Metodo e partito scienza

Arrigo Cervetto (1991-1996)

 


Edizioni Lotta Comunista
Trascritto per internet da Antonio Maggio (Primo Maggio), agosto 2001


 

3] Servitù della gleba seconda edizione
metodo e sviluppo contraddittorio
metodo e sviluppo agricolo
filosofia e teorie statali
metodo e scienza dalla energia
scienza e macchine
involucri delle ideologie e dei processi storici
correnti religiose e teorie dello Stato
teorie politiche della nuova classe
metodo razionale e sviluppo onnilaterale

METODO E SVILUPPO CONTRADDITTORIO[16]

Per Marx "la nazione capitalistica modello del XVII secolo è l'Olanda", il paese nel quale il capitalismo ottiene la prima vittoria duratura sul feudalesimo.

Il colpo decisivo sarà dato dalla rivoluzione inglese e si aprirà la possibilità di uno sviluppo capitalistico generale.

Non si può comprendere il processo storico dello sviluppo capitalistico se non si tiene conto dei fattori che intervengono nel mutamento dell'ambiente generale dove le specie sociali evolvono.

Solo quando i fattori si collegano in una combinazione favorevole, lo sviluppo capitalistico generale diventa possibile.

Possiamo dire che una determinata evoluzione del sistema di Stati diventa l'espressione della combinazione favorevole. Le guerre del Cinquecento e del Seicento segnano proprio l'avvento di una situazione favorevole allo sviluppo capitalistico nel mondo.

Le guerre tra le potenze in declino e le potenze in ascesa maturano l'avvento della borghesia.

Anche in Olanda e in Inghilterra la borghesia è costretta a dividere il potere con la nobiltà terriera, alla quale lascia le alte cariche militari, diplomatiche e amministrative.

Nello stesso periodo, l'autocrazia si rafforza in Russia, dando luogo a una variante russa dello Stato assolutista feudale, definizione sulla quale, peraltro, molto si è discusso per circa un secolo.

A noi interessa, in questa sede, sottolineare come non in tutti i paesi l'accumulazione primitiva del capitale avvenga nelle forme classiche dell'Inghilterra, e come l'ineguale sviluppo sia di lunga durata.

Engels parla di "servitù della gleba seconda edizione" presente nella Germania Nord-orientale e in alcune zone dell'Impero Asburgico, del Baltico, della Polonia, della Russia. La crescente domanda di prodotti agricoli da parte dell’Europa occidentale in via di industrializzazione si indirizza verso la parte centrale e orientale del continente.

Il mutamento dell'ambiente generale provoca un'evoluzione degli organismi sociali tanto differenziata quanto una evoluzione degli organismi biologici.

Abbiamo visto come l'espansione colonizzatrice dei Principi tedeschi abbia fatto mancare alla Germania la necessità dello Stato centralistico adatto alla difesa, nel Cinquecento.

L'accumulazione capitalistica nel Seicento occidentale modifica l'ambiente e rafforza i proprietari fondiari nell’Europa Orientale, i quali trovano uno sbocco per la produzione agricola in un mercato mondiale creato dalla borghesia industriale e commerciale.

La diffusione del capitalismo nel mondo non è un processo lineare, anzi il Seicento dimostra che lo sviluppo della borghesia nella parte occidentale rafforza l'aristocrazia nella parte orientale dell’Europa. Ciò nel tempo breve; nel tempo lungo il bilancio dell'evoluzione registra una somma diversa.

La "seconda edizione della servitù della gleba", costringendo anche legalmente i contadini al lavoro agricolo per i padroni feudali, frena la separazione della popolazione rurale dai mezzi di produzione.

In Inghilterra la borghesia, sostenuta dai contadini, cerca di liquidare lo stato assolutistico feudale che frena lo sviluppo economico.

Nelle colonie nordamericane la rivoluzione, diretta dai borghesi locali ed appoggiata dai farmers, ossia dai contadini liberi, assume la forma di guerra di liberazione contro gli inglesi.

In Russia, invece, le rivolte contadine, prima di Stienka Razin e poi di Emelian Pugasciov, si dirigono contro la nobiltà ma sono prigioniere di un'ideologia che finirà con il rafforzare lo Stato autocratico nell'illusione che lo Zar condizioni i Signori delle "anime morte''.

Con la forma dello Stato assolutista si rafforzano tre "grandi nazioni'': Russia, Inghilterra e Francia. La loro comune forma politica riveste un contenuto economico-sociale diverso, un contenuto che riserva uno sbocco storico differenziato.

La rivoluzione borghese scoppia in Francia, un secolo e mezzo dopo che in Inghilterra; altri centotrent'anni e scoppierà in Russia.

 

METODO E SVILUPPO AGRICOLO[17]

Nella prima metà del Seicento inglese sopravvive una vecchia organizzazione feudale e corporativa che non può più soddisfare la domanda crescente ed i nuovi mercati, come scrivono Marx ed Engels due secoli dopo.

Nel 1651 l'industria mineraria, con 3 milioni di tonnellate di carbone all'anno, rappresenta l'80% di tutto il fossile estratto in Europa. Dal 1551 la produzione del carbone è aumentata di 14 volte e l'estrazione del minerale di ferro di 3 volte.

Esistono 8.000 forni con una produzione media settimanale di 3-4 tonnellate di metalli. E' proibita la esportazione della lana mentre è permessa quella dei manufatti lanieri.

Nascono i cosiddetti "mercanti avventurieri" che soppiantano quelli stranieri, ad esempio quelli della Lega anseatica. Con 9.500 azionisti sorge all'inizio del secolo la Compagnia delle Indie Orientali e in soli 40 anni raddoppia il giro d'affari commerciali e triplica le entrate doganali.

Il bilancio di mezzo secolo è tutt'altro che negativo. Qualitativamente, invece, lo è di meno. La vecchia organizzazione feudale frena lo sviluppo dei rapporti di produzione e accentua il ritardo nei confronti dell'Olanda, per quanto riguarda l'industria e la flotta; nel 1600 ben un terzo del commercio inglese è svolto da navi straniere. Emerge un carattere dello sviluppo capitalistico nell'isola, un carattere che ha riflessi nei movimenti politici, nelle sue forme e nei suoi ritmi.

Quattro milioni dei cinque milioni e mezzo di abitanti vivono nelle campagne e delle città solo Londra registra 200mila residenti.

Lo sviluppo capitalistico nell'agricoltura non è inferiore a quello dell'industria, anzi lo supera.

L'agricoltura è da tempo collegata al mercato ed è, quindi, oggetto di investimento di capitale, ancor prima dell'industria. Nelle campagne ha luogo il processo di accumulazione primitiva del capitale, in corso da mezzo secolo in modo consistente. Già dall'inizio del '600 data la separazione dei produttori dai mezzi di produzione, si verifica un'impetuoso sviluppo delle forze produttive nelle campagne: colture foraggiere, bonifiche, migliorie, strumenti agricoli.

Alla caratteristica inglese del ritardo industriale rispetto al capitalismo nella agricoltura corrisponde una particolarità nello schieramento delle classi.

Se anche per la società inglese assumiamo la suddivisione francese dei famosi "tre stati" (clero, nobiltà, popolo), riscontriamo una maggiore oscillazione nell'isola, dove avviene più facilmente il passaggio da uno "stato" all'altro.

I figli minori dei Pari (Lords titolati), formalmente fanno parte della nobiltà bassa, o gentry, e diventano nobili-imprenditori, equivalenti ai borghesi.

Nella borghesia, molti cittadini, dopo aver acquisito titoli nobiliari, continuano l'attività capitalistica.

E' importante tenere presente la divisione della nobiltà in due figure sociali destinate, nella rivoluzione, a scontrarsi. La nuova nobiltà i cui rappresentanti si chiamano gentlemen, è ormai legata al profitto ed utilizza la proprietà fondiaria per trarne profitto capitalistico. Le sue entrate superano, ormai, quelle dei Pari, dei Vescovi e dei Yeomen agiati considerati globalmente.

Dal 1561 al 1640 la proprietà fondiaria della Corona è diminuita del 75%, quella dei Pari del 50%, mentre quella dei gentlemen è aumentata del 20%.

La nuova nobiltà sta diventando una frazione borghese e tende a trasformare la proprietà fondiaria in proprietà borghese libera da vincoli feudali.

A questo tentativo si oppone la vecchia nobiltà e lo Stato assolutista da essa influenzato.

Il risultato è una crisi rivoluzionaria e due programmi agrari della Rivoluzione inglese: quello dei gentlemen e quello dei contadini che vogliono trasformare i tradizionali copyhold in freehold.

La crisi rivoluzionaria matura nella stessa nobiltà, ma diventa irresistibile quando si affacciano alla ribalta gli altri protagonisti: la borghesia e le masse popolari.

 

FILOSOFIA E TEORIE STATALI[18]

Accanto alla nuova nobiltà imborghesita abbiamo la borghesia e le masse popolari, in tutte le loro stratificazioni.

Dello strato superiore della borghesia fanno parte:

1. le centinaia di affaristi della City di Londra legati al protezionismo commerciale e industriale dello Stato assolutista;
2. gli appaltatori e i finanzieri della Corona;
3. i creditori della vecchia nobiltà;
4. i compartecipanti delle Compagnie Commerciali monopolistiche.

Lo strato medio della borghesia comprende:

a. i mercanti medi;
b. la élite dei maestri delle Corporazioni.

Questo strato rifiuta gli arbitrii dello Stato Assolutista ma ha un comportamento politico esitante perché gode di alcuni privilegi.

Infine, lo strato degli imprenditori non corporativi, imprenditori delle manifatture accentrate e decentrate, i più ostili al sistema.

Le masse popolari sono prive di diritti politici e non sono rappresentate in Parlamento.

Le componenti fondamentali sono quattro:

I. piccoli artigiani;
II. piccoli agricoltori;
III. lavoratori salariati;
IV. contadini poveri.

Sono la forza decisiva che accelera la rivoluzione inglese e che è utilizzata dalla borghesia e dalla nuova nobiltà contro il feudalesimo in una svolta della storia con una combinazione e con uno schieramento ampio di protagonisti sociali.

L'ideologia svolge un ruolo nel principio dell'unità nazionale culturale. Mentre la burocrazia completa, con l'unificazione amministrativa-militare, l'unità economica data dalla borghesia, la comunanza culturale viene favorita dall'unità linguistica dove il linguaggio popolare sostituisce il latino "universale''.

Questo processo di unificazione linguistica non può essere svolto dalla scienza il cui contenuto risulta incomprensibile alle masse e che, infatti, sarà per molto tempo ancora espresso in latino. Non può neppure essere compiuto dall'arte, il cui linguaggio era feudale e usato anche dalla Chiesa; l'arte borghese cambierà, di certo, contenuto e forma, ma non potrà mai essere lo strumento fondamentale di unificazione di cultura e di linguaggio.

Solo con la letteratura (poesia, teatro, romanzo ecc.) si impone la lingua nazionale e l'ideologia borghese materialista stabilisce l'influenza sulle masse.

Anche la musica assumerà una funzione importante, specie con le feste mobilitative.

George Sabine ritiene che, prima delle Guerre Civili del 1640, le teorie dello Stato siano meno chiare in Inghilterra che in Francia. Si può convenire.

Le posizioni teoriche francesi sono sostanzialmente quattro.

Gli Ugonotti sostengono che lo Stato Assolutista debba avere il consenso del popolo (borghesia) perché lo Stato risiede nel popolo.

I Gesuiti abbracciano la stessa teoria ma con scopi opposti, poiché tendono ad impedire che un forte Stato Assolutista crei una Chiesa nazionale autonoma dal Vaticano.

I burocrati assolutisti, invece, riprendono la teoria legittimista del diritto divino del Re.

Infine Bodin, nella "Repubblica'', elabora una teoria costituzionale, con un Patto garantito dal Re.

Lo Stato Assolutista dei Tudor in Inghilterra si basa, invece, su di un compromesso con tutte le frazioni della borghesia, o almeno con quelle più agiate. Nel complesso la borghesia è più forte che in Francia, e nessuna frazione ha interesse a sostenere la teoria legittimista del diritto divino, o la teoria del diritto popolare.

La tendenza è, di fatto, allo Stato "costituzionale''.

 

METODO E SCIENZA DALLA ENERGIA[19]

Nella seconda metà del Seicento si affermano definitivamente: la teoria eliocentrica, la dinamica di Galilei, la fisica (cartesiana).

Lo sviluppo delle forze produttive determina la necessità di una esposizione che sia più di una descrizione, esposizione che in forma matematica dimostri il rapporto tra i fenomeni naturali.

Si impongono la semplicità lineare, la determinatezza quantitativa e il fondamento sperimentale della scienza.

Anche per queste necessità, la scienza vede tutti i rapporti nella natura come rapporti riconducibili alle forze meccaniche di attrazione e repulsione; anche i fenomeni chimici e biologici sono visti come spostamenti meccanici di particelle.

Saranno considerate forme di conoscenza a priori le astrazioni matematiche.

Nella elaborazione manca una concezione dialettica del rapporto astrazione-concretezza. Sarà a nostro avviso lo sviluppo produttivo a determinare un salto.

Lo sviluppo delle forze produttive, però, non è più dato dalla tecnica artigianale, bensì dalla energia.

Lo sviluppo della tecnica artigianale si riflette, invece, nella scienza con un ulteriore meccanicismo.

Solo il salto nella energia comporterà una quantità nuova di problemi delle forme di movimento della materia e, quindi, una nuova visione del movimento della materia che superi quella, ormai insufficiente, del movimento meccanicistico.

Nello sviluppo della scienza l’apporto maggiore non sarà dato dalla tecnica della manifattura ma dalle macchine che producono energia per la manifattura. Dal punto di vista della scienza, appunto, più che della produzione.

Avverte Karl Marx ne "Il Capitale":

"questa ristretta base tecnica esclude la possibilità della scomposizione scientifica effettiva del processo di produzione poiché ogni processo particolare, attraverso il quale passa il prodotto, deve essere adempiuto come singola operazione artigianale".

Nella manifattura la macchina ha ancora un ruolo secondario. E il motore idraulico a porre le premesse dell’industria fondata sulle macchine. Comunque la macchina "diede ai grandi matematici di quel tempo i punti pratici di appoggio e lo stimolo per la creazione della meccanica moderna" (K. Marx, "Il Capitale").

Il motore idraulico pone alla scienza i problemi più importanti della meccanica:

concetto di inerzia
concetto di accelerazione
concetto di forza.

Su questi concetti la scienza crea modelli matematici che applica a:

processi astronomici
processi fisici
processi chimici
processi geologici.

Un esempio: la precisa misurazione del tempo determina la ricerca del movimento uniforme o uniformemente accelerato.

L’olandese Christiaan Huygens introduce il bilanciere all’orologio. Si possono così studiare le velocità dei processi fisici.

Nella navigazione l’orologio diventa lo strumento fondamentale per la definizione delle longitudini.

Si va imponendo la precisa misurazione delle longitudini politiche.

 

SCIENZA E MACCHINE[20]

Nei manoscritti dedicati alla "Dialettica della natura", Engels scrive che occorre studiare la successine dello sviluppo dei singoli rami delle scienze naturali.

L’astronomia è necessaria, dice, già a motivo delle stagioni tanto ai popoli pastori che ai popoli agricoltori, ma può essere studiata solo con l’ausilio della matematica.

Ad un certo grado di sviluppo dell’agricoltura e in certe regioni (innalzamento di acque per irrigazione in Egitto) e in modo particolare con il sorgere delle città, dei grandi edifici, della manifattura, della navigazione e della guerra, si impone la meccanica.

Anch’essa ha bisogno dell’ausilio della matematica.

Così, fin dall’inizio, l’apparizione e la crescita delle scienze sono condizionate dalla produzione.

La ricerca scientifica propriamente detta si limita, durante tutta l’antichità, a queste tre discipline.

Nel campo della fisica e della chimica non fu possibile far altro che raccogliere fatti e ordinarli nel modo più sistematico possibile.

La fisiologia era "un puro indovinello".

Il punto di partenza della rivoluzione industriale in Inghilterra è costituito dalle macchine operatrici e dalle macchine utensili, ossia le macchine che permettono la sostituzione dell’operaio nelle funzioni nelle quali egli agisce direttamente sull’oggetto del lavoro. K. Marx ne "Il Capitale", approfondisce:

"sotto la forma della macchina il mezzo di lavoro assume quasi la forma di esistenza materiale, che condiziona lo scambio della forza dell’uomo con quella della natura e la routine consuetudinaria con l’impiego cosciente delle scienze".

La macchina suddivide la produzione in processi elementari fisico-chimici.

Un’altra caratteristica della rivoluzione industriale è la fabbrica meccanizzata; ciò comporta, a livello di scienza, la scoperta e la definizione di leggi del movimento meccanico delle masse pesanti. Le macchine a vapore porranno infine il problema della definizione delle leggi del movimento molecolare.

Lo sviluppo del motore idraulico rende necessaria la conoscenza del movimento della materia acqua, cioè l’idrodinamica.

Un altro aspetto messo in rilievo dal progredire della meccanica è la conoscenza della meccanica delle costruzioni, ossia dell’edilizia e della cantieristica. Alcuni matematici elaborano la teoria dell’elasticità, e un ruolo importante assumono i calcoli, specie sugli archi, sulle volte e sui legnami.

La macchina a vapore libera l’industria da molti ostacoli. Occorre, però, vedere un aspetto del rapporto dialettico tecnica-scienza. Con la tecnica manifatturiera abbiamo uno sviluppo della matematica e della meccanica ad un livello scientifico sufficiente a permettere la progettazione delle macchine necessarie alla meccanizzazione della tessitura. Ma per questa occorre un mutamento della base energetica, ossia l’impiego della macchina a vapore come motore generale.

Per Engels è "la prima invenzione veramente internazionale".

Avviene il mutamento radicale delle basi energetiche della produzione, dato che l’energia idraulica limitava le proporzioni delle fabbriche, ampliava la localizzazione degli impianti e impediva la concentrazione dell’industria nelle città, esigenza derivata anche dall’alto costo dei trasporti destinato ad essere ridotto dall’impiego della forza motrice a vapore agli stessi mezzi di trasporto.

Classi e frazioni sociali, correnti politiche e filosofi della politica seguono il mutamento delle basi energetiche nel corso dei decenni e dei secoli.

 

INVOLUCRI DELLE IDEOLOGIE E DEI PROCESSI STORICI[21]

La Riforma protestante, nel Cinquecento, pone anche in Inghilterra il problema del rapporto tra Stato e Chiesa. Quello tra lo Stato assolutista e la Chiesa papale era già stato risolto con la sconfitta della seconda. Rimane il problema della definizione della Chiesa nazionale.

Il problema e importante perché, con la sconfitta del cattolicesimo, la Chiesa inglese e diventata nazionale e rappresenta, oltre alla rendita, tutte le frazioni della borghesia.

Lo scontro di tutte le frazioni delle classi avviene, perciò, sul terreno della Chiesa nazionale nel Seicento.

Dal punto di vista della metodologia marxista si presenta un tipo di analisi eccezionale. Per la prima e l'ultima volta una lotta della borghesia si compie sul terreno della Chiesa e della teologia.

Era già avvenuto un secolo prima, con la Riforma e la Guerra dei Contadini, ma in una fase più arretrata. Sara diverso un secolo dopo.

In Francia, nel Settecento, non vi sarà più bisogno dell'involucro della religione e della teologia, dato che l'ideologia borghese è ormai divenuta autonoma nella filosofia e nel metodo.

Il Seicento inglese, da questo punto di vista, rappresenta una fase di transizione nella formazione dell'ideologia della nuova classe.

Seguendo l'esempio di Engels dovremo, perciò, cercare nel bozzolo della teologia le ideologie della rivoluzione in preparazione.

Tommaso Moro, ne "L'Utopia" del 1516, attacca l’impresa commerciale come immorale e avida di guadagno. La nostalgia del passato comunitario, immaginario, e proiettata nella futura Utopia. Il Re e il Parlamento non debbono regolare la religione e la Chiesa poiché ne rifiuterebbero la universalità, anzi lo Stato deve essere subordinato alla Chiesa Universale (Vaticano), poiché la supremazia dello Stato o del Parlamento sulla Chiesa rappresenta l'usurpazione dell'indipendenza spirituale.

Questa teoria cattolica dello Stato afferma chiaramente che, in materia di fede, non vi può essere subordinazione alla legge: lo Stato o il Parlamento potrebbero decretare che Dio non esiste! Le lotte e i mutamenti delle classi avviano nuovi processi nel sistema degli Stati.

Dalla seconda meta del Seicento inizia a disgregarsi l'assetto che era stato determinato dalla Guerra dei Trenta Anni e che aveva segnato l'egemonia della Francia e della Svezia.

Due guerre accompagnano il passaggio: la Guerra di Successione Spagnola (1707-1713); la Guerra del Nord (1700-1721).

Tre grandi potenze del Seicento (Spagna, Olanda, Svezia) decadono già all'inizio del nuovo secolo.

Nel 1714 la Spagna perde definitivamente i suoi possedimenti in Italia e nei Paesi Bassi.

L'Olanda e costretta a cedere all'Inghilterra le posizioni commerciali e coloniali.

Con la guerra del Nord la Svezia perde la sua potenza militare.

Alla fine di questo processo, tre grandi potenze (Spagna, Olanda, Svezia) lasciano il posto a tre "nuove grandi potenze" (Prussia, Russia, Austria).

Declino e ascesa di potenze assumono, nella dialettica del corso storico, dimensioni multilaterali ed estremamente composite.

Il predominio del Baltico, dato il declino della Polonia, passa alla Russia, la quale estende il suo peso anche a Sud, sul Mar Nero, dove la Turchia si sta indebolendo.

A Nord-Est, la Russia annette la sterminata Siberia e raggiunge l'Oceano Pacifico.

Anche la Prussia (già Granducato di Brandeburgo) diviene una potenza militare di alto livello, allargando i suoi territori a spese della Polonia, della Svezia, dei piccoli Principati tedeschi e dell'Austria.

Non a caso l'ascesa della Prussia indebolisce la posizione degli Asburgo in Germania e li costringe a concentrare le loro energie in Austria per rafforzare lo Stato multinazionale nella lotta contro l'Impero Ottomano. Gli Asburgo, perciò, si rafforzano in Ungheria, nelle terre slave tolte alla Turchia e subentrano alla Spagna nel 1714 (a seguito della Guerra di Successione Spagnola) nell'Italia settentrionale.

CORRENTI RELIGIOSE E TEORIE DELLO STATO[22]

Gli Anglicani sono i protestanti inglesi legati allo Stato assolutista. Esprimono una loro teoria della "Chiesa nazionale".

In realtà il problema dello Stato si presenta, agli inizi del Seicento, in due rapporti:

1. rapporto Stato-Chiesa nazionale;
2. rapporto Re-Corti della legge comune-Parlamento.

Questi due rapporti si risolvono, in definitiva, nell'accentramento dello Stato e nella dinamica delle frazioni feudali e borghesi. Ed è proprio questa dinamica ad opporsi all'accentramento dello Stato assolutista e ad impedire che si stabilisca un equilibrio relativo.

Il fatto è che lo scontro tra le frazioni feudali e borghesi non può essere contenuto in una unica Chiesa nazionale. Guadagna terreno la dissidenza dei Presbiteriani, degli Indipendenti, dei Settari.

La teoria anglicana della "Chiesa nazionale" concepisce tre tipi di leggi: legge eterna di Dio, legge naturale che Dio ha dato per ordinare la natura, legge nazionale che l'uomo, per natura socievole, deve seguire. Perciò la società da il consenso allo Stato da essa costituito.

Su questa concezione religiosa poggia, sostanzialmente, la teoria politica e la teoria dello Stato elaborata dagli Anglicani.

Dato che, sempre nella concezione in esame, la legge nazionale non è contraria alla legge di Dio, Stato inglese e Chiesa inglese abbracciano lo stesso campo. Ogni inglese è cristiano e ogni cristiano, in Inghilterra, è inglese.

La società integrale cristiana diventa, quindi, contemporaneamente Chiesa e Stato.

La legge eterna non ha bisogno di una istituzione propria ma e affidata allo Stato e alla Chiesa nazionale.

Il Re è di diritto divino. E' Capo dello Stato ed è capo della Chiesa.

La separazione dal Papato è netta e diventa irreversibile mano a mano che i fondiari costruiscono il loro Stato assolutista.

La crisi politica non sarà provocata tanto dal papismo, quanto dalle frazioni della borghesia che emergono dallo sviluppo del mercato interno e dal nuovo fenomeno storico costituito dal mercato mondiale.

George Sabine, molto attento alle dottrine politiche, lo è meno al riguardo della dinamica delle classi in ascesa, in declino e in trasformazione.

La borghesia commerciale, di tipo monopolista, esprime i Calvinisti inglesi.

I Presbiteriani, corrente della Chiesa nazionale anglicana dalla quale saranno esclusi nel 1662, sono d'accordo con i cattolici sull'indipendenza spirituale e anch'essi tendono al controllo clericale dello Stato da parte della loro Chiesa.

Sennonché la loro è una Chiesa nazionale e non una Chiesa universale come quella reclamata dai cattolici, e la loro rivendicazione della separazione fra Stato e Chiesa vuole una Chiesa nazionale ma autonoma.

A differenza dei Calvinisti francesi e scozzesi, i Presbiteriani non giustificano la ribellione allo Stato, tanto che nella loro ascesa, durante i primi anni della guerra civile, puntano a fare del presbiterianesimo la Chiesa nazionale, ma tramite il Re.

Appaiono i Congregazionalisti, o Indipendenti, come Calvinisti che si differenziano dai Presbiteriani per la loro riforma religiosa, ma non come le frazioni agraria, commerciale, industriale della nuova classe borghese.

I Congregazionalisti pensano che la Riforma religiosa possa essere avviata nell'immediato, senza accordo con la Chiesa Anglicana e con lo Stato. La Chiesa, essendo una associazione volontaria di cristiani, deve abbandonare, per riformarsi, l'appoggio dello Stato.

Partendo da questa visione i Congregazionalisti rinunciano alla Chiesa nazionale, cosa che fanno, in America, gli Indipendenti del Massachusetts.

La Chiesa e lo Stato devono essere indipendenti e non solo separati. Ne la Chiesa ne lo Stato possono imporre la religione.

E' la posizione politica più avanzata delle frazioni più avanzate della borghesia inglese nel secolo di ferro.

 

TEORIE POLITICHE DELLA NUOVA CLASSE[23]

Benché proclamino la tolleranza religiosa, i Congregazionalisti non la attuano nei riguardi dei cosiddetti Settari.

Fino al 1640 non hanno un vasto seguito, anche se sono i più decisi oppositori del Re e raggiungono, di conseguenza, il massimo potere nell'Armata Modello di Oliver Cromwell, con l'esecuzione del Re e con la seconda guerra civile.

La crisi economica, provocata dalla guerra, produce i Livellatori, i quali provengono in maggioranza dagli Indipendenti e teorizzano una estremizzazione della dottrina di questi ultimi.

I Battisti e i Quaccheri risolvono il rapporto Stato-Chiesa riducendo a fondo la stessa organizzazione ecclesiastica. La Chiesa nazionale viene, addirittura, annullata dato che per i Settari la religione è illuminazione interiore ed esperienza spirituale.

Se si può parlare di una specifica teoria statuale occorre considerare che, per i Battisti, non vi deve essere obbedienza alle leggi e allo Stato di un mondo destinato a finire a breve scadenza.

Il sorgere della questione ecclesiastica è una delle manifestazioni della rottura dell'equilibrio stabilitosi con la fondazione dello Stato assolutista inglese. L'alta borghesia aumenta il suo peso sociale e tende a spostare l'equilibrio, tramite nuovi rapporti di forza, premendo sullo Stato e sul Re sia con le correnti religiose che con i parlamenti locali.

Siccome il fronte borghese è un fronte complesso, tutte le frazioni della nuova classe entrano, con le loro caratteristiche e i loro specifici obbiettivi, in un processo politico che possiamo concepire come lotta di riequilibrio, proprio per sottolineare una costante della corrispondenza delle forme politiche alla dinamica dello sviluppo economico.

La massima tensione delle lotte delle classi e delle frazioni di classe mette in moto una serie di guerre civili.

Le precedenti teorie dello Stato erano, sostanzialmente, teorie di equilibrio di poteri tra monarchia e parlamento. La lotta politica partorisce, invece, teorie dello Stato nelle quali si afferma la supremazia dell'una o dell'altro, proprio in consonanza al tentativo di un decisivo spostamento di equilibrio.

Toccherà ai tre massimi filosofi dell'epoca (Bacone, Hobbes, Locke) essere i massimi elaboratori delle teorie dello Stato.

Quando Thomas Hobbes (1588-1679) nasce, Francis Bacone (1561-1626) è un giovane di diciassette anni e, quando nasce John Locke (1632-1704), è Hobbes ad avere quarantaquattro anni. L'arco di tre generazioni di lotte politiche accumula un potenziale teorico dello Stato borghese destinato a durare nel tempo di tre secoli.

Pensiamo che la lunga durata di teorie sorte come teorie di rottura di equilibrio risieda nell'essere varianti della nascente dittatura liberale e democratica della predominante economia capitalistica.

Non vi poteva essere migliore sala di parto che l'Inghilterra del Seicento. Rotto l'equilibrio, lo scontro tra Re e parlamento si fa acuto. Giacomo I vuole una specie di potere assoluto e si urta, con le Corti della Legge Comune, sulle prerogative reali.

Bacone è favorevole ad una forte prerogativa reale, e la sua teoria del potere regio potrebbe essere considerata una teoria pre-borghese dello Stato assolutista se non esprimesse una concezione di armonia-equilibrio proiettata su campo mondiale.

Francis Bacone, del resto, si dedica alla riflessione e alla filosofia dopo che, nel 1621, è escluso dalla vita politica perché il parlamento lo accusa di venalità, per una questione di soldi.

Entra, nel 1593, alla Camera dei Comuni perché protetto dal conte di Essex, a sua volta favorito della regina.

Quando il conte di Essex cade in disgrazia Bacone si mette direttamente al servizio del Re, scalando, dal 1613 al 1618, le massime cariche, da Procuratore Generale a Lord Guarda Sigilli a Gran Cancelliere.

Caduto in basso nella polvere, scala la montagna della teoria.

METODO RAZIONALE E SVILUPPO ONNILATERALE[24]

Francis Bacone vuole che l'Inghilterra divenga la massima potenza dell'Europa nordoccidentale e che sia lo "Stato guida" del Protestantesimo, uno "Stato guida" che sviluppi una "politica aggressiva" nel continente. La teoria dello "Stato guida" accompagna l'ascesa della potenza inglese e si propone di coalizzare nel continente tutte le forze che si oppongono alla potenza spagnola, lo Stato cattolico per eccellenza, e, in second'ordine, alla potenza francese.

Lo Stato inglese deve, pertanto, operare una unione con la Scozia e "colonizzare" l'Irlanda e per poter svolgere questa missione deve poggiare su di un popolo forte e bellicoso, ossia su di un popolo aggressivo.

Ma come può diventare tale a giudizio del filosofo politico? La risposta rispecchia una formula di equilibrio nuovo che succede alla rottura dell'equilibrio precedente. Il popolo, ossia le frazioni borghesi e le masse urbane e rurali, può essere forte e aggressivo solo se paga poche tasse, se ha di fronte una nobiltà debole e se è capeggiato da un Re al quale l'espansione nazionale assicuri vaste rendite.

Ne "La Sacra famiglia" del 1845, Marx ed Engels affermano: "Il materialismo è il figlio naturale della Gran Bretagna". Già il francescano Duns Scoto (1270-1308) si chiedeva se la "materia non potesse pensare", e rispondeva con il "nominalismo", il quale in generale è la prima espressione del materialismo.

Ricorrendo alla onnipotenza di Dio, costringeva "la stessa teologia a predicare il materialismo" .

E un aspetto che potrebbe essere riconsiderato nel successivo monismo di Baruch Spinoza.

Sostengono i due autori: "Il vero progenitore del materialismo inglese e di tutta la scienza sperimentale moderna è Bacone".

Spiegano la progenitura: "La scienza della natura costituisce per lui la vera scienza, e la fisica sensibile la parte principale della scienza della natura", Bacone si richiama ad Anassagora e a Democrito. Per lui "i sensi sono infallibili e sono la fonte di tutte le conoscenze. La scienza è scienza dell'esperienza e consiste nell'applicare un metodo razionale al dato sensibile".

Nel pensiero di Bacone il metodo razionale è "induzione, analisi, comparazione, osservazione, sperimentazione". E' così riassunto: "Fra le proprietà naturali della materia, il movimento è la prima e la principale, non solo come movimento meccanico e matematico, ma ancor più come impulso, spirito vitale, tensione...".

Data questa visione, il materialismo in Bacone ha in sé "i germi di uno sviluppo onnilaterale".

"Diventa unilaterale" con J. Locke.

Il teorico dello "Stato guida" protestante si è fermato alle soglie della rivoluzione borghese, dopo averne propugnato la potenza.

Scrive Ludovico Geymonat, ne "La storia del pensiero filosofico e scientifico", che per Bacone come per Galilei la natura non va soltanto "ascoltata" ma "interrogata". La divergenza è sul tipo di interrogazione: "L'interrogazione baconiana è, infatti, strutturata in modo da cercare nei fenomeni la loro "forma", il loro "schematismo latente", le loro note comuni; quella galileiana mira, invece, a scoprire le leggi dei fenomeni, cioè le proporzioni matematiche tra fenomeno e fenomeno".

Geymonat formula un suo particolare giudizio: da un lato Bacone è il "profeta" della "grande rivoluzione scientifica" che segna l'inizio dell'era moderna e, dall'altro resta al di fuori "del laborioso e complicato processo storico che stava di fatto attuando la rivoluzione scientifica, e che all’inizio del Seicento l'aveva condotta pressoché a compimento".

NOTE

16 lotta comunista Giugno 1991
17 lotta comunista Luglio 1991
18 lotta comunista Ago.-Settem. 1991
19 lotta comunista Novembre 1991
20 lotta comunista Dicembre 1991
21 lotta comunista Gennaio 1992
22 lotta comunista Febbraio 1992
23 lotta comunista Marzo 1992
24 lotta comunista Aprile 1992

inizio pagina

 


Ultima modifica 11.09.2001