Insegnamenti per il domani

Arrigo Cervetto (novembre 1976)

 


Scritto nel novembre 1976
Pubblicato per la prima volta su Lotta Comunista, N°75
Trascritto per internet da Antonio Maggio (Primo Maggio), marzo 2002

 

L'attacco condotto contro i salari reali è il risvolto padronale di ciò che per la classe operaia è un riflusso.

Ad un ciclo di riflusso delle lotte operaie corrisponde, perciò, una politica imperialistica sui salari. Se è vero, come é vero, che ogni lotta economica è nello stesso tempo una lotta politica si può dire che alla lotta rivendicativa che, per una serie di ragioni obiettive, non aveva potuto superare la politica riformistica doveva corrispondere, con il suo riflusso, una politica riformistica mirante a ridurre il livello salariale raggiunto nel momento più favorevole. Il fatto che il governo DC che attua questa operazione sia appoggiato dal PCI e dai sindacati è significativo e dimostra che la vera natura del riformismo non consiste nel miglioramento delle condizioni del proletariato ma in quelle del capitalismo.

Parecchi anni fa, quando forti erano i ritmi di espansione delle metropoli e del mercato della forza lavoro, borghesi ed opportunisti concordi decretarono la fine della teoria della pauperizzazione del proletariato di Marx. Ebbero troppa fretta perché Marx non scriveva per le agenzie della stampa quotidiana ma per gli annali della storia. Le leggi di movimento della società, da lui scoperte, agiscono ogni giorno ma danno i loro risultati nei tempi lunghi. Chi non sa aspettarli, chi vuole la verifica nell'immediato cade irrimediabilmente nell'opportunismo.

La teoria marxista dei salari non è stata smentita nel medio e nel lungo periodo. Nel ciclo di intensa espansione capitalistica si determinano condizioni oggettive sul mercato della forza lavoro che permettono un più alto prezzo di questa merce. Si rendono possibili movimenti rivendicativi che conseguono, in un duro scontro di classe, un più alto salario reale ed una riduzione dell'orario di lavoro.

E' ciò che è accaduto negli anni '60 nelle principali metropoli imperialistiche e, particolarmente, in Italia la quale era in ritardo sui primi movimenti di aumenti salariali iniziati altrove già negli anni '50.

Però, come era già avvenuto in altri periodi storici, anche per il movimento del salario reale degli anni '60 si doveva registrare un inevitabile riflusso. Non é qui il caso di dimostrare, con inoppugnabile documentazione statistica, il meccanismo inesorabile che, lungo i decenni, riporta il salario alle sue condizioni di partenza nel suo rapporto con il capitale.

E' un fenomeno oggettivo che non può essere colto alla superficie dei consumi. E' un rapporto relativo del capitale e del salario sul prodotto sociale. Potrà forse sorprendere sapere che tutto il movimento rivendicativo degli anni '60 ha comportato uno spostamento dell'uno per cento del prodotto sociale a favore del salario. Ma in pochi anni questa quota è già stata ritolta al salario ed ora ci troviamo nel pieno di un processo che si concluderà con un ulteriore arretramento.

E' nella logica del processo di produzione capitalistico e della ripartizione del reddito che ne deriva. Se non fosse così il capitalismo sarebbe sparito da tempo perché é da secoli che il proletariato lotta per l'aumento del salario. Se non fosse così, del resto, esisterebbe la possibilità di una erosione graduale del capitalismo. Il rapporto tra capitale e salario, invece, è un rapporto dialettico perché è un rapporto relativo.

Le condizioni favorevoli in un ciclo al salario pongono le premesse per il rovesciamento. Solo la presenza concomitante di tre fattori può determinare un salto che sbocchi in una situazione rivoluzionaria: la crisi economica che mette in moto repentinamente e massicciamente i vasti e profondi strati del proletariato, la crisi politica che divide profondamente le frazioni borghesi. e ne paralizza il loro Stato, la presenza del partito leninista, selezionato da anni di lotta teorica, politica ed organizzativa, omogeneo e centralizzato al massimo, estremamente deciso ad utilizzare tempestivamente l'occasione che la combinazione dei tre fattori ha provocato .

Mancando questa combinazione o mancando, addirittura, i fattori stessi od alcuni di essi, l'andamento del ciclo delle lotte operaie è segnato in partenza. Al ciclo di ascesa subentrerà inevitabilmente quello di riflusso.

Per quello che abbiamo detto è evidente che l'attuale riflusso delle lotte operaie non può essere visto come il riflusso di un movimento rivoluzionario

Questo movimento non vi è stato nell'ascesa degli anni '60 né in quegli anni si è verificata una combinazione dei tre fattori che creasse una situazione rivoluzionaria.

La fase storica nella quale si avvicendano i diversi cicli delle lotte operaie, corrispondenti al rapporto dialettico e dinamico tra il capitale e il salario, è una fase controrivoluzionaria che dura da decenni e che nessuna tattica e agitazione può esorcizzare dato che profonde cause la originano.

Con la prima guerra mondiale imperialistica si apre, come dice Lenin, una fase storica di guerre e di rivoluzioni. E' una fase storica differente dal cinquantennio precedente quando, conclusasi tutta una serie di rivoluzioni borghesi e di guerre che formarono la maggior parte degli attuali Stati e che diedero luogo ad un determinato sistema di Stati, si era stabilito uno sviluppo pacifico del capitalismo ed un equilibrio tra gli Stati.

Lo sviluppo del capitalismo concorrenziale porta alla concentrazione e al monopolio ed apre una concorrenza di tipo imperialistico tra monopoli e tra Stati per la spartizione del mercato mondiale. Ciò provoca all'interno di ogni Stato l'acutizzarsi della lotta di classe e determina nel sistema degli Stati uno squilibrio che ha la base in una continua tensione e in conflitti esasperati. Gli assetti nel sistema degli Stati poggiano su pilastri instabili dato l'ineguale sviluppo delle strutture capitalistiche che modificano con maggiore rapidità i rapporti di forza e dato il processo di diffusione del modo di produzione capitalistico in tutte le aree del mondo che crea nuovi Stati borghesi e nuove potenze. La diffusione del capitalismo è accompagnata da rivoluzioni borghesi e da guerre tra i nuovi Stati.

Questo processo mondiale esaspera ulteriormente la concorrenza imperialista che sfocia in conflitti militari.

Nella visione di Lenin questa fase é di lunga durata perché da essa scaturisce un processo di rivoluzione internazionale e di dittatura del proletariato.

Il primo tentativo di trasformare una congiuntura di crisi della fase imperialistica nell'inizio della rivoluzione socialista internazionale si é risolto in una sconfitta del proletariato. Ma, come Lenin aveva previsto, anche in una accelerazione della rivoluzione borghese e dello sviluppo delle forze produttive nell'area asiatica.

Ciò ha lasciato libero campo a tutte le forze controrivoluzionarie ed opportuniste in seno al movimento operaio dove esse riflettono le esigenze dello sviluppo capitalistico mondiale in corso e le istanze della concorrenza e della guerra tra gli Stati. Come sempre, queste forze sono alimentate da quella piccola borghesia che, nella vita sociale, non ha una netta separazione dal proletariato e che persiste come piccola produzione ma, soprattutto, come strato parassitario. Indubbiamente queste forze, che hanno potuto rafforzare la loro collocazione nel movimento operaio solo grazie alla sconfitta e alla eliminazione anche fisica dei marxisti rivoluzionari, rappresentano un ostacolo enorme per la ripresa comunista ed internazionalista. Ma non sono la sola e la principale causa del ritardo storico nella riorganizzazione teorica e pratica del proletariato nel suo partito leninista internazionale.

Dopo la Comune di Parigi occorse un lento lavoro di organizzazione e di educazione del proletariato prima di poter tirare nuovamente la fila ed assimilare la lezione strategica della battaglia. Così per la lezione della battaglia dell'Ottobre. Il processo di formazione della coscienza comunista è un processo materialistico che non può riguardare solo pochi uomini ma che deve passare e ritrasmettersi attraverso generazioni di militanti. La teoria lo illumina ma è la pratica che lo forgia. Sono i fatti che implacabili scandiscono i tempi alla grande strategia rivoluzionaria del proletariato nell'epoca storica aperta dalla guerra e dalle rivoluzioni. Finché il lento accumulo del materiale che forma i fattori della crisi economica, della crisi politica e del partito leninista dà luogo ad una miscela esplosiva per i dieci o i diecimila giorni che fanno tremare il mondo.

Il ciclo delle lotte operaie che vede una delle più massicce offensive contro il salario, in fondo, è solo uno dei momenti di una lunga fase storica e di una ampia prospettiva strategica. Nella misura in cui diventa, come è inevitabile e naturale, un momento di accumulo fatto di riflessione scientifica, di maturazione comunista e di volontà di lotta sistematica per molti militanti operai, esso rappresenta già uno scalino della rimonta, un passo in avanti della ripresa.

 


Ultima modifica 2.4.2002