La dittatura del capitale impone la sua legge

Arrigo Cervetto (giugno 1975)

 


Scritto nel giugno 1975
Pubblicato per la prima volta su Lotta Comunista, N°58
Trascritto per internet da Antonio Maggio (Primo Maggio), marzo 2002

 

Inequivocabile è la teoria marxista dello Stato ed occorre ribadirla in questo momento per fissare uno dei punti fermi del nostro partito, uno dei principi che ne qualificano l'esistenza.

Per Marx il potere dello Stato assume sempre più il carattere "di forza pubblica organizzata per l'asservimento sociale, di uno strumento di dispotismo di classe".

Questo strumento dispotico, Engels lo definisce "una macchina essenzialmente capitalistica" che ha lo scopo "in particolare di mantenere con la violenza la classe sfruttata nelle condizioni di oppressione determinate dal modo di produzione esistente".

Lenin, restaurando il marxismo contro i revisionisti, scrive: "Le forme degli Stati borghesi sono estremamente varie, ma la loro sostanza è unica: tutti questi Stati sono in un modo o nell'altro ma, in ultima analisi, necessariamente una dittatura della borghesia". Affermando che lo Stato borghese è una dittatura della borghesia, Lenin non fa altro che ripetere quello che Marx ed Engels avevano definito "macchina dispotica" di oppressione.

Quindi, non sono le forme dello Stato borghese a conferirgli il suo carattere dittatoriale ma la sua sostanza.

Democrazia o dittatura è una falsa alternativa creata dalla ideologia borghese. In realtà, l'unica alternativa esistente è quella tra le varie forme della dittatura borghese. E questa alternativa non è arbitraria ma è determinata dallo sviluppo del capitalismo stesso. I democratici piccolo-borghesi assumono come criterio di valutazione il grado di centralismo politico o rafforzamento dell'esecutivo come, con linguaggio parlamentare-giuridico, amano definirlo.

Anche questo criterio fa parte dell'ideologia borghese che vorrebbe vedere una separazione di poteri nello Stato tra potere legislativo e potere esecutivo quando, in realtà, l'articolazione del potere che si svolge nella forma democratica non è altro che una forma di dittatura borghese corrispondente ad una dialettica di contrasti e di unificazione delle frazioni della classe dominante. Questa dialettica "democratica", Lenin la definisce il migliore involucro per il capitalismo, cioè l'involucro più funzionale alla sua dittatura.

Vedere, quindi, una contrapposizione democrazia-centralismo politico significa accettare la concezione idealistica che la ideologia democratica ha della storia dello sviluppo capitalistico. La democrazia diventa così la forma statale dell'economia della piccola produzione. Lo stalinista Varga è, almeno, conseguente nella conclusione: la democrazia è la forma statale del capitalismo in ascesa, il fascismo è la forma statale del periodo di depressione.

Già Engels aveva fatto giustizia di queste versioni ideologiche che si basano sulla falsa contrapposizione democrazia-dittatura e libertà individuale-centralismo politico.

Gli Stati Uniti venivano presentati come patria della democrazia perché in essi il potere esecutivo era debole, a differenza degli Stati europei dove prevalente era il centralismo. Engels, nell'analizzare le forme statali non prende in considerazione solo i fattori nazionali. Il mercato capitalistico statunitense già all'epoca era il più sviluppato, eppure la macchina dispotica statale era meno estesa che in Europa.

C'era una contraddizione fra questo fatto e la definizione della democrazia come dittatura borghese? Niente affatto!

Lo sviluppo del capitalismo conduce alla sua internazionalizzazione. Questa è la tendenza storica ed Engels la precisa: "La forza pubblica si rafforza nella misura in cui gli antagonismi di classe all'interno dello Stato si acuiscono e gli Stati fra loro confinanti diventano più grandi e popolosi".

Perciò, anche se in un mercato nazionale, per condizioni specifiche, gli antagonismi di classe non conducono ad un rapido rafforzamento della macchina statale tale rafforzamento sarà accelerato dal mercato internazionale e dal conseguente sviluppo di grandi Stati che operano in esso.

Quindi anche il più piccolo ed il meno centralizzato degli Stati è determinato nella sua evoluzione interna dall'azione dei fattori internazionali che intervengono, come ci insegna il marxismo e la storia, nell'influenzare le forme specifiche della dittatura borghese in ogni singolo paese.

Il centralismo politico è, quindi, il risultato delle condizioni interne e delle condizioni esterne. Vedere solo uno dei fattori porta ad errori gravi sia nella teoria che nella pratica rivoluzionaria.

Solo nel contesto dell'analisi della tendenza storica rilevata da Engels sulla determinazione delle forme statali si può cogliere appieno la formula di Lenin: "L'onnipotenza della 'ricchezza' è, in una repubblica democratica, tanto più sicura in quanto non dipende da un cattivo involucro politico del capitalismo. La repubblica democratica è il miglior involucro possibile per il capitalismo; per questo il capitale, dopo essersi impadronito ... di questo involucro - che è il migliore - fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento, né di persone, né di istituzioni, né di partiti nell'ambito della repubblica democratica borghese può scuoterlo ".

 

C'è stato chi ha definito semplicistica la formula leniniana della democrazia = migliore dittatura borghese.

La formula leniniana, espressa nella maggiore concisione e chiarezza, è la massima espressione politica della scienza del Terzo volume del Capitale. Scrive Marx: "E' sempre il rapporto diretto fra i proprietari delle condizioni di produzione e i produttori diretti - un rapporto la cui forma ogni volta corrisponde sempre naturalmente ad un grado di sviluppo determinato dei modi in cui si attua il lavoro e quindi della sua forza produttiva sociale - in cui noi troviamo l'intimo arcano, il fondamento nascosto di tutta la costruzione sociale e quindi anche della forma politica del rapporto di sovranità e dipendenza, in breve della forma specifica dello Stato in quel momento.
Ciò non impedisce che la medesima base economica - medesima per ciò che riguarda le condizioni principali - possa manifestarsi in infinite variazioni o gradazioni dovute a numerose o diverse circostanze empiriche, condizioni naturali rapporti di razza, influenze storiche che agiscono dall'esterno ecc.... variazioni e gradazioni che possono essere comprese soltanto mediante un'analisi di queste circostanze empiriche date".

Diremo, perciò, che la forma specifica dello Stato, corrispondente alla forza produttiva sociale dello stadio imperialistico, è quella definita da Lenin, la dittatura democratica.

Le altre forme, tra le quali il fascismo, diremo che sono variazioni o gradazioni della forma specifica, variazioni o gradazioni comprensibili soltanto analizzando le circostanze storiche. Tali circostanze hanno determinato, come dice Marx, una varietà di forme statali contingenti tale da oscurare la tendenza fondamentale alla dittatura democratica, per cui si può dire che questa forma suprema viene quasi sempre a trovarsi combinata con altre forme. Concretamente, l'involucro politico del capitalismo viene ad essere una forma combinata di elementi funzionali e di elementi non funzionali.

Ciò spiega perché ad una concentrazione della forza produttiva sociale non corrisponde meccanicamente un centralismo politico funzionale al miglior involucro, ossia alla dittatura democratica. Così come era sbagliato far derivare dal processo di concentrazione capitalistica un centralismo politico nella forma fascista, così oggi è sbagliato farvene derivare uno nella forma democratica. Il centralismo politico se è derivato dalla concentrazione economica è esso stesso un processo che si svolge tra le contraddizioni interne delle lotte delle classi e tra le contraddizioni esterne delle lotte degli Stati imperialisti.

E' il caso dell'Italia. La riforma dello Stato richiesta dai gruppi fondamentali del grande capitale privato e statale e sostenuta dalle correnti riformiste, dalla DC al PCI, rientra nella tendenza di adeguamento del centralismo politico alla concentrazione economica e va verso il rafforzamento della dittatura democratica.

Lo Stato riformato sarebbe, in questo senso, il "migliore involucro" del capitalismo in Italia.

Ma la crisi politica, derivata dallo squilibrio tra il movimento strutturale e la sovrastruttura, è lungi dall'imboccare la strada della democrazia in modo rettilineo.

Il processo di centralizzazione politica, il rafforzamento dell'esecutivo, corrisponde nelle linee essenziali alla dittatura democratica ma avviene in circostanze particolari che cercheremo di sintetizzare. Prendiamo il caso delle "leggi eccezionali". Tutte le correnti parlamentari si battono per il rafforzamento dello Stato e, quindi, per la dittatura democratica. Ciò corrisponde ad un processo oggettivo che vede non solo un rafforzamento dello Stato ma pure un rapido e crescente peso del capitalismo statale. Ma le circostanze particolari in cui si svolge questo processo vede, da un lato, una lotta per la centralizzazione dei gruppi capitalistico-statali e, dall'altro, un'operazione di controllo degli strati intermedi da parte del capitalismo statale stesso. Ciò fa sì che il processo di centralismo politico sia portato avanti all'insegna ideologica della "legge e dell'ordine", cioè dell'ideologia di massa degli strati intermedi e dell'aristocrazia operaia, e contro la criminalità comune e politica. L'ideologia della "legge e ordine" è una tipica ideologia della proprietà degli strati intermedi. I partiti parlamentari interclassisti, che raccolgono i voti di questi strati, anche se si differenziano su altre ideologie non possono differenziarsi su questo. Difatti sono costretti ad inventarsi tesi, che farebbero vergognare i pensatori borghesi dell'Ottocento, per le quali le leggi, la magistratura e la polizia possono eliminare o ridurre un fenomeno sociale come la delinquenza!

Lo stesso vale per la violenza politica. La violenza politica è nella lotta delle classi e non degli individui. Quando il proletariato non esercita, come è il caso attuale, una violenza politica organizzata significa che la sta subendo.

Ma la violenza politica organizzata è il risultato di un lungo lavoro di preparazione che coinvolge ampi settori della classe, lavoro che sbocca nell'insurrezione proletaria e che, in nessun modo, prevede scorciatoie di singoli gruppi o individui i quali, nei migliori dei casi, fanno disperdere forze ed energia e, nel peggiore, contribuiscono alla repressione del partito rivoluzionario.

La dittatura del capitale, con mille pretesti, impone le sue leggi antioperaie.

Ad esse il partito risponde con la denuncia e, soprattutto, con l'organizzazione compatta e costante.

 


Ultima modifica 2.4.2002