Il Destino della “Lettera di un Vecchio Bolscevico”

Capitolo 28

 

Tra la fine del 1936 e l’inizio del 1937, il giornale dei Menscevichi, Socialist Herald

uscì con un articolo intitolato, ”Come sono stati preparati i Processi di Mosca”, il cui sottotitolo diceva ”Da una lettera di un Vecchio Bolscevico”. Lo scopo di questa pubblicazione era di spingere la pubblica opinione Occidentale alla protesta contro il terrore di massa, spiegando in Occidente le cause e le falsificazioni del primo processo contro i Vecchi Bolscevichi.

Il vero autore dell’articolo, presentato dall’editore come una lettera spedita clandestinamente dall’URSS da un Vecchio Bolscevico, era B. I. Nikolaevky, il quale, nella primavera del 1936 era stato intermediario nel negoziato tra la Seconda Internazionale,che intendeva vendere gli archivi di Marx ed Engels, e una delegazione Sovietica che voleva comprarli.

Durante i negoziati, Nikolaevky s’incontrò spesso con Bukharin, che faceva parte della delegazione Sovietica. Nel 1965, per la prima volta, Nikolaevky riferì il contenuto delle conversazioni che avevano avuto luogo in quegli incontri. La causa che aveva spinto Nikolaesky a rendere pubbliche le considerazioni di Bukharin, pare che sia stata, nel Maggio di quell’anno, la pubblicazione sulla stampa Occidentale, della lettera di Bukharin ”Alla Futura Generazione dei Dirigenti del Partito”, il cui testo era stato spedito all’estero da Larina Bukharina. Si può presumere che, dopo l’apparizione del documento, l’anziano Nikolaevky abbia deciso di rompere l’assoluto silenzio che si era volontariamente imposto allo scopo di non danneggiare i parenti di Bukharin ancora in vita, e in special modo Larina.

Preparandosi alla pubblicazione del suo articolo, Nikolaesvky non poteva non immaginare che Stalin avesse abbastanza agenti all’estero da informarlo accuratamente, sia delle conversazioni non ufficiali tra lui e Bukharin, che del nome del vero ispiratore dell’articolo. Partendo da queste considerazioni, Nikolaevky non incluse nell’articolo diversi episodi raccontati da Bukharin, allo scopo di evitare di dare “la prova diretta che egli era la fonte delle mie informazioni”. Lo stesso obbiettivo venne probabilmente perseguito dall’editore del Socialist Herald, il quale, nella prefazione alla prima parte della”lettera” che uscì il 22 Dicembre 1936, scrisse quanto segue: “La lettera ci è giunta poco prima che il numero della rivista fosse pronto per la stampa…Le dimensioni dello scritto e l’arrivo tardivo, non ci consentono, purtroppo, di presentare l’intero testo in questo numero. Così abbiamo deciso di pubblicare la conclusione della lettera nel primo numero che uscirà nel 1937.” Dando questa informazione, l’editore stava sottolineando che i fatti contenuti nella lettera, erano diventati di sua conoscenza, non dalla primavera del 1936, quando Bukharin s’incontrò con Nikolaevky, ma parecchi mesi dopo.

Nelle sue memorie, A. L. Larina, considera l’articolo,” Come sono stati preparati i Processi di Mosca”, una deliberata provocazione di Nikolaevsky e degli altri Menscevichi, allo scopo “di consegnare la testa di Bukharin a Stalin”. Larina rigetta fermamente anche l’ipotesi che Bukharin possa aver condotto, all’estero, qualsiasi tipo di conversazione politica, tanto meno di carattere oppositivo, con Nikolaevsky o con qualsiasi altro Menscevico. Secondo lei, come e più che durante i primi tempi della Rivoluzione, Bukharin continuava a considerare i Menscevichi come i suoi peggiori nemici politici. Larina spiega l’impossibilità di simili conversazioni, riferendosi anche alle seguenti circostanze. Prima di tutto, a Mosca Bukharin aveva ricevuto la direttiva stringente di non parlare né con gli stranieri né con gli emigrati Russi. In secondo luogo, la “visita inattesa” di Nikolaevsky a Parigi, alla quale lei era presente, era stata l’unica occasione in cui Bukharin e Nikolaevky avevano parlato della situazione in URSS.

Secondo Larina, la conversazione si aprì con la domanda di Nikolaevky:”Bene, come va la vita in URSS ?” Bukharin rispose:”La nostra vita è fantastica”, e poi, “con sincero entusiasmo”, iniziò a sviluppare il suo discorso. Nel fare questo,”le sue dichiarazioni differivano da quelle che aveva pubblicato recentemente nei giornali, solo in quanto evitava di menzionare ripetutamente Stalin, cosa che in URSS non poteva evitare di fare”. Quando Nikolaevky interruppe l’entusiastica narrazione di Bukharin con una domanda circa il suo giudizio sulla collettivizzazione, Bukharin disse:” In patria scrivono che mi sono opposto alla collettivizzazione, ma questo è un mezzo usato solo da propagandisti da quattro soldi…Ora, di fronte all’avanzata del fascismo, posso dire che Stalin ha trionfato”.

Questa spiegazione di Larina era perfettamente in linea con la concezione del suo libro, secondo la quale , dopo il 1929, ”Nikolay Ivanovich era giunto alla conclusione di abbandonare qualsiasi forma di lotta. Sotto la pressione di Stalin, il partito aveva perseguito una diversa politica, rigettando le concezioni economiche di Bukharin. Giunti a quel punto di sviluppo[le collettivizzazioni forzate. NdT], era più utile rimanere uniti”.

Molti documenti che sono stati resi pubblici negli anni recenti provano che Bukharin effettivamente, dall’inizio degli anni trenta, pose fine ad ogni sua attività di opposizione. Tuttavia, ciò non significa che si fosse trasformato in un burocrate conformista e mediocre, oltre che nei suoi scritti, anche nel profondo del suo animo. Inoltre, è difficile concordare con l’assoluta certezza di Larina, secondo la quale, Bukharin condivideva con lei, donna molto giovane all’epoca, tutte le informazioni politiche che aveva e le confidava tutti i suoi ragionamenti politici.

Io credo che molti degli argomenti presentati nella “Lettera di un Vecchio Bolcevico” i quali, secondo l’ultima testimonianza di Nikolaevky, rappresentano un riadattamento delle storie di Bukharin, riflettano il contenuto effettivo del punto di vista politico del Bukharin di quel tempo, molto più adeguatamente delle dichiarazioni apologetiche riportate da Larina. Si pensi soprattutto, alle parole su come, alla fine del 1932, ”la situazione del paese era molto simile a quella del periodo della rivolta di Kronstad…In ampi settori del partito si parlava soltanto di come Stalin, con la sua politica, stava portando il paese in un vicolo cieco mettendo il partito contro i contadini: la situazione poteva essere riaggiustata solo rimuovendo Stalin.” L’articolo del Socialist Herald, riportava anche, quasi alla lettera , il pensiero di Bukharin sulla tragedia della collettivizzazione forzata: ”Gli orrori che accompagnarono la collettivizzazione, di cui voi potete avere solo una pallida idea, ma loro, i vertici del partito, erano tutti al corrente di quanto accadeva, e molti ne soffrivano fortemente”.

Secondo quanto ricordò Nikolaevky nel 1965, aveva appreso da Bukharin anche informazioni sui “dettagli dell’attacco di Riutin a Stalin”. Questa possibilità è respinta da Larina con particolare veemenza. Osservando che “la Lettera di un Vecchio Bolscevico”, contiene molti elementi della “Piattaforma Riutin” già pubblicati dalla stampa Russa, e che la “Lettera” descrive la discussione dell’affare Riutin ad una sessione del Politburo, Larina ricorda che nel 1932, Bukharin non faceva più parte del Politburo e che “non vigeva la regola di rendere noto ciò che si discuteva durante i lavori del Politburo”. Seguendo questa logica se ne potrebbe dedurre che, Nikolaevky avrebbe potuto ricevere informazioni adeguate, solo da…un membro del Politburo.

In realtà, oltre che abusi volgari e false calunnie, sull’affare Riutin niente era stato pubblicato, né sulla stampa ufficiale, ne negli organi di stampa interni al partito. In ogni modo, all’inizio degli anni trenta, era ancora possibile che molte delle informazioni segrete, arrivassero, da membri del Politburo tipo Kirov e Ordzhonikidze alle orecchie di un attivista della statura di Bukharin. C’è anche la prova che il contenuto genuino della “Piattaforma Riutin” era conosciuto da molti membri del partito. Negli anni cinquanta e sessanta, i Vecchi Bolscevichi che stavano portando avanti una campagna per la riabilitazione di Riutin, avevano sottolineato adeguatamente le idee di fondo contenute nel documento vietato, discutendone con i “reinvestigatori” della Commissione di Controllo del Partito.

A. M. Larina nota correttamente che la pubblicazione della “Lettera” era “un atto veramente sedizioso per quei tempi” e che il solo fatto di aver trasferito queste informazioni ai Menscevichi, avrebbe potuto essere interpretato dal “sistema giudiziario” Staliniano, come un comportamento criminale. Larina usa queste premesse corrette per rafforzare la sua idea di fondo:”La Lettera di un Vecchio Bolscevico ha un chiaro carattere provocatorio”, e il suo autore,”ha coscientemente aiutato i persecutori”. A questo riguardo, Larina non esclude che siano stati gli agenti di Stalin a fornire a Nikolaesky le informazioni contenute nella “Lettera”, allo scopo di compromettere Bukharin..

In realtà, la pubblicazione della “Lettera” era un evento molto fastidioso per Stalin. Infatti, non solo rendeva noti all’opinione pubblica mondiale fatti che Stalin aveva nascosto per anni, ma rivelava anche le sue intenzioni sinistre: cioè che era ancora agli inizi dell’operazione che avrebbe portato allo sterminio di tutta la vecchia guardia del partito. La “Lettera” spiegava che la decisione di fare il Processo di Mosca era stata presa dopo un indagine della polizia segreta da cui risultava che, ”i veri sentimenti della gran parte dei vecchi attivisti del partito erano profondamente ostili a Stalin…Il partito non si è per niente riconciliato con la dittatura di Stalin…A dispetto delle loro festose dichiarazioni, nel profondo del loro cuore i Vecchi Bolscevichi hanno una scarsa stima di lui, e questa opinione negativa tende a rafforzarsi invece che a diminuire…L’enorme maggioranza di coloro che adesso esprimono le più grandi lodi nei suoi confronti, domani, al primo mutare della situazione politica, lo tradiranno”. La lettera spiegava che, dopo aver soppesato tutti questi elementi, Stalin era giunto alla seguente conclusione: “Se i Vecchi Bolscevichi, il gruppo oggi al potere nel paese, non sono pronti a svolgere la loro funzione sotto le nuove condizioni, essi devono essere rimossi dai loro posti il più velocemente possibile, e devono essere promossi nuovi dirigenti che li sostituiscano”.

Queste profonde considerazioni, viste alla luce dell’esperienza personale dei membri e dei membri candidati del CC avrebbero potuto creare una grande impressione. Per questo, a differenza di altri articoli della stampa dell’emigrazione riguardanti la situazione interna dell'URSS, usualmente distribuiti all’elite del partito, l’articolo del Socialist Herald, non venne portato a conoscenza della gran maggioranza dei partecipanti al Plenum di Febbraio-Marzo. Durante l’intero svolgimento dei lavori del Plenum, se ne fece menzione solo nel discorso di Yaroslavky, che dichiarò : “Se prendete l’ultimo numero del Socialist Herald, interamente dedicato al precedente processo, vi convincerete che Bukharin e Rykov stanno seguendo la stessa linea calunniosa del Socialist Herald ,e il Socialist Herald sta già conducendo una difesa preventiva di Bukarin e Rykov”. In realtà, questa “difesa” di Bukharin e Rykov da parte del giornale dei Menscevichi, si era limitata ad una articolo riguardante la loro “riabilitazione” nel Settembre del 1936 che conteneva il commento che segue:”Yezhov si è pentito di questa concessione, e dichiara, abbastanza apertamente, che sarà in grado di correggerla”.

Così, al Plenum Bukharin non venne accusato di aver avuto conversazioni con Nikolaevky: le uniche osservazioni che furono fatte riguardavano la coincidenza tra il suo punto di vista e quello espresso da Socialist Herald.

In ogni modo, la questione dei negoziati “segreti” con i Menscrvichi era già stata sollevata, alcuni mesi premi del Plenum, da Radek negli interrogatori che vanno dal 27 al 29 Dicembre, vale a dire pochi giorni dopo dell’uscita a Parigi del Numero di Socialist Herald contenente la prima parte della “Lettera”. Radek dichiarò (ripetendo le presunte parole di Bukharin):”Bukharin ha chiesto a Dan [l’editore del Socialist Herald.-V.R.], nell’eventualità di un fallimento del “blocco” in URSS, l’apertura, tramite la Seconda Internazionale. Questo spiega l’intervento della Seconda Internazionale in difesa del primo centro, quello del blocco dei Trotskisti e degli Zinovevisti”.

La trascrizione di quest’interrogatorio fu spedita a Bukharin.

Sebbene la testimonianza di Radek non riguardasse l’articolo del Socialist Herald, ma solo una dichiarazione ufficiale da parte della leadership delle Seconda internazionale in connessione con il Processo dei Sedici, l’accostamento del nome di Dan a quello di Bukharin rappresentava un segno minaccioso. Bukharin riceveva l’avvertimento che la NKVD era, in qualche modo, informata delle sue conversazioni non ufficiali con i Menscevichi.

Comprendendo che solo il fatto che simili conversazioni confidenziali avessero avuto luogo, avrebbe scatenato l’ira di Stalin, Bukharin restava comunque all’oscuro su cosa precisamente, Stalin sapeva del contenuto delle discussioni.

Allo scopo di poterci più chiaramente figurare il comportamento di Bukharin nel suo viaggio all’estero, è necessario dirigere la nostra attenzione, prima di tutto, sul fatto che Bukharin stava viaggiando all’estero per la prima volta dopo diversi anni, anni durante i quali era stato costretto a tenere uno stile di vita innaturale in URSS, fino al punto di rifiutarsi di incontrare anche gli amici più stretti, per la paura di essere accusato di “mantenere una frazione”. E’ comprensibile che, trovandosi all’estero, Bukharin a contatto con un’atmosfera completamente differente fosse, per così dire, intossicato dalla libertà, dalla apparente scomparsa della continua sorveglianza a cui era sottoposto in patria, e dalla paura di essere denunciato per il minimo commento imprudente. A questo riguardo, è appropriato citare la testimonianza che un altro Bolscevico fece a Nikolaevky:”In Russia abbiamo dimenticato la sincerità. Solo all’estero, se abbiamo a che fare con persone che conosciamo e di cui ci fidiamo, iniziamo a parlare con sincerità”.

Con la trascuratezza che era una sua caratteristica all’epoca, Bukharin evidentemente non aveva considerato, che la sorveglianza invisibile della NKVD all’estero, poteva essere non meno pervasiva che in URSS. Forse se ne rese conto solo nel momento in cui Nikolaevky si presentò in anticipo al suo albergo, quando, con voce preoccupata , disse alla moglie che Nikolaevky sembrava sapere dell’assenza degli alti membri della commissione(aveva chiamato preliminarmente Bukharin al telefono), ed evidentemente perseguiva lo scopo di parlare, da solo, con lui. Fu allora che se la prese contro la propria imprudenza: ”In ogni modo ho parlato anche troppo, specie riguardo ai propagandisti da quattro soldi”.

Secondo alcune testimonianze attendibili, nel 35/36, spesso Bukharin pensò alla possibilità di perire in una nuova ondata di terrore Staliniano. Non sorprende, quindi, che alla vigilia di un simile possibile evento desiderasse raccontare il suo pensiero segreto (che non aveva confidato praticamente a nessuno nel suo paese) ad un vecchio socialista la cui personale probità era ampiamente riconosciuta. E comunque, nel 1936, Bukharin, non poteva considerare Nikolaevky e gli altri Menscevichi i suoi più irreconciliabili oppositori, come lo erano stati durante i primi

i primi anni della rivoluzione. Dopo tutto, anche la linea ufficiale del Comintern dell’epoca propugnava la politica del Fronte Unito dei Lavoratori, ossial’alleanza con la Seconda Internazionale, al cui interno militavano anche i Menscevichi Russi.

Date tutte queste circostanze, è evidente che la “ lettera di un Vecchio Bolscevico” giocò un ruolo non piccolo nel determinare il comportamento di Bukharin durante l’istruttoria ed il processo. E’ indicativo il fatto che Radek, al secondo Processo di Mosca, non parlò dei negoziati di Bukharin con Dan. Questa versione, messa in bocca a Radek dagli investigatori, venne accantonata fino al “Processo del Blocco dei Destri e dei Trotskisti”, dove fu lo stesso Bukharin a introdurla.

Dobbiamo presumere che Stalin volle riservarsi di utilizzare la “ Lettera di un Vecchio Bolscevico” per fare pressione su Bukharin durante l’istruttoria in prigione. Questo documento era la prova provata del suo crimine principale, che determinò il fallimento del suo tentativo di respingere le accuse di tutti gli altri crimini. Il suo crimine era conosciuto, nel gergo del partito, con il nome di “doppiezza”.

Come si ricorderà, Bukharin lasciò, o meglio, fu estromesso dal Plenum di Febbraio-Marzo, senza aver riconosciuta per vera, neanche una delle accuse che gli erano state mosse. Allo stesso tempo, nei suoi interventi al Plenum, mai si era stancato di ripetere che considerava “brillante” la politica di Stalin, e Stalin stesso il capo irreprensibile del partito e dello stato. Ci possiamo immaginare come dovette sentirsi Bukharin, quando, dopo tutto questo, gli fu mostrato l’articolo del giornale Menscevico che riportava i suoi pensieri genuini,di carattere nettamente opposto a quelli espressi durante il Plenum. Secondo la logica Staliniana, ampiamente introiettata dallo stesso Bukharin, questo significava che, fino all’ultimo momento di libertà, era rimasto un “doppiogiochista”. Secondo la stessa logica, l’unica possibilità di mitigare la pena prevista per il suo crimine, sarebbe stata quella di “deporre le armi di fronte al partito”, vale a dire: confermare tutte le altre accuse che gli erano state rivolte”.

La situazione di Bukharin era seriamente aggravata anche da un’altra circostanza. Anche se gli era stato mostrato l’articolo del Socialist Herald, e gli erano stati mostrati i rapporti delle se conversazioni non ufficiali (strettamente vietate da Mosca), rimaneva all’oscuro su quali ulteriori informazioni, riguardanti il suo comportamento all’estero, erano in mano alla NKVD. Infatti, Bukharin era responsabile anche di altri, più seri, “crimini” (dei quali è possibile che gli agenti di Stalin non fossero a conoscenza).

Durante il suo viaggio all’estero, Bukharin ebbe franche conversazioni, non solo con Nikolaevky, ma anche con F. N. Ezerskaya, ex segretaria di Rosa Luxemburg. La Ezerskaya gli propose anche di rimanere all’estero e di pubblicare un organo internazionale della “destra”. Bukharin le rispose che riteneva “inammissibile scappare dal campo di battaglia, tanto più che la situazione [in URSS. V.R.] era tutt’altro che senza speranza [dal punto di vista dell’opposizione anti-Stalinista. V.R.]

Ancora più “sediziosa” poteva considerarsi la sua conversazione con F. I. Dan. Secondo le memorie di L. O. Dan, moglie di Dan, Bukharin si presentò, inaspettatamente, a casa loro, spiegando semplicemente che la sua visita“ gli avrebbe fatto bene all’anima”. Durante questa visita Bukharin diede l’impressione di sentirsi completamente distrutto. Disse a Dan: “ Stalin non è un uomo, ma un demonio che ci distruggerà tutti [i Vecchi Bolscevichi. V.R.], ”e tracciò un ritratto impressionante di Stalin:”Voi qui dite di sapere poco di lui, ma noi lo conosciamo anche troppo bene…Egli è anche un uomo infelice, perché non può convincere nessuno, neanche se stesso, e questa sua disgrazia, è forse il suo solo tratto umano…Ma ciò che non è più umano, e contiene qualcosa di diabolico, è il fatto che per questa sua “disgrazia” egli si vendica su ogni persona, su tutti, e in particolare su quelli che ritiene, in qualche modo, superiori a lui”.

E’ notevole che Dan morì senza aver parlato a nessuno di questo incontro con Bukharin, neanche al suo amico intimo Nikolaevky. L. O. Dan spiegò questo con il fatto che suo marito sentiva che questo racconto “avrebbe, in qualche modo, potuto danneggiare Bukharin”. Nikolaevky stesso giudicò la rivelazione di Lidia Ossipovna “una completa invenzione”. Essendo certo che il destino aveva fatto di lui, “ in un certo senso, una sorta di carnefice di Bukharin”, non poteva credere che Bukharin avesse manifestato i suoi pensieri segreti anche ad altri emigranti.

E’ naturale che A. M. Larina , che considerava la parole di Nikolaevky “un falso”, definisca

le memorie di L.O. Dan, “un documento ancora più strano”. Respingendo totalmente anche la possibilità di una conversazione sincera tra Bukharin e Dan, pose una domanda al riguardo: ”Se questa conversazione avesse avuto veramente luogo, perché, Dan, che mori nel 1947, non ne avrebbe fatto parola con nessuno neanche dopo l’esecuzione di Bukharin quando non c’era più ragione di aver paura delle possibili conseguenze negative su Bukharin”?

Ad Anna Mikhailovna non viene in mente che, l’estrema cautela di Dan, poteva essere determinata dal fatto che era consapevole che, se fosse trapelata anche la minima informazione riguardante la conversazione in oggetto, avrebbe potuto portare alla sua morte, e alla morte degli altri intimi di Bukharin rimasti, come ostaggi , in URSS.

Dan e Nikolaevky erano dei politici esperti che seguivano attentamente ciò che accadeva in URSS, di cui avevano compreso la situazione più chiaramente di Bukharin, per non parlare di sua moglie.

Tali sono alcune della circostanze legate alla “Lettera di un Vecchio Bolscevico”, che influenzarono il destino di Bukharin.

 

 

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Ultima modifica 26.03.2008