forma di un terrorismo fanatico (il caso del Comitato Ebraico Antifascista, il caso dei medici assassini,etc.) dopo la sua morte venne mantenuta sotto forma di limiti posti Ebrei per l’accesso ai posti di lavoro, limiti per la frequentazione dell’università, etc. A queste misure pratiche si accompagnavano battaglie ideologiche portate avanti da ferventi antisemiti, nelle quali il nome di Trotsky non aveva un ruolo secondario. Così nel romanzo di Shevtsov “in the Name of the Father and Son”, ci sono attacchi,scritti con la bava alla bocca, contro Trosky, qualificato come agente del Sionismo Mondiale.


Ovviamente Shevtsov era costretto a sottostare alla legge Staliniana dell’ipocrisia, coprendo il suo antisemitismo con etichette ideologiche. Nella logica di tale ipocrisia, egli pose il suo pensiero più riposto in bocca ad uno dei personaggi del romanzo – Gertsovich, un Ebreo presentato come Vecchio Bolscevico, arrestato, manco a dirlo, durante il periodo Staliniano. Per rendere più credibili le asserzioni antisemite contenute nel libello, si usava l’espediente di riportare il pensiero di Shevtsov : “Il Sionismo [a differenza del Fascismo. V.R.] segue un’altra strada, segreta, clandestina, penetrando nei gangli vitali dei governi di tutto il mondo, indebolendo dall’interno tutto ciò che è forte, sano, patriottico, manipolando la gente, occupando le posizioni più importanti dell’amministrazione, dell’economia , della vita intellettuale di questo o quel paese. Sia i Fascisti che i Sionisti odiano ferocemente l’ideologia Marxista-Leninista, specialmente l’internazionalismo, la fratellanza fra i popoli, con una differenza fra loro: i sionisti hanno agevolmente spedito i loro agenti all’interno dell’internazionale comunista e nel movimento dei lavoratori. Alcuni di questi agenti sono arrivati ai vertici dei partiti comunisti. Prima di Gertsovich c’era l’esempio del Giuda-Trotsky, considerato uno dei più tipici agenti provocatori del Sionismo”. Sentendo di essersi spinto troppo oltre, Shevtsov, specificava cautamente che simili ragionamenti rappresentavano “il personale punto di vista di Gertsovich, la sua visione del mondo, che può non coincidere con i risultati teorici della ricerca filosofica e sociologica”. A seguire, Shevtsov faceva proclamare a Gertsovich l’elogio di Stalin, per aver “liberato” l’Unione Sovietica dalla presenza di Trotsky. Sostenendo che Trotsky “ per lungo tempo aveva tentato di diventare dittatore, contando sull’inesperienza dei giovani comunisti”, aggiungeva Gertsovich “Trotsky perse il comando dell’esercito. Se Stalin non lo avesse smascherato- cosa sarebbe potuto accadere? Un incubo peggiore del Nazismo .Sono certo. Lasciate che gli storici dicano ciò che vogliono , ma io ho la certezza che tra Sionismo e Trotskismo c’era una alleanza...in cosa consisteva il loro accordo ? Il loro obbiettivo era il dominio sul mondo…Trotsky era un Sionista e il suo sedicente partito una emanazione del Sionismo.”

Dunque gli argomenti utilizzati da “Pamiat”, dai “Barkasciovisti” e da altri gruppi antisemiti, erano già stati stampati in Unione Sovietica 25 anni fa. Argomenti simili a quelli di Shevtsov si possono trovare nel programma del Partito Comunista della Federazione Russa, quando si dichiara che “i portatori dell’ideologia piccolo borghese [all’interno del Partito Bolscevico.V.R.] vedevano il paese e la proprietà nazionale come un bottino che non aspettava altro che di essere spartito. In principio, questo desiderio veniva mascherato dalla falsa interpretazione Trotskista dei doveri internazionali dell’Unione Sovietica”.


Anche i nazionalisti Ucraini diedero il loro contributo alla promozione dell’odio contro Trotsky e gli Ebrei. Nel 1963 la rivista Dnipro pubblicò il racconto di A. Dimarov Shliakami Zhittia La [La Via della vita]. Uno dei personaggi più importanti era il capo della GPU regionale, Salomon Liander che “considerava Trosky un modello; lo copiava in tutto,anche nei minimi dettagli dell’abbigliamento e nella gestualità . Rendendosi conto che la Russia poteva permettersi un solo Trosky ,si accontentò, per il momento, di essere un Trotsky su scala regionale [la sottolineatura è mia-V.R.]”. L’autore aggiungeva che Liander aveva ereditato “ da suo padre Gersh, e attraverso suo padre da suo nonno Motele, e attraverso suo nonno dal suo bisnonno Chaim – l’odio per quei dannati Khokhli [Ucraini]. E’ degno di nota il fatto che gli attenti “censori comunisti” sorvolarono su tutti questi passaggi che proclamavano l’inimicizia tra le nazioni e aizzavano gli Ucraini contro gli Ebrei.


C’è da stupirsi se dopo tutto questo, durante gli anni della “perestroika” e delle “riforme democratiche”, i sentimenti antisemiti tornarono a galla, portando alla rinascita , alla luce del sole, di organizzazioni del tipo dei Cento Neri, con le loro proprie pubblicazioni e le loro squadracce armate? Nel frattempo, nella propaganda antisemita, un posto di rilievo era rappresentato dai miti sui “demoniaci piani dei Trotskisti “, che facevano un tutt’uno con “la strategia mondiale del Sionismo”. Non solo nelle pubblicazioni dei fascisti Russi, ma anche nelle più “rispettabili” riviste come Nash Sovremennik [il Nostro Contemporaneo], Moskva [Mosca], Molodaia Guardia [La giovane Guardia], che riabilitavano Stalin come leader nazionale della Russia , e attaccavano rabbiosamente non più soltanto Trosky, ma anche il Bolscevismo nella sua interezza, arrivando a sostenere che la Rivoluzione d’Ottobre era stata una “Rivoluzione Ebraica”, e via dicendo. Così la semina di Stalin degli anni trenta, diede un abbondante raccolto nei decenni successivi.


 

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Ultima modifica 22.02.2008