MIA - Cervetto: Fascismo e democrazia: due forme della dittatura del capitale

Fascismo e democrazia: due forme della dittatura del capitale

Cervetto (febbraio 1969)

 


Scritto nel febbraio 1969
Pubblicato per la prima volta su Lotta Comunista, N°33-34
Trascritto per internet da Antonio Maggio (Primo Maggio)febbraio 2002


 

Fascismo e democrazia non sono che due metodi o due forme di uno stesso esercizio della dittatura capitalista. Sono, cioè, due facce della stessa medaglia.

Per la classe operaia non si pone l'alternativa tra democrazia e fascismo ma tra dittatura capitalistica e dittatura proletaria. Questo è un punto fondamentale del programma comunista e finché la classe operaia non lo mette in pratica essa è destinata ad essere soggiogata da una delle forme della dittatura del capitale. Lenin dice che la democrazia è il migliore involucro della dittatura del capitale. Qual'è il senso profondo di questa chiarissima definizione leninista?

In che modo possiamo utilizzare la sua stretta attualità?

E' la stessa realtà sociale e politica a dare la risposta. Mai come oggi la democrazia ha dimostrato di essere il migliore involucro della dittatura del capitale, mai come oggi la democrazia ha dimostrato di essere una fittissima rete che imprigiona ogni movimento della lotta operaia e lo costringe a dibattersi dentro confini rigidamente delimitati dal potere capitalista. Ogni lotta operaia viene egemonizzata dall'opportunismo e si impantana nelle sabbie mobili della democrazia perché non sa e non può porsi il problema del potere, l'alternativa tra dittatura borghese e dittatura proletaria. Ma come può la democrazia avere questa straordinaria influenza sul corso della lotta di classe? Non di certo e non solamente perché è una ideologia, ma perché questa ideologia è possibile in determinate condizioni dello sviluppo capitalistico.

La democrazia è il migliore involucro del capitalismo appunto perché essa riflette una relativa stabilità del ciclo capitalistico di produzione.

Questa relativa stabilità fa sì che la lotta di classe possa essere contenuta dal sistema entro limiti tollerabili per il sistema stesso. E in questa relativa stabilità l'opportunismo ha solide radici ed ha una sua stabilità.

Da ciò non ne deriva che il fascismo sia il «peggiore involucro» per il capitalismo e che, quindi, in una situazione fascista la classe operaia trovi meno ostacoli da spianare sulla strada della rivoluzione. Instaurato il fascismo, la classe operaia si trova ad essere imprigionata nella dittatura borghese negli stessi termini in cui si trova ad esserlo nella democrazia.

Il problema, perciò, non può e non deve essere visto in questo modo. Il problema è di vedere invece, perché in certe situazioni la dittatura del capitale prende le forme fasciste perché la classe dominante scarta la forma democratica che aveva funzionato come il suo migliore involucro, e determina la forma fascista.

La situazione in cui si verifica questo mutamento è una situazione di crisi economica e di crisi politica. La crisi economica provoca una profonda instabilità nella struttura produttiva ed acutizza all'estremo la lotta di classe.

La crisi politica si manifesta con l'indebolimento dell'apparato statale, con la divisione delle varie frazioni borghesi con l'oscillamento della piccola borghesia, con la disgregazione dei partiti opportunisti.

In questa situazione i partiti opportunisti non riescono a svolgere efficacemente la loro funzione controrivoluzionaria di controllo e di contenimento della classe operaia. Si verifica una condizione per cui il partito leninista rivoluzionario può prendere la direzione della lotta operaia perché può dare ad essa uno sbocco politico, uno sbocco di potere. La saldatura tra condizioni oggettive (crisi economica, disgregazione nel blocco di potere tra tutte le frazioni capitaliste) e condizioni soggettive (crisi politica, disgregazione dell'opportunismo, presenza attiva del partito leninista rivoluzionario) pone concretamente la possibilità della lotta per la dittatura del proletario. In questa situazione, tutte le frazioni capitaliste hanno un interesse comune a sostenere una forma fascista di controrivoluzione.

Il fascismo poi, non riuscirà a superare la crisi economica e politica che lo ha partorito, ma riuscirà a superarne il punto più pericoloso, per il sistema capitalistico, e soprattutto ad impedire che si verifichi il collegamento tra la lotta operaia ed il partito rivoluzionario.

Tutto ciò, sempre che si verifichino le condizioni che abbiamo elencato.

Se manca il partito rivoluzionario, la disgregazione delle organizzazioni opportunisti che si ricompone in nuove formazioni controrivoluzionarie, in partiti centristi opportunisti, in movimenti spontaneisti che altro non sono che una variante socialdemocratica. Mancando il polo d'attrazione costituito dal partito leninista, la classe operaia rimane allo stadio massimalistico e non riesce ad elevarsi ad un più alto livello di coscienza politica, ad una più alta consapevolezza del problema del potere.

Stabilito un controllo sulla classe operaia con queste nuove forme controrivoluzionarie, il capitalismo non ha bisogno della controrivoluzione fascista.

Riesce a contenere la sua crisi dentro la forma democratica.

Da un punto di vista della strategia proletaria, il problema non è quindi, quello della scelta tra democrazia e fascismo ma quello di scatenare la battaglia rivoluzionaria nel momento della crisi economica e politica, nel momento in cui la democrazia non è più possibile ed il fascismo non è ancora possibile.

E' in questo preciso momento, in questa specie di «terra di nessuno» del potere, che si gioca la sorte della dittatura del proletariato e della rivoluzione socialista.

E' un dialettico, un marxista, il rivoluzionario che riesce a fare due cose in una volta sola, dice Lenin. Il proletariato deve saper combattere contemporaneamente democrazia e fascismo, deve saperlo fare in ogni momento ma soprattutto nel momento in cui la democrazia si trasforma in fascismo.

Il proletariato deve sapere approfittare di quel momento di crisi del sistema, di quel momento particolare che, in fondo, è sintomo di squilibrio nell'apparato capitalistico del potere, di quel momento particolare in cui la controrivoluzione democratica sta perdendo i colpi e la controrivoluzione fascista non è ancora in grado di darli tutti.

Solo in quel particolare momento la lotta a fondo contro la democrazia e contro il fascismo ha la possibilità di essere realizzata in pieno e di concludersi con la dittatura del proletariato. Ancora una volta, elemento determinante è il partito leninista perché solo un partito che abbia elaborato dettagliatamente la strategia rivoluzionaria e che abbia la capacità di tradurla in centralizzazione organizzativa può essere in grado di dare una forma militare alla lotta operaia.

Tutta l'energia della classe deve, quindi, concentrarsi in un efficace strumento di lotta armata che sappia colpire con estrema violenza e massima razionalità i nodi fondamentali dello schieramento controrivoluzionario nell'ala democratica e nell'ala fascista. Lasciata alla spontaneità, la classe andrebbe incontro alla sconfitta di fronte ad un nemico che sa come e dove colpire efficacemente.

In una guerra di classe di questo tipo, il proletariato non può rimanere sulla difensiva ma deve passare all'attacco. Ed attacco significa massimo di strategia, massimo di organizzazione, massimo di centralizzazione, massimo di militarizzazione bolscevica.

Questi problemi oggi non sono urgenti perché non ci troviamo di fronte ad una crisi del sistema. Devono però essere presenti nello studio della strategia rivoluzionaria e devono essere assimilati da tutti i militanti rivoluzionari della classe operaia. Oggi il capitalismo riesce a dominare con la controrivoluzione democratica.

I gruppi fondamentali del capitalismo in Italia hanno da tempo scelto la linea riformistica che corrisponde sia alle loro esigenze interne che a quelle esterne di espansione capitalistica.

Il processo di socialdemocratizzazione, da noi individuato nelle Tesi del 1957, si basa sulle condizioni oggettive della relativa stabilità dello sviluppo capitalistico negli Stati Uniti, in Europa, in Italia.

Permanendo una relativa stabilità di sviluppo del mercato mondiale, il capitalismo italiano, fortemente integrato nel mercato mondiale e da esso fortemente condizionato, non ha prospettive immediate di crisi. Può attraversare crisi parziali, ma non ancora generali, Queste, quando verranno, avranno grandi dimensioni internazionali.

A breve scadenza, operano in funzione di relativa stabilizzazione i mercati dell'Europa Orientale ed i mercati di altre zone capitalistiche in sviluppo.

In questa relativa stabilità il processo di socialdemocratizzazione procede a ritmo serrato ed ha al suo centro il PCI che si colloca come una delle forze fondamentali del socialimperialismo italiano, non solo per il suo ruolo interno ma anche nei confronti dell'imperialismo russo, oggi che l'oggettivo conflitto con la Cina esplode, puntualmente come avevamo previsto. «L'unità nella diversità» diventa adesso l'opportunistica divisa di una socialdemocrazia legata al proprio imperialismo e che, in funzione di questo, lascia aperte tutte le porte alle alleanze sia verso l'imperialismo russo che verso il capitalismo di stato cinese.

Non a caso, la posizione del PCI sul conflitto statale-militare tra URSS e Cina è quella dei gruppi imperialisti italiani che non hanno interesse, per ora, ad appoggiare l'una o l'altra.

Questi gruppi sono quelli che determinano la linea riformistico-democratica oggi prevalente.

Delle 20 principali società italiane, secondo i calcoli della Mediobanca, che hanno un totale di fatturato annuo di 6.011. miliardi di lire e 402 mila addetti, due gruppi capitalistico statali (ENI, con 994 miliardi. di fatturato ed IRI con 1.212) e due gruppi capitalistico privati (FIAT con 1.104 e Pirelli con 205 miliardi di lire) capeggiano lo schieramento del capitalismo italiano.

Questi quattro gruppi (che controllano ormai anche la MONTEDISON che ha un fatturato di 533 miliardi di lire) hanno un fatturato di 3,515 miliardi, cioè hanno un peso economico determinante che traccia la linea per tutto il capitalismo italiano, come ha dimostrato il congresso annuale della Confindustria.

La linea ENI - IRI - FIAT - PIRELLI è dichiaratamente la linea riformistica, la linea del centro-sinistra, la linea di apertura al PCI sia che collabori al governo sia che resti all'opposizione costituzionale.

Quindi la linea fascista, oggi, non può trovare l'appoggio che sui gruppi più arretrati del capitalismo italiano, gruppi di agrari e gruppi burocratici.

A questi gruppi si deve la sortita di azioni squadristiche nell'ambito studentesco.

Queste azioni di squadracce fasciste devono essere prontamente ricacciate dai rivoluzionari, ma non devono assolutamente costituire l'alibi per fare passare, nei fronti antifascisti democratici, la linea riformistica dell'imperialismo italiano.

L'opposizione rivoluzionaria alla linea riformista, al centro-sinistra più o meno allargato, è la linea generale della lotta operaia in Italia, l'unica linea concreta e conseguente contro la forma democratica e la forma fascista, del resto sempre più compenetrate, della dittatura del capitale.

 

 


Ultima modifica 28.2.2002