Bukharin e Rikov si difendono

Capitolo 26

 

Dopo quattro giorni di discussione del loro caso, Bukharin e Rikov erano stati portati a uno stato estremo di esaurimento e disperazione. N. A. Rikova ricorda che durante i primi giorni del Plenum suo padre ripeteva spesso:”Mi vogliono arrestare”. In quei giorni smise quasi di parlare con i suoi parenti, rifiutava il cibo e non fumava più.

Secondo la scaletta dell’indagine di partito, Bukharin e Rikov dovevano pronunciare il loro discorso finale.Siccome la discussione prolissa aveva aggiunto ben poco alle testimonianze diffuse prima del Plenum, Bukharin non potè aggiungere nulla di sostanziale agli argomenti da lui esposti in precedenza: senza successo continuò a ripetere che non poteva “spiegare, né in tutto né in parte, un rilevante numero di questioni concernenti il comportamento di coloro che mi accusano”.

Giurando di “non volere assolutamente gettare discredito sulla ristrutturata NKVD”, Bukharin azzardò soltanto che, secondo le parole che lo stesso Yeshov aveva pronunciato al Plenum, molti agenti infedeli erano stati scoperti nei servizi di sicurezza. A questo riguardo, avanzo un’ipotesi:”E’ possibile che non si sia riusciti a purgare completamente l’apparato [la NKVD. NdT.]”.

L’altro limite che Bukarin non tentò nemmeno di superare, riguardava la messa in dubbio dei recenti processi contro i trotskisti. Quando Molotov iniziò a domandargli insistentemente se riteneva veritiere le testimonianze degli imputati di quei processi, Bukharin rispose, tra le risate generali, che tutte quelle testimonianze erano vere eccetto che per quanto lo riguardavano direttamente.

Durante tutto il suo discorso Bukharin fu continuamente interrotto da commenti sarcastici e cattivi, il tono dei quali era dettato da Molotov e Kaganovich. Mentre era giunto ad uno dei momenti più drammatici della sua spiegazione, Molotov lo interruppe con questo commento:”Il diavolo solo sa ciò che stai facendo; noi non ci aspettiamo più niente da te”. Quando Bukharin iniziò a parlare del suo passato contributo al partito, Molotov gli scagliò contro il seguente commento: “anche Trotsky ha fatto qualcosa di buono, eppure è caduto così in basso da essere diventato un agente dei fascisti”. A questo punto Bukharin si affrettò a concordare:”Questo è vero”.

Accanto ai “leader”, Stetsky e Mezhlauk furono particolarmente violenti: si spaventarono veramente quando Bukarin li menzionò come appartenenti, nel passato, alla sua scuola( il nome di Mezhlauk era stato anche inserito in un contesto criminale da uno dei testimoni). Bukharin stava giusto tentando di respingere le accuse di aver attaccato la NKVD, quando Stetsky gli urlò: “Tutto questo viene da Trotsky. Durante i processi Trotsky scrisse le stesse cose nella stampa Americana”.

Rispondendo a questi perfidi attacchi, Bukarin insisteva nel denunciare che il clima dei confronti in cui era stato coinvolto era stato determinato dalla “doppiezza dei trotskisti”.”La più grande tragedia della mia situazione”, disse,”è che Piatakov e tutti gli altri hanno avvelenato l’atmosfera a tal punto, che le persone non credono nei sentimenti umani degli altri, ne nelle emozioni, nei moti dell’anima, nelle parole (risate).”

Verso la fine dell’intervento di Bukharin, alcuni dei partecipanti al Plenum cominciarono a gridare: “lo avrebbero dovuto arrestare da tempo”. Bukharin usò le ultime parole del suo discorso per replicare: ”Voi credete che solo perché state urlando -in galera- io cambierò le mie parole? No, non lo farò”.

Rikov iniziò il suo ultimo discorso con parole da cui traspariva chiaramente la consapevolezza che ”Questa assemblea sarà l’ultima, l’ultima assemblea di partito della mia vita”. Ripeté disperatamente che l’atmosfera del Plenum lo spingeva verso l’auto-calunnia: ”Qualche volta mi dico: non sarebbe in qualche modo meglio se io andassi lì e parlassi di cose che non ho fatto…Non importa cosa, alla fine il risultato sarebbe lo stesso. Il pensiero che forse il mio tormento potrebbe avere una fine, è un’idea molto seducente. Ora, di fronte a questa intera serie di accuse, una enorme forza di volontà è necessaria…una gigantesca forza di volontà per mantenermi nella verità”.

Stalin si servì di questa drammatica confessione per spingere Rikov verso la strada dell’auto-calunnia, proponendogli l’esempio del comportamento degli imputati giustiziati dopo i recenti processi: “ Ci sono persone”,disse Stalin,”che danno una testimonianza veritiera, anche se questa testimonianza è terribile: fanno questo per ripulirsi finalmente del fango che gli si è attaccato addosso. Mentre altri, che si rifiutano di rendere queste terribili testimonianze, lo fanno perché hanno iniziato ad amare il fango che gli si è attaccato a dosso e non vogliono separarsene”.

Durante il suo intervento a Rikov venne costantemente ricordato l’unico “crimine” di cui si era dichiarato colpevole: La lettura del volantino di Riutin insieme ad altri “destri”. Quando Rikov menzionò una volta ancora l’episodio fu sommerso da una pioggia di rimproveri: non informare il partito era considerato da tempo, tra gli Stalinisti, un vero e proprio crimine contro il partito e contro lo stato.

Voroshilov: Dato che il volantino ha avuto la felice ventura di incrociare la tua strada, tu avresti dovuto mettertelo in tasca e andare dritto al Comitato Centrale.

Liubchenko: Perché non hai riferito al Plenum del Comitato Centrale che lo avevi letto da Tomsky?

Krusciov: Noi abbiamo semplici membri candidati che se si imbattono in un volantino anti-partito, lo prendono e lo portano alla loro cellula. A maggior ragione lo avresti dovuto fare tu che sei un membro del Comitato Centrale.

Rispondendo a questi commenti, Rikov ammise di aver commesso “un evidentissimo errore”. Non soddisfatto di questa risposta, Molotov si ricordò di altro esempio della “doppiezza di Rikov”. Nel 1932, mentre al Plenum del Comitato Centrale si discuteva della Piattaforma di Riutin, Rikov aveva annunciato, che se mai fosse venuto a conoscenza di qualcuno in possesso di quella piattaforma, avrebbe trascinato questo qualcuno alla GPU. Rikov rispose: ”In questo io sono colpevole e pienamente consapevole della mia colpa…Io devo essere punito solo per quello che ho fatto, non per quello che non ho fatto. Una cosa è se vengo punito per non aver portato Tomsky e altri dove avrei dovuto, un’altra se mi si accusa di essere stato d’accordo con quella piattaforma: che fosse la mia propria piattaforma”. Non soddisfatto dalla spiegazione che Rikov fornì del suo comportamento, Sckriatov gli scagliò contro ancora un’altra replica:” Tu non ci hai rivelato della piattaforma, quindi ne eri compartecipe”.

Provando a mostrare la sua estrema lealtà verso la “linea generale”, Rikov parlò di un una conversazione che ebbe nel 1932 con un certo Trifimov, che proclamava la sua indignazione per il processo di “dekulakizzazione”.”Io allora gli risposi”, disse Rykov,”dicendo che portando avanti quel tipo di operazione nelle campagne, c’era sempre la possibilità che si verificassero degli eccessi”.

Per mostrare l’impossibilità di suoi contatti con i “trotskisti”, Rikov sottolineò il suo odio personale di antica data nei loro confronti. “Lo ripeto, io non sono mai stato dalla parte di quelle canaglie, io mi sono battuto dalla vostra parte, con voi, non ho mai vacillato, mai sono stato, neanche per un momento dalla loro parte. Io ho combattuto Zinovev, e non l’ho mai rispettato, in nessun posto, in nessuna maniera. Io ho sempre considerato Piatakov un ipocrita non degno di fiducia…oltre che un individuo repellente.

Per rintuzzare Rikov che faceva rimarcare la sua distanza dai “trotskisti”, Stalin gli ricordò del suo “Blocco con Zinovev contro Lenin il giorno dopo la presa del potere”. Rikov confermò questo fatto, peraltro noto a tutti: faceva parte di quegli importanti dirigenti del partito, che rassegnarono le dimissioni dopo che la maggioranza del Comitato Centrale votò contro la formazione di un governo di coalizione con i Menscevichi e i Socialisti Rivoluzionari. Rikov ammise: “Così è stato”. Allora Stalin gli lanciò un’altra accusa, questa volta falsa: Rikov si era unito a Zinovev e Kamenev nella opposizione all’insurrezione d’Ottobre. Rikov obbiettò:”Questo non è vero”.

Alla fine del suo discorso, disturbato da una gragnola di schiamazzi e sbeffeggiamenti sberleffi, Rykov disse in preda alla disperazione:”Come uomo per me è tutto finito, su questo non ho alcun dubbio: perché allora perdete il vostro tempo a dileggiarmi?...Questa è una cosa incivile. Lo ripeto ancora una volta: confessare atti che non ho mai compiuto; accettare di impersonare il farabutto che è stato qui dipinto; Questo non accadrà mai…E a queste parole terrò fede fino a quando vivrò”.

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Ultima modifica 10.03.2008