Il mondo dopo l'11 settembre

Mansoor Hekmat

(2001)


Pubblicato nell'Internationa Weekly in Farsi tra il 12 Ottobre e il 26 Novembre 2001.

Tradotto in Inglese e stampato dal WPIran


Parte prima: Guerra tra terrorismi

Due campi reazionari

Propaganda di guerra

Per cosa si combatte

 

Seconda parte: Dov'è il mondo civilizzato?

La barbarie non è inevitabile

 

Terza parte: Il tramonto dell'Islam politico

Dietro la propaganda ufficiale: terrorismo e islam politico

 

Parte Quarta: Dopo l'Afghanistan

L'Afghanistan: Guerra o terrorismo aereo?

Dai talebani all'Islam politico

Questo è un conflitto politico

Gli USA non fanno la storia

 

 

 

 

Prima parte

Guerra tra terrorismi

 
Due campi reazionari

L'11 settembre 2001, questo spaventoso crimine contro l'umanità, questo massacro di migliaia di vite umane in America, ha spinto il mondo sull'orlo di uno dei più tetri e sanguinari periodi dell'età contemporanea. Ciò che l'amministrazione americana chiama “guerra internazionale al terrorismo” è in realtà l'ingresso del mondo in una nuova e distruttiva fase di guerra internazionale tra terrorismi.

Ai poli opposti di questo conflitto sanguinario stanno i due maggiori soggetti nel campo del terrorismo internazionale, che hanno lasciato il loro marchio sanguinario sulle vite di due generazioni.

Da un lato si trova il più grande macchinario di terrorismo di stato, intimidazione internazionale e ricatto. Questo campo comprende il governo statunitense e i suoi gruppi dirigenti, le uniche forze al mondo che hanno usato armi nucleari su popolazioni inermi, riducendo in pochi secondi centinaia di migliaia di persone innocenti e ignare in polvere, a Hiroshima e Nagasaki. Uno Stato che ha massacrato milioni di persone in Vietnam, e per anni ha razziato e distrutto il loro paese con bombardamenti chimici. Comprende la NATO e le coalizioni occidentali che dall'Iraq alla Jugoslavia hanno distrutto le case della gente, le scuole e gli ospedali e hanno privato del pane e delle medicine milioni di bambini. Include la borghesia e lo Stato Israeliano. Loro occupano, massacrano, assediano, saccheggiano. Bombardano i campi dei rifugiati e sparano su bambini di dieci anni che cercano riparo tra le braccia paterne o ai cancelli delle scuole. Da Hiroshima al Vietnam, da Grenada all'Iraq, dai campi di sterminio in Indonesia, al Cile, ai mattatoi della Palestina,la fedina penale di questo polo internazionale di terrorismo di stato e di intimidazione imperialista è evidente e irrefutabile, e visibile al mondo intero.

Dall'altro lato c'è il terrorismo islamico e la politica reazionaria e vile dell'Islam. Queste forze, una volta create e nutrite dall'America e dall'occidente durante la guerra fredda, come mezzi di organizzazione della reazione interna contro la Sinistra nella società mediorientale, ora sono diventate un polo attivo di terrorismo internazionale che si contende la lotta per il potere borghese in Medio Oriente. La storia criminale dell'Islam politico, dall'Iran, all'Afghanistan, al Pakistan, dall'Algeria alla Palestina include una lunga lista di genocidi e crimini spaventosi. Dagli omicidi di stato o sponsorizzati dallo stato in Iran e Afghanistan, ai crimini quotidiani dei gruppi terroristi islamici in Israele, Algeria e nel cuore dell'Europa e dell'America, dalla sanguinosa repressione degli oppositori politici e intellettuali all'imposizione di leggi Islamiche reazionarie e inumane sulle persone, in particolare sulle donne, dalle decapitazioni e dalle mutilazioni islamiche, a agli attentati in bus, nei bar e nelle discoteche: queste sono le migliori imprese di questi reazionari.

Ora, questo conflitto porterà via centinaia di migliaia e probabilmente milioni di ulteriori vittime in Afghanistan domani, in un altro lato del mondo dopo domani. Questo deve essere impedito.

 

Propaganda di Guerra

 

Assieme a questo allineamento militare, siamo testimoni di un allineamento ideologico e propagandistico su entrambi i campi. Penetrare e abbattere questa parete di propaganda e portare alla luce la verità da sotto il voluminoso cumulo di ipocrisia e inganni che coprirà il mondo è la prima condizione per organizzare le fila indipendenti dell'umanità che ama la libertà contro la guerra mondiale dei terroristi.

La bandiera ideologica degli estremisti in entrambi i campi è ormai visibile e si riconosce da lontano. La complessità del mondo moderno non ha più tempo per queste opinioni grossolane. Sventolare la bandiera dell'orgoglio Occidentale e Americano, l'arroganza, il razzismo e altra volgare spazzatura come “lo scontro di civiltà” sono strategie propagandistiche che possono soltanto avere un effetto marginale nella società occidentale. I governi ed i media occidentali sanno che questi sentimenti e opinioni grezzi e primitivi non possono formare la struttura ideologica e di propaganda a sostegno del conflitto nel quale sono entrati. Anche nel campo opposto, l'idea della Crociata Islamica (Jihad), l'indiscriminato bagno di sangue per la grazia di dio e della religione, o per “la liberazione di Qods (Gerusalemme) e della terra dell'islam dagli artigli da sanguisuga del sionismo e imperialismo internazionali”, ha successo soltanto all'interno delle fila degli estremisti politici e degli attivisti dell'islam. Non mobilizza le masse all'interno della società mediorientale. La propaganda di guerra e la battaglia ideologica che dominano l'imminente sanguinoso conflitto militare non possono essere apertamente basate su concetti tanto crudi, estremisti e settari. Ciò che riesce a condurre le masse occidentali e orientali ad allinearsi con i due schieramenti opposti di questo conflitto reazionario non sono idee primitive ma ragionamenti e giustificazioni più sofisticati che stanno già guadagnando consensi.

Nella formula occidentale, malgrado le gesta dei cowboy di Bush, l'”umanità civilizzata” si trova davanti alla piaga del terrorismo. Gli Usa sono dipinti come la guida della schiera dei paesi civilizzati. L'obiettivo è neutralizzare il terrorismo e consegnare i terroristi alla giustizia. La questione sembra molto più semplice dell'attacco all'Iraq e del bombardamento di Belgrado. Chi può biasimare il governo degli Stati Uniti della sua politica militare quando 6.000 persone sono state uccise con tale brutalità (nell'attacco alle torri gemelle, NdT)? Cosa c'è di più ovvio di un'azione militare per schiacciare il terrorismo e proteggere i suoi cittadini e tutti i popoli del mondo contro altri successivi e imminenti crimini? Stavolta per poter entrare nel club dell'”umanità civilizzata”, i candidati non hanno bisogno di alcun requisito etnico, razziale o religioso. I candidati - di qualunque provenienza, colore, aspetto, religione - devono dichiarare soltanto il loro appoggio all'America. Stavolta la propaganda di guerra non sarà razziale, etnica, religiosa o politica. Il punto non è mantenere il flusso di petrolio, difendere la rigogliosa democrazia in Arabia Saudita e restituire il Kuwait ai suoi sceicchi. Se i militari americani, ancora una volta imbracciano le armi per ripetere quello che hanno fatto innumerevoli volte, è apparentemente per il diritto alla vita, a viaggiare, il diritto della gente di non essere fatti saltare in aria in casa o per strada. I crimini dell'11 settembre hanno permesso la costruzione di un potentissimo apparato ideologico e propagandistico a sostegno dell'intervento militare degli USA e della NATO in ulteriori angoli del mondo. In questo chiarire la posizione delle masse occidentali per distinguerla dalla politica militare delle classi dirigenti richiede sforzi erculei. Questo equilibrio ideologico potrebbe cambiare rapidamente a seconda dei nuovi sviluppi, ma in questo momento, l'idea della guerra del mondo civilizzato contro il terrorismo ha posto nelle mani dei politici e dei media occidentali il controllo completo dell'opinione pubblica occidentale. Anche nel polo avversario una struttura ideologica sofisticata e relativamente efficace in difesa dell'islam politico e del terrorismo islamico sta prendendo forma. Non molti si azzardano a difendere apertamente lo sterminio di migliaia di americani.

Anche le belve che governano l'Iran e l'Afghanistan hanno dovuto misurare le parole. Non agiteranno la bandiera della difesa del terrorismo e dell'Islam politico. Il fronte islamico nella guerra tra terroristi conterà su una formula efficace ma vecchia per giustificare il terrorismo islamico, una formula che è stata uno dei fondamenti dell'anti-imperialismo piccolo-borghese nel terzo mondo, specialmente nel Medio Oriente. Sette anni fa, come conseguenza di una ondata di omicidi islamici in Israele, Egitto e Algeria, abbiamo esposto e condannato chiaramente questa difesa reazionaria del terrorismo in un editoriale del giornale "L'internazionale". Non è inadeguato citare quel breve articolo:

"Un'ondata di omicidi islamici ha sconvolto il Medio Oriente e l'Africa del nord, che miete vittime fra le più comuni tra le persone comuni. In Egitto e in Algeria, sparano e decapitano i cittadini stranieri residenti - siano operai, turisti o pensionati. Bombardano e uccidono gli scolari ai cancelli della scuola. Uccidono le giovani che non si assoggettano ai matrimoni forzati. A Tel Aviv, assassinano ignari passanti - bambini, vecchi e giovani - per strada e sui bus. Ed eroicamente, dall'Israele all'Algeria, rassicurano ad una umanità stordita che questa lotta armata continuerà.

C'era un tempo in cui la Sinistra tradizionale e anti-imperialista avrebbe guardato alla violenza cieca e il terrorismo senza limiti del terzo mondo e delle correnti anti-occidentali se non con ammirazione, almeno con tolleranza. A loro avviso le ingiustizie sofferte dalle Nazioni derubate e dai popoli oppressi giustificavano il terrorismo come legittima reazione. Il terrorismo dei gruppi palestinesi, organizzazioni islamiche e dell'esercito repubblicano irlandese – le cui vittime erano civili ignari e indifesi – furono i primi esempi di terrorismo “ammissibile” nel recente passato. Un terrorismo che sembrava rispondere alle ingiustizie presenti e passate; un terrorismo che sembrava reagire alle politiche brutali e oppressive dei poteri e dei governi. Cosa interessante è che nel corso degli anni, il governo israeliano ha usato allo stesso modo proprio questa giustificazione per commettere abusi indiscriminatamente; lo ha fatto alludendo all'orribile genocidio effettuato da nazisti e gruppi di antisemiti nei diversi paesi contro la gente ebrea per giustificare la soppressione brutale della misera gente di Palestina e gli omicidi quotidiani di giovani palestinesi.

Da un punto di vista comunista, questo tipo di giustificazione e il cieco terrorismo che su questa si erge in Medio Oriente - sia dalle organizzazioni dei palestinesi e arabe o dallo stato d'Israele - sono da vedere come un fallimento e da condannare. Non c'è la benché minima, reale e legittima relazione tra le spaventose atrocità accadute al popolo ebraico e la repressione e i crimini compiuti dalla destra estremista di Israele contro i palestinesi. Non c'è la benché minima, reale e legittima relazione tra le sofferenze della povera gente di Palestina e il terrorismo delle organizzazioni islamiche e non. Lo stato borghese e le varie fazioni stanno sfruttando e capitalizzando le sofferenze di della povera gente. Condannare e sradicare questo terrorismo da parte della classe operaia, specialmente nei paesi della regione, è una condizione essenziale per porre gli operai nella direzione della lotta sociale per mettere fine alle miserie antichissime della gente del Medio Oriente.

Sembra che la nuova ondata di assassini islamici, specialmente in Africa del nord non richiede più nemmeno tali giustificazioni politiche. Un turbante e una pistola sono sufficienti per cominciare questa riprovevole Jihad contro l'umanità. Questa è criminalità islamica e la sua fonte è il regime al potere in Iran. E sarà in Iran che verrà schiacciata.
(Mansoor Hekmat, The International, Novembre 1994).”

Con l'intensificazione di questo conflitto e specialmente grazie all'imminente attacco della NATO e degli Stati Uniti all'Afghanistan, la difesa anti-imperialista dei gruppi islamici e la giustificazione delle loro azioni terroriste, basate sui crimini di America e Israele e sulle loro azioni oppressive, possono ancora una volta guadagnare terreno fra la gente e i partiti politici del Medio Oriente e persino all'interno della tradizionale sinistra radicale e intellettuale delle società occidentali. Il rifugio ideologico principale del gangsterismo e della reazione islamica in questa lotta di potere non saranno slogan religiosi e islamici logori e apertamente anti-umani, ma piuttosto il cosiddetto anti-imperialismo degli apologeti religioso-nazionalisti e piccolo-borghesi.

Nessun movimento popolare può riuscire contro la guerra dei terroristi senza svelare e rompere la struttura ideologica di questa ipocrita propaganda di guerra su entrambi i lati di questo conflitto reazionario.

 

Per cosa si combatte?

 

Per entrambe le parti, questa è una lotta di potere. Il terrorismo è una realtà di questo conflitto, ma questo conflitto e l'imminente guerra non sono contro il terrorismo. Tutti sanno che l'entrata degli Stati Uniti in Afghanistan e perfino l'arresto di Bin Laden non ostacolerà la campagna terrorista dei gruppi islamici contro l'Occidente e non porterà più sicurezza a chi vive in Europa e in America. Al contrario, il pericolo aumenterà. La questione Palestinese è dove l'America e il movimento islamico vengono direttamente faccia a faccia. Ma allo stesso modo questo conflitto non mira seriamente alla risoluzione della questione palestinese. La politica dichiarata degli USA, cioè una massiccia guerra militare continua e completa, porterà chiaramente ad una esasperazione si della questione palestinese che del terrorismo islamico. Non solo, ma anche una possibile guerra civile in Pakistan, con gravi conseguenze regionali e globali, e le crisi governative profonde in paesi dell'Asia centrale apparentemente stabili, potranno essere il risultato iniziale di questa politica militare. Sono ben coscienti di questo. Ciò nonostante, per gli USA, il punto principale è il consolidamento e l'espansione della sua egemonia e dominio politico e militare del mondo come unica superpotenza. La risoluzione della questione palestinese o il combattere il terrorismo islamico non sono l'obiettivo della loro politica. Il consolidamento e l'espansione della posizione globale dell'America, all'interno del contesto delle pressioni e delle occasioni createsi dopo i crimini dell'11 settembre sono lo scopo principale.

Anche per gli islamici, questa è una lotta di potere. Né le sofferenze della gente della Palestina né i crimini storici compiuti dall'occidente in Medioriente sono la fonte di questo terrorismo. Il movimento islamico sta sforzandosi di invertire le sue fortune in declino ed infine espandere la relativa posizione nella struttura di potere borghese del Medio Oriente. Il terrorismo e la cieca inimicizia contro qualunque cosa che sia occidentale o occidentalizzata è il loro capitale politico principale in una società e tra persone che vedono giustamente l'America e Israele come le cause principali delle loro privazioni e mancanza di diritti. La pace nel Medio Oriente, la formazione del Palestina indipendente, la fine delle discriminazioni contro la gente palestinese, annunzierà il tramonto del movimento islamico nel Medio Oriente. Il terrorismo è lo strumento principale del movimento islamico, per acuminare maggiormente le spaccature nazionali, etniche e religiose nel Medio Oriente e mantenere vivo questo conflitto come capitale politico e fonte per il proprio potere. Malgrado la pressione militare determinata dall'America, gli islamici accoglieranno favorevolmente questo confronto bellico.

Per formare un movimento popolare indipendente contro questa confronto mortale senza precedenti dei poli militari terroristi internazionali, la verità su queste tendenze e sugli eventi deve essere portata alla conoscenza della gente. La propaganda e le giustificazioni di guerra sfornate dai campi bellici devono essere smascherate. Gli eventi dell'11 settembre e la politica perseguita dagli USA hanno conseguenze regionali e globali importanti.

Cambieranno profondamente l'aspetto politico e ideologico del mondo. In modo ugualmente drastico la politica in Iran sarà influenzata da questi eventi. E' necessario affrontare i punti principali di questi sviluppi ed i principi fondamentali della politica comunista.


Seconda parte

Dov'è il mondo civilizzato?

 
La barbarie non è inevitabile


La guerra dei terroristi può essere l'inizio di una delle ere più sanguinose di storia contemporanea. Già centinaia di milioni di persone vi si stanno preparando. Ma questa prospettiva non è inevitabile. Lo scenario non si limita ai due lati di questo conflitto. C'è una terza forza, un gigante addormentato che può capovolgere la situazione. Se questo gigante si sveglia, questa era può essere l'inizio dei cambiamenti positivi e della realizzazione nel mondo degli ideali che l'umanità aveva gettato alle ortiche durante le decadi finali del secolo scorso. Bush, Blair, Khamenei, gli USA, la NATO e l'islam politico non sanno che esiste davvero un'umanità civilizzata, un mondo civilizzato, in grado di ergersi e difendersi contro la guerra dei terroristi. Malgrado l'oscurità e il terrore che hanno imposto a tutti noi, il ventunesimo secolo non deve essere il secolo di barbarie capitalista. Questi sono giorni decisivi.

I media non riflettono la vera facciata intellettuale e ideologica del mondo. Danno la loro versione, la versione dominante, la versione della classe dominante. Una versione che li soddisfa. Il militarismo, il terrorismo, il razzismo, l'etnicismo, il fanatismo religioso ed il culto del profitto sono notizie da prima pagina ma non hanno un solido fondamento nelle menti della maggior parte delle persone del nostro tempo. Anche uno sguardo rapido al mondo mostra che le vaste masse sono più a sinistra, più altruiste, più amanti della pace, più ugualitarie, più libere e amanti della libertà di quanto lo siano governi e media. La gente, su entrambi i fronti di questo conflitto terribile, non ha voglia di ballare la musica della borghesia. L'amministrazione americana, mentre lucida le armi, se ne rende immediatamente conto, malgrado uno dei crimini terroristi più orrendi, malgrado la radiodiffusione in diretta della morte di migliaia di persone in un istante, malgrado la tristezza e la collera che stringono il cuore di chiunque non abbia venduto la propria coscienza a interessi materiali, ebbene questa stessa società occidentale sconvolta, questa gente stessa che viene quotidianamente sottoposta a un lavaggio del cervello, questa gente stessa che dall'alba al tramonto viene educata dall'ideologia dominante al razzismo e alla xenofobia, chiede "cautela, imparzialità, giustizia e una risposta misurata". La gente del Medio Oriente che è concepita come musulmani zelanti e membri della civilizzazione islamica - sia nelle menti malate dei preti al potere in Iran e in Afghanistan e dei vari sceicchi del movimento islamico, o nei lussuosi studi di CNN e BBC - prova dolore con la gente d'America e condanna sempre più il genocidio dell' 11 settembre. Non serve un genio per rendersi conto che la maggior parte della gente del Medioriente disprezza l'islam politico, che enormi settori della popolazione occidentale in Europa e in America non ne possono più delle ingiustizie di Israele e simpatizzano con la povera gente della Palestina, che la maggior parte della popolazione occidentale desidera metter fine alle sanzioni economiche contro l'Iraq e si mette nei panni dell'affranto genitore iracheno che perde un figlio per la scarsità delle medicine, che le vaste masse di persone decenti e rispettabili nel mondo non stanno né con l'uno né con l'altro nella guerra fra Bush e Bin Laden - vecchi amici ora rivali.

L'umanità civilizzata è stata zittita da un'enorme propaganda, lavaggio del cervello e intimidazione, sia ad Ovest che ad Est, ma chiaramente non ha accettato questa spazzatura. E' una forza enorme. Può farsi avanti. Per il futuro dell'umanità, deve farsi avanti.

E qui sta tutta la difficoltà - portare alla ribalta questa forza enorme.

Nella guerra dei terroristi le linee della battaglia sono tracciate, i campi sono definiti, le risorse e le forze mobilitate; questo è un ampio confronto militare, politico e diplomatico. Malgrado tutte le ambiguità, la struttura intellettuale e politica di questa guerra, per i leader di entrambi i campi, è chiara. Nel nostro campo, tuttavia, nel campo dell'umanità che si deve confrontare con questa prospettiva terrificante, tutto è ambiguo. Indubbiamente la resistenza contro la guerra tra terroristi sta ora crescendo in tutti i paesi. Ma così come gli Islamisti e gli Usa hanno bisogno d'una strategia e una teoria chiare e una prospettiva unitaria e realizzabili, questo movimento popolare ha ugualmente bisogno d'una bandiera intellettuale e politica e d'una serie di principi strategici pratici. I vari movimenti politici, specialmente quelli a sinistra si sforzeranno di guidare e condurre questa resistenza. La domanda è quale prospettiva guiderà la stessa sinistra.

Nella prima parte di questo articolo, ho scritto che, accanto ai falchi di entrambi i poli – il militaristi americani e i fascisti islamici - ci sono effettivamente due tipi di argomentazioni raffinate, “rispettabili” e sofisticate, che difendono i due lati del conflitto. Accanto al militarismo degli USA, e a suo supporto, ci sono coloro che promuovono la formula della guerra del “mondo civilizzato contro il terrorismo”. Accanto agli assassini del movimento islamico, ci sono coloro che giustificano il terrorismo islamico con un argomento familiare negli anni 70, l'anti-imperialismo religioso-nazionalista e terzomondista. Ma nessuna di queste giustificazioni avrà alcuna seria influenza sul movimento di resistenza popolare. Da una parte i partiti e i gruppi di centro-destra in Occidente e dall'altra ciò che rimane degli studenti-intellettuali della sinistra tradizionale dei decenni passati nell'est e nell'ovest saranno i maggiori fruitori di queste formulazioni montate appositamente per la propaganda di guerra da entrambi i lati. Ciò che potrebbe fare deragliare politicamente e concettualmente il movimento in potenza forte del popolo progressista del mondo sono, secondo me, la prospettiva e gli sforzi pacifisti e liberali di mantenere lo status quo (cercare di prevenire un attacco Usa in Afghanistan) o lo status quo ante (ritornare ad una situazione pre-11 Settembre). L'incidente dell'11 settembre non è stato il gesto isolato di un individuo psicotico tagliato fuori dalla società; nemmeno lo è l'imminente azione militare degli USA. Il mondo prima dell'11 settembre non era in equilibrio, ma piuttosto procedeva su un percorso degenerativo. Ci sono importanti problemi economici, sociali e politici dietro questi eventi. Questi problemi hanno spinto il mondo in questa direzione. Questi problemi e questioni devono essere affrontati. L' 11 settembre è il modo in cui l'islam politico affronta queste questioni. Allo stesso modo, portare i Talebani al potere, distruggere Baghdad, affamare il popolo iracheno, sopprimere il popolo palestinese, bombardare Belgrado, e ora “la lunga guerra al terrorismo” sono i modi in cui i leader del capitalismo in USA e Europa si sono occupati di queste contraddizioni fondamentali. Gli eventi di oggi sono momenti in una situazione dinamica in atto. Il movimento popolare contro questa realtà in via di sviluppo non può essere un movimento che richiede la calma ed esige 'giù le mani dall'Afghanistan!'. Chiedere la pace e mantenere lo status quo non soltanto non è realistico, non soltanto è utopico, ma anche ingiusto, non progressista e non utile. Il movimento di resistenza popolare contro la guerra dei terroristi può essere organizzato soltanto intorno a soluzioni positive ai problemi politici ed economici critici del nostro tempo e intorno a una posizione attiva - non per mantenere lo status quo ma piuttosto per cambiarlo. Abbiamo avuto una nostra agenda indipendente e delle soluzioni per i problemi che sono emersi negli ultimi decenni, come la questione nord-sud, la questione palestinese, irachena, il problema dell'Islam politico, la questione dell'Afghanistan e dell'Iran, la questione del militarismo e dell'egemonismo degli USA e della NATO nel nuovo ordine mondiale, la questione del razzismo e della fortezza Europa, ecc. Questi devono formare l'agenda e la bandiera del movimento di resistenza popolare contro la guerra dei terroristi. Qui è la differenza fra noi e i sostenitori della pace e i pacifisti, che non vedono o sono indifferenti alle divisioni, alle contraddizioni e all'instabilità del mondo prima dell' 11 settembre. Se avevamo un'agenda per cambiare il mondo prima di questo avvenimento, allora nella situazione attuale, avere una posizione di principio significa seguire la stessa agenda nella nuova situazione.

Non intendiamo lasciare l'Afghanistan sotto il giogo della cricca assassina dei Talebani, noi non intendiamo vivere secondo la regola dal grilletto facile degli USA, noi non intendiamo tollerare l'islam politico o governi islamici nel Medio Oriente, non intendiamo accettare l'apolidia dei palestinesi e la loro soppressione quotidiana. Non abbiamo desiderato il terrorismo, sia islamico e suicida o in uniforme militare e high-tech; non accettiamo la povertà della metà del mondo; non desideriamo fortezze e campi di concentramento intorno all'Europa, non soccomberemo al razzismo e all'etnicismo. Né il crimine dell'11 settembre, né le imminenti gesta eroiche della NATO nell'Hindukush dovranno trasformare un movimento attivo per cambiare il mondo in un riservato gruppetto acritico e impotente che richiede la pace e la quiete e il ritorno al giorno prima.

Il movimento 'umanitario' per la 'pace' non è la giusta risposta alla situazione attuale. Ma l'influenza di questo movimento, specialmente fra la gente comune nella società occidentale - a causa della fede della gente nella non-violenza, nell'umanità e del loro spontaneo senso di cautela - è assai diffusa. Questa posizione condanna l'intervento degli USA nell'Afghanistan, ma sfugge la responsabilità di combattere il governo dei Talebani. Condanna il razzismo e l'incitamento contro i musulmani ma non vede alcun motivo per esercitare pressione sugli USA e su Israele in difesa del popolo di Palestina. Questa posizione desidera il successo di Jack Straw in viaggio per l'Iran in modo da poter eventualmente addomesticare e pacificare questo polo del terrorismo islamico, malgrado il fatto che questa politica rafforzi la morsa di questi lupi sulla gente in Iran. Questa posizione difende i diritti civili dei musulmani nei paesi europei, ma per impedire 'tensioni' rifiuta e si oppone alla critica del velo e della mancanza di diritti delle donne nell'islam e nelle comunità islamiche. Questa posizione fa appello a tutti per recedere e lasciare la situazione come era prima. Se questo movimento dominerà le menti e le azioni delle persone scontente, allora l'umanità civilizzata affiderà questo periodo ai terroristi occidentali e orientali. Se ci deve essere un futuro, è nella formazione d'una politica attiva, progressiva e amante della libertà in prima linea delle fila popolari. Questo è il dovere dei comunisti. Nuovi comunisti. Comunisti di Marx. Questo è il nostro compito.

Nella parte III, mi occuperò dei fondamenti d'una politica attiva contro la guerra dei terroristi. Ma è necessario brevemente richiamare la questione oggi più pressante, che è l'attacco imminente degli USA all'Afghanistan. Il 99 per cento della gente nel mondo sa e può spiegare chiaramente che l'attacco militare USA all'Afghanistan e perfino l'arresto o l'uccisione di Bin Laden, cioè gli scopi dichiarati di questa azione, eventualità tecnicamente molto improbabili, non soltanto non diminuiscono il pericolo del terrorismo islamico contro l'America e la Gran Bretagna ma piuttosto lo aumentano notevolmente.

E' molto chiaro che gli Stati Uniti e i governi britannici sono coscienti di questo fatto. Ma sembrano considerare che un'avventura alla James Bond o genere Hollywood sia più facile da propinare alla gente. Un milionario o un gangster folle e isolato in una parte lontana del mondo - Saddam, Milosevic, Bin Laden ecc. - intende distruggere la civiltà e gli eroi americani sono spediti a salvare il mondo. Ma le loro stesse analisi indicano che l'islam politico e il terrorismo islamico non hanno un quartier generale, un comando unificato e un'organizzazione gerarchica; è un movimento internazionale composto da enti e circoli governativi, varie organizzazioni, reti e circoli, che insieme intessono una serie di rapporti ufficiali e ufficiosi, come un movimento clandestino, con un ampio grado di iniziativa al livello locale. Per l'Occidente, entrare in Afghanistan è l'inizio d'una campagna militare e politica più ampia.

Catturare o uccidere Bin Laden e portare a compimento una sorta di vendetta, permetterebbe agli Stati Uniti di ridurre l'urgenza di un'ulteriore azione militare e rasserenerebbe lo scenario interno sino al prossimo attacco terroristico. Ma si tratta di un piccolo passo all'interno di una più ampia dinamica militare e politica nel Medio Oriente, la cui portata globale non è ancora stata rivelata. Nell'analisi finale, questa è una resa dei conti con l'islam politico, cioè quel movimento reazionario che l'Occidente stesso ha trovato nelle periferie della società mediorientale e ha portato alla ribalta per affrontare l'emergere della Sinistra nei capitalismi in sviluppo di questi paesi così come per mettere sotto pressione il blocco di Varsavia. Questa lotta di potere potrebbe rimanere limitata, ma per la natura non centralizzata ed estremista dell'islam politico e del terrorismo islamico, è più probabile che condurrà a un confronto più radicale e totale. Tuttavia, l'islam politico non può sopravvivere nel Medio Oriente senza il supporto occidentale, e tanto meno all'interno di un confronto con l'Occidente. Finora, l'intensificarsi della battaglia fra laici e islamici nel Pakistan e la ripresa dei seguaci di Khatami e l'escalation di lotte intestine delle fazioni nel governo islamico in Iran è indice che la battaglia fra l'Occidente e l'islam politico potrebbe fungere da detonatore per seri cambiamenti nell'equilibrio di forze all'interno delle fazioni borghesi in Medio Oriente a danno degli islamici.

Che cosa si può dire dell'attacco USA all'Afghanistan? La posizione “Giù le mani dall'Afghanistan” è fondata su un principio progressista? La gente e l'opposizione dell'Afghanistan direbbero il contrario. La prospettiva della caduta dei Talebani, un gruppo di assassini e commercianti di droga, ha stimolato le forze politiche nell'Afghanistan. La richiesta di rovesciare i Talebani è una richiesta umanitaria e progressista. Non dobbiamo permettere di interpretare l'opposizione legittima e giusta al militarismo americano come lasciare l'Afghanistan nelle mani dei Talebani. Questo è un esempio lampante della scorrettezza e dell'insufficienza di chiedere la pace e la difesa dello status quo. La gente dell'Afghanistan sta aspettando da una vita il crollo dei Talebani. Non c'è dubbio, gli Stati Uniti non entreranno nell'Afghanistan per la liberazione di quel paese. Hanno portato i Talebani al potere. Questa volta possono indebolirli ma accettare de facto la loro esistenza. Hanno promesso (al governo del Pakistan) al Gen. Musharraf che il prossimo governo dell'Afghanistan sarà di loro gradimento. Devono rimuovere queste bestie e sostituirle con altre della stessa razza. Il principio della nostra posizione è partecipare all'abbattimento dei Talebani spalla a spalla con la gente dell'Afghanistan e dell'opposizione progressiva e battersi per l'istituzione di un governo scelto dalla popolazione di quel paese. Bisogna imporre questo all'Occidente, agli USA e alle Nazioni Unite. Ogni attacco delle forze degli Stati Uniti e dei suoi alleati contro i civili nell'Afghanistan e la distruzione delle città, dei villaggi, delle infrastrutture e della vita della gente deve essere condannato. Va condannato ogni tentativo di imporre un'altra cricca di criminali alla gente dell'Afghanistan tramite accordi e intese fra gli USA, il Pakistan, l'Iran e qualunque altro stato. Ma l'abbattimento dei Talebani da parte degli eserciti stranieri non è in sé condannabile. I Talebani non sono un governo legittimo in Afghanistan. Devono cadere. La questione è il governo che deve sostituirlo e le garanzie che la gente dell'Afghanistan deve avere per quanto riguarda i loro diritti e l'occasione di decidere il sistema politico nel loro paese.

 

Terza parte

Il tramonto dell'islam politico

 

All'infuori dei due poli reazionari contrapposti – il militarismo degli Stati Uniti e dei governi occidentali da una parte, l'Islam politico e i gruppi islamici terroristi dall'altra - il clima prevalente per la maggior parte della gente umanitaria e che ama la libertà nel mondo è di ansia e trepidazione. È un clima di disperazione. Tutti sono in apprensione a causa del deteriorarsi della situazione - l'escalation d'una insana rincorsa terroristica, l'uccisione e l'esodo di centinaia di migliaia di afghani innocenti, gli attacchi chimici e biologici in Occidente, un'esplosione politica nel Pakistan, bombe atomiche portatili che cadono nelle mani di avventurieri politici, fanatici religiosi e criminali internazionali, 'la nuova guerra USA' e una nuova fase del bagno di sangue su scala globale, che soltanto l' USA è stata ed è capace di compiere. Gli slogan e le proteste di tutte le persone oneste del mondo principalmente si sono focalizzate su ristabilire lo status quo (che si fermi l'attacco degli Stati Uniti all'Afghanistan o che si ritorni alla situazione precedente all'11 settembre). Questa è un'umanità che non ha speranza per un futuro migliore. Nel migliore dei casi, vuole la calma. Desidera evitare le bombe, la guerra e la violenza. Un'umanità che malgrado la si immagini quotidianamente ingenua, confusa e docile conosce la natura efferata e brutale dei mostri che sono entrati in guerra - l'islam politico e il militarismo USA. Un'umanità che desidera semplicemente evitare la catastrofe imminente a ogni costo. La politica che domina l'ampio spettro di forze che si oppongono alla guerra (e questa include i relitti dei marginali gruppi di sinistra in Europa, che prima dell'11 settembre, non si sarebbero messi d'accordo su niente se non sulla 'rivoluzione mondiale') è invocare la calma, tentare di fermare le tendenze attuali e di ritornare a prima dell'11 settembre. Il pacifismo è la tendenza dominante nel movimento di resistenza. E questa è una politica estremamente nociva perché non soltanto non impedisce i prossimi disastri e le relative conseguenze, ma in realtà garantisce loro un avvenire.

La politica pacifista e il solo concentrarsi sugli aspetti militari e armati del confronto e della conseguente violenza fisica in realtà nuoce poiché causa la paralisi politica nella gente. La condizione per impedire questa corsa al terrore e questa ondata di esplosioni, distruzioni e omicidi di massa che hanno in serbo per noi è l'intervento della gente in Europa, in America, Medio Oriente e nel cosiddetto Terzo Mondo nei reali processi politici dietro questi eventi - una partecipazione basata su un ordine del giorno attivo e positivo. Se questo accade, il futuro non dovrà essere per forza cupo.

E' necessario fare emergere questi fatti e correnti politiche ora coperte dalla propaganda bellica.

 

 

Dietro la propaganda ufficiale: terrorismo e islam politico

 

Non penso che qualcuno, anche nell'esercito degli Stati Uniti, creda alla storia che l'atrocità dell'11 settembre sia stato il lavoro d'un gruppo fanatico che prende ordini da qualcuno chiamato Osama Bin Laden nell'Afghanistan che ha un personale rancore cieco verso gli USA, la “democrazia” e “lo stile di vita americano”. I media occidentali insistono che questo avvenimento non era “opera dei musulmani” e non è emerso dagli “insegnamenti del Corano”. I giornalisti esperti fanno attenzione a non fare alcun riferimento a Israele e alla questione palestinese. Dicono che collegare la questione palestinese a questo attacco terrorista significherebbe concedere che questa azione è stata strumentale per attrarre l'attenzione dell'Occidente sulla questione palestinese. Di conseguenza, anziché l'islam politico e Israele, ci indicano Bin Laden e l'Afghanistan. La guerra USA con i Talebani in Afghanistan è un evento importante con conseguenze durature per la regione e il mondo. Questa guerra definitivamente interesserà il futuro dell'islam politico e perfino della questione palestinese. Non ha niente a che fare, tuttavia, con l'arresto e la punizione degli autori dell'11 settembre e aumenterà persino la probabilità di azioni terroriste contro l'Occidente (ritornerò su questo punto). Il terrorismo islamico è un dato di fatto del nostro tempo. Questo terrorismo è una delle colonne principali della strategia dell'islam politico. L'islam politico è un movimento reazionario regionale e ora globale, che si nutre dell'ingiustizia storica occidentale e di Israele verso gli Arabi e specificamente la gente della Palestina. L'apolidia dei palestinesi e l'oppressione della gente palestinese da parte di Israele e dei suoi alleati occidentali sono una delle principali fonti di odio per l'Occidente e gli USA nel Medio Oriente. Più importante, la questione palestinese e il contributo costante e continuato a Israele da parte dell'Occidente e degli USA contro gli Arabi sia durante che dopo che la guerra fredda crea una enorme frattura economica, culturale e psicologica fra la gente del Medio Oriente e dell'Occidente. Ma la capacità dell'islam politico di spostarsi dai margini delle società mediorientali alla corrente principale e di capitalizzare su questo malcontento nei suoi sforzi per il potere politico è tutta interamente dovuta all'Occidente e agli USA. L'islam politico come movimento criminale con una base diffusa di potere è una creazione dell'Occidente e degli USA. Hanno creato questo mostro e l'hanno sguinzagliato sui popoli del Medio Oriente e ora sul mondo. L'islam politico era lo strumento dell'Occidente durante la guerra fredda contro la Russia e contro l'emergere di rivoluzioni e movimenti operai e di sinistra in molti paesi della regione. Era un mezzo per impedire alla sinistra la presa del potere nella regione dopo che i governi nazionalisti avevano raggiunto un'impasse durante gli anni '70 e '80. La questione palestinese e l'esistenza dei governi islamici nel Medio Oriente sono le colonne e i fondamenti di terrorismo islamico. Tutta la politica progressista, popolare ed attiva deve cominciare proprio da questo punto:

1) Risolvere la questione palestinese. Questo problema storico va risolto. I palestinesi devono avere il loro Stato indipendente. Dobbiamo costringere i governi occidentali e gli USA a porre fine al loro appoggio unilaterale a Israele. Israele deve essere costretto ad accettare la pace e l'indipendenza palestinese. La risoluzione della questione palestinese è l'elemento più importante per affrontare l'islam politico e il terrorismo islamico ed è una degli aspetti principali di un ordine del giorno progressivo ed attivo nella situazione attuale.

2 )L'Occidente deve metter fine al suo appoggio reazionario ai governi islamici e retrogradi e ai vari partiti nel movimento islamico nel Medio Oriente. Senza la protezione occidentale, il regime islamico dell'Iran non sarebbe arrivato o rimasto al potere. Senza il supporto occidentale, gli sceicchi in Arabia Saudita e i grandi e piccoli emirati non manterrebbero il loro brutale e reazionario dominio e il loro sistema schiavista. Senza il supporto occidentale, non soltanto i Talebani ma anche i precedenti gruppi di Mujahedin musulmani non avrebbero potuto trasformare l'Afghanistan in una immensa tragedia umana. Se il contributo militare, diplomatico e politico occidentale ai movimenti islamici dovesse concludersi, la gente della regione rovescerebbe rapidamente questi governi. La richiesta di abbattere i governi islamici e di evitare le manovre fra i governi occidentali e USA e questi governi reazionari deve essere un altro importante aspetto della piattaforma anti-terrorista di tutto il movimento progressivo e popolare.

3) Le sanzioni economiche contro la gente dell'Iraq devono finire. La sofferenza del popolo iracheno per gli abitanti della regione è diventata una seconda questione palestinese. E' una prova vivente del terrorismo degli Stati Uniti ed occidentale nel Medio Oriente. Le sanzioni economiche hanno contribuito a perpetuare il governo reazionario iracheno e hanno spinto la gente dell'Iraq via dalla politica in una battaglia quotidiana per la sopravvivenza fisica. La lotta per mettere fine alle sanzioni economiche contro l'Iraq è un altro elemento vitale in una piattaforma progressista contro il terrorismo islamico.

4) La laicità dei paesi mussulmani e delle comunità islamiche nei paesi occidentali va difesa. L'idea vergognosa di relativismo culturale, che lascia la gente alla mercé della “propria cultura”, e il sistematico fallimento nella difesa dei diritti umani e civili delle persone, soprattutto delle donne, hanno permesso all'Islam politico di intimidire la gente e aizzare i giovani. I diritti umani universali e civili devono essere un punto fermo e ogni compromesso con le religioni e le regole religiose a detrimento dei diritti umani va condannato.

Il terrorismo islamico è una realtà. Il terrorismo non è opera dei musulmani ma è la politica ufficiale del movimento islamico. Questo è un movimento fasullo creato dall'Occidente nel contesto della guerra fredda all'interno di un confronto anti-comunista con tutti i lavoratori e gli amanti della libertà del Medio Oriente. È un movimento debole e fragile. Non gode di nessun serio supporto morale e politico nei maggiori paesi della regione. E' anacronistico con le realtà sociali della regione. Senza il supporto occidentale, l'islam politico sarebbe sconfitto dal socialismo e dal secolarismo nella regione. In Iran, che come la Palestina è uno degli scenari principali dove il destino dell'islam politico sarà siglato, il tramonto e il crollo dell'islam politico sono già cominciati.

 

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La guerra degli Usa nella regione, che è iniziata in Afghanistan, non è una guerra contro il terrorismo, poiché non mira a combatterlo (cosa di cui riferirò in seguito), ma si poggia proprio su alcune sezioni del movimento islamico. Inoltre, a mio parere, gli Usa sono entrati in un confronto con l'Islam politico. Si tratta di una guerra di potere. Questo conflitto porterà logicamente ad un indebolimento dell'Islam politico. Ma l'obiettivo dell'Occidente non è l'eliminazione dell'Islam politico. Piuttosto di indebolirlo, dominarlo e rimodellarne la struttura per creare un nuovo equilibrio. La guerra in Afghanistan punta a ridefinire le relazioni dell'Occidente con l'Islam politico. Dobbiamo spezzare questa struttura e ostacolare questa nuova, reazionaria alleanza. Dobbiamo perseguire la nostra propria politica indipendente per liberare la regione da questa forza reazionaria sempre più rigogliosa sotto le nuove condizioni.

*La posizione pacifista non vede questo nuovo conflitto tra l'Occidente e l'Islam politico, non riconosce la sua importanza per i popoli del Medio Oriente che sono state vittime di questo movimento reazionario e per il futuro degli sviluppi politici. Le fila dei pacifisti si sottraggono alle loro responsabilità nei confronti di queste realtà. Dobbiamo sviluppare un critica della posizione pacifista all'interno del movimento popolare contro il terrorismo e il militarismo.

*A causa delle dimensioni globali e storiche di questo confronto, le caratteristiche ideologiche e psicologiche dell'odierna popolazione mondiale, soprattutto in Occidente, sono diverse da quelle del periodo dell'attacco all'Iraq e alla Jugoslavia. Con la partecipazione di massa delle persone nelle battaglie politiche e civili, il militarismo statunitense uscirà indebolito da questo conflitto. Con un intervento attivo delle forze progressiste, il conflitto corrente, che riguarda l'aspetto del nuovo ordine mondiale dopo la caduta dell'Unione Sovietica, può trasformarsi in una critica di massa verso questa nozione, in un riesame dello status della superpotenza statunitense e nella sua continua intimidazione militare del mondo. Dal punto di vista della libertà e dell'uguaglianza, questo è un dibattito più importante del futuro dell'Islam politico.

 

Parte Quarta: Dopo l'Afghanistan

L'Afghanistan: Guerra o terrorismo aereo?

 

Non c'è guerra nell'Afghanistan. La guerra richiede logicamente almeno due fronti. Quel che sta attualmente avvenendo è il bombardamento unilaterale degli USA sull'Afghanistan. In questa tattica recentemente inventata dall'unica superpotenza mondiale, nonché sceriffo internazionale auto-proclamato, il terrore e l'intimidazione su scala globale hanno hanno formalmente rimpiazzato la guerra. Dopo il Vietnam è stato deciso che mai più la società americana avrebbe dovuto assistere al ritorno dei soldati nelle bare da lontanissimi campi di battaglia. Il prezzo di questa decisione dovrà ora essere pagato dagli sfortunati civili di quel disgraziato paese che, nelle teorie sfornate alla bell'e meglio dai Dottor Stranamore del Consiglio Nazionale della Sicurezza e del Dipartimento di Stato USA, è ora condannato a essere il bastione dell'ultimo arcinemico degli USA e anche il più recente leader dell' “lmpero del Male”. Il posto dei morti che l'esercito USA eviterà sarà preso cento volte da innocenti civili che a malapena riescono a sopravvivere in un tipico paese povero e marginale del mondo. Un giorno tocca alla popolazione irachena; un altro tocca alla Yugoslavia, alla Libia o all' Afghanistan. Al riparo dell'oscurità, da navi da guerra o sottomarini occultati in oceani lontani, o aerei oltre la portata delle contraeree, scagliano decine di migliaia di tonnellate di bombe e missili sulla gente e sulle città. Si vantano di riportare il paese preso di mira “indietro all'età della pietra” e ancora insistono che le bombe americane moralmente 'intelligenti' sono programmate per colpire soltanto i colpevoli. L'obiettivo è intimidire; incutere timore in tutta la società; governare con la paura - paura della morte o della deportazione, paura di una distruzione totale dell'intera economia e della società civile; fino al punto in cui la società è paralizzata e la resistenza diventa impossibile. Oggi, le truppe di terra USA sono soltanto i segugi che devono portare la preda uccisa a casa dopo la fine degli spari e dopo che la polvere si sia posata.

Nessuno può condannare una dichiarazione di guerra ai Talebani - anche se viene dagli USA e dall'Occidente. I Talebani se ne devono andare e solo con la forza e con un'azione militare si possono rimuovere. L'inimicizia tra l'Occidente e i Talebani è di gran lunga preferibile alla loro precedente amicizia. Nessuno si metterà in mezzo per impedire la rimozione di quegli assassini che dallo stesso Occidente erano stati precedentemente installati. Ma c'è una differenza tra la guerra e il terrore. Le azioni statunitensi e britanniche in Afghanistan sono atti di terrorismo. Il bombardamento delle città e delle zone residenziali deve essere condannato e fermato. Miti senza senso sull'orgoglio militare dei Talebani e la storia dell'Afghanistan di mettere in ginocchio le superpotenze rinforzano e nutrono solamente i metodi terroristi degli USA e della Gran Bretagna. I Mujahedin afghani erano una semplice facciata per l'Occidente e gli USA nella loro guerra contro l'URSS. I Talebani sono una banda criminale dedita al traffico di droga che era stata creata dall'Occidente con l'assistenza del Pakistan e dell'Arabia Saudita. Possono spegnere l'interruttore e rimuoverli in poche settimane. Ma il terrorismo aereo è più sicuro, più spettacolare, si addice meglio a una superpotenza, è più consono a insegnare alla gente scontenta del mondo una lezione sulle virtù dell'obbedienza. Dobbiamo opporci a questi metodi inumani.

 

Dai Talebani all'Islam Politico

 

L'azione del Regno Unito e degli Stati Uniti nell'Afghanistan, anche se condurrà al crollo dei Talebani e alla morte di Bin Laden, non diminuirà le minacce del terrorismo islamico contro l'Occidente; le intensificherà. I leader occidentali sono del tutto consci di ciò e avvertono i cittadini perfino pubblicamente. Tuttavia, la scelta dell'Afghanistan come teatro per la prima della 'vendetta' degli Stati Uniti per l'atrocità dell'11 settembre, ha due ragioni fondamentali.

In primo luogo, anche se gli USA ammettessero che il terrorismo islamico e l'odio anti-occidentale che lo alimenta, sono un problema politico con una soluzione politica, una risposta esclusivamente politica non sarebbe vista come una risposta sufficiente e soddisfacente a un attacco fisico militare di tale portata in territorio statunitense come quello dell'11 settembre. Il militarismo è parte integrante dell'ideologia ufficiale negli USA e fondamento della sua identità come superpotenza. Quindi, per il governo degli Stati Uniti, a un attacco agli USA si può rispondere giustamente soltanto con un attacco a qualcun altro, in qualche altro luogo. Per gli USA, soltanto una vendetta militare può essere la risposta all'11 settembre, indipendentemente dalle radici e cause dell'Islam politico e del terrorismo islamico. Questa azione militare deve essere enorme e deve rappresentare la collera e la potenza degli USA; deve mostrare la sua durezza. Un'azione militare enorme, tuttavia, richiede un teatro enorme. La guerra ha bisogno d'un campo di battaglia. L'Afghanistan non è stato scelto perché Bin Laden è là, al contrario, Bin Laden è stato scelto perché è in Afghanistan. Come Bin Laden ci sono molti capi del terrorismo islamico che vivono apertamente o clandestinamente nell'Iran, in Gran Bretagna, in Francia, in Egitto, Pakistan, Libano, Palestina, Cecenia, Bosnia. L'idea che il terrorismo islamico abbia una struttura piramidale e una gerarchia definita con Bin Laden in testa è ridicola. Chi crede che Khamanei [Ayatollah iraniano] stia agendo sotto Bin Laden in questa gerarchia terrorista? La chiave è l'Afghanistan, una terra che può essere la scena di un'azione militare enorme. L'Afghanistan è l'unico teatro possibile per la 'vendetta degli Stati Uniti' sulla spaventosa scala massiccia promessa dal governo degli Stati Uniti. Oggi non c'è una zona come obiettivo militare al di fuori dell'Afghanistan. E perfino qui, i leader occidentali lamentano la mancanza di alte costruzioni e di grandi ponti da distruggere.

In secondo luogo, come abbiamo detto nella terza parte, ciò che si è determinato dietro il conflitto con Talebani e Bin Laden è il rapporto e l'equilibrio di forze fra gli USA e l'Occidente con l'Islam politico. 'La lunga guerra contro il terrorismo' è il nome in codice per una resa dei conti con l'Islam politico. Dal punto di vista degli USA, è una lotta di potere, che deve presto o tardi definire le caratteristiche di lungo periodo del nuovo ordine mondiale dopo la caduta dell'Unione Sovietica. L'islam politico, un sottoprodotto della guerra fredda, è emerso come concorrente borghese per il potere politico nei paesi mediorientali così come nelle Comunità " islamiche" all'interno delle società occidentali. Questa forza è al potere o ha significative leve politiche sul potere in diverse parti del mondo, per esempio in paesi importanti come l'Iran e il Pakistan. E un contendente nella lotta sul futuro della Palestina e di Israele. Nelle ex repubbliche sovietiche, sta mettendo zizzania vicino a sensibili arsenali nucleari. Nell'Occidente, grazie ai soldi sauditi, a sovvenzioni statali locali e all'ideologia corrotta del relativismo culturale, sta reclutando giovani a branchi. Per l'Occidente, questo islam politico non è più lo strumento e il pupazzo che li aveva serviti bene nel contenimento dell'Unione Sovietica, nell'impedire alla sinistra la presa del potere nella rivoluzione anti-monarchica dell'Iran e nel creare problemi al nazionalismo arabo e ad Arafat. Ora, questa creatura è più ambiziosa. Ha una sua propria agenda. Si è sottratto al patronato occidentale. E l'11 settembre, dal punto di vista degli Stati Uniti, l'islam politico si è spinto troppo oltre. Un attacco terrorista di queste dimensioni nel cuore degli USA, ha imposto questa inevitabile lotta di potere. Questi eventi sono essenzialmente momenti e fasi di una lotta di potere fra gli USA (e l'Occidente) e l'islam politico. Dal punto di vista degli USA, questa è una lotta con gli stati islamici, i partiti islamici e l'intero movimento politico islamico. I Talebani sono il più debole, il più vulnerabile e vuoto simbolo di potere dell'islam politico nel Medio Oriente e conseguentemente il punto più adatto per entrare in una lotta di potere generale. La vittoria degli USA nell'Afghanistan non interessa, militarmente e praticamente, le fondamenta del potere dell'islam politico. Ne sono consapevoli. I centri principali di potere sono soprattutto in Iran, Arabia Saudita e nelle organizzazioni islamiche in Egitto, in Libano e Palestina. Questa è, tuttavia, una lotta di potere e non una battaglia di vita o di morte. L'Afghanistan è l'unica arena, almeno nella situazione del mondo attuale, in cui ci potrebbe in effetti essere un conflitto militare fra gli USA e l'islam politico. E l'unica arena in cui 'la lunga guerra contro il terrorismo' può cominciare con un'azione militare drammatica e spettacolare senza generare il panico totale.

 

Questo è un conflitto politico

'La lunga guerra al terrorismo' è in realtà una lotta di potere fra gli USA e l'islam politico. Dopo l'Afghanistan, il confronto sarà essenzialmente politico, anche se entrambi i contendenti occasionalmente si orienteranno verso specifiche azioni terroriste e militari. L'obiettivo degli USA in questa guerra non è eliminare l'islam politico. Contrariamente alla propaganda autocongratulatoria della cosiddetta fazione riformista nell'Iran, non sono le abilità politiche del signor Khatami che hanno 'salvato l'Iran dal bombardamento'. Un bombardamento e un attacco all'Iran non fanno affatto parte degli ordini del giorno occidentali. La concezione che paese dopo paese gli USA entreranno in conflitto militare secondo la lista di quelli una volta identificati come terroristi è straordinariamente superficiale. L'obiettivo degli USA in questa resa dei conti non è nè eliminare l'islam politico nè rovesciare i governi islamici, ma piuttosto imporre la propria egemonia politica e definire le regole del gioco. Dal punto di vista degli USA, il movimento islamico deve conoscere i suoi limiti. Deve limitare alla regione il suo campo d'azione, capire il proprio posto e riconoscere la posizione speciale degli USA. Non soltanto i governi islamici possono rimanere al potere, ma persino il terrorismo è ancora ammissibile a condizione che le sue vittime siano i comunisti e la sinistra in Iran, nell'Afghanistan, Pakistan e Turchia. Ma un attacco su terra americana è andare troppo oltre. Gli USA desiderano imporre questa lezione e questo equilibrio al Medio Oriente.

Questa è una lotta di potere e non un confronto riguardante l'islam, il liberalismo, la democrazia occidentale, la libertà, la civiltà, la sicurezza o il terrorismo. Questa è una battaglia fra la superpotenza degli Stati Uniti e un movimento politico regionale con un'estensione globale, che sta contendendosi il potere nel Medio Oriente. È una lotta per definire le sfere d'influenza e di egemonia politica. L'Occidente non intende stabilire democrazie occidentali in Medio Oriente. Gli USA, il Pakistan, l'Iran e un intero branco di altri reazionari nella regione sono già occupati a complottare per imporre un altro regime dispotico e arretrato alla gente dell'Afghanistan. L'Iran, l'Arabia Saudita, il Pakistan e gli emirati del golfo, i regimi più reazionari nel mondo d'oggi, sono apertamente o tacitamente a fianco dell'Occidente in questo conflitto. Anche se i governi islamici cadono, l'alternativa preferita dall'Occidente saranno i locali e regionali partiti reazionari e di destra, le giunte militari e gli stati di polizia.

 

Gli USA non fanno la storia

 

Ma l'Occidente non determina il futuro. La politica e le azioni attuali degli Stati Uniti frantumeranno inevitabilmente la struttura politica attuale nel Medio Oriente, ma altre forze determineranno i rapporti alternativi che si definiranno. Indubbiamente, il confronto fra l'Occidente e l'islam politico indebolirà il movimento islamico, i partiti islamici e i governi islamici. Ma questo confronto non avviene su uno scenario vuoto. Il Medio Oriente, come l'Occidente, è la scena d'un confronto fra i movimenti sociali che esistevano prima del conflitto fra le borghesie occidentali e l'islam politico e che hanno modellato gli sviluppi politici in tutte le società. Il conflitto dell'Occidente con l'islam politico, malgrado la sua relativa importanza, non è il motore e la forza motrice della storia. Al contrario, è esso stesso all'interno di questa storia ed è definito da essa. Il conflitto sul nuovo ordine mondiale ha giocatori più importanti. Le classi sociali e i loro movimenti politici, sia nell'Occidente o nel Medio Oriente, si confrontano sul futuro politico, economico e culturale del mondo. Sono questi movimenti che determineranno il corso finale di questi eventi, indipendentemente dai disegni e dalle richieste attuali di statisti occidentali e dei leader dell'islam politico. Per quanto riguarda il Medio Oriente, anche se l'Occidente punta a una semplice ritirata marginale dell'islam politico e alla definizione di una nuova struttura per la coesistenza, i movimenti laici, socialisti e progressivi nella regione si faranno tuttavia avanti in queste nuove circostanze. Per esempio, dal mio punto di vista, l'islam politico sarà abbattuto nell'Iran, non perché l'Occidente persegue un tale obiettivo ma piuttosto perché la gente dell'Iran e il movimento comunista operaio alla loro testa abbatteranno la Repubblica islamica. La sconfitta della Repubblica islamica sarà il colpo più grande all'islam politico. Se la risoluzione della questione Palestinese è il presupposto per la rimozione delle sorgenti politiche, intellettuali e culturali dello sviluppo dell'islam politico, la sconfitta della Repubblica islamica nell'Iran è un presupposto per sconfiggere l'islam politico come movimento che aspira al potere politico nel Medio Oriente. Senza la Repubblica islamica dell'Iran, l'islam politico si trasformerà in un'opposizione marginale e sterile nel Medio Oriente.

 

 


Ultima modifica 04.07.2009