Capitolo X
La scuola e il comunismo

(Seconda Parte)

76. La scuola nella società borghese.
77. I compiti distruttivi del comunismo.
78. La scuola come strumento d'istruzione e d'educazione comunista.
79. L'educazione prescolastica.
80. La scuola unica del lavoro.
81. L'istruzione specialistica.
82. L'insegnamento superiore.
83. Le scuole dei Soviet e le scuole del Partito.
84. L'istruzione extrascolastica.
85. La formazione di un nuovo personale insegnante.
86. I tesori dell'arte e della scienza ai lavoratori.
87. La propaganda del comunismo da parte dello Stato.
88. L'istruzione pubblica sotto lo zarismo e sotto il potere sovietico.

76. La scuola nella società borghese.

Nella società borghese la scuola persegue tre scopi principali: educare la giovane generazione dei lavoratori a uno spirito di devozione e di rispetto verso il regime capitalistico; preparare, fra la gioventù, delle classi dirigenti di ammaestratori "istruiti" per il popolo lavoratore; servire la produzione capitalistica, utilizzando la scienza per perfezionare la tecnica industriale ed aumentare il profitto dei capitalisti.

Il primo scopo è perseguito prima di tutto per creare, come nell'esercito, un quadro corrispondente di "ufficiali dell'istruzione pubblica". I maestri delle scuole borghesi, destinate al popolo, sono soggetti ad un periodo di tirocinio che li prepara al loro ruolo di "ammaestratori". Solo una persona sicura, dal punto di vista borghese, è ammessa all'insegnamento nelle scuole. Viene sorvegliata dai ministri borghesi dell'istruzione, che allontanano senza pietà dall'ambiente degli insegnanti ogni elemento nocivo, cioè socialista. La scuola popolare tedesca, prima della Rivoluzione, che serviva di complemento alla caserma di Guglielmo, è un esempio soddisfacente di come i borghesi ed i proprietari fondiari arrivino, attraverso la scuola, a tirar su dei servitori ciecamente fedeli al capitale. L'insegnamento nelle scuole primarie borghesi viene impartito seguendo un certo programma, conforme ai fini di "ammaestramento capitalistico" degli allievi. Tutti i libri scolastici sono scritti nello stesso spirito. La borghesia si serve, con il medesimo fine, di tutta la letteratura borghese, opera di uomini che considerano il sistema capitalistico naturale, eterno e migliore di ogni altro possibile ed immaginabile sistema. Così gli allievi erano impercettibilmente impregnati di psicologia borghese e pieni di ammirazione per tutte le virtù borghesi, imbevuti di rispetto verso la ricchezza, la gloria ed i titoli onorifici, desiderosi di far carriera e bramosi di diventare dei bravi egoisti.

Il lavoro degli insegnanti borghesi veniva completato dai rappresentanti della chiesa attraverso il loro insegnamento religioso, che, per lo stretto legame fra chiesa e capitale, è sempre stato favorevole alle classi possidenti.

La società borghese persegue il suo secondo scopo rendendo l'istruzione secondaria e quella superiore inaccessibile alle classi lavoratrici. Questa istruzione (soprattutto quella superiore) comporta grosse spese che gli operai non possono permettersi.

Gli insegnamenti secondari e superiori durano dieci anni e più e sono, anche per questa ragione, inaccessibili al lavoratore, obbligato per venire incontro ai bisogni della sua famiglia a mandare i propri figli ancora molto giovani in fabbrica o nei campi, o a farli lavorare in casa. Le scuole secondarie e superiori si trasformano, in realtà, in istituti d'istruzione per la gioventù borghese. Quest'ultima viene qui preparata a prendere il posto dei genitori, sfruttatori, funzionari e tecnici dello Stato borghese. L'insegnamento, in queste scuole, rivela nettamente un carattere di classe. Se questo carattere non si manifesta in modo tanto esplicito nell'insegnamento della materia o delle scienze naturali, appare, invece, molto chiaramente in quello delle scienze sociali, proprio quelle che formano la mentalità degli alunni. L'economia politica viene insegnata alla maniera borghese, con mezzi perfezionati per confutare la dottrina economica di Karl Marx. Anche la sociologia e la storia sono impartite con uno spirito prettamente borghese. La storia del diritto è coronata dal diritto borghese, considerato il diritto naturale "dell'uomo e del cittadino", ecc. Riassumendo, nelle scuole secondarie e superiori (le Università) i figli della borghesia apprendono tutto ciò che è necessario alla società borghese per conservare il suo sistema di sfruttamento. Se, eccezionalmente, qualche figlio di lavoratore arriva all'Università, l'organismo sociale borghese lo distacca dalla sua classe originaria e gli somministra una psicologia borghese: così gli ingegni migliori dei lavoratori servono, in definitiva, ad opprimere la loro classe.

Il suo terzo scopo la borghesia lo persegue in questo modo: in una società divisa in classi la scienza si allontana dal mondo del lavoro. Non solo essa è proprietà delle classi possidenti, ma diventa anche la professione di gruppi assai ristretti. L'insegnamento e le ricerche scientifiche sono nettamente separati dal lavoro. Per applicare alla produzione i progressi della scienza, la società borghese è costretta a fondare istituti destinati ad utilizzare per la tecnica le scoperte scientifiche e le scuole tecniche che permettano di mantenere la produzione al livello del progresso della "scienza pura", cioè separata dalla vita economica. I politecnici forniscono inoltre alla società capitalistica, non solo un personale tecnicamente istruito, ma anche dei sorveglianti e dei direttori della classe operaia. Per assicurare lo scambio dei prodotti, la borghesia crea anche delle scuole di commercio, degli istituti commerciali, ecc.

Nella società comunista, gli istituti d'istruzione, legati alla produzione in generale, continueranno ad esistere. Ogni cosa che si collega alla produzione borghese dovrà fatalmente scomparire. Conserveremo tutto ciò che contribuisce allo sviluppo della scienza, e sopprimeremo tutto ciò che separa la scienza dal mondo del lavoro. Manterremo l'insegnamento tecnico, ma elimineremo ciò che lo divide dal lavoro manuale. Proteggeremo la scienza e svilupperemo la sua applicazione alla produzione, ma rimuoveremo gli ostacoli che il regime capitalistico innalzava, contro questa applicazione, quando la riteneva per lui svantaggiosa.

77. I compiti distruttivi del comunismo.

Nell'istruzione, come in ogni altro campo, il Partito comunista si trova di fronte compiti non solo costruttivi, ma anche distruttivi. Per quanto riguarda il sistema scolastico borghese, deve procedere alla soppressione immediata di tutto ciò che faceva della scuola uno strumento di dominio della borghesia.

Nella società borghese la scuola, nei suoi gradi superiori, è destinata solo alla classe degli sfruttatori. Queste scuole, cioè licei, collegi, istituti ed accademie militari, debbono essere eliminate.

Il personale insegnante della scuola borghese diffonde l'istruzione e la menzogna di classe. Quella parte del personale della vecchia scuola che non vuole, o non può, essere utile alla educazione comunista delle masse deve venire inesorabilmente allontanata.

La precedente scuola si serviva di manuali impregnati di spirito borghese, impiegava metodi d'insegnamento conformi agli interessi della borghesia. Tutto ciò deve essere respinto dalla nuova scuola.

La vecchia scuola era legata al culto dall'insegnamento obbligatorio della religione, dalla preghiera e dalle frequenti visite alle chiese. Il nuovo sistema d'insegnamento esclude dalla scuola ogni religione, sotto qualsiasi forma voglia penetrarvi, anche se cercasse di insinuarvisi con l'appoggio di gruppi retrogradi di genitori.

L'antica Università creava una casta di professori che si opponeva all'entrata di nuovi insegnanti nell'Università. Bisogna licenziare questo gruppo di professori, e aprire l'accesso alle cattedre universitarie a tutte le persone competenti.

La scuola zarista non consentiva agli stranieri l'insegnamento nella loro lingua madre. La lingua russa era obbligatoria come lingua di Stato e d'insegnamento. La nuova scuola sopprime ogni traccia d'oppressione nazionale, permettendo a tutte le nazionalità di ricevere l'istruzione nella loro lingua.

78. La scuola come strumento d'istruzione e d'educazione comunista.

La borghesia non rappresentava che un'insignificante minoranza della popolazione. Questo non le ha impedito di servirsi della scuola, come degli altri organi d'oppressione di classe, per l'educazione e l'"ammaestramento" di milioni di lavoratori, e di imporre così il punto di vista e la morale della minoranza alla enorme maggioranza della popolazione.

In Russia la classe operaia, benché in minoranza, dirige ed organizza, politicamente parlando, la lotta di tutti i lavoratori. È naturale che, impadronitasi della scuola, essa l'utilizzi prima di tutto per elevare le classi arretrate della popolazione ad un grado superiore di coscienza comunista. La borghesia si serviva della scuola per asservire i lavoratori, il proletariato l'utilizzerà per la propria liberazione. Con il suo sistema di insegnamento, la borghesia educava i figli dei proletari secondo principi borghesi; il nostro fine invece è quello d'educare i figli della piccola e grande borghesia secondo principi proletari. La scuola comunista deve compiere, nel regno dello spirito e della psicologia, la stessa rivoluzione, la stessa espropriazione, che il potere sovietico ha effettuato, attraverso la nazionalizzazione dei mezzi di produzione, nel regno economico. Bisogna educare la coscienza umana alle nuove relazioni sociali. È difficile edificare la società comunista fra persone che, in molti campi della vita ideologica, restano ancora sul terreno della mentalità e dei pregiudizi borghesi. Bisogna che la scuola adegui il modo di pensare generale alle nuove relazioni sociali, e soprattutto educhi una nuova generazione, che procederà, con tutta la sua psicologia, sul terreno della nuova società comunista.

A ciò debbono mirare le riforme scolastiche, di cui una parte è già stata attuata, mentre un'altra è ancora da realizzare.

79. L'educazione prescolastica.

La società borghese considera il bambino come proprietà dei genitori. Quando i genitori dicono "mio figlio" o "mia figlia" essi non attribuiscono a questa parola solo un senso familiare, ma vogliono esprimere anche il loro diritto d'educare i figli a proprio piacimento. Dal punto di vista socialista, questo diritto è infondato. Nessun essere è di per sé indipendente. Egli appartiene alla società, al genere umano. Solo grazie all'esistenza della società ogni individuo può vivere e svilupparsi. Perciò il bambino non appartiene soltanto ai suoi genitori, ma anche alla società, grazie alla quale può vivere. Quest'ultima possiede un diritto primordiale e fondamentale sull'educazione dei bambini. Bisogna dunque biasimare duramente ed eliminare la pretesa dei genitori di servirsi dell'educazione familiare per trasmettere le proprie ristrette vedute ai loro figli. La società resta libera d'affidare l'educazione dei bambini ai genitori, ma quanto prima potrà intervenire essa stessa, tanto meno ci sarà bisogno di lasciare questo compito educativo ai genitori, dal momento che la capacità d'educare i figli è molto meno diffusa di quella necessaria per metterli al mondo. Su cento madri, una o due soltanto sono capaci d'essere delle buone educatrici. L'avvenire è dell'educazione sociale. Questo sistema educativo permetterà alla società comunista di formare nel modo migliore la generazione futura, con il minimo dispendio di tempo e d'energie.

L'educazione sociale non è necessaria solo dal punto di vista pedagogico. Essa offre anche vantaggi economici. Centinaia, migliaia, milioni di madri saranno così disponibili per la produzione e potranno sviluppare la loro cultura personale. Verranno pure dispensate dal degradante lavoro domestico e dall'infinita quantità di occupazioni che l'educazione familiare dei loro figli comporta.

Per queste ragioni il potere sovietico intende creare tutta una serie di istituti destinati al continuo miglioramento dell'educazione sociale, che, poco a poco, verrà impartita in comune. Tali sono i giardini d'infanzia, dove danno i loro figli a specialisti dell'educazione prescolastica; i focolari (o asili infantili), specie di giardini d'infanzia, ma concepiti per un soggiorno più lungo; le colonie, dove vivono e sono educati i bambini separati per molto tempo, o per sempre, dai loro genitori. A questi bisogna aggiungere i nidi d'infanzia, cioè gli istituti in cui vengono educati i bambini fino all'età di quattro anni, o nei quali sono custoditi mentre i loro genitori si trovano al lavoro.

Il Partito comunista deve, da una parte, giungere, attraverso i mezzi degli organi sovietici, a sviluppare ancora più rapidamente la creazione di istituti prescolastici e di migliorarne il funzionamento, dall'altra, vincere i pregiudizi piccolo-borghesi sui vantaggi e la necessità dell'educazione familiare, servendosi di una propaganda ancor più massiccia e degli esempi dei migliori istituti educativi del potere sovietico. Spesso la mediocre organizzazione dei nidi d'infanzia, dei focolari, dei giardini d'infanzia, ecc. non incoraggia i genitori ad affidare i loro figli a questi istituti.

Il Partito comunista e soprattutto le sue sezioni femminili, debbono evitare che i genitori, rifiutandosi di affidare i propri figli agli istituti d'educazione sociale, rendano impossibile il miglioramento dell'educazione dei bambini. Essi debbono, invece, spingere i genitori a facilitarla, mettendo i loro figli in queste istituzioni, ed effettuando un attivo controllo attraverso i consigli dei genitori.

80. La scuola unica del lavoro.

Gli istituti prescolastici sono creati per i bambini di età inferiore ai sette anni. Bisogna che l'educazione e l'istruzione siano entrambe impartite dalla scuola. L'istruzione dovrà essere obbligatoria, ciò rappresenta un enorme progresso rispetto all'epoca zarista; essa deve essere anche gratuita, costituendo così un notevole passo in avanti persino nei confronti dei paesi borghesi più progrediti, dove solo l'istruzione primaria è gratuita. L'insegnamento deve, naturalmente, essere uguale per tutti: in tal modo verranno aboliti i privilegi di certi gruppi della popolazione in questo campo ed in quello dell'educazione. L'istruzione universale, uguale per tutti ed obbligatoria, deve essere impartita a tutta la gioventù fra gli otto e i diciassette anni.

Bisogna che la scuola sia unica. Ciò significa, in primo luogo, che si deve abolire la separazione per sesso. Occorre poi eliminare quella divisione della scuola in istituti superiori, secondari e primari, i cui programmi non sono affatto adatti gli uni agli altri. È necessario sopprimere pure la distinzione fra istruzione generale ed istruzione professionale, la divisione in scuole accessibili a tutti e scuole riservate alle classi privilegiate. La scuola unica deve rappresentare un'unica scala che ogni allievo possa salire, cominciando dal gradino più basso, il giardino d'infanzia, per arrivare al più alto, l'Università. La cultura generale e l'istruzione scientifica saranno obbligatorie per tutti.

È evidente che la scuola unica è l'ideale di ogni accorto pedagogista, essa rappresenta pure la sola scuola possibile nella società socialista, cioè in una società senza classi che miri al futuro. Soltanto il socialismo può realizzare la scuola unica, anche se certi pedagogisti della società borghese hanno già promesso di attuarla.

La scuola della repubblica socialista deve essere la scuola del lavoro, cioè il luogo dove l'insegnamento e l'educazione vengono collegati al lavoro e s'appoggiano ad esso. Ciò è importante per molte ragioni. Innanzitutto, per la buona riuscita dell'insegnamento stesso. Il bambino apprende con più facilità, serietà e soddisfazione, non quello che gli viene esposto dal libro o dalle spiegazioni del maestro, ma ciò che acquisisce con la pratica del lavoro manuale. Si comprendono più facilmente le scienze naturali cercando di servirsi della natura circostante. Nelle scuole borghesi più moderne si è già cominciato a collegare l'insegnamento al lavoro, ma quest'opera non può essere portata a termine perché il regime borghese educa coscientemente degli elementi parassiti, e separa, secondo un principio insormontabile, il lavoro manuale da quello intellettuale.

Il lavoro manuale favorisce lo sviluppo fisico del bambino e quello intellettuale le sue attività mentali. È provato dall'esperienza che il tempo impiegato nel lavoro manuale all'interno della scuola non riduce, ma al contrario accresce il progresso intellettuale dei bambini.

Insomma, la scuola unica del lavoro rappresenta una realtà necessaria nella società comunista, dove ogni cittadino deve conoscere, almeno in modo elementare, tutte le professioni. In questa società non esisteranno né corporazioni chiuse, né professioni inaridite, né gruppi dediti alla loro sola specializzazione. Anche lo scienziato più geniale deve essere, nello stesso tempo, un abile operaio. All'alunno che esce dalla scuola comunista del lavoro la società dice: "Tu non sei costretto a diventare uno scienziato, ma hai il dovere d'essere un produttore". Partendo dai giochi nel giardino d'infanzia, il bambino deve passare, poco a poco, al lavoro, quasi fosse il naturale proseguimento dei suoi giochi, in modo d'abituarsi, fin dall'inizio, a non considerarlo una spiacevole necessità o una punizione, ma una manifestazione naturale e spontanea delle sue attitudini. Bisogna che il lavoro divenga un bisogno, come il bere o il mangiare. È necessario, dunque, che la scuola comunista diffonda e sviluppi questo bisogno.

Nella società comunista, caratterizzata da progressi tecnici estremamente rapidi, certamente ci saranno frequenti spostamenti di lavoratori, e in masse enormi, da un'industria ad un'altra.

Una semplice scoperta nell'industria tessile può comportare una diminuzione del numero degli operai impiegati in questa industria ed un aumento di quelli utilizzati nella coltivazione del cotone, ecc. In questo caso s'impone una nuova ripartizione degli operai, che è possibile soltanto se ogni operaio della società comunista conosce, non uno, ma molti mestieri. In circostanze analoghe, la società borghese se la cavava utilizzando l'esercito industriale di riserva, cioè quella parte costante di operai disoccupati. Nella società comunista non esisterà questo esercito di disoccupati. L'eccedenza d'operai di qualsiasi ramo industriale sarà immediatamente occupata nei rami in cui la forza lavoro non basta. Solo la scuola unica del lavoro potrà formare questi lavoratori, capaci di svolgere nella società le funzioni più differenti.

81. L'istruzione specialistica.

Tutta la gioventù della repubblica, fino a diciassette anni, deve frequentare la scuola unica del lavoro e ricevervi le conoscenze tecniche e pratiche indispensabili a ogni cittadino della società comunista. Ma l'istruzione non deve fermarsi là, anche le specializzazioni sono indispensabili. Le scienze più importanti hanno attualmente raggiunto un tale sviluppo che non è più possibile ad un solo uomo abbracciarle tutte. La scuola unica del lavoro non trascura l'insegnamento specializzato, essa non fa che elevarlo ad un grado superiore. Già nel secondo ciclo della scuola unica, cioè fra i quattordici e i diciassette anni, si manifestano le attitudini e le preferenze degli alunni per questa o quella professione, e diventa già necessario e possibile permettere a queste naturali attitudini di ampliarsi in una più vasta conoscenza delle scienze preferite, senza che ciò tuttavia rechi danno all'insegnamento generale della scuola unica del lavoro.

Ma il vero insegnamento specializzato deve cominciate solo a partire dai diciassette anni. Questa età rappresenta un limite di divisione fra i due insegnamenti per i seguenti motivi: fino all'età di diciassette anni, i giovani della scuola unica sono più degli studenti che dei lavoratori. Ma a 17 anni lo studente diventa operaio. Il lavoro della scuola ha degli scopi educativi, e non mira alla produzione di ricchezze che accrescano le entrate dello Stato proletario. A diciassette anni lo studente diviene un operaio che deve fornire la sua parte di prodotti e di lavoro alla comunità. Potrà ricevere l'istruzione specializzata solo se, contemporaneamente, assolverà i suoi doveri verso la società. Così la gioventù dopo i diciassette anni avrà la possibilità di specializzarsi soltanto fuori dalle ore di lavoro. Con lo sviluppo della scienza e dell'industria, la giornata lavorativa sarà ridotta a meno di otto ore giornaliere; ad ogni membro della società comunista rimarrà, perciò, ancora molto tempo da dedicare agli studi specializzati. In certi casi saranno ammesse eccezioni a questa regola, soprattutto per gli individui straordinariamente dotati; si potrà dispensarli dall'obbligo del lavoro per qualche anno, nell'interesse della loro istruzione e delle loro ricerche scientifiche, se ciò apparisse di utilità sociale.

82. L'insegnamento superiore.

Non possiamo ancora renderci esattamente conto del carattere che assumeranno le scuole secondarie e superiori specializzate nella società comunista. Saranno probabilmente molto varie, dai corsi di durata più o meno lunga, fino alle scuole politecniche ed agli istituti scientifici: tutte istituzioni dove la distanza fra professori e studenti, poco a poco, scomparirà. In ogni caso si può già affermare senza timore di sbagliare che le nostre Università nella forma attuale, con gli attuali professorati, sono istituti già vecchi. Esse continuano ad ampliare con spirito antiquato l'istruzione ricevuta dalla gioventù nelle scuole secondarie borghesi. Noi possiamo, frattanto, cominciare a riformare queste Università rinnovandovi il personale insegnante. Dobbiamo inserirvi forze nuove, che, pur non essendo giunte al titolo di "laureato" nella società borghese, ne trasformeranno ugualmente e con successo l'insegnamento delle scienze sociali e sapranno allontanare la scienza borghese dall'ultimo suo rifugio. Si può ugualmente mutare la composizione degli studenti, formando soprattutto dei lavoratori per eccellenza, affinché le scienze naturali e tecniche diventino patrimonio operaio. Ma l'istruzione dei lavoratori nell'Università solleva la questione del loro mantenimento agli studi. Il paragrafo 3 del nostro programma sull'istruzione pubblica tratta questa questione in modo dettagliato.

83. Le scuole dei Soviet e le scuole del Partito.

Il Partito comunista, una volta al potere, distrusse tutto il sistema scolastico zarista, lasciato pressoché intatto dal governo di Kerensky. Sulle rovine dell'antica scuola di classe, il nostro Partito si mise a costruire la scuola operaia unica, che rappresenta il germe della scuola normale del lavoro della società comunista futura. Dall'ultimo grado dell'istruzione borghese il Partito comunista ha cercato di eliminare ciò che mirava solo a conservare il dominio del capitale; tutta la scienza accumulata durante la dominazione delle classi possidenti viene messa in mano ai lavoratori, preparando così la creazione di un tipo normale di scuola superiore per la società comunista.

Ma la cultura borghese non insegna l'arte di fare la rivoluzione proletaria. Fra tutte le scuole create dalla borghesia, e anche fra quelle che ora noi stiamo costruendo, non ce n'è una sola che insegni come edificare uno Stato comunista. Il periodo di transizione dal capitalismo al comunismo ha fatto nascere un nuovo tipo di scuola, che deve servire alla rivoluzione attuale e al sistema sovietico in costruzione. Questo è il fine delle scuole sovietiche del Partito, scuole che, formatesi sotto i nostri occhi nella forma di corsi occasionali di breve durata, sono ora diventate degli istituti permanenti per la formazione di funzionari sovietici. Ciò era inevitabile. L'avvento dello Stato sovietico è qualche cosa di assolutamente nuovo, senza precedenti nella storia. Il lavoro nelle istituzioni sovietiche cresce e deve perfezionarsi di giorno in giorno, ed è necessario, per un buon andamento dei lavori, che ogni lavoratore utilizzi l'esperienza acquisita dai suoi predecessori. La pratica personale che si fa partecipando ai Soviet, si dimostra insufficiente. L'esperienza acquisita deve essere raccolta, sistemata, esplicata, per divenire proprietà di tutti i lavoratori che partecipano al potere sovietico, affinché ogni nuovo elemento operaio, coinvolto nella gestione dello Stato, non ripeta più gli errori commessi dai suoi predecessori, e non impari attraverso i propri sbagli, ma attraverso quelli fatti precedentemente e già pagati dallo Stato proletario. La scuola del lavoro sovietico deve servire a questo scopo. Essa già svolge tale funzione: noi abbiamo infatti nella repubblica, a titolo permanente, una scuola centrale del lavoro sovietico presso il Comitato Centrale Esecutivo Panrusso. Analoghe scuole debbono senz'altro essere istituite al più presto in tutti i capoluoghi di governatorato.

In quanto alle scuole del Partito comunista, esse hanno cambiato completamente carattere nel periodo di effettiva edificazione del comunismo. Da scuole di un determinato partito, che poggia sul proletariato, da scuole puramente politiche, esse sono diventate istituti dove si insegna a trasformare in senso comunista la società, e perciò scuole dello Stato. Nello stesso tempo, queste scuole divengono accademie militari per la creazione di quadri per la guerra civile. Grazie a queste scuole il proletariato può comprendere il senso ed i problemi oggettivi della rivoluzione, che egli compie quasi inconsciamente, avendo davanti a sé solo problemi concreti e contingenti, e non potendo abbracciare nel suo insieme tutte le trasformazioni in corso. Le scuole del Partito sono in condizione non solo d'illuminare il proletariato sulla natura e sul fine ultimo della sua rivoluzione, ma anche d'insegnare come conseguirlo compiutamente, nel più breve tempo e con il minimo sforzo possibile.

84. L'istruzione extrascolastica.

Lo zarismo manteneva coscientemente nell'ignoranza la maggioranza del popolo lavoratore russo. Avendo ricevuto in eredità dal potere aristocratico una percentuale enorme di analfabeti, il potere sovietico ha dovuto naturalmente adottare le misure più energiche per liquidare questa eredità. A questo scopo, le sezioni dell'istruzione pubblica diventarono scuole per adulti analfabeti, e utilizzarono tutta una serie di altri strumenti per lottare contro l'ignoranza. Ma, oltre ad impiegare gli organi del Commissariato dell'istruzione, il Partito comunista deve fare tutto il possibile affinché le masse stesse partecipino all'istruzione degli analfabeti. A ciò debbono servire i Soviet dell'istruzione pubblica, eletti dalle masse interessate alla diffusione della cultura. Allo stesso fine è utile anche mobilitare tutti quelli che sono in grado d'insegnare agli analfabeti. Questa mobilitazione è già stata realizzata in molti punti della repubblica, e il Partito deve vigilare perché questa si generalizzi secondo un piano prestabilito.

Prescindendo dalla lotta contro l'ignoranza, è necessario che il popolo sovietico compia grandi sforzi per dare alla popolazione, soprattutto adulta, la possibilità d'istruirsi con i propri mezzi. Perciò si sono create biblioteche per soddisfare i bisogni del lettore operaio, vengono organizzati dappertutto circoli popolari, case del popolo e club, e sono state fondate Università popolari.

Il cinema, che sotto il regime borghese serve solo ad arricchire i suoi proprietari e a demoralizzare le masse popolari, gradualmente si trasforma, benché, secondo noi, troppo lentamente, in un efficace strumento d'istruzione e d'educazione delle masse allo spirito socialista e materialista dialettico.

Ogni specie di corso gratuito è accessibile a tutti ed è, grazie alla diminuzione delle ore di lavoro, al servizio dei lavoratori. In futuro organizzeremo viaggi per i lavoratori durante le loro ferie, al fine di far loro conoscere il proprio paese e quelli stranieri. Questi viaggi avranno un valore educativo e rafforzeranno molto i legami fra i lavoratori di tutti i paesi.

85. La formazione di un nuovo personale insegnante.

Le riforme del potere sovietico in campo scolastico hanno dato migliori risultati di quelle effettuate in altri campi. Ciò non può essere spiegato solo dal fatto che lo Stato sovietico spende per l'istruzione pubblica molto più degli Stati borghesi più avanzati. La via per realizzare la scuola unica del lavoro era già stata aperta, in gran parte, dai pedagogisti più coscienti della società borghese. Il miglior personale insegnante russo ha potuto attuare in parte ciò che egli stesso considerava necessario dal punto di vista puramente pedagogico. Fra gli istitutori passati dal regime borghese al potere sovietico, alcuni sono ancora contrari alla rivoluzione proletaria in generale, ma sostengono la rivoluzione scolastica compiuta dal proletariato.

Tuttavia, queste circostanze favorevoli non diminuiscono affatto la necessità, per lo Stato proletario, di formare un personale insegnante comunista. Il numero dei comunisti fra gli insegnanti, così come fra gli specialisti in genere, rappresenta una minoranza insignificante. Quello degli avversari del comunismo è ben più considerevole. La maggioranza è costituita da funzionari pronti a servire qualsiasi regime e ad adattarsi a ogni programma, sebbene preferiscano quello dei loro padri e dei loro nonni.

Il Partito comunista, per questi motivi, deve risolvere un doppio problema: da una parte, mobilitare i migliori elementi del personale insegnante e, attraverso un severo lavoro, creare fra questi un nucleo di insegnanti comunisti; dall'altra, formare dei nuovi quadri insegnanti fra la gioventù già educata allo spirito comunista in generale, e a quello del programma scolastico comunista in particolare.

86. I tesori dell'arte e della scienza ai lavoratori.

In regime capitalista, il talento è considerato proprietà del suo possessore e suo mezzo d'arricchimento. Il prodotto della sua attività viene stimato come una merce, che può essere venduta a questo o a quel prezzo, divenendo così di proprietà di colui che può pagarla più cara. L'opera di alto ingegno, d'enorme valore sociale e simbolo, per la sua stessa essenza, di una potenza creatrice collettiva, può essere venduta ad un Kolupaiev russo o ad un Morgan americano, che saranno liberissimi di trasformarla, o persino di distruggerla. Se a Tretiakov, il famoso commerciante russo, invece di donare i suoi quadri alla città di Mosca, fosse venuta un giorno l'idea di bruciarli tutti, nessuna legge della società borghese avrebbe potuto impedirglielo e punire il responsabile di tale crimine. La compravendita di opere d'arte, di libri rari e preziosi, di manoscritti, ecc. aveva il risultato di renderli inaccessibili alle masse popolari, poiché solo alla classe degli sfruttatori spettava il privilegio di conoscerli e possederli.

La repubblica sovietica dichiara proprietà pubblica tutte le opere d'arte, tutte le collezioni, ecc., e abbatte ogni ostacolo che si frappone alla loro utilizzazione generale. A questo fine ha decretato la nazionalizzazione di considerevoli biblioteche, che per questo diventano proprietà di tutto il popolo.

Il Partito comunista, deve sforzarsi di spingere, su questa strada, il potere dello Stato ancora più avanti. Con l'attuale penuria di libri, e constatata l'impossibilità di ristamparli, bisogna limitare maggiormente il diritto alla proprietà privata dei libri ed è assolutamente necessario raccoglierli nelle biblioteche pubbliche, nelle scuole, ecc.

Per permettere alle immense masse della popolazione di utilizzare il teatro a scopi istruttivi, si procede alla nazionalizzazione di tutti i teatri. Questa misura condurrà, indirettamente, alla socializzazione del talento nei campi della recitazione, della musica e del canto.

Così, tutti i prodotti della scienza e dell'arte, che furono creati per lo sfruttamento della classe operaia e sulle sue spalle, gradualmente ritorneranno in mano ai loro reali possessori.

87. La propaganda del comunismo da parte dello Stato.

Quando il regime borghese crolla e sulle sue rovine s'innalza la nuova società comunista, la diffusione delle idee comuniste non deve essere solo compito del Partito ed essere compiuta soltanto con i suoi modesti mezzi. La propaganda comunista è indispensabile a tutta la società per accelerarne la trasformazione. Essa deve illuminare gli artefici della nuova società, e spiegare a quelli che compiono la loro opera spesso inconsciamente il senso e lo scopo dei propri sforzi.

Per queste ragioni bisogna che non solo la scuola proletaria, ma anche ogni meccanismo dello Stato proletario serva alla propaganda comunista. Nell'esercito essa compete agli organi militari e politici. Ma bisogna che venga fatta in ogni altro luogo e da tutti gli organi del potere sovietico.

Il migliore strumento di propaganda è la pubblicazione di libri da parte del governo. La nazionalizzazione di tutte le tipografie e di tutte le riserve di carta dà allo Stato proletario la possibilità di pubblicare, persino a decine di migliaia di copie, malgrado la scarsità di carta, ciò che è più necessario in questo periodo al popolo. I libri, gli opuscoli, i giornali, ecc., stampati a cura dello Stato, diventano man mano accessibili a tutti per i loro prezzi modesti. In questi ultimi tempi le pubblicazioni dello Stato cominciano ad essere distribuite alle masse gratuitamente. La diffusione del comunismo diventa finalmente un mezzo per distruggere ogni traccia della mentalità borghese ed un potente strumento per la creazione di una nuova ideologia, di un nuovo modo di concepire il mondo.

88. L'istruzione pubblica sotto lo zarismo e sotto il potere sovietico.

Le spese dello Stato per l'istruzione pubblica, durante gli ultimi venti anni sono le seguenti:
Nel 1891 22.810.260 rubli
Nel 1911 27.883.000 "
Nel 1916 195.624.000 "
Nel 1917 339.831.687 "
Nel 1918 2.914.082.124 "
Nel 1919 (primo semestre) 3.888.000.000 "

Da ciò si vede che il passaggio del potere nelle mani del proletariato comportò immediatamente un aumento del 900% nelle spese statali per l'istruzione pubblica.

Il lº settembre 1917 si contavano in Russia 38.387 scuole primarie. Nell'anno scolastico 1917-'18 esse ammontavano a 52.274 con 4.138.982 allievi. Nell'anno scolastico 1918-'19 esistevano 62.238 scuole primarie.

Le scuole d'insegnamento secondario erano 1.830 nell'anno scolastico 1917-'18 e 3.783 nel 1918-'19.

L'istruzione prescolastica quasi non esisteva in regime zarista. Il potere sovietico dovette crearla dal nulla. Malgrado le condizioni sfavorevoli, nel 1919 si contavano, su un totale di 31 governatorati, 2.616 giardini, focolari e colonie d'infanzia, con 155.443 bambini. Circa il 2,5% dei bambini dai 3 ai 5 anni vengono educati in questi istituti. Nelle città, la percentuale raggiunge il 10% e continua ad aumentare.

 


Ultima modifica 25.11.2003