Il congresso di Londra

Paul Lafargue (1886)


Fonte: Paul Lafargue, Il diritto all’ozio. La religione del Capitale, a cura di Lanfranco Binni, Firenze, Il Ponte Editore, 2015.

Trascritto da Leonardo Maria Battisti su licenza concessa dal Fondo Walter Binni, febbraio 2019.


I progressi del socialismo preoccupano le classi possidenti d’Europa e d’America. Qualche mese fa, uomini provenienti da tutti i paesi civilizzati si riunivano a Londra per cercare insieme i mezzi più efficaci per arrestare la pericolosa diffusione delle idee socialiste. Tra i rappresentanti della borghesia capitalista inglese si notavano lord Salisbury, Chamberlain, Samuel Morley, lord Randolph Churchill, Herbert Spencer, il cardinale Manning1. Il principe Bismarck, trattenuto da una crisi alcolica, aveva inviato il suo consigliere particolare, l’ebreo Bleichröder2. I grandi industriali e i finanzieri dei due mondi, Vanderbilt, Rothschild, Krupp, Dollfus, Dietz-Monin, Schneider assistevano di persona o si erano fatti rappresentare da uomini di fiducia. Non si erano mai viste persone di idee e nazionalità tanto diverse intendersi così fraternamente. Paul Bert era seduto accanto a Monsignor Freppel, Gladstone stringeva la mano a Parnell, Clemenceau parlava con Ferry, e Moltke discuteva amichevolmente sulle possibilità di una guerra di rivincita con Déroulède e Ranc 3.

Il motivo della loro riunione esigeva di mettere da parte i rancori personali, le divisioni politiche e le gelosie patriottiche.

Prese per primo la parola il legato pontificio:

«Gli uomini si governano impiegando di volta in volta la forza bruta e l’intelligenza. Un tempo la religione era la forza magica che dominava la coscienza umana; insegnava al lavoratore a sottomettersi docilmente, a lasciare il certo per l’incerto, a sopportare le miserie terrene sognando gioie celesti… Ma il socialismo, lo spirito del male dei tempi moderni, scaccia la fede e si insedia nel cuore dei diseredati, predica loro che la felicità non va relegata nell’altro mondo, annuncia che farà della terra un paradiso, e grida al salariato: “Ti derubano! Su, in piedi, ribellati!”. E prepara le masse operaie, un tempo così docili, a una sollevazione generale che sconquasserà le società civilizzate, abolendo le classi privilegiate, sopprimendo la famiglia, togliendo ai ricchi i loro beni per darli ai poveri, distruggendo l’arte e la religione, spargendo sul mondo le tenebre della barbarie… Come combattere il nemico di ogni civiltà e di ogni progresso? Quali armi opporre al socialismo? Il principe di Bismarck, l’arbitro dell’Europa, il Nabuccodonosor che ha vinto la Danimarca, l’Austria e la Francia, è sconfitto dai ciabattini socialisti. I conservatori di Francia immolarono nel ’48 e nel ’71 più socialisti di quanti eretici furono uccisi nella notte di san Bartolomeo, e il sangue di questi massacri è una rugiada che fa germinare il socialismo su tutta la terra. Dopo ogni massacro, il socialismo rinasce più vivo. Il mostro è a prova di forza bruta. Che fare?».

Gli scienziati e i filosofi dell’assemblea, Paul Bert, Hæckel4, Herbert Spencer si alzarono a turno e proposero di domare il socialismo con la scienza.

Monsignor Freppel alzò le spalle:

«È proprio la vostra scienza maledetta che fornisce ai comunisti i loro argomenti meglio temprati».

«Lei ignora la filosofia naturalistica che professiamo – replicò H. Spencer. – La nostra teoria scientifica dell’evoluzione prova che l’inferiorità sociale degli operai è inevitabile come la caduta dei corpi, è la conseguenza necessaria delle leggi immutabili e immanenti della natura; noi dimostriamo inoltre che i privilegiati delle classi superiori sono i più dotati, i meglio adattati, e si perfezioneranno incessantemente finendo per trasformarsi in una nuova razza i cui individui non somiglieranno in niente ai bruti dal volto umano delle classi inferiori che si possono governare solo con la frusta*1».

«Dio voglia che le vostre teorie evoluzioniste non raggiungano mai le masse operaie: le farebbero infuriare, le getterebbero nella disperazione, consigliera delle rivolte popolari – interruppe il signor de Pressensé5. – La vostra fede è veramente troppo profonda, signori scienziati del trasformismo. Come potete credere che si possa opporre la vostra scienza che toglie ogni illusione, ai miracoli incantatori del socialismo, alla comunanza dei beni, al libero sviluppo delle facoltà che i socialisti fanno scintillare davanti agli occhi meravigliati degli operai? Se vogliamo rimanere classe privilegiata e continuare a vivere a spese di coloro che lavorano, bisogna dilettare l’immaginazione della bestia popolare con leggende e racconti sull’altro mondo. La religione cristiana assolveva a meraviglia questa funzione; voi, signori del libero pensiero, l’avete spogliata del suo prestigio».

«Lei ha ragione ad ammettere il suo discredito – rispose brutalmente Paul Bert. – La vostra religione perde terreno ogni giorno. E se noi, liberi pensatori, che voi attaccate sconsideratamente, non vi sostenessimo sottobanco, fingendo di combattervi per divertire i perditempo, se ogni anno non votassimo il finanziamento dei culti, voi e tutti i curati, pastori e rabbini della santa bottega, crepereste di fame. Sospendendo le sovvenzioni, la fede si estingue… Ma poiché sono un libero pensatore e me ne fotto di Dio e del Diavolo, poiché credo solo a me stesso e alle gioie fisiche e intellettuali che mi procuro, proprio per questo riconosco la necessità di una religione che, come lei dice, trastulli l’immaginazione della bestia umana mentre viene tosata; e bisogna che gli operai credano che la miseria è l’oro con cui si compra il cielo e che il Buon Dio accorda loro la povertà per riservargli il regno dei cieli in eredità. Io sono un uomo molto religioso… per gli altri. Ma perché, perdio!, ci avete confezionato una religione così stupidamente ridicola? Con la migliore volontà del mondo non posso ammettere di credere che un piccione si sia accoppiato con una vergine, e da questa unione riprovevole per la morale e la fisiologia sia nato un agnello che si è poi trasformato in un ebreo circonciso».

«La vostra religione non rispetta le regole della grammatica – aggiunse Ménard-Dorian6 che si picca di purismo. – Un Dio unico in tre persone è condannato a eterni barbarismi: io pensiamo, io mi soffiamo il naso, io me ne freghiamo!».

«Signori, non siamo qui per discutere gli articoli della fede cattolica – intervenne delicatamente il cardinale Manning, – ma per occuparci del pericolo sociale. Potete certo, ripetendo Voltaire, schernire la religione, ma non potete impedire che costituisca il migliore freno morale alla bramosia e alle passioni delle classi basse».

«L’uomo è un animale religioso – sentenziò il papa del positivismo, Pierre Laffitte7. – La religione di Auguste Comte non ha piccioni né agnelli, e sebbene il nostro Dio non abbia né penne né peli è tuttavia un Dio positivo».

«Il vostro Dio-Umanità – replicò Huxley8 – è meno reale del biondo Gesù. Le religioni del nostro tempo sono un pericolo sociale. Chiedete al signor de Giers9, che ci ascolta sorridendo, se le nuove sette religiose in Russia, come del resto negli Stati Uniti, non siano intrise di comunismo. Riconosco la necessità di una religione, ammetto anche che il cristianesimo, ancora eccellente per i Papua e i selvaggi dell’Australia, sia un po’ fuori moda in Europa; ma se ci serve una nuova religione, cerchiamo almeno che non sia un plagio del cattolicesimo e non contenga nessuna traccia di socialismo».

«Perché – interruppe Maret10, felice di poter dire qualcosa – non rimpiazzare le virtú teologali con le virtú liberali, la Fede, la Speranza e la Carità con la Libertà, l’Eguaglianza e la Fraternità?».

«E la Patria», concluse Déroulède.

«Queste virtù liberali sono in effetti una bella scoperta religiosa dei tempi moderni – riprese il signor de Giers, – e hanno reso importanti servigi in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti, insomma ovunque sono state utilizzate per governare le masse; un giorno ce ne serviremo anche in Russia. Siete stati voi, signori occidentali, a insegnarci l’arte di opprimere in nome della Libertà, di sfruttare in nome dell’Eguaglianza, di mitragliare in nome della Fraternità; siete i nostri maestri. Ma queste tre virtù del liberalismo borghese non bastano a costituire una religione; sono tutt’al più dei semi-dèi… dobbiamo ancora trovare il Dio supremo».

«L’unica religione in grado di rispondere alle necessità del momento è la religione del Capitale – dichiarò con forza il grande statistico inglese Giffen11. – Il Capitale è il Dio reale, presente in ogni luogo, e si manifesta in ogni forma: è oro splendente e letame puzzolente, gregge di pecore e carico di caffè, stock di Bibbie sacre e pacchi di incisioni pornografiche, macchine gigantesche e confezioni di preservativi. Il Capitale è il Dio che tutti conoscono, vedono, toccano, sentono, gustano: esiste per ognuno dei nostri sensi. È l’unico Dio che non ha ancora incontrato un solo ateo. Salomone lo adorava, anche se per lui tutto era vanità; Schopenhauer12 vi trovava attrattive inebrianti, anche se per lui tutto era disincanto; Hartmann13, il filosofo incosciente, è uno dei suoi coscienti credenti. Le altre religioni si fermano sulle labbra, ma nel profondo del cuore umano regna la fede nel Capitale».

Bleichröder, Rothschild, vanderbilt, tutti i cristiani e tutti gli ebrei dell’Internazionale gialla, battevano le mani e vociferavano:

«Giffen ha ragione. Il Capitale è Dio, l’unico Dio vivente!».

Quando l’entusiasmo giudaico si fu un po’ calmato, Giffen continuò:

«Agli uni la sua presenza si rivela terribile, agli altri tenera come l’amore di una giovane madre. Quando il Capitale si avventa su un paese è una tromba d’aria che passa, stritolando e frantumando uomini, bestie e cose. Quando il Capitale europeo si abbatté sull’Egitto, afferrò e sollevò da terra i fellah con i loro buoi, i loro carretti e le loro zappe e li trasportò sull’istmo di Suez; con la sua mano di ferro li piegò al lavoro, bruciati dal sole, tremanti di febbre, torturati dalla fame e dalla sete: in trentamila cosparsero delle proprie ossa le rive del canale. Il Capitale prende gli uomini giovani e vigorosi, svegli e nel pieno delle loro forze, liberi e allegri; li imprigiona a migliaia nelle fabbriche, nelle filande, nelle miniere: là dentro, come il carbone nella fornace, li consuma, ne incorpora il sangue e la carne nel carbone, nella trama dei tessuti, nell’acciaio delle macchine, e trasfonde la loro forza vitale nella materia inerte. Quando lascia la presa, sono sfiniti, spezzati, invecchiati prima del tempo, inutili carcasse in preda all’anemia, alla tubercolosi o alla polmonite. L’immaginazione umana, così fertile nell’inventare mostri terrificanti, non avrebbe mai potuto generare un Dio così crudele, così spaventoso, così possente nel male. Ma quanto è dolce, previdente e amorevole con i suoi eletti. I godimenti offerti dalla terra non sono mai abbastanza per i privilegiati del Capitale, che tormenta l’ingegno dei lavoratori perché inventino piaceri sempre nuovi e preparino piatti sconosciuti per eccitare i loro appetiti abusati, e procura vergini fanciulle che risveglino i loro sensi esausti. A loro dà il pieno possesso delle cose morte e degli esseri viventi».

In preda allo spirito di verità, battevano i piedi e gridavano:

«Il Capitale è Dio!».

«Il Capitale non conosce patria, né confine, né colore, né razze, né età, né sessi; è il Dio internazionale, il Dio universale, e piegherà sotto la sua legge tutti i figli degli uomini – gridò il legato del Papa in preda a un’estasi divina. – Cancelliamo le religioni del passato, dimentichiamo i nostri odi nazionali e le nostre controversie religiose; uniamo i nostri cuori e i nostri spiriti per formulare i dogmi della nuova fede, la Religione del Capitale.

Il Congresso di Londra, che rimarrà nella storia al pari dei grandi concili che elaborarono la religione cattolica, tenne i suoi lavori nel corso di due settimane; fu nominata una commissione composta dai rappresentanti di tutte le nazionalità, incaricata di redigere i verbali delle sedute e di ordinare in un corpo dottrinale le opinioni e le idee espresse. Abbiamo potuto procurarci diversi materiali della commissione, che pubblichiamo in questo volume.


Note

*1. Ci dispiace molto essere costretti, per mancanza di spazio, a riassumere i notevoli discorsi pronunciati in questo congresso che riuniva i luminari della scienza, della religione, della filosofia, della finanza, del commercio e dell’industria. Rimandiamo il lettore all’articolo in cui il signor Spencer auspica la prigione e la frusta come metodo di governo delle classi basse, pubblicato nella «Contemporary Review» del mese di aprile con il titolo The coming slavery (La schiavitú che avanza). Il comunismo è la schiavitú che ci predice il celebre filosofo borghese [N.d.A.].


1. Il marchese di Salisbury (1830-1903), leader dei conservatori, primo ministro dal 1836 al 1914; Joseph Chamberlain (1836-1914), politico liberale, fautore di grandi imprese coloniali; Samuel Morley (1809-1886), industriale, esponente radicale, a sinistra dei liberali; Randolph Churchill (1849-1895), leader dei conservatori democratici, padre del futuro primo ministro; Herbert Spencer (1820-1903), sociologo, esponente della scienza evoluzionista e liberale; Henry Edward Manning (1801-1890), figura di primo piano del cattolicesimo inglese.

2. Il barone Gerson von Bleichröder (1822-1893), banchiere e amico del cancelliere Bismarck.

3. Paul Bert (1833-1886), repubblicano e libero-pensatore; Charles-Émile Freppel (1827-1891), vescovo di Angers, deputato della destra cattolica; William Ewart Gladstone (1809-1898), politico liberale, piú volte primo ministro; Charles Stewart Parnell (1846-1911), nazionalista irlandese; Georges Clemenceau (1841-1929), leader dell’estrema sinistra radicale; Helmut Karl von Moltke (1800-1891), l’ex capo dell’esercito tedesco; Paul Déroulède (1846-1914), poeta nazionalista; Arthur Ranc (1831-1908), giornalista e deputato, stretto amico di Gambetta.

4. Ernst Heinrich Hæckel (1834-1919), biologo, filosofo e libero pensatore inglese.

5. Edmond de Pressensé (1824-1891), pari di Francia, protestante e conservatore, presidente della Lega dei diritti dell’uomo.

6. Paul Ménard-Dorian (1846-1907), industriale metallurgico della Loira, deputato della sinistra radicale dal 1877 al 1893.

7. Pierre Laffitte (1823-1903), filosofo positista, allievo e successore di Auguste Comte.

8. Thomas Henry Huxley (1825-1895), biologo inglese, evoluzionista.

9. Nicolas de Giers (1820-1895), ministro degli Esteri del governo russo dal 1882.

10. Henri Maret (1837-1917), giornalista e saggista anticlericale, deputato radicale.

11. Robert Giffen (1837-1910), economista e statistico.

12. Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860).

13. Karl Robert Eduard von Hartmann (1842-1906), filosofo tedesco, autore della Filosofia dell’inconscio (1869).



Ultima modifica 2019.01.14