La giunta rivoluzionaria e gli amici di Durruti

Grandizo Munis


La Voz Leninista n.2, agosto 1937
Trascritto per il MIA da Hectòr Ternàz



Dopo la loro creazione, o la loro prima apparizione pubblica, fino ad oggi, gli "Amici di Durruti" hanno dimostrato a più riprese di aver assimilato qualcuna delle lezioni fondamentali della nostra esperienza, e ciò fa di loro, in seno al movimento anarco-sindacalista, una corrente estremamente positiva e suscettibile di contribuire efficacemente al nuovo raggruppamento ideologico indispensabile al nostro avvenire proletario. Questa corrente è apparsa in reazione agli errori e alle capitolazioni della direzione della CNT, e, ad un primo momento, si poteva temere che si trattasse solo di un movimento di scettici desiderosi di tornare all'anarchismo puro. Il movimento di maggio [1937] ha fortemente contribuito a definire e irrobustire le loro idee. Direttamente ispirati dal corso e dai bisogni della lotta. Gli Amici di Durruti hanno inizialmente lanciato la parola d'ordine della "Giunta rivoluzionaria". Accompagnata da una seconda parola d'ordine: "Tutto il potere al proletariato". Non discuteremo della giustezza di questa seconda espressione, perché è necessario soffermarsi sulla precisione e la portata ideologica delle due parole d'ordine insieme.

El Amigo del Pueblo del 12 [agosto] risponde alle critiche con una definizione di ciò che deve essere, a suo avviso, la Giunta rivoluzionaria. Pur essendo la prima volta che gli Amici di Durruti si avventurano a dare tale definizione, occorre notare che essa traduce un indietreggiamento rispetto alle posizioni inizialmente difese a maggio [1937], indietreggiamento sensibile anche in altre questioni pratiche. Nel mese di maggio [1937], affrontando il problema della Giunta [rivoluzionaria] con la parola d'ordine "Tutto il potere al proletariato", gli Amici di Durruti posero, anche se in maniera imperfetta, il principio del passaggio dello Stato nelle mani della classe operaia, principio che questa avrebbe sostenuto con i suoi propri organi [di potere]. L'editoriale del numero citato dichiara ugualmente: "Le rivoluzioni danno vita, in tutti i grandi rivolgimenti sociali, a nuovi organi che rivestono funzioni specifiche.

" Ogni marxista che non ha rinunciato ai suoi principi può perfettamente ammettere questa formulazione. I nuovi organi [di potere] appaiono, effettivamente, come strumenti per [esprimere] gli interessi immediati e storici del proletariato; essi rappresentano la loro espressione sociale, la guida e l'edificatore della nuova società. Questo ruolo è stato svolto dai soviet in Russia e avrebbe dovuto essere quello dei comitati che sono emersi qui da noi [in Spagna] nel luglio [1936], se non fossero caduti nello sgambetto dell'antifascismo. Due paragrafi dopo, l'editoriale priva della sua sostanza la dichiarazione sopracitata affermando: "Le forme statali, con i loro complessi ingranaggi, sono completamente arenate." L'espressione "forme statali" ha sempre significato, per gli anarchici e per i marxisti, l'organizzazione della violenza nella società per fini determinati.

Nessuno ha bisogno di imparare come la borghesia utilizzi la violenza. Gli anarchici hanno creduto, soprattutto quando erano lontani dalle scene rivoluzionarie, di potersi dispensare da questo tipo di violenza durante la gestazione e la crescita della società futura. Marx disse che il periodo di transizione tra la società capitalista e la società comunista doveva essere riempito dalla dittatura del proletariato, ovvero dall'organizzazione della forza indispensabile alla nuova classe dirigente per mettere in piedi nuove forme di produzione e distribuzione conformi ai suoi interessi storici, trionfando sulla resistenza delle vecchie classi possidenti e dei ceti intermedi che gli sono sottomessi. Secondo gli Amici di Durruti, "la Giunta rivoluzionaria adempirà ad una missione difensiva e dovrà mostrarsi implacabile con i settori ostili"; essi assegnano così a degli "organi specifici" una missione puramente repressiva e temporanea, concezione caratteristica del marxismo che hanno così spesso criticato. E si noti che la Giunta rivoluzionaria non sarà implacabile solo con i nemici di classe, ma "con tutti i settori ostili". Certo, è impossibile domandare ad un movimento in formazione di definire dei principi perfetti. Solo l'esperienza, la riflessione storica e la critica reciproca, alla quale vogliamo contribuire, possono produrre questo risultato.

È per questo che bisogna domandare agli Amici di Durruti: cosa rimane del "fallimento completo delle forme statali?" o essi confondono le forme statali con lo Stato borghese, ancora indenne in Spagna, o questa espressione non traduce altro che il sacro orrore dell'anarchismo per parole come "Stato" o "politica". A partire dal momento in cui è necessario organizzare una difesa, occorre approfondirla, prepararla, risolvere una situazione che riguarda la Giunta rivoluzionaria nominata direttamente dalla classe rivoluzionaria.

Evocare unicamente le "forme statali" significa rimanere prigionieri dei vecchi pregiudizi. Sulla questione della costruzione di organi specifici della rivoluzione, gli errori e la confusione dell'editoriale sopracitato sono ancora più gravi, ma ci manca lo spazio per completarne la critica.

Rinviamo quindi il lettore al prossimo numero, in cui un altro articolo esaminerà tutti gli aspetti del problema concernente gli organi del potere politico della classe operaia.

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Ultima modifica 15/06/2013