CONTAMINAZIONE IDEOLOGICA E AVVENTURISMO POLITICO

Damen

 


Battaglia comunista n. 5, 1971
Fonte: Primo Maggio


 

Tra gli anni '40, nel clima politico della Seconda guerra mondiale nella fase del suo declino, e gli anni '70, caratterizzati dal deteriorarsi progressivo del regime dei partiti della democrazia parlamentare con l'inevitabile ritorno dello squadrismo fascista, esistono differenze notevolissime. Soprattutto nei modi di concepire e di realizzare la lotta politica da parte della aumentata massa di coloro, in maggior parte giovani, che lo stesso deterioramento dei partiti della democrazia parlamentare ha buttato e continua a buttare sulla scena del conflitto sociale e politico in una Babele di lingue e di ideologie.

Nel clima della dittatura fascista e della guerra, chi continuava, più o meno apertamente, a seguire gli avvenimenti del proprio paese e del mondo, alla luce di una dottrina, quella marxista, la cui validità la storia drammaticamente confermava; chi manteneva fede, non misticamente e come esigenza personale, alla continuità del partito rivoluzionario anche se praticamente dissolto come entità organizzata; chi così si comportava, anteponeva in ogni caso la salvaguardia dei principi e del metodo di analisi del rivoluzionario marxista, al rischio sempre incombente della propria vita fisica.

Ciò non vuol dire che il mondo del fascismo e della guerra, nel quale i rivoluzionari erano comunque inseriti come un corpo estraneo non assimilabile, fosse un mondo ideologicamente incontaminato. Vuol dire soltanto che la contaminazione, per esempio quella dello stalinismo, che tanto peso avrà nel dopo-dittatura fascista, era, per forza di cose, allo stato iniziale e operava in un raggio d'azione che non andava oltre i quadri del partito comunista e della loro naturale zona di influenza, in quegli anni ancora assai modesta.

Oggi i termini del problema sono praticamente invertiti; la proliferazione delle ideologie è proporzionale alla loro inconsistenza teorica e alla estrema facilità con cui appaiono e scompaiono; esse divengono così un aspetto del mercato mondiale, come le mele e le patate; soggiacciono alle ferree leggi del profitto e nessuno pensa che questo tipo di valori di pseudo intellettualismo debba comportare un rischio, oltre quello calcolato con il bilancino della convenienza.

A questo destino non poteva sottrarsi neppure il marxismo come dottrina e come ideologia politica del proletariato rivoluzionario. Tuttavia, chi per una ragione, chi per un'altra, tutti oggi si rifanno al pensiero di Marx, ma ognuno lo condisce con le salse che vuole.

Queste ed altre considerazioni siamo andati facendo alla lettura per noi casuale di Lotta Continua. Sproporzionate? Forse. Ma ai fini di una messa a punto quanto mai attuale, opportuna e necessaria.

Nell'articolo Marzo 1943: Riscossa operaia (Lotta Continua n. 6, aprile 1971), quando si affronta il problema del PCI, dei "gruppetti" e della spontaneità operaia, si legge:

"Diverso il discorso per i comunisti internazionalisti, pure presenti anche se in misura ridottissima, tra gli operai torinesi e che pubblicavano un loro giornale, il Prometeo. Partendo dalla considerazione della eguale natura imperialistica degli eserciti tedeschi e anglo-americani, essi però traevano delle conclusioni operative decisamente opportunistiche, invitando gli operai, prima a disertare gli scioperi perché gli facevano perdere del salario senza avvicinarli alla rivoluzione proletaria, poi, sempre con la stessa motivazione, addirittura all'astenersi dal prendere le armi contro i nazifascisti per non favorire nessuno degli opposti schieramenti borghesi. Un opportunismo di sinistra per combattere l'opportunismo di destra".

L'estensore di quest'articolo, per quel che ci concerne, dimostra non solo di non conoscere le posizioni del nostro partito, ma di riferire, irresponsabilmente, quanto deve aver orecchiato nell'ambiente del partito di Togliatti. Delle due l'una: o si tratta di uno dei tanti incantatori di serpenti la cui ignoranza è pari solo alla presunzione, oppure è la solita canaglia politica che si avvale della menzogna per fini che non fanno onore neppure a una canaglia.

Ma per i lettori in buona fede di Lotta Continua ripubblichiamo da un numero del nostro Prometeo, proprio del 1943, la documentazione di ciò che sosteneva il nostro partito di fronte alle agitazioni operaie di Torino e di fronte alla guerra imperialista.

Il nostro partito di fronte alle lotte operaie.

"Mentre andiamo in macchina ci giunge notizia dello sciopero organizzato dagli operai della FIAT il 23 nov. u.s. e concretatosi nella richiesta di un aumento del 100 per cento dei salari. La nostra Federazione torinese è intervenuta con un manifestino che invitava gli operai a unire la lotta per le rivendicazioni immediate alla grande lotta del proletariato contro la guerra. Nel prossimo numero daremo un'ampia relazione sullo sciopero: per ora giunga al proletariato torinese l'espressione della nostra solidarietà".

Ecco il testo del Manifesto:

"Proletari torinesi,

i movimenti che avete scatenato fanno onore alla vostra classe ed alla massa in generale.

Le rivendicazioni che voi reclamate sono giuste alla condizione che, voi coscienti del vostro ruolo storico, le colleghiate in via diretta alla terribile situazione in cui si trova il proletariato mondiale.

La vostra lotta potrà prendere una vera fisionomia classista alla sola condizione di legarla all'azione contro la guerra, cioè ad un livello superiore di ciò che può essere una rivendicazione economica.

Lotta contro la guerra dunque, quella guerra che il nemico della vostra classe ha scatenato per distruggere voi e le vostre famiglie.

W lo sciopero generale!

W il proletariato mondiale!

W il proletariato torinese, avanguardia rivoluzionaria!

Abbasso i guerraioli di tutti i colori!

Lotta contro il fascismo!

Lotta contro la democrazia!

Il Partito Comunista Internazionalista

(da Prometeo n. 2, dicembre 1943)

E sullo stesso numero di Prometeo, queste erano le posizioni del nostro Partito di fronte alla guerra:

"La guerra è perciò anche la manifestazione suprema di una crisi insolubile nella società borghese. Essa scoppia quando all'interno dei paesi più direttamente interessati al dominio del mondo, e nelle loro relazioni reciproche, ogni possibilità di comporre pacificamente le crisi sociali si è esaurita. Allora si pone alla società capitalistica il dilemma: o rivoluzione o guerra. E la guerra scoppia proprio perché non è avvenuta la rivoluzione, e, a sua volta, è il mezzo estremo a cui la borghesia ricorre per spezzare bruscamente il corso di una nuova ondata rivoluzionaria; per uccidere il proletariato ideologicamente con la corruzione e lo sbandamento che accompagnano la guerra e, fisicamente, con il massacro. In questo senso tutti i paesi belligeranti hanno un comune interesse.: l'annientamento del proletariato come classe.

Nessuna guerra, condotta in nome del fascismo o della democrazia, serve gli interessi del proletariato; tutte servono agli interessi della classe dominante. E i partiti operai che collaborano, da una sponda o dall'altra, a questa guerra, tradiscono la classe lavoratrice a favore del suo nemico: il capitalismo.

Se dalla guerra deve uscire un vincitore, come noi fermamente vogliamo, non questo o quel gruppo imperialista ma la classe proletaria, questa vittoria sarà realizzata soltanto da un partito che abbia combattuto contro entrambe le parti del capitalismo: la faccia democratica e la faccia fascista, e non si sarà lasciato sviare dal suo cammino né dalle sirene che lo invitavano a impugnare il fucile per una più alta giustizia sociale né da quelle che gli rivolgevano lo stesso invito in nome della difesa nazionale e del governo popolare. Solo chi non ha ammesso patteggiamenti con la guerra ha il diritto di convocare il proletariato a quella lotta che ha nome trasformazione della guerra imperialista in guerra civile".

Queste le posizioni del Partito di allora e di oggi, di assoluta fedeltà al marxismo e alle istanze della lotta operaia: se si vogliono confutare o combattere bisogna farlo con lealtà e con riferimento a dati reali e non affidati alla fantasia o, peggio all'imbroglio politico.

 

 


Ultima modifica 08.10.2008