Lenin sul terrorismo

Arrigo Cervetto (1978)

 


Pubblicato su Lotta Comunista n°92, aprile 1978
Trascritto per internet da Antonio Maggio (Primo Maggio)
HTML mark-up per il MIA: Dario Romeo, novembre 2003

 

«Il Corriere della Sera», nell'editoriale del 9 aprile a firma Alberto Ronchey, scopre che uno dei padri del terrorismo è addirittura Lenin. L'illustre organo della borghesia lombarda non vede il robusto albero genealogico del terrorismo democratico che da quasi due secoli germoglia e cerca la pagliuzza nell'occhio del marxismo.

C'è una differenza e non di poco conto: il marxismo ha cercato di interpretare il terrorismo e non l'ha mai teorizzato come arma suprema della lotta proletaria, la democrazia lo ha sempre teorizzato e quasi mai analizzato.

Non sarebbe difficile raccogliere dai rami italiani dell'albero terroristico democratico un paniere colmo di pigne.

Scrive il «Corriere della Sera» che per Lenin «il suo non era un rifiuto di principio per la semplice ragione che il terrorismo come forma di operazione militare poteva essere utile e talvolta persino essenziale».

Aggiunge che Lenin «giudicava il terrorismo individuale, distinto da quello collettivo, come inadeguato e spesso disastroso perché isolato dalle masse, ma senza il totale rifiuto espresso da Plechanov». Con queste poche righe il quotidiano della borghesia milanese crede di aver regalato Lenin al terrorismo. Il pensiero di Lenin è ben più profondo e dovrebbero meditarlo tutti coloro, opportunisti o sprovveduti che vanno a scuola dagli editoriali ambrosiani.

Lenin, ne «La guerra partigiana» del 1906, fissa un principio e due criteri nell'analisi delle forme di lotta.

Il principio: «Il marxista si pone sul terreno della lotta di classe non su quello della pace sociale. In certi periodi di acuta crisi economica e sociale, la lotta di classe si sviluppa sino a trasformarsi in aperta guerra civile. Ogni sua condanna morale è assolutamente inammissibile per il marxista».

Il principio riguarda la lotta di classe e non le forme di questa lotta. Il marxista sa che in certi periodi di acuta crisi economica e sociale la lotta di classe si sviluppa sino a trasformarsi in aperta guerra civile. Perciò non può condannare le forme che ha preso la lotta di classe senza condannare la lotta di classe stessa, senza cessare di essere marxista. Non è il marxista a determinare le forme della lotta di classe ma lo sviluppo di questa che giunge al punto di trasformare le forme precedenti. Perché la lotta di classe si sviluppa sino a questo punto? Perché la crisi economica e sociale, determinata da condizioni oggettive, è diventata acuta. La condanna morale delle forme della lotta di classe equivale, in definitiva, alla condanna morale delle cause che le hanno provocate, ossia delle cause della crisi economica e sociale. Negare la realtà oggettiva è inammissibile per il marxista. Non è scienza, è pura utopia.

Primo criterio. «A quali fondamentali esigenze deve attenersi ogni marxista nell'esaminare il problema delle forme di lotta? Innanzitutto il marxismo si distingue da tutte le forme primitive di socialismo perché non lega il movimento a una qualsiasi forma di lotta determinata. Esso ne ammette le più diverse forme, e non le «inventa», ma si limita a generalizzarle e a organizzarle, introduce la consapevolezza in quelle forme di lotta delle classi rivoluzionarie che nascono spontaneamente nel corso del movimento. Irriducibilmente ostile a ogni forma astratta, a ogni ricetta dottrinale, il marxismo esige un attento esame della lotta di massa in atto, che, con lo sviluppo del movimento, con l'elevarsi della coscienza delle masse, con l'inasprirsi delle crisi economiche e politiche, suscita sempre nuovi e più svariati metodi di difesa e di attacco. Non rinuncia quindi assolutamente a nessuna forma di lotta e non si limita in nessun caso a quelle possibili ed esistenti solo in un determinato momento, riconoscendo che inevitabilmente, in seguito al modificarsi di una determinata congiuntura sociale, ne sorgono delle nuove, ancora ignote agli uomini politici di un dato periodo».

Il primo criterio, o esigenza, stabilito da Lenin è chiarissimo. Il marxismo deve esaminare attentamente le «forme di lotta di massa delle classi rivoluzionarie», forme nuove ed ignote che sorgono con l'inasprirsi delle crisi economiche e politiche e con l'elevarsi della coscienza delle masse.

Nella Russia del 1906, due erano le classi rivoluzionarie, il proletariato e i contadini. Una delle forme di lotta di massa dei contadini, con influenza nel proletariato, era la guerra partigiana e il terrorismo. I menscevichi, che portavano il proletariato a rimorchio della borghesia liberale, condannavano queste forme di lotta come non proletarie. I bolscevichi, che portavano avanti una strategia di alleanza con i contadini contro lo Stato zarista e contro la borghesia, non potevano, solo per una questione di principio, condannare forme di lotta di massa sorte in quel periodo di acuta crisi economica e sociale.

E' posizione ben diversa dall'accettare per principio o dal respingere per principio il terrorismo come forma di lotta di massa delle classi rivoluzionarie. Il problema del principio neppure si pone. Tanto meno si pone il quesito: Lenin è a favore o contro per principio al terrorismo in astratto, ad una forma di lotta in astratto? Così come non esiste la libertà o la dittatura in astratto, non esiste neppure il terrorismo in astratto. Esistono forme di lotta di massa nella pratica sociale e politica di un determinato momento della lotta delle classi e del rapporto di forza fra le classi. Come tali vanno attentamente studiate e valutate in rapporto alla strategia rivoluzionaria del marxismo.

Secondo criterio: «In secondo luogo, il marxismo esige categoricamente un esame storico del problema delle forme di lotta. Porre questo problema al di fuori della situazione storica concreta significa non capire l'abbiccì del materialismo dialettico. In momenti diversi dell'evoluzione economica, a seconda delle diverse condizioni politiche, culturali-nazionali, sociali, ecc., differenti sono le forme di lotta che si pongono in primo piano divenendo fondamentali, e in relazione a ciò si modificano a loro volta, anche le forme di lotta secondarie, marginali. Tentare di dare una risposta affermativa o negativa alla richiesta di indicare l'idoneità di un certo mezzo di lotta senza esaminare nei particolari la situazione concreta di un determinato movimento in una data fase del suo sviluppo, significa abbandonare completamente il terreno del marxismo».

Anche questo secondo criterio, o esigenza, stabilito da Lenin è chiarissimo. Così come chiaramente il marxismo non rinuncia a nessuna forma di lotta di massa delle classi rivoluzionarie, altrettanto chiaramente definisce la idoneità di ogni mezzo di lotta esaminando la situazione concreta delle classi, la situazione concreta di un determinato movimento in una data fase del suo sviluppo, la situazione storica concreta. L'esame nei particolari della situazione concreta del movimento operaio in una data fase del suo sviluppo, in merito alla idoneità del mezzo di lotta, è in altri termini l'esame della forma di lotta di massa, come sottolinea Lenin. Il criterio per definire la idoneità è quello che valuta il carattere di massa della forma di lotta, e non il carattere individuale o di gruppo ristretto. L'esame di forme di lotta individuali o di gruppo ristretto risponde alla esigenza di analisi politica generale e non alla esigenza di stabilire la idoneità di queste forme. Non è in questione, oggi, il principio delle forme della lotta di classe ma l'atteggiamento, corrispondente agli interessi immediati e storici del proletariato, di fronte ad un determinato episodio politico.

Il terrorismo attuale non è una forma di lotta di massa del proletariato, non è una forma di lotta di massa della piccola borghesia, è solo una forma di lotta di un ristretto gruppo intellettuale.

«Il Corriere della Sera», quando identifica il leninismo, oggi, con il non rifiuto di principio del terrorismo si pone lo scopo di combattere non il terrorismo ma il leninismo.

Si pone lo scopo di impedire al proletariato la riscoperta dell'unica strada di emancipazione teorica, politica ed organizzativa. Perciò tenta, maldestramente per la verità, di identificare leninismo con terrorismo per allontanare il proletariato da Lenin.

Forse sono questioni che non riguardano "Programma Comunista", così poco interessata a rileggere bene Lenin, se si permette di definire "opportunismo vergognoso" la nostra coerente, documentata, decennale analisi critica del terrorismo piccolo borghese.

Sono, invece, questioni che riguardano l'avvenire del proletariato rivoluzionario.

 

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Ultima modifica 23.12.2003