Il Plenum di Febbraio-Marzo sul Sabotaggio

Capitolo 30

 



Il secondo punto in agenda era così formulato: "La lezione da trarre dai fatti di diversione, sabotaggio e spionaggio da parte dei Trotskisti agenti dei Tedeschi e dei Giapponesi nei Commissariati del Popolo dell’Industria Pesante e dei Trasporti”.

Già durante la discussione sui problemi della democrazia nel partito, diversi oratori, senza che ci fosse alcuna connessione con l’argomento in discussione, si erano riferiti a “fatti” concernenti l’attività di sabotaggio dei Troskysti. Yevdokimov aveva detto che, “nemici insediatisi nel comitato cittadino di Rostov”, non avevano, deliberatamente, fornito le necessarie bombole antincendio durante la costruzione di un edificio scolastico. Inoltre, Yevdokimov riferì la testimonianza di uno dei “sabotatori”: “Lasciate che i bambini studino, poi, dopo un po’ di tempo, faremo scoppiare un tale incendio, che l’intera popolazione di Rostov maledirà il regime fino alla fine dei suoi giorni”.

L’immaginazione degli altri oratori non riusciva a spingersi a tali sinistri esempi. Kabakov poté riferire solo di quando, all’apertura del congresso dei Soviet a Sverdolsk, c’erano le file per il pane, in quanto, ”il Consiglio Regionale per il Commercio, mentre l’intera leadership era concentrata sui problemi della pianificazione e del sistema dei trasporti, era infestato dai nemici.” Un altro esempio di “sabotaggio nel commercio”, citato da Kabakov, appariva ancora più farsesco: “In un magazzino abbiamo scoperto quanto segue: I libri di Zinovev venivano usati come carta da imballaggio, e in un negozio, la merce veniva avvolta con le relazioni di Tomsky (risate). Da un nostro controllo, è risultato che le organizzazioni del commercio avevano acquistato alcune tonnellate di quella letteratura. Chi può dire con certezza che questo tipo di letteratura fosse usata solo come carta da avvolgere”?

Altrettanto fantasioso era l’esempio di “sabotaggio ideologico” fornito da Bogushevsky, il quale raccontò che, subito dopo aver trasmesso la notizia dell'esecuzione della sentenza del caso del “Centro Trotskista Antisovietico”, la stazione radio di Minsk “mise in onda un concerto che includeva anche la famosa Sonata in Si Minore di Chopin, la cui terza parte è “La Marcia Funebre”,…Tutto questo veniva fatto in maniera molto sottile: non si trattava semplicemente di una marcia funebre - di cui sarebbe stato troppo facile accorgersi ed evitare che venisse programmata- ma della Sonata in Si minore: non tutti sanno che contiene la marcia. Questo non era un incidente. Infatti è risultato che quella zona pullulava di Trotskisti e di altri elementi poco raccomandabili.” Secondo Bogushevsky, la sofisticazione e la grande erudizione degli “elementi Trotskisti”, era stata utilizzata per esprimere il cordoglio in occasione dell’esecuzione degli imputati.

Naturalmente servivano “fatti” più consistenti per poter impressionare i partecipanti al Plenum e l’intera popolazione nazionale, mostrando le dimensioni e le gravi conseguenze del “sabotaggio”. Di questo si occupò Molotov, quando con il suo rapporto aprì la discussione del terzo punto in agenda. La sua relazione fu immediatamente pubblicata dalla Pravda e dal Bolscevico, e subito dopo, pubblicata in edizione separata, con una tiratura di oltre un milione e mezzo di copie.

Per descrivere le dimensioni enormi del sabotaggio, Molotov citò liberamente le testimonianze di persone che erano state a capo di grandi imprese e di cantieri in costruzione. Queste descrizioni contenevano un ampio spettro dell’attività di sabotaggio: ritardi nell’attuazione dei piani, rallentamento nella costruzione delle opere, distruzione dei macchinari, organizzazione di incidenti ed esplosioni, avvelenamento di lavoratori con il gas e così via. Tutto ciò che dipendeva dalla mancanza di coordinamento e dagli errori di valutazione durante l’industrializzazione forzata, le difficili condizioni di vita dei lavoratori (artatamente create “dai sabotatori”, allo scopo di provocare una disaffezione di massa verso i Soviet), gli imbrogli legati al movimento Stacanovista (“accreditando ad alcuni individui quantità di lavoro non effettivamente svolto”, allo scopo di “creare contrasti tra Stacanovisti e non Stacanovisti”), veniva attribuito agli intrighi dei “sabotatori”.

Ricordando i processi di sabotaggio agli specialisti non iscritti al partito tra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta, affermò inequivocabilmente che era adesso che ci si dovevano aspettare i colpi peggiori. Infatti, poiché i grandi capi delle fabbriche erano ormai “quasi tutti, comunisti, la peculiarità del sabotaggio odierno è che la tessera del partito viene usata per organizzare il sabotaggio nel nostro apparato dello stato e nella nostra industria.”

Dopo aver affermato: ”I fatti recenti hanno dimostrato il coinvolgimento, non solo dei Trotskisti, ma anche dei Bukhariniani, nell’attività di sabotaggio”, Molotov citò una prova fornita da uno dei Bukhariniani, il quale, quando gli avevano chiesto:” Avete informato, circa la vostra attività di sabotaggio, il centro nazionale controrivoluzionario?”, aveva risposto: ”Sì ho informato Uglanov, un membro del centro… Ricordo che ad uno dei nostri incontri nel suo appartamento, Uglanov mi disse soddisfatto :’Bravissimo Vasya, ti stai dimostrando davvero bravo (Postyshev: Bene Vasya. Voce dalla sala: Ah, che bastardo).”

Molotov parlò con particolare indignazione del lavoro svolto dalla commissione creata da Ordzhonikidze per verificare eventuali fatti di sabotaggio verificatisi nelle imprese del Commissariato del Popolo per L’Industria Pesante [NKTP]. Nel fare questo prestò la massima attenzione alle note riassuntive della commissione Ginzburg-Pavlunovsky, il cui testo, su richiesta di Poskrebyshev, fu consegnato a Stalin il giorno dopo i funerali di Ordzhonikidze. A questo proposito, quanto che accadde è degno di nota: quando apprese dell’intenzione di Ginzburg di presentare a Stalin il testo senza emendamenti riguardanti il “sabotaggio”, M.M. Kaganovich disse a Ginzburg che in tal caso doveva prepararsi una ”valigia con gli effetti personali”( avendo in mente la possibilità del suo arresto), e aggiunse: ”Tu non sei un bambino, e sai bene cosa sta succedendo nel nostro paese”.

Nel rapporto di Molotov, il lavoro della commissione Ginzburg-Pavlunovsky veniva interpretato come “un segno della nostre difficoltà nell’opera di ristrutturazione: è un segno del nostra incapacità di sviluppare lungimiranza e vigilanza, e della nostra incapacità di individuare in tempo tutte le mosse dei nemici”. Molotov aggiunse che per molti anni, il capo della fabbrica di vagoni ferroviari negli Urali era, ”il Trotskista più attivo, Maryasan, che in seguito ha confessato di tutto, e per un lungo periodo, nello stesso luogo, il segretario del comitato del partito era il sabotatore Trotskista Shaliko Okudzhava. Questo era un gruppo molto affiatato. E’ chiaro che poterono effettuare un non piccolo numero di atti di sabotaggio contro il nostro stato. Ma come si può concepire, alla luce di tutto questo, che nel Febbraio di quest’anno, su ordine del Commissariato Del Popolo per l’Industria Pesante, una commissione mandata sui siti delle fabbriche di vagoni ferroviari alla ricerca di atti di sabotaggio…dichiari: l’attività di sabotaggio nelle fabbriche non è molto sviluppata?…(Voce dalla sala: Ah no! Questo è un nonsenso!)… E hanno anche spiegato come sono giunti a questa conclusione. Ma mentre loro, in Febbraio, viaggiavano sul posto, Marysan dava una nuova testimonianza, una testimonianza molto più concreta, che non coincide per niente con le conclusioni della commissione…Compagni del Commissariato dell’Industria Pesante, siete ancora in grado di verificare, sia ciò che dice Marysan che quanto riporta la commissione che ha viaggiato sul posto? (Voce dalla sala: Giusto!). Questo passaggio del rapporto di Molotov era un avvertimento inequivocabile ai dirigenti economici circa l’inammissibilità di avanzare anche il minimo dubbio sulle veridicità delle auto-calunnie costruite nelle stanze di tortura della NKVD.

Questa idea era espressa in maniera ancor più aperta e cinica nel testo tratto dal rapporto di Molotov pubblicato dalla stampa, dove si può leggere: ”La cecità politica della commissione è evidente…E’ sufficiente dire che questa commissione non evidenzia neanche un singolo fatto di sabotaggio nei siti di costruzione. Questo significherebbe che l’inveterato sabotatore Marysan, e l’altro sabotatore Okudzhava, si stanno auto-calunniando”.

Commentando questo passaggio della relazione di Molotov, Trotsky scrisse: “Leggendo questa roba non si crede ai propri occhi! Questa gente non ha perso solo la vergogna, ma anche il senso del limite…Indagini ulteriori sui “fatti di sabotaggio” erano necessarie, in quanto la gente non credeva alle accuse della GPU e alle confessioni estorte con la tortura. Eppure, una commissione diretta da Pavlunovky, che in precedenza aveva fatto a lungo parte della GPU, non è riuscita a scoprire neanche un singolo fatto di sabotaggio.”

La storia del Sito di Costruzione di Vagoni Ferroviari negli Urali ebbe un seguito degno di nota. Dopo la morte di Ordzhonikidze, venne nominato Commissario del Popolo per l’Industria Pesante Mezhlauk, che fu in breve tempo, rimpiazzato da Kaganovich. A caccia di sabotatori, Kaganovich arrivò fino a Nizhny Tagil. Dopo aver ispezionato la fabbrica di vagoni ferroviari, si incontrò con il direttore. La stessa notte, il direttore di questa fabbrica fu arrestato per la terza volta, e insieme a lui vennero arrestati quasi tutti i quadri economici della fabbrica e della città. Nonostante ciò, quando ritornò a Mosca, Kaganovich convocò Ginzburg e, evitando ogni riferimento al sabotaggio, riferì delle condizioni straordinarie in cui aveva trovato la Fabbrica di Vagoni degli Urali.

Dopo aver presentato i concreti “atti di sabotaggio”, Molotov iniziò a respingere ”quegli argomenti e quelle discussioni che tendono a suggerire che il sabotaggio è un tema ampiamente inflazionato”, opinione molto diffusa tra i leader economici. Sottolineando che “tali argomenti sono, di certo, un errore volgare; un errore e un segno di cecità politica”, Molotov richiamò la popolazione a “scovare il nemico e a sconfiggerlo in tempo, strappandogli le mani, e, se necessario, sradicarlo completamente; distruggerlo.”

Concludendo il suo rapporto, Molotov espresse la convinzione che, ”l’eliminazione dei sabotatori, eversori, spie e altre canaglie, dall’industria e dall’intero apparato dello stato”, avrebbe permesso all’URSS “di raggiungere e superare lo sviluppo tecnologico dei maggiori paesi capitalisti.”

Dopo Molotov, Kaganovich sbalordì l’intero Plenum con il suo rapporto contenente le statistiche che fornivano le dimensioni degli atti di sabotaggio nelle ferrovie: la linea ferroviaria Turkestan-Siberia, (e altre linee) era stata costruita “in maniera sabotatoria”, e tutte le riviste “che si occupavano di macchine a vapore, vagoni ferroviari, binari e via dicendo”, così come il dipartimento di studi di alta specializzazione posti sotto la giurisdizione del NKPS, erano in mano ai sabotatori. Quasi tutti i reporter che avevano partecipato alla conferenza tenuta nel 1934, “si erano rivelati dei sabotatori”. Non meno terrificante era la statistica citata da Kaganovich sulle dimensioni della repressione nei trasporti. Secondo il suo rapporto, solo in 26 siti di difesa, erano state scoperte 446 spie “e un gran quantità di altri bastardi”.

Naturalmente queste statistiche avrebbero sollevato la domanda: come è stato possibile che Kaganovich, che lavorava dal 1935 al Commissariato del Popolo ai trasporti, non si sia reso conto di una simile quantità di spie e sabotatori? A questo riguardo, Kaganovich offriva tutta una serie di giustificazioni.

Prima di tutto si pentiva di essersi “fidato troppo”, e come esempio di questo suo eccesso di fiducia, disse di non aver prestato abbastanza attenzione al fatto che uno dei dirigenti del suo commissariato “era da lungo tempo amico di Serebriakov, e andava a visitarlo ogni volta che capitava a Mosca”. Dopo aver raccontato qualche altro episodio del genere, Kaganovich dichiarò:”La mia unica consolazione è di non essere stato il solo a trovarmi in questa situazione(commenti e agitazione nella sala), ma questa consolazione serve a poco e credo che ciascuno di voi potrebbe fornire altri simili esempi di mostruosità”.

Seconda giustificazione: una della ragioni per cui il commissariato “pullulava” di nemici era dovuta al fatto che Trotsky era stato a capo dei trasporti nel 1921.

Terza: Kaganovich citò molte esempi che dimostravano che, da quando era arrivato al commissariato del popolo, aveva condotto un lavoro instancabile per “sradicare” i Trotskisti, in primo luogo dai posti di responsabilità nei trasporti. A questo riguardo dichiarò che, al primo Gennaio del 1935, su 177 capi di dipartimento del commissariato, 36 risultavano aver partecipato a un qualche gruppo di opposizione in passato: due anni dopo, su 251 capi di dipartimento (nel frattempo l’apparato del commissariato era cresciuto significativamente), solo sei ex oppositori rimanevano al loro posto. Su 99 dirigenti rimossi dal loro posto nel biennio 1935-1936, 36 erano stati arrestati, e 22 di loro erano stati licenziati prima del loro arresto. Tra gli arrestati, disse Kaganovich per dimostrare la sua “logica”,”Tre si erano dichiarati ex Trotskisti nei questionari, mentre gli altri non si erano dichiarati come tali, il che significa che erano degli “infiltrati.”

Kaganovich dichiarò che nel Gennaio del 1936, aveva emesso una direttiva nella quale individuava la causa principale degli incidenti nei trasporti, nell’attività di sovversione e sabotaggio portata avanti dal nemico di classe. In questa direttiva, avanzò la richiesta che “entro un mese, fossero rimossi tutti gli individui in grado di sabotare [corsivo di Rogovin]. Applicando questa direttiva, diverse migliaia di persone furono coinvolte nell’epurazione. Nell’apparato che si occupava dei trasporti, 229 Trotskisti vennero “smascherati”, e nell’apparato della NKPS i Trotskisti erano 109.

Quarta giustificazione: Kaganovich fornì degli esempi della sua vigilanza nei confronti dei suoi più stretti collaboratori. Riportò che tante volte, in presenza dei suoi collaboratori aveva “guardato con sospetto” il suo vice Livshits e gli aveva chiesto, “allo scopo di sradicare da lui ogni vestigia di Trotskismo…Perché te ne vai in giro con quell’aria tetra? C’è qualcosa che non va?... In te sono ancora presenti elementi di Trotskismo…C’è ancora un residuo di Trotskismo in te.”

Kaganovich parlò di Kniazev, un altro dirigente fucilato. Avendo appreso per caso da un certo “Kharbinets della KVZhD [la linea ferroviaria che conduceva in Cina], che aveva lavorato con Kniazev oltre che vissuto nel suo appartamento (tutti coloro che avevano avuto a che fare con quella ferrovia, venduta dal Governo dei Soviet alla Manciuria nel 1935, erano automaticamente sospettati di essere “spie del Giappone”), lui, Kaganovich telefonò alla NKVD e chiese che Kniazev fosse posto sotto stretta sorveglianza.

Kaganovich descrisse anche i metodi da lui impiegati per mobilitare l’apparato nella lotta contro il sabotaggio. Così, egli predispose una specie “ di gioco di guerra”, nel quale gli specialisti del commissariato dovevano ”immaginare di essere dei nemici”, allo scopo di individuare,” in che modo avrebbero potuto causare dei blocchi alle stazioni e dei rallentamenti nella tabella di marcia dei treni.” Kaganovich richiamò anche gli esperimenti da lui effettuati quando, negli anni venti, era a capo del dipartimento della distribuzione del CC, dove “davamo la parola ad ogni individuo per un’ora, o anche un’ora e mezzo: noi stavamo seduti ad ascoltare tutto sul nonno e sulla nonna, e nel frattempo conoscevamo a fondo la persona.”

Infine, Kaganovich non si lasciò sfuggire l’occasione di citare la testimonianza degli arrestati che avevano riferito di come il commissario del popolo aveva ostacolato alcuni tentativi di sabotaggio. Così, citò la deposizione di Serebriakov su come Kaganovich aveva demolito “la teoria della penuria, con la quale coprivamo la nostra organizzazione dedita al sabotaggio.”

Nella sua relazione, Kaganovich menzionò ripetutamente “la perspicacia” di Stalin nello smascherare i “nemici”. Raccontò di come, “il Compagno Stalin osservava Shermegorn che lavorava alla costruzione delle fabbriche, e seguiva i suoi discorsi di fronte alla commissione trasporti. Diverse volte disse “questo è un individuo cattivo, una persona ostile”. Non ricordo se lo definì direttamente un sabotatore, ma in ogni caso fece puntare l’attenzione su di lui”.

Kaganovich dichiarò: Stalin li aveva “ profeticamente messi sull’avviso”, che, “i Trotskisti, i Destri, i blocchi Destra-Sinistra e altri elementi opportunisti che si erano uniti a loro, la gran maggioranza sarebbe, inevitabilmente scivolata nel campo imperialista. Ora possiamo vedere che sono scivolati nel campo del fascismo”. Un altro esempio di “lungimiranza” era stato fornito da Stalin nel 1933: “Il sabotaggio nelle fattorie collettive e nella raccolta del grano, alla fine avrebbe potuto giocare un ruolo positivo nella riorganizzazione dei quadri Bolscevichi nelle fattorie collettive e in quelle statali, come era successo con il processo di Shakhty [questo processo farsa dell’inizio degli anni trenta era contro alcuni specialisti borghesi che collaboravano con il potere sovietico. Ndt]. Dopo aver citato queste parole, Kaganovich dichiarò che le rappresaglie in corso contro i “sabotatori”, avrebbero potuto avere “lo stesso ruolo benefico”.

Dopo aver dichiarato che i blocchi e ritardi nell’orario dei treni,il mancato rispetto delle norme, e certamente, gli incidenti dei treni, erano dovuti all’azione dei sabotatori, Kaganovich riferì un esempio di uno di questi episodi, i cui responsabili erano stati accusati di negligenza. A seguito della richiesta di Kaganovich il caso era stato riaperto e ora gli imputati ora erano sotto accusa per “sabotaggio”. Kaganovich sottolineò : ”Non possiamo affermare che le persone implicate in questo incidente, siano tutte, senza dubbio, dei sabotatori. Ma in realtà, questi sono atti di sabotaggio.”

Esprimendo la sua soddisfazione per il fatto che,”alcuni di questi bastardi, sabotatori” fossero stati fucilati, “cionondimeno, gli attacchi ai treni non avevano avuto fine”. Affermò che il recente disastro di un treno passeggeri, che aveva causato decine di vittime, era ” chiaramente la manifestazione della reazione dei Trotskisti clandestini”. Come prova di questo citò la testimonianza di uno degli arrestati: ”Ero felice di aver vendicato i Bolscevichi per il Processo contro il Blocco Anti-Sovietico dei Trotskisti.”

Consapevole che l’ondata di repressioni che si stavano per abbattere sul sistema dei trasporti, avrebbe potuto causare una fuga di massa dei funzionari di questa branca, Kaganovich propose che la legge marziale già in vigore nella fattorie collettive, fosse estesa anche ai trasporti: si dovevano privare questi lavoratori dei loro passaporti, affinché non potessero trasferirsi in altre fabbriche.

La discussione a seguito delle relazioni rifletteva lo smarrimento di molti dei partecipanti al Plenum, che non sapevano bene cosa riferire in concreto della lotta contro i sabotatori nei loro dipartimenti. Nei loro contributi l’attenzione era puntata principalmente su burocratismi, caos economico, frodi, controversie insignificanti, volontarismo nell’attuazione del piano e altri errori nella direzione economica.

Solo i discorsi tenuti da Sarkisov e Bagirov contribuirono ad rinforzare la psicosi del sabotaggio. Dichiarando che i sabotatori nel Dombass avevano “scelto una tattica molto accorta”, Sarkisov citò una lettera spedita al NKTP da quattro direttori di industrie per la lavorazione del carbone, nella quale si denunciavano evidenti deficienze da loro rilevate durante la costruzione delle fabbriche. Sarkisov disse che la lettera era stata scritta “ dai Trotskisti bastardi, allo scopo di proteggere e camuffare se stessi”.

Bagirov annunciò che le esplosioni in un bacino petrolifero, sulle prime considerate il risultato della negligenza, “adesso che gli imputati” stavano “confessando”, risultava che,”non di negligenza o inadempienza del proprio dovere, ma di vero e proprio dolo”. Con grande soddisfazione, Bagirov riferì di avere, “in primo luogo arrestato Ginzburg, un amico di Sedov, il figlio di Trotsky, che questo Ginzburg aveva raccomandato per l’iscrizione al partito.”

Andando oltre il tema in discussione, Bagirov si affrettò ad annunciare che in Arzebaijan “ i Trotskisti-Zinovevisti” avevano “formato un blocco con elementi nazionalisti controrivoluzionari,e tramite loro con i Musavatisti”. Questo blocco, secondo lui, era occupato ad organizzare gruppi di ribelli nelle aree dei villaggi e manteneva stretti contatti con i nazionalisti e con altre repubbliche “Islamiche”, allo scopo di organizzare la secessione dall’URSS di queste repubbliche e costituire un “potente stato Turco-Tartaro sotto la leadership della Turchia”. Insieme a questo gruppo, secondo Bagirov, i nazionalisti avevano utilizzato il sabotaggio su larga scala. Per esempio, creando “confusione in campo ortografico e nella terminologia di origine Turca”. Bagirov sottolineò particolarmente che la maggioranza degli “inveterati nazionalisti” era gente che negli anni venti aveva occupato posti di responsabilità nei Soviet.

Allo scopo di stimolare un tale andamento dei lavori, Stalin e Molotov disturbarono con le loro interiezioni gli oratori, quando questi non mostravano lo zelo necessario riguardo al sabotaggio nelle loro regioni e dipartimenti. A questo riguardo, le loro reazioni ai commenti di Pakhamov, Commissario del Popolo per i Trasporti sull’Acqua, erano tipiche. Sebbene avesse aperto il suo discorso citando molti nomi di comandanti di piroscafo arrestati, e dichiarando che oltre 50 alti dirigenti erano stati arrestati, Stalin gli replicò che comunque non si era ”fatto abbastanza”.

Con l’accompagnamento delle “risate di tutta la sala”, Pakhomov rispose:”Compagno Stalin, stavo dicendo che questo era solo l’inizio”.

Spronato dai commenti di Molotov del tipo: “voi credete di cavarvela con simili minuzie”, Pakhomov dichiarò: ” Noi dobbiamo lavorare in modo nuovo, e per questo dobbiamo prima di tutto scoprire i sabotatori. Come possiamo smascherarli? Se si prende un determinato avvenimento e lo si studia a dovere, se si guarda a un fatto in modo nuovo per capire perché sia accaduto, allora possiamo arrivare al nocciolo della questione e scoprire uno o due o più furfanti; questo è certo. Così, se riusciamo ad acchiappare uno o due furfanti, partendo da questi possiamo riuscire a prenderne altri due o tre (risate)”. Comunque, queste dichiarazioni non soddisfarono i leader del Kremlino. Alla fine del discorso di Pakhomov, Molotov gli pose la domanda: ” Il vostro Commissariato ha scovato almeno un sabotatore?” Il Commissario del Popolo rispose che alcuni comandanti di battelli di linea erano stato rimossi prima del loro arresto. Dopo questa dichiarazione avvenne il seguente scambio di battute tra il ministro e due membri del Politburo:

Molotov: Voi vi siete limitato a rimuoverli, ma il Commissariato non ha spiegato cosa stava capitando.

Pokhomov: Vi ho detto, Viacheslav Mikhailovich, quale era il materiale. Non ci sono elementi ulteriori , ed io non ne posso inventare nuovi fatti.

Kosior: Il che significa che non c’è sabotaggio?

Un cambio di passo nella discussione sul sabotaggio era previsto con il discorso di Yezhov, che fu accompagnato dai commenti di incoraggiamento di Stalin. All’inizio del suo discorso, Yezhov espresse il suo grave disappunto per i contributi dei leader di dipartimento che, non avevano “capito pienamente il significato del problema”, e non ne avevano “valutato la rilevanza nel momento in cui era sorto (Mezhlauk: Giusto. Giusto.)”. Poi Yezhov mise in chiaro la sua posizione e del suo Commissariato del Popolo rispetto agli altri Commissariati e al loro personale. “Questa risoluzione ha appurato che, non solo fatti di sabotaggio non sono stati scoperti, e che questa gente non ha preso le dovute misure”, disse Yezhov, “Ma in un certo numero di casi anno impedito ogni azione…(Stalin: Corretto. E questo è essere generosi.) Sì, Compagno Stalin, a essere generosi…Ancora non si è verificato un caso, nel quale io sia stato chiamato e mi sia stato detto: Compagno Yezhov, quest’individuo mi sembra sospetto, c’è qualcosa che non va in lui, per favore occupatene tu…(Postishev: E quando te ne occupi tu, loro tendono a proteggerlo). Sì, il più delle volte, quando si solleva la questione dell’arresto di qualcuno, loro iniziano al proteggerlo (Postichev: Corretto)" Così Yezhov parlava di casi di resistenza alle repressioni da parte della nomenklatura economica, oltre che della riluttanza di questi a “cedere” sabotatori che facevano parte del loro personale lavorativo.

Detto questo,Yezhov sferrò il suo pesante attacco agli altri Commissari del Popolo, dichiarando, non solo che non aveva ricevuto neanche una singola denuncia da loro, ma che, invece della loro approvazione per l’arresto di loro subordinati, spesso gli dicevano: ”E come farò dopo, io devo completare il piano, questo è il mio migliore ingegnere, o il boss del dipartimento, come potrò farcela”. “Io solitamente rispondo”, continuò Yezhov ”Canaglia, devi ringraziare per il fatto che portiamo via questa persona, devi ringraziare perché stiamo allontanando un sabotatore. Tu non vali niente se difendi uno che sta portando avanti il sabotaggio, se c’è abbastanza materiale per arrestarlo”. Yezhov era indignato contro i leader economici che consideravano la battaglia contro il sabotaggio come “un’occasione per manifestare le buone maniere” e ripetevano spesso: ”Hanno scoperto il sabotaggio e ora vedono sabotatori dappertutto. Ci stanno impedendo di compiere il nostro lavoro. Ci stanno impedendo di completare il piano”. A questo riguardo aggiunse: ”Sotto la condizione della costruzione del regime dei Soviet, un sabotatore può arrecarci solo dei piccoli danni, se è sicuro di non venire scoperto.(Stalin: E così potrà conservare le forze fino al momento della guerra, quando potrà nuocere davvero).”

Yezhov spazzò via ogni illusione che la discussione si limitasse solo ai due Commissariati, come previsto dall’agenda dei lavori. Annunciò che nei mesi recenti erano stati aperti “oltre 130 casi, riguardanti il Commissariato del Popolo per i Trasporti”, e ancora più numerosi, 141, erano i casi riguardanti “il Commissariato del Popolo per l’Industria Leggera,” dove erano state “emesse diverse sentenze, alcune delle quali erano condanne a morte per fucilazione… Nel Commissariato del Popolo per l’Energia sono state fucilate 228 persone (voce dalla sala: Oh! Ora è chiaro).” Su queste basi Yezhov giunse alla conclusione che “non solo il Commissariato del Popolo” era ”affetto da sabotaggio”, non solo ne era “affetto il NKPS,” ma “anche gli altri Commissariati”, ne erano “affetti in misura non inferiore. Quindi, pensare che questi dipartimenti, solo perché non hanno presentato rapporto, siano esclusi da quanto è stato detto, è illogico”. Se i Commissari del Popolo si fossero rivelati incapaci di portare avanti la lotta contro il sabotaggio, continuò Yezhov in tono minaccioso, “Il CC troverà abbastanza forza per insegnare a questa gente come comprendere qualcosa, sempre che la loro situazione non sia già troppo disperata nel momento in cui inizieranno a capire”.

Yezhov dissipò completamente l’illusione che ci sarebbe stata una qualche indulgenza per alcuni Commissari che avevano completato, o superato, il piano economico a loro affidato (la produzione industriale in Urss, nel 1935-1936, era cresciuta molto più che in qualsiasi anno del decennio passato). Yezhov dichiarò: “Tutti i nostri piani, per dirla chiaramente, sono stati ridimensionati. Cosa dire del superamento di un piano ridimensionato in partenza?”(Stalin: Corretto)

Yezhov, per andare nel concreto, iniziò dalla Gosbank [la banca di stato]. “Abbiamo scoperto un' organizzazione Trotskista piuttosto poderosa composta da circa 20 persone (Voce dalla sala: Buon Dio! Oho!).” Questa organizzazione - secondo Yezhov - si era appropriata di fondi dello stato per finanziare un blocco Trotskista clandestino, e creare dei grandi fondi di denaro all’estero, da utilizzare “nel caso che Zinovev e Kamenev avessero deciso di abbandonare il paese”. Queste appropriazioni indebite, disse Yezhov, avvenivano nelle organizzazioni locali della Gosbank, e le risorse sottratte venivano usate, non solo per “il lavoro dei Trotskisti”, ma anche per scopi personali: farsi costruire dache, appartamenti e così via.

Qui incontriamo un altro degli elementi usati dagli “organi” per costruire gli amalgami giudiziari. A dispetto della credenza secondo la quale, nella Russia degli anni trenta la corruzione non era molto diffusa, molti erano i burocrati che avevano commesso crimini economici. Questo offriva agli “organi” la possibilità di premere su chi sperperava il pubblico denaro o se ne appropriava per fini personali, al fine di ottenere da loro confessioni in cui dichiaravano di aver appartenuto ad un’organizzazione Trotskista di sabotatori. Spiegando questo meccanismo infernale Trotsky scrisse: “La maggior parte del materiale umano usato per gli amalgami giudiziari, è fornito da un’ampia scelta di cattivi amministratori, veri o falsi responsabili di fallimenti in campo economico, funzionari disinvolti nel trattare i fondi pubblici. La linea di demarcazione tra legale ed illegale in Russia è molto confusa. Insieme al salario ufficiale ci sono altre possibilità, illegali o non ufficiali, per incrementare il proprio reddito. In tempi normali, simili maneggi restano impuniti. Ma la GPU ha la possibilità, in ogni momento, di offrire una scelta alle sue vittime: morire come un corrotto o un ladro, o tentare di scamparla come falso oppositore, reclutato da Trotsky per tradire lo stato”.

Quando Yezhov dichiarò che avrebbe potuto ”dire qualcosa su ciascuno dei dipartimenti” avvenne il seguente scambio di battute:

Voce dalla sala: Parlatecene, è molto utile.

Molotov: Parlateci del Commissariato dell’Industria Leggera.

Yezhov: Noi siamo, parlando chiaramente, solo agli inizi delle sviluppo del caso concernente il Commissariato dell’Industria Leggera, sebbene abbiamo già condannato un rilevante numero di persone – 141 individui tra i sabotatori più attivi, di cui un numero significativo già fucilati su richiesta della corte…Ma noi abbiamo abbastanza elementi per presumere che ci sia un’organizzazione molto ampia di spie e di sabotatori che lavorano da anni in questo Commissariato.

Durante i successivi interventi dei Commissari del Popolo, Molotov e Kaganovich li interruppero con commenti crudi, con lo scopo di sottolineare che l’oratore non stava prestando la dovuta attenzione al principale obbiettivo assegnato a tutti i dirigenti economici, vale a dire, l’autonoma caccia ai sabotatori nei dipartimenti a loro affidati. E’ istruttivo in questo senso, il dialogo tra Molotov e il Commissario dell’Industria Leggera:

Molotov: Il vostro commissariato ha o no scoperto qualche sabotatore? C’è almeno un caso in cui lo stesso Commissariato ha scovato qualcuno o no?

Voce dalla sala: Non era preparato per un caso di questo tipo.

Molotov: E quindi?

Liubimov:…Io non ricordo un caso nel quale il nostro apparato ha scoperto il sabotaggio.

Molotov: Questo è l’errore più grande.

Come Kaganovich aveva lodato la perspicacia di Stalin, così Liubimov espresse il suo entusiasmo per la perspicacia di Kaganovich: ”Lazar Moiseevich l’ha detto molto bene: se li guardi dritto negli occhi, ti accorgi che sono persone distanti, non c’è vita nei loro occhi, non c’è anima”.

Comunque non fu sufficiente per salvarlo dagli attacchi del “Commissario d’Acciaio” [Kaganovich]. Quando Liubimov disse che nel suo dipartimento c’erano “degli idioti che si erano lasciati guidare da sabotatori di basso rango”, Kaganovich lo interruppe con il commento:”No, non ci sono sabotatori di basso livello. Non vi state approfittando di piccoli sabotatori”.

Il ruolo del ragazzino messo all’angolo dai compagni di scuola fu fatto giocare anche al Commissario del Popolo per le Fattorie Collettive Kalmanovich. Alla fine del suo discorso fu sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio.

Kaganovich: Credo di non sbagliare parlando dei più grandi incidenti che abbiamo avuto, verso i quali dobbiamo dirigere la nostra attenzione.

Molotov: State dimenticando il problema principale.

Kaganovich: Qui non si sta discutendo della vostra attività o degli errori commessi nel vostro lavoro, ma di fatti di sabotaggio capitati sotto la vostra giurisdizione. Voi non avete fornito alcun esempio di sabotaggio e vi state ponendo in un situazione imbarazzante…

Kalmanovich: Se ho scoperto un solo unico caso di sabotaggio? Neanche uno [ risate soffocate- questo è quanto registrato nel verbale-V.R.]

Shkriatov: questo perché voi non li conoscevate.

Kalmanovich: Questo perché non pensavo che il sabotaggio sarebbe stato possibile. Pensavo a lavori fatti male. Questa è la mia colpevole bugia, qui ho commesso il mio errore.

L’unico Commissario a non essere interrotto fu Mikoyan. Il successo del suo intervento non fu determinato soltanto perché i partecipanti al Plenum, compresi i dirigenti contro cui erano diretti i lavori, comprendevano benissimo la differenza tra i membri “di base” del CC e un componente del Politburò assai vicino a Stalin. E Mikoyan sapeva perfettamente cosa Stalin voleva sentire da lui. Quindi iniziò i suoi commenti con un ritualistico pentimento per aver perduto l’occasione di scoprire i sabotatori presenti nel suo Commissariato: ”Il problema del sabotaggio, della diversione e dello spionaggio dei Trotskisti agenti dei Tedeschi e Giapponesi”, disse Mikoyan,” riguardano in molti casi l’industria alimentare. Noi ora siamo molto preoccupati perché non c’è nessuna prosperità consolidata che ci può mettere al riparo da improvvisi atti di sabotaggio che potrebbero avvenire ogni giorno…Se abbiamo pochi casi di sabotaggio, ciò non significa che possiamo abbassare la guardia. Si può solo dire che il travestimento [dei nemici. N.D.T] si è fatto più raffinato e le nostre ricerche non sono state sufficientemente energiche”. Qui Mikoyan ha toccato il punto più delicato (per gli autori della versione delle dimensioni gigantesche del sabotaggio) che non poteva non venire in mente a qualsiasi persona intelligente: perché nella “terra del socialismo vittorioso”, il terrorismo e il sabotaggio avevano assunto dimensioni mai viste nella storia? E perché uomini che erano appartenuti ai più alti gradi della dirigenza si trasformavano in terroristi e sabotatori? Confessò Mikoyan:”Se i Marxisti, prima della rivoluzione, si erano opposti al terrorismo contro lo Zar e l’autocrazia, come possono, persone formatesi alla scuola di Marx, essere, sotto il potere Sovietico, a favore del terrorismo contro i Bolscevichi? Se i comunisti del mondo intero, che sono contro il capitalismo, non fanno esplodere le fattorie, come può un uomo, formatosi alla scuola di Marx, far saltare le fattorie del proprio paese? Questo non riesco proprio a capirlo. Ma evidentemente dovrò studiare la questione più a fondo”

Solo per sollevare una simile questione pericolosa era necessaria una non piccola dose di coraggio. Ci voleva una persona dotata di una raffinata flessibilità da sofista, quale era Mikoyan, per rispondere alla domanda secondo i desideri di Stalin. Come risultato dei suoi “studi”, continuò Mikoyan disse di essere giunto alla seguente verità: “E’ evidente che il nemico di classe, i Trotskisti, sono caduti tanto più in basso di quanto potessimo immaginare, ma in realtà era giusta la predizione del Compagno Stalin, che ci prese virtualmente per mano e ci disse che non esisteva nessuno sporco inganno che i Trotskisti e i Destri non avrebbero commesso”.

La discussione del terzo punto in agenda la chiuse Molotov, che citò da un voluminoso dossier della GPU il numero degli arrestati negli ultimi cinque mesi: 585 dirigenti del Commissariato del Popolo dell’Industria Pesante e del Commissariato del Popolo della Difesa ; 137 del NKPS (inclusi 10 alti ufficiali; 102 del Commissariato del Popolo per l’Agricoltura; 100 dal Commissariato del Popolo per l’Alimentazione e via dicendo).

Molotov espresse la sua insoddisfazione nei confronti della maggior parte dei discorsi dei Commissari del Popolo, che non potevano “vantarsi di aver partecipato alla scoperta dei sabotatori, mentre il Plenum” diceva che “in non pochi casi hanno impedito di svelare il sabotaggio”.

Appellandosi a “considerare in modo corretto e utile ogni segnale” di sabotaggio, Molotov aggiunse che si doveva prestare particolare attenzione “ai nostri nemici, quelli che non meritano la nostra fiducia, e manifestano intenzioni antisovietiche.”

Molotov sostenne che in molti settori i risultati della produzione dei primi due mesi (circa) del 1937 erano più basse rispetto allo stesso periodo del 1936. Comunque, queste dati venivano forniti da Molotov solo per prevenire la possibile asserzione che il calo era causato dai numerosi arresti di ingegneri ed economisti.

Il comportamento dei partecipanti alle discussioni del Plenum ci mostra lo stress psicologico caratteristico di gente che si trova in una situazione disperata e senza uscita.

La conoscenza dei verbali stenografici del Plenum, delinea un quadro molto contraddittorio. Gli uomini che avevano partecipato direttamente alla costruzione economica, ed erano i diretti responsabili delle conseguenze, credevano e non credevano nel sabotaggio. Non ci credevano perché erano perfettamente a conoscenza della reale situazione, e più di chiunque altro sapevano che la maggior parte delle esplosioni, delle distruzioni e degli incidenti, erano dovute a negligenza, imperizia, imprudenza, e ai ritmi di lavoro forsennati. Ci credevano…cioè facevano finta di crederci, in quanto più di chiunque altro, sapevano che durante l’accelerazione estrema dell’industrializzazione, era impossibile evitare incidenti, disastri, esplosioni: fatti per i quali, inevitabilmente, qualcuno avrebbe dovuto rispondere.

A prima vista poteva sembrare che Stalin stesse lanciando un’ancora di salvataggio agli uomini responsabili dell’industrializzazione del paese, offrendogli la possibilità di scaricare le loro responsabilità sui loro subordinati. All’inizio di questa campagna potrebbero aver pensato di uscire indenni dalla pericolosa situazione in cui si trovavano, liberandosi da collaboratori sgraditi e sacrificandoli come capri espiatori. Ma sottostimavano la logica del potere totalitario che stava annientando i suoi stessi sostenitori, cioè coloro che si dimostravano incapaci delle più sfacciate falsificazioni, e di essere selvaggiamente spietati fino in fondo.

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Ultima modifica 12.05.2008