Federico Engels nel settantesimo anniversario

Karl Kautsky (1890)


Pubblicato per la prima volta nel 1890. Apparso per la prima volta in italiano nel 1895 su L'economia politica, Milano, Uffici della Critica Sociale, 1895, pp. 17-31.
Trascritto per internet: Leonardo M. Battisti, 2017.


Engels e il partito socialista.

Il 28 novembre 1890 Federico Engels compieva i suoi 70 anni. Questo anniversario non poteva coincidere con un anno più glorioso: l'inverno aveva portato il 20 febbraio, la primavera il 1° maggio e l'estate i vari Congressi, che furono cosi splendido documento della potenza e dell'unità del pensiero socialista e gli schiusero nuovi domini. Se uno sguardo alle vittorie di questi ultimi dieci mesi bastava a riempire di gioia noi giovani, quale soddisfazione non dovette provarne questo nostro veterano, che da cinquant'anni prende parte alla lotta, che vide la democrazia socialista in cuna e che fu uno dei creatori delle basi sulle quali essa si rinforzò e vinse le sue battaglie!

Ma Engels non partecipò soltanto alle vittorie; nel suo lungo cammino di uomo di parte egli sofferse anche le sconfitte della causa per la quale pugnava: il tramonto del cartismo, il naufragio delle rivoluzioni dei 48 e del 49, la disfatta della Comune di Parigi, lo sciogliersi della Internazionale, la legge contro i socialisti in Germania: sconfitte così disastrose che, ad ognuna di esse, non solo gli avversari del proletariato giubilarono nella speranza d'averlo annichilito per sempre, ma anche i suoi timidi amici sentirono smarrirsi il coraggio e disperarono. Engels era di quelli che non appendono mai la carabina alla parete, e sempre ebbe la soddisfazione di vedere risorgere, più forte e più grande dopo la disfatta, la causa che egli propugnava, simile al gigante Anteo, che trae nuove forze dall'abbracciare la terra.

Gli inizi dell'attività scientifica e politica di Engels coincidono con gl'inizi di quelle teorie e di quelle aspirazioni, onde scaturì la democrazia socialista internazionale moderna; da quei giorni la storia di lui è indivisibilmente connessa con la storia di questa. Se Engels scrivesse le sue memorie, esse sarebbero le memorie del partito: da Marx in fuori, nessuno influì quanto lui sul socialismo internazionale.

L'influenza di Engels e il materialismo storico.

Potrebbe forse pensarsi che l'ammettere una così grande influenza contraddica appunto alla teoria, propria a Marx e ad Engels, del materialismo storico. Ma sarebbe un errore.

Il concetto materialistico della storia proclama, è ben vero, che l'evoluzione della società è condizionata a determinate cagioni materiali, indipendenti dalla volontà dei singoli, ma non pretende già ch'essa si svolga spontaneamente; senza subire l'azione degli individui. La società non è un organismo nel senso fisiologico, bensì è soltanto una riunione di persone, e ogni mutamento che in essa avviene è opera di queste persone. Lo sviluppo, ad esempio, del sistema di produzione capitalistico procede giusta leggi determinate, ma non procede già di per sé stesso: esso presuppone inventori che introducono sempre nuovi progressi nella tecnica, capitalisti che trafficano e speculano, e così via. In altre parole, l'evoluzione sociale non è indipendente dall'azione degli individui, ma soltanto lo è dal loro volere. Se domani un Tizio inventasse una macchina che rendesse superflui nove decimi degli attuali lavoratori delle miniere, indubbiamente cotesto Tizio eserciterebbe una grandissima influenza sull'andamento della società. Ma con quali intenzioni egli abbia scoperta la macchina, ecco ciò ch'è assolutamente indifferente per l'evoluzione sociale.

L'indirizzo di questa evoluzione è dato ineluttabilmente dai rapporti materiali. Ma il modo e la forma del suo procedere, la rapidità del suo progresso, questo è che l'azione degli individui può, entro certi limiti, determinare.

Or gli uomini non sono uguali fra loro. Dalla natura sono essi dotati in modo diverso; queste differenze scompaiono, poi, in uno Stato di classe, di fronte alle inuguaglianze artificiali create dalla condizione sociale. Quanto maggiore è la potenza e l'influenza dell'individuo nello Stato, tanto è anche maggiore la possibilità, per lui, di agevolare o d'inceppare l'evoluzione sociale, di aumentare o di scemare i dolori e i sacrifizii ch'essa richiede.

Gli uni influenzano l'evoluzione storica coi mezzi del potere che dan loro le cariche, siano ereditarie od elettive. Gli altri agiscono su di essa con le loro ricchezze. Altri però vi hanno pure, che esercitano una grande influenza con la eccezionale perspicacia con la quale sanno penetrare i rapporti sociali, o con una eccezionale capacità di riunire in una sola e grande forza le forze isolate e disperse. Costoro, quand'anche nessun potere ufficiale li francheggi, possono tuttavia agevolare notevolmente l'evoluzione e diminuirne i sacrifici, solo con l'allontanare gli altri uomini dall'errore, con lo spegnere in essi l'affanno di scopi irraggiungibili o vani, coll'avvalorare un movimento progressivo nella direzione stessa dell'evoluzione, e coll'accrescergli così consistenza, unità, coscienza del fine.

Quanto è maggiore in una società l'antagonismo di classe, e quindi la superiorità del potere, della ricchezza e del sapere di alcuni individui sulla massa, tanto più la storia dell'evoluzione d'una tale società può essere la storia dell'azione di date persone — di un'azione, certamente, che allora solo diventa intelligibile quando se ne conoscano le basi materiali.

Non mai i contrasti di classe furono tanto aspri quanto in questo secolo; non mai, quindi, furono così grandi masse sottoposte all'influenza e al potere degli individui; forse non fu altro tempo nella storia, in cui gli individui abbiano sostenuta una parte così importante come in questo nostro. Un Napoleone, un Rothschild, un Darwin, un Marx — per quanto strano possa sembrare questo ravvicinamento di nomi — tutti costoro, l'uno clamorosamente, l'altro nel silenzio ma non meno profondamente, danno al secolo nostro la loro personale impronta.

Ma anche per altra guisa assumono grande importanza agli occhi dello storico le più spiccate personalità d'una data epoca; non solo come forze operanti, ma eziandio come sintomi delle condizioni delle masse e delle classi sulle quali esse agiscono. Dalle persone, che in una data classe o in un dato partito si acconciano e salgono agli onori, si può ben indurre il valore di quel partito e di quella classe. Napoleone I, Napoleone III, Boulanger — questa serie discendente degli eroi del borghesuccio francese caratterizza la sua decadenza morale e politica nel corso di questo secolo. L'influenza di Bismarck è altrettanto caratteristica per la borghesia tedesca, quanto quella di Marx e di Engels pel tedesco proletariato. Sanno quel che fanno i nostri avversari, schernendo i nostri condottieri: mirando agli araldi essi intendono ferire il partito.

Ma il proletariato può andar superbo de' suoi campioni: la loro prodezza rivela al mondo la sua.

Senonché, nell'illustrare la personalità d'un individuo, non dobbiamo dimenticare che essa pure, come la società, non è in fondo che un prodotto dei rapporti materiali: le tendenze e le azioni dell'individuo sono determinate dalle sue disposizioni fisiologiche e dalle influenze del suo ambiente. Questo ambiente è alla sua volta costituito da altre persone che, in parte direttamente, in parte cogli scritti, influenzano l'individuo, e da rapporti naturali e sociali. Se l'individuo fino a un certo segno influisce sulla società, questa piglia la sua rivincita su di lui in grado ben maggiore.

L'ambiente — Le prime armi — Il concetto della lotta di classe.

Anche in Engels, come in Marx, è visibile, sopratutto agli inizi, l'influenza del loro ambiente.

Engels nacque in Barmen da padre fabbricante. Le provincie del Reno erano diventate prussiane da poco tempo (1815), dopo essere state per vent'anni realmente francesi, e la più parte di esse anche ufficialmente francesi per qualche tempo. In tutto quel paese dominavano quelle stesse simpatie per la Francia, e viceversa per i nuovi padroni, i proprietari fondiari prussiani, quelle stesse antipatie, che possono trovarsi oggi in Alsazia. Le tradizioni della grande rivoluzione francese vi conservavano pieno vigore, e certo fu da esse che Engels attinse i suoi primi ardori rivoluzionari. Di buon'ora l'entusiasmo rivoluzionario gli fece apparire insopportabile per lui la carriera dei pubblici impieghi. Un anno prima di prendere la licenza ginnasiale, abbracciò la professione del commercio, benché non ci avesse gran vocazione. Apprendista di commercio in Brema (dal 1838), poi volontario di un anno a Berlino, e alfine a Manchester, dove dal 1842 al 1844 lavorò in una impresa di fabbrica, nella quale suo padre era socio, egli si dedicò agli studi filosofici, approfondendo Hegel e Feuerbach. Questa passione per la filosofia rivela in lui lo schietto tedesco di quei tempi. Ma in Manchester alle influenze francesi e tedesche si aggiunse l'influenza inglese. La terra nativa gli aveva insegnato la rivoluzione politica e filosofica; ora la madrepatria del sistema capitalista di produzione lo iniziava alla scienza della rivoluzione industriale.

In Inghilterra conobbe egli la più elevata forma del socialismo utopistico, l'owenismo, e insieme la più elevata forma del movimento operaio d'allora, il

Allorché Engels si volse con ardore al socialismo, non era egli solo della sua classe ad accarezzare queste idee. Deve anzi dirsi che allora il socialismo era un movimento tutto borghese; era dalla borghesia che uscivano quegli onesti filantropi, i quali, inorriditi dei disastrosi effetti del sistema di fabbrica, riconoscevano che era vano volerli rimuovere senza por mano a una profonda riforma della società. Ma essi disperavano di poter conseguire questa riforma se non avessero prima guadagnato ad essa le classi superiori. Pareva loro impossibile che la classe lavoratrice, così depressa, potesse mai emanciparsi da sé. Verso il movimento operaio erano, non che diffidenti, a dirittura ostili, perché esso aumentava la difficoltà di raccogliere nella borghesia proseliti al socialismo.

Ma in Engels il senso rivoluzionario era troppo gagliardo, perché egli potesse vedere altrimenti che con simpatia un movimento rivoluzionario della massa. Egli prese parte perciò tanto al movimento operaio quanto al socialista. Diventò collaboratore del Northern Star (Stella del Nord), l'organo dei cartisti, come del New Moral World (Nuovo mondo morale) di Roberto Owen. Così, connettendo praticamente il socialismo e il movimento operaio, egli fece il primo passo sulla via che, allontanandolo tanto dall'utopia del socialismo filantropico-borghese, quanto da quel movimento operaio che non cerca se non il miglioramento delle condizioni della classe lavoratrice nella sfera del presente sistema di produzione, doveva condurlo al socialismo scientifico proletario. Il suo spirito rivoluzionario francese gli mostrava la unilateralità, &cosigrave; del socialismo inglese come del movimento operaio inglese; la sua conoscenza della filosofia tedesca gli rendeva possibile di spiegarsi anche teoreticamente cotesta unilateralità e di superarla.

Ma egli non poteva adagiarsi in un semplice esercizio critico della mente. La sua posizione in Manchester gli offriva una eccellente opportunità di studiare i rapporti dei lavoratori inglesi, ed egli li studiò infatti, e non studiò soltanto le condizioni della classe lavoratrice in quel determinato momento, ma approfondì l'evoluzione storica di quelle condizioni e il loro nesso con tutto l'assieme del meccanismo della produzione; ciò che lo pose in grado di vedere non soltanto la miseria e la rovina del proletariato, ma ben anche di scoprire le radici del suo possibile elevamento e della sua emancipazione. Per lui, le forze emancipatrici non furono più la compassione e il soccorso della borghesia, ma l'evoluzione economica e la lotta di classe proletaria.

Questo concetto è chiaramente esposto per la prima volta nel suo libro La situazione delle classi lavoratrici in Inghilterra, apparso nel 1845. Ma, già più d'un anno avanti, egli aveva scritto un notevole articolo: Schizzo di una critica dell'economia politica, pubblicato nel 1844 negli Annali franco-tedeschi di Marx e Ruge. Articolo importante, perché ivi è il primo tentativo di fondare il socialismo sull'economia politica. La sua importanza storica consiste in ciò ch'esso è il primo passo verso il socialismo scientifico: con esso il nostro veterano guadagnò i suoi primi galloni di studioso e di pensatore socialista.

Certo in esso è visibile la gioventù dell'autore, come quella della causa che egli tratta. Superati appena i ventitré anni, senza precursori né consiglieri a cui far capo, appena invaso dalle sue nuove vedute senza essersi pienamente spogliato delle vecchie, ardito e imaginoso, ma non ancora completamente padrone della sua teoria, egli avventa qua e là qualche tesi non sostenibile e maschera i germi del socialismo scientifico, ch'egli svolge, con le forme di quel socialismo ch'egli aveva trovato in Inghilterra.

E pur tuttavia è cotesto, nell'insieme, un lavoro che conserva ancor oggi un valore non soltanto storico. Il piacere che quella lettura suscita in noi non è soltanto dovuto alla freschezza, alla chiarezza e alla vigoria dell'esposizione, ma anche a una densità d'osservazioni e dimostrazioni che contenevano per quei tempi verità ignorate; e la forma, in cui sono esposte, sarà ancora nuova e suggestiva per la più parte dei lettori.

E per un altro titolo è prezioso quel lavoro; esso e il solo di qualche importanza, del tempo in cui il pensiero di Engels era tuttora isolato, non avendo ancora sentita l'influenza di Marx. Ma appunto fu questo articolo l'occasione all'avvicinamento dei due, che tanto influì sullo sviluppo del socialismo.



Engels e Marx — La prima opera classica di Engels.

Fra Engels, collaboratore, e Marx, redattore degli Annali franco-tedeschi, si avviò una viva corrispondenza. Le due nature sentirono tosto la loro parentela. L'uno senza saputa dell'altro, erano arrivati a punti di vista che armonizzavano in modo strano. Cotesta armonia, col ricambio reciproco, diventò cosi perfetta, che oggimai — per quanto ciascuno dei due conservasse la propria personalità — non possiamo più parlare che di una teoria e di un metodo di Marx ed Engels, senza che ci sia possibile far le parti del contributo di ciascuno.

Nel 1844 Engels lasciò Manchester per tornare in Germania. Passando da Parigi, fece visita a Marx. Il contatto personale li avvicino così presto, che in quella stessa occasione scrissero in comune un libro, nel quale il loro nuovo materialismo dialettico trovò la sua prima espressione. Fu esso La Sacra famiglia, ovvero Critica della Critica critica, contro Bruno Bauer e consorti, che, scritto nel 1844, apparve nel 1845 in Francoforte.

Tornato in patria, si pose Engels a elaborare il materiale raccolto a Manchester sul sistema di fabbrica, con un abbozzo del quale si chiude il suo Schizzo di una critica. La Situazione delle classi lavoratrici in Inghilterra, uscita a Lipsia nel 1845, segna già un gran progresso rimpetto all'articolo citato. Anche in cotesto libro la maturazione delle idee del giovane Engels non è ancora del tutto compiuta; e tuttavia è questa un'opera classica, la vera precorritrice delle descrizioni del sistema inglese di fabbrica, dateci poi da Marx nel suo

«Pel periodo iniziale della grande industria in Inghilterra — scrive Marx nel Capitale io mi limito a pochi cenni e rimando il lettore alla Situazione delle classi lavoratrici in Inghilterra di Federico Engels. Quanto profondamente abbia Engels compreso lo spirito del sistema capitalista di produzione, lo dimostrano i Rapporti sulle fabbriche, sulle miniere, ecc., comparsi dopo il 1845, e come mirabilmente egli descrivesse ogni particolare, basta a dimostrarlo il più superficiale raffronto fra il suo libro e i Rapporti della Commissione sul lavoro dei fanciulli, pubblicati diciotto o venti anni più tardi» (Kapital, l.° vol., 2.a ediz. tedesca, pag. 232).

La Situazione delle classi lavoratrici diventò, insieme col Capitale, la base di tutta quella Economia descrittiva, ch'ebbe poi, specialmente in Germania, cosi grande sviluppo. Essa è inoltre la prima opera in cui il socialismo scientifico raggiunga la piena coscienza e la chiara espressione di sé.

La nuova propaganda — La «Lega dei Giusti» — Il Manifesto comunista.

Mentre Engels compieva cotesto libro, egli ebbe anche campo a persuadersi dell'incompatibilità che le sue idee gli creavano con un lungo soggiorno in Barmen, città paolotta, e in seno alla sua famiglia, impregnata di spirito credente e conservatore. Ciò contribuì ad acuirgli la nostalgia di Marx. Mosse dunque per Bruxelles, dove Marx ora dimorava, dopo che il governo francese, stimolatovi dal prussiano, lo aveva sfrattato.

Ed eccoli ora entrambi spiegare assieme una indiavolata attività tanto nella sfera tecnica quanto sul terreno pratico. Essi approfondiscono le loro nuove teorie, e danno l'ultima e più salda struttura ed unità, a, quel socialismo scientifico che era uscito dai loro cervelli. Non perciò si inchiodano essi a tavolino. Il lavoro di costruzione della loro dottrina scientifica dà la mano all'attività, pratica, rivolta a rendere il proletariato cosciente della sostanza e dello scopo delle sue lotte, mercé la propaganda e — quando fu l'occasione — mercé una energica partecipazione a quelle lotte medesime.

Importantissima fu la loro partecipazione alla Lega dei giusti, una Società internazionale, di cui essi fecero la precorritrice della «Internazionale dei lavoratori». Nel 1847 la loro influenza fra i socialisti era già tale, che assi furono pregati d'entrare nella Lega coll'assicurazione che essa era pronta a svestirsi del carattere cospiratorio avuto sino allora e ad abbracciare le nuove teorie. Consentirono. Engels, che da Bruxelles si era recato a Parigi, rappresentò i membri parigini al primo Congresso della Lega, tenutosi nell'estate del 1847, nel quale la Lega non solo assunse il nuovo nome li Lega dei comunisti, sotto il quale acquistò un'importanza storica, ma rinnovò eziandio la propria organizzazione. Da una lega, qual era, di congiurati, diventò ma società di propaganda.

Alla fine del novembre di quello stesso anno ebbe luogo in Londra un secondo Congresso, al quale, con Engels, intervenne anche Marx. E fu sopratutto importante per l'incarico che esso diede ad entrambi di scrivere il manifesto della Lega. Ne usciì il Manifesto del partito comunista.

Inutile indugiarci su quest'ultimo; certo esso è noto alla massima parte dei nostri lettori; a quelli, che per caso non lo conoscessero ancora, non potremmo che consigliare di leggerlo subito. Si chiamò il Capitale di Marx la bibbia della classe lavoratrice. Ma se si vuole adoperare questa terminologia un po' chiesastica, essa si attaglia assai meglio al Manifesto. Le successive opere di Marx ed Engels sono assai più vaste e complesse, esse esauriscono vari temi, ma ciascuna non tratta che un lato solo dei principi su cui poggia il movimento operaio. Il Manifesto comunista li abbraccia tutti quanti. Esso è la vera quintessenza del socialismo, costituisce ancor oggi, anzi oggi più che mai, il vero programma della democrazia socialista internazionale. Forse la più splendida testimonianza dell'incrollabilità dei fondamenti teorici della democrazia socialista, e, al tempo stesso, della coscienziosa chiaroveggenza de' suoi fondatori, sta appunto in questo fatto: che a settant'anni Engels non trova nulla di essenziale da mutare di ciò che scrissero insieme egli a ventisette anni e Marx a ventinove. Qualche brano manca ora di obbietto per essere mutati i rapporti; a qualche proposta pratica venne meno l'opportunità, stante la evoluzione politica ed economica e l'esperienza di questi quarant'anni. Ma nell'esposizione degli scopi e delle tendenze dei comunisti e dei loro fondamenti scientifici non v'è una sillaba da mutare, e appena se qua e là potrebbe ritoccarsi qualche espressione, tanto la forma ne è precisa ed esatta. Eppure son corsi, tra il Manifesto e noi, quarant'anni e più di violente rivoluzioni politiche, economiche, scientifiche e tecniche.

Nell'azione — Il 1848 — Proscritto fra i proscritti.

Appena uscito il Manifesto, scoppiò la rivoluzione, dapprima a Parigi, poi in Germania. Pieni di ardore, Marx ed Engels si gettarono nel movimento: tornarono in Germania e fondarono a Colonia un giornale quotidiano, la Nuova Gazzetta Renana, il solo giornale tedesco di quei tempi che rappresentasse le idee socialiste, o comuniste, come si diceva allora. Marx ed Engels mettevano in pratica ciò che avevano dichiarato nel Manifesto: «In Germania il partito comunista lotterà insieme con la borghesia, non appena questa combatta per un principio rivoluzionario contro la monarchia assoluta, contro l'antica proprietà feudale e contro la piccola borghesia». Non intendevano con ciò quella politica che vorrebbe i socialisti accodati alla borghesia. Essi la spingevano avanti, esercitando al tempo stesso su di essa la loro critica, e volgendolesi contro risolutamente non appena essa diè a vedere che avrebbe tradita la rivoluzione. Questo non si fece molto aspettare. La reazione vinse appunto coll'aiuto della borghesia, spaventatasi dell'intervento del proletariato rivoluzionario.

In più luoghi i lavoratori si sollevarono per opporsi colla forza alla irrompente reazione; questo avveniva anche nelle provincie renane. Nei principali centri minerari, Elberfeld, Solingen, Düsseldorf, nel maggio 1849 rumoreggiava la sommossa. Engels, avutane notizia, accorse a Elberfeld, ma soltanto per vedere la disfatta dell'insurrezione. Gli operai da soli, non aiutati dalla borghesia piccola e grande, non erano allora in grado di sostenersi. Alla disfatta dell'insurrezione tennero dietro, il 19 maggio, il divieto di pubblicare la Nuova Gazzetta Renana e lo sfratto di Marx. Anche Engels, processato per partecipazione alla sommossa, abbandonò Colonia, dopo esservisi tenuto per qualche tempo nascosto. Si recò nel Palatinato, sollevatosi col Baden per la difesa della Costituzione, e si aggregò a un corpo di volontari prendendovi il posto di aiutante del comandante Willich. Prese parte a tre scontri, come pure a quello della Murg, nel quale 60.000 fra prussiani e soldati delle milizie regie sconfissero, grazie alla violata neutralità del Würtemberg, il mal guidato esercito della rivoluzione, di soli 13.000 uomini; con che fu decisa la sorte dell'insurrezione badese. L'esercito battuto piegò sulla Svizzera.

Engels fu degli ultimi a varcare il confine svizzero 1'11 luglio 1849. Restò alcuni mesi nell'alpestre Repubblica, ma, quivi non offrendoglisi alcuna prospettiva di azione soddisfacente, ritornò in Inghilterra, e poiché la traversata della Francia era pericolosa pei profughi tedeschi, prese la via di Genova, e su un veliero, via per Gibilterra, salpò verso Londra. Là ritrovò Marx e con lui quasi tutti i capi della rivoluzione tedesca, i quali null'altro sognavano che di rinnovare l'insurrezione.

Al contrario Marx ed Engels furono lesti a riconoscere che per lungo tempo non era più da parlare di una vera rivoluzione e apertamente si diedero a combattere le illusioni chimeriche e le manifestazioni ampollose degli emigrati, in una rivista politico-economica cui diedero nome ancora di Nuova Gazzetta Renana. Proscritti dalla patria, questo loro contegno suscitò contro di loro le furie dei proscritti in esilio. Si trovarono boicottati dalla democrazia come lo erano dai governi. I giornali tutti chiusero a loro le proprie colonne. Per lungo tempo fu loro preclusa in Germania la via ad ogni attività non solo politica ma anche letteraria. Di qui le strette del bisogno: cominciò un periodo di lavoro affannoso, che fu però anche di studio intenso. Marx si rincantucciò nel Museo Britannico ed Engels tornò a Manchester, commesso dapprima e poi, solo dal 1864, socio egli pure, in quella fabbrica nella quale suo padre era interessato. Vent'anni durò la sua separazione da Marx: ma Lafargue ha narrato nelle Neue Zeit (anno IX, pag. 39) come pur sempre lo scambio di idee continuasse attivissimo fra loro.

Scritti militari.

A Manchester Engels prosegui gli studi economici e storici che la rivoluzione aveva interrotti. Ma in prima linea coltivò gli studi militari, dei quali la campagna del 1849 gli aveva dimostrato la necessità, e inoltre la filologia comparata, stata sempre il suo studio prediletto, e le scienze naturali. Nel 1859 pubblicò, sotto il velo dell'anonimo, un opuscolo Po e Reno, nel quale da un lato combatteva la teoria austriaca che sosteneva doversi il Reno difendere sul Po, e dall'altro lato i liberali prussiani «piccolo-tedeschi» che gongolavano per le batoste austriache senza accorgersi che Bonaparte era il comune nemico. Seguì, dopo la guerra, un altro opuscolo analogo: Savoia, Nizza ed il Reno (1860). In occasione del conflitto militare prussiano pubblicò un terzo opuscolo: Il problema militare prussiano e il partito operaio tedesco (1865), nel quale sferzava le contraddizioni e le corbellerie dei liberali e dei progressisti e sosteneva che solo il partito operaio potrà dare una vera soluzione al problema militare come a tutti gli altri più importanti problemi. Durante la guerra franco-tedesca scrisse nella Pall-Mall-Gazette di Londra una serie di articoli di critica militare, nei quali ebbe fra l'altro la singolare fortuna di pronosticare, fin dal 25 agosto, la battaglia di Sédan (2 settembre) e la disfatta dell'esercito francese.

L'Internazionale. — I due consiglieri del proletariato. — Altre opere.

Nel 69 Engels si trovò in grado di potersi ritirare dagli affari. E ne profittò subito, si capisce, per trasferirsi a Londra e consacrare ormai, insieme a Marx, tutta quanta la sua attività alle lotte del proletariato.

E Marx ne aveva grande bisogno. Dopo il 1860 il movimento operaio s'era fatto grande e poderoso in tutti gli Stati moderni, e con esso crescevano a vista d'occhio la sfera d'azione, 1'importanza, le mansioni della Associazione internazionale dei lavoratori, che, fondata nel 1864, doveva portare unità e chiarezza nei movimenti proletari dei diversi paesi. Tuttavia la mente dell'Internazionale era Marx. Quasi su lui solo gravava il cómpito di seguire tutto il movimento operaio internazionale e di venire consigliero e aiutatore nelle innumerevoli lotte di classe che qua e là si impegnavano. La sua attività scientifica ne veniva sempre più paralizzata, e si può ben dire che, se non era l'Internazionale, egli avrebbe compiuto il suo Capitale.

In tali condizioni Engels gli diveniva un aiuto prezioso. E arrivò al giusto momento. La guerra francotedesca scatenò lotte e creò rapporti che tesero oltre misura le forze dell'Internazionale. Engels diventò membro del Consiglio generale della Internazionale, nel 1871 segretario corrispondente pel Belgio e la Spagna, più tardi per la Spagna e l'Italia. Narrare a fondo l'azione di Engels nell'Internazionale, non solo eccederebbe troppo il piano di questo articolo, ma presupporrebbe uno studio dei verbali e delle corrispondenze del Consiglio generale, che non appartengono ancora alla pubblicità.

Caduta l'Internazionale, ebbe fine la attività pratica e immediata di partito, così di Engels come di Marx. Ma ancora, come prima, essi rimasero i consiglieri del proletariato militante di ogni paese. Ed era ben naturale. In nessun altri si trovava come in loro quella rara unione di una dottrina scientifica vastissima con la esperienza pratica derivata da quasi un cinquantennio di attività nel movimento operaio; né quella esatta conoscenza dello stato e delle qualità specifiche di ognuna delle nazioni moderne che presentano un movimento operaio, conoscenza ch'essi avevano acquistata visitando di presenza gli Stati industriali più importanti e che avevano ampliata ed ampliarono sempre più con profondi studi e con costanti relazioni, parte epistolari e parte orali, coi più eminenti socialisti di tutte le nazioni. Così si trovarono essi in grado, meglio di chicchessia, nei fenomeni politici ed economici di un paese, di distinguere l'essenziale dall'accessorio, il costante dal transitorio, e di precisare la posizione che conveniva prendere, di fronte ad essi, ai lavoratori socialisti dei vari paesi. Nessuno possedeva più di loro la fiducia degli elementi socialisti più intelligenti delle varie nazioni; niuna meraviglia che questi, nei momenti critici, si rivolgessero sempre volontieri per consiglio ai due veterani in Londra. Né questi si ricusavano mai. Essi esprimevano francamente e liberamente la loro convinzione, senza riguardi, ma anche senza pretendere d'imporsi. Nessun proletario, nessuno che avesse seriamente a cuore la causa proletaria, si rivolse ad essi invano. Innumerevoli lettere in tutte le lingue stanno a testimoniare della loro inesauribile attività di consiglieri del proletariato internazionale.

Ma Engels non si limitava alle lettere. Quante volte insorgevano nuove questioni, di fronte alle quali convenisse prender posizione; quante volte si tentava diffondere teorie od opinioni che potessero compromettere l'unità del movimento operaio e la sua consapevolezza del fine, allora egli non si esprimeva soltanto in lettere private, ma benanche pubblicamente con articoli e opuscoli. Pigliando egli su di sé questa parte della rappresentanza della teoria ch'essi avevano insieme scoperta, lasciava il tempo a Marx di meglio elaborarla sistematicamente pel mondo scientifico. A questa divisione del lavoro deve attribuirsi se il frutto delle ricerche di Engels è disperso in molti, e per lo più brevi, scritti d'occasione — lavori, così numerosi che a noi manca lo spazio di illustrare anche solo i più importanti. Tanto più ce ne possiamo astenere, inquantochè, a differenza da quelli fin qui citati (eccezion fatta pel Manifesto dei Comunisti), la più parte dei più importanti scritti di Engels usciti dopo il 1870 si trovano ancora in commercio. Pure, benché siano scritti d'occasione, rimane in essi tanto valore, tanta ricchezza di spiegazioni positive, che della più parte di essi divennero necessarie ripetute edizioni. Anche i divieti della legge antisocialista non noquero punto alla loro diffusione. Il più importante degli scritti di Engels posteriori al 1870: La rivoluzione scientifica di Eugenio Dühring, libro che, sotto l'apparenza di una semplice polemica, tratta in realtà, alla luce della dialettica di Marx ed Engels, i punti più gravi della scienza moderna, ebbe una nuova edizione precisamente sotto l'impero della legge eccezionale.

Sventure domestiche.

Il periodo successivo al 1870 prometteva di essere il più bello della vita di Engels: libero da preoccupazioni materiali, poteva alfine dedicarsi intero all'amico e all'agitazione che si svolgeva così potente ed irresistibile sulle basi ch'egli e Marx le avevano poste. Pur troppo non doveva a lungo durare questa sua seconda prima vera. Il primo colpo che lo ferì fu la morte di sua moglie, donna, per tutto ciò che sapemmo di lei, altrettanto valorosa quanto amabile e alla quale egli era tenerissimamente legato. Pochi anni di poi, moriva la moglie del suo amico — indi la costui figlia — alfine l'amico medesimo. E, poco stante, lo percosse un altro fiero dolore: la morte di Elena Demuth, distinta signora, ben conosciuta a quanti lessero la descrizione, scritta da Lafargue, della vita intima di Marx. Dopo la costui morte essa aveva converse tutte le sue sollecitudini materne alla casa di Engels, e la sua ricchezza di spirito, la sua amabile giocondità, la sua divota abnegazione ne avevano fatto per Engels, più che un'amica, un vero sostegno. Così il settantesimo anniversario della nascita non poté essere un giorno lieto pel nostro vecchio campione; egli lo passò presso una fossa recente.

Ciò che gli permise fino ad ora di vincere il dolore di tutte queste perdite, ciascuna delle quali nel suo genere era irreparabile, ciò che tornò ogni volta ad infondergli coraggio e giovenilità, fu, insieme alla sua energia personale, il poderoso svilupparsi del nostro partito e l'importanza dei lavori ch'egli aveva sulle braccia e che non poteva confidare ad altre braccia più giovani. Egli solo poteva compiere i lavori ch'egli si era proposti e quelli che la morte del suo collaboratore gli aveva legati.

L'eredità scientifica di Marx. — Speranze e voti.

Com'è naturale, quel che a lui pare il più importante è il completamento delle opere postume di Marx.

Già dal 1885 questo suo lavoro sembra arenato, ciò che desta molte impazienze. Ma si rifletta che il terzo volume del Capitale, oltre essere vastissimo (circa un migliaio di pagine), tratta una quantità di problemi dei più difficili. Il Capitale non è un'opera effimera, come quei «sistemi» da dozzina dei nostri professori, che sono così presto architettati come obliati. La scoperta delle leggi dinamiche del sistema di produzione capitalista è opera scientifica altrettanto immortale nel suo genere quanto poté esserlo la scoperta delle leggi del movimento degli astri fatta da Keplero e da Newton. Creare nella scienza qualche cosa che rimanga non è possibile senza quel lavoro profondo, vasto e coscienzioso, che non è solo di Marx ma anche di Engels, e che impedì ad entrambi di licenziare i loro prodotti con la rapidità desiderata dal mercato librario. Nel terzo volume non deve Engels curare solo la redazione del manoscritto originale, ma vincere inoltre le lunghe difficoltà inerenti al completamento di un lavoro scientifico altrui, sforzarsi di esprimere esattamente ed esclusivamente il pensiero dell'autore nella forma a lui propria, senza sostituirsi ad esso. Perché, quand'anche le opinioni di due autori concordino, ciascuno ha un'individualità sua personale.

Non si dimentichi infine che il lavoro scientifico esige tranquillità. Noi non possiederemmo forse neppure il primo volume del Capitale — almeno nella sua forma presente — se il dodicennio che segui il 1849 non fosse stato un periodo di tregua nelle lotte politiche. Ai nostri lettori non fa bisogno di dimostrare come l'attuale periodo sia ben diverso, e come dopo la morte di Marx il movimento socialista internazionale abbia preso un rigoglio inaspettato. Ma la natura di Engels è troppo battagliera perché egli possa sottrarsi alle lotte del suo partito. Non solo egli le segue, ma vi prende parte; oggi la sua penna è dedicata ai tedeschi, domani ai russi; essa è sempre, per l'Inghilterra, o per l'America, per la Francia o per l'Austria, al servizio del partito.

Nessun migliore augurio, io credo, noi possiamo fare ad Engels pel suo 70° anniversario, che della quiete necessaria a compiere presto il terzo volume del Capitale.

La quiete, non la forza, è ciò che gli manca. Malgrado i settant'anni, il nostro veterano è giovanile e gagliardo, come ben traspare dal suo ritratto. Nulla in lui di senile. Ancora lavoratore instancabile e instancabile studente — egli continua ad accumulare nuovo capitale intellettuale invece di consumarne: a differenza dai più dei suoi coetanei, esso vive ancora assai più nel presente e nel futuro che non nel passato.

Ben vi è qualche ora, in cui questa lunga giovinezza può parergli un triste dono, non divisa da coloro cui lo strinsero i più forti legami. Pure noi speriamo e auguriamo che, di una parte almeno di quanto perdette coi suoi vecchi amici e compagni di vita, egli trovi il compenso nell'amore e nella venerazione che sentono per lui tutti i proletari coscienti e tutti i veri amici del proletariato, e che cresce in essi quanto più da vicino lo conoscono, sia pure soltanto negli scritti: ch'egli ne trovi il compenso nel vittorioso progresso di quel movimento, ch'egli vigilò nella culla, spingere innanzi il quale è da cinquant'anni il còmpito della sua vita, e il cui trionfo s'avvicina a gran passi.

CARLO KAUTSKY

[POSTILLA BIBLIOGRAFICA]

Ai lavori citati dal Kautsky nella sua rassegna altri molti sarebbero da aggiungere, sebbene una bibliografia completa dell'Engels non sia forse ancor fatta. Gli scritti sparsi, polemici e d'occasione sono numerosissimi: tutti brillano per suggestività e chiarezza mirabili; e sono assai più atti delle stesse opere ponderose del Marx a iniziare i lettori al socialismo.

Citiamo: La guerra dei contadini tedeschi (estr. dalla Nuova Gazzetta renana, 3ª ediz., 1875); La questione degli alloggi (1872); Nozioni sociali sulla Russia (1875); L'acquavite prussiana nel Parlamento tedesco (1876); I Bakunisti al lavoro, memoria sul moto Bakunista in Ispagna (1873); Luigi Feuerbach e la fine della filosofia classica (1886; nella Neue Zeit); La pòlitica attuale dello Tzarismo russo (Neue Zeit, 1890-91, 2.° vol.); Brentano contro Marx, fatti storici e documenti (1891).

Nel 1894 raccolse, sotto il titolo: Cose internazionali, dal Volkstaat (Libreria del Vorwärts), vari dei citati articoli e altri di antica data, come: Ancora il signor Vogt (1871); Un proclama polacco (1874); Il programma dei blanquisti fuggiaschi della Comune (1874); ecc. Altri importantissimi studii pubblicò nell'ultima annata (1894-95) della Neue Zeit di Stoccarda sulla Storia del cristianesimo primitivo (N. 1 e 2 della N. Z.) e sulla Questione dei contadini in Francia e Germania a proposito del programma agricolo (N. 10 idem). Il suo ultimo lavoro fu la prefazione all'opuscolo di Marx: Le lotte di classe in Francia, 1848-50, della quale i lettori della Critica Sociale ebbero a suo tempo una primizie; dell'intero opuscolo è in preparazione una versione italiana, curata con affetto da Carlo Tanzi. — Sono numerose poi le prefazioni in inglese ad opere altrui, specialmente di Marx, come quella al Discorso sul libero scambio, che i lettori della Critica conoscono (Biblioteca della Critica). — La più parte di questi scritti ebbe varie edizioni ad opera del partito in Germania o della «Biblioteca internazionale» del Dietz di Stuttgart, e furono tradotti in varie lingue.

La Guerra dei contadini tedeschi è la prima esposizione delle condizioni precapitalistiche dal punto di vista della concezione materialistica della storia.

La Sacra famiglia, ovvero Critica della Critica critica, contro Bruno Bauer e consorti, scritta in a collaborazione con Marx nel 1844 a Parigi e stampata a Francoforte nel 1845, è la prima applicazione del materialismo dialettico con cui Engels e Marx rinnovarono la filosofia hegeliana. Questa filosofia, che poneva il divenire come legge capitale dell'universo, era perciò stesso essenzialmente rivoluzionaria; sebbene paresse conservatrice agli ignoranti, in quanto, non partendo da preconcetti assoluti, giustificava tutto ciò che ha esistito. Ma essa giustificava, coi residui del passato; anche la loro eliminazione, lo sviluppo dei germi della vita nuova. Senonché Hegel era un ideologo: il mondo era per lui un processo di idee; fu lo studio profondo dell'economia che salvò Engels e Marx dal perdersi nei giochetti dialettici e li avviò sul nuovo cammino.

La Situazione delle classi lavoratrici in Inghilterra è, si può dire, del marxismo prima di Marx. Ivi la miseria delle plebi cessa d'essere un accidente da compiangere e da lenire, per diventare una condizione necessaria della presente società, e un fattore essenziale della nuova. Una nuova edizione di questo libro — la prima uscì nel 1845 — apparve nel 1892, con una nuova prefazione dell'autore, nella «Biblioteca internazionale» del Dietz.

La Rivoluzione scientifica di Dühring, o l'Anti-Dühring, com'è più volgarmente chiamato, pubblicato prima in articoli nel Volkstaat e nel Vorwärts, poi la prima volta in volume nel 1878 (3ª ediz., 1894, Dietz, Stuttgart) — da cui fu stralciato il popolarissimo Socialismo utopistico — fa riscontro, per l'importanza filosofica ed economica, al Capitale di Marx. Peccato soltanto che l'occasione ne fosse una polemica, il cui interesse però fu grandissimo allora in Germania, dove il Dühring rappresentava un certo pseudo-socialismo borghese, di professori nè carne nè pesce, il cui seme pur troppo è assai diffuso anche in Italia. L'opera di Engels schiacciò questa sofisticazione di socialismo, definitivamente. Il suo libro contro Dühring rimane pur sempre una delle opere fondamentali del socialismo moderno.

Finalmente non vuol essere dimenticata una delle maggiori opere storiche e filosofiche dell'Engels: L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (1ª ediz. 1884; 6ª ediz. 1894, Dietz, Stuttgart), nella quale, partendo dalle indagini di L. H. Morgan sulla costituzione dell'antica gens e sul matriarcato primitivo, e sempre coi metodi del materialismo storico, è maestrevolmente tracciata la linea dell'evoluzione sociale dall'apparire della proprietà privata e dei conseguenti conflitti di classe sino alla futura trasformazione dello Stato politico in una semplica amministrazione della produzione sociale. Parallelamente e in connessione sione colle mutazioni delle forme di produzione sono descritte quelle della forma familiare e della posizione della donna nella società. Quest'opera fu tradotta in italiano fin dal 1885 (Benevento) da Pasquale Martignetti, che tradusse anche l'opuscolo Socialismo utopistico, e che dev'essere qui ricòrdato come il primo in ordine di tempo e il più devoto e affettuoso interprete e divulgatore del pensiero di Engels in Italia: una prossima 2ª edizione italiana conterrà le copiose aggiunte dell'ultima tedesca.

(Agosto 1895)

LA CRITICA SOCIALE



Ultima modifica 2019.05.02