[ Archivio di Cervetto ]

L'involucro politico

Capitolo terzo

LA CRITICA LIBERALE DI BERNSTEIN

Capitolo terzo
Le forme della lotta politica
Le forme del socialismo falso
Il contenuto finanziario della forma democratica
La scoperta della politica
Mercato mondiale e forme politiche
La teoria eclettica dell'ideologia
Democrazia e catastrofe politica
Ritmi sociali e forme politiche

Le forme della lotta politica

Le lotte fra le classi assumono molteplici forme politiche, ma per scoprirne il contenuto Marx non ha avuto bisogno di tenerne conto. Anzi proprio perch é ha escluso le forme politiche dalla sua analisi del capitale Marx è riuscito a scoprire la legge di movimento della società e dell'antagonismo ineliminabile che è nel suo seno.

La scienza è riuscita a scoprire la legge di movimento del corpo umano e la correlazione tra le sue parti componenti quando ha tralasciato le forme che rendono ogni unità della specie diversa da un'altra. Applicando la scienza alla società, al corpo sociale invece che a quello umano, Marx ha seguito la stessa via. Il risultato è che il marxismo è l'unica teoria in grado di analizzare l'evoluzione della società capitalistica prescindendo dalle forme politiche che tale evoluzione determina. Lo ha sempre fatto e sempre lo farà.

Se il marxismo analizza le forme politiche è perch é non è una semplice scienza ma perch é è la scienza dell'azione di classe, è la scienza della rivoluzione proletaria. L'analisi delle forme politiche, se è indispensabile alla tattica e necessaria alla strategia, è utile ma non indispensabile alla scienza che analizza la legge di movimento nel lungo periodo.

Quando Marx individua il futuro nello sviluppo capitalistico del bacino del Pacifico non conosce, non pu ò conoscere, non gli è indispensabile conoscere quali forme politiche questo sviluppo determinerà. Questo sviluppo, a distanza di pi ù di un secolo, oggi noi lo possiamo dimostrare ampiamente nella sua regolarità. Eppure una infinità di forme politiche lo hanno accompagnato senza variarne i ritmi nel lungo periodo.

Quando i nemici del marxismo accusano Marx di non avere una teoria delle forme politiche ci fanno semplicemente ridere. Per due semplici ragioni che chiudono completamente il discorso. La prima: anche se fosse vero, il marxismo non ne avrebbe bisogno sul lungo periodo. La seconda: non è vero, poich é il marxismo ne ha bisogno nel breve periodo. In una lettera del 1893 a Mehring, due anni prima di morire, Engels lo critica per avergli attribuito pi ù merito di quanto gli spetti nella fondazione della scienza. Comunque, dice: "La storia finirà col mettere in ordine tutto ci ò, e da qui a quel tempo per fortuna si è andati all'altro mondo, e non si sa pi ù niente di niente.".

La storia, ormai lo sappiamo noi, sta mettendo ordine nel collocare lo schivo Engels al posto di grande scienziato della politica che gli compete. Basta un passo autocritico della lettera indicata a dimostrarlo: "Quanto al resto c'è solo un punto debole, che per ò anche negli scritti di Marx e miei non è stato, di regola, sufficientemente accentuato e al cui riguardo siamo tutti ugualmente colpevoli. Noi tutti abbiamo dato e dovuto dare il massimo peso alla derivazione, in primo luogo, delle concezioni politiche, giuridiche e delle altre concezioni ideologiche, come delle azioni mediate da queste concezioni, dai fatti economici basilari. Facendo ci ò abbiamo finito col trascurare, per il contenuto, l'aspetto formale - il modo e la maniera in cui queste concezioni si formano. ...L'ideologia è un processo che è compiuto, è vero, dal cosiddetto pensatore con coscienza, ma con una falsa coscienza. Le vere forze motrici che lo muovono gli rimangono sconosciute; altrimenti non si tratterebbe appunto di un processo ideologico. Egli si immagina dunque delle forze motrici false e apparenti".

La preoccupazione di Engels è tanto pi ù valida quanto pi ù s ì deve analizzare il modo in cui si sviluppa la lotta politica. Che la lotta politica sia la derivazione dei fatti economici basilari è la scoperta della concezione materialistica della politica che una montagna di fatti concreti si incarnea ogni giorno di convalidare. Ma l'azione politica è mediata dalla concezione ideologica e questa è un processo compiuto con una falsa coscienza delle forze motrici dell'azione stessa. Un esempio è la concezione ideologica del primato della politica che si basa su forze motrici false o apparenti. L’analisi delle forme della lotta politica non riguarda, pertanto, la ricerca delle cause che la determinano, ma il modo con il quale si presenta nella sovrastruttura.

Ed il modo è dato dal processo ideologico, ossia dalla formazione di concezioni e che solo immaginando forze motrici false o apparenti diventano funzionali alle vere forze motrici, alle forze motrici dominanti la struttura economica. Cos ì, ad esempio la concezione ideologica della libertà dell'individuo, che pone l'idea di libertà come forza motrice dello sviluppo economico, diventa funzionale alla reale forza motrice costituita dall'impresa capitalista nella concorrenza.

La scienza marxista che analizza i fatti economici basilari riesce ad individuare preliminarmente gli interessi che troveranno espressione nella lotta politica. Ma in che forma questi interessi si presenteranno politicamente solo una ulteriore analisi delle concezioni ideologiche ce lo potrà dire. L’esperienza storica ci fornisce un ampio campionario di combinazioni ideologiche che sono servite all'azione politica e alle sue molteplici forme. Pensare che gli interessi economici si esprimano sempre con le stesse concezioni ideologiche e con le stesse forme politiche significa non aver assimilato la lezione di Engels. Anche nelle ideologie e nelle forme politiche accumulate storicamente noi troviamo alcuni caratteri costanti che si ripetono, variamente combinati, e che finiscono col diventare tipici.

L’analisi completa delle forme richiede, per ò, l'individuazione degli elementi specifici. Ebbene, ogni corso di lotta di classe, che in s é contiene pure un corso di scontro di interessi tra le due frazioni borghesi, determina un modo ideologico e politico che ha caratteri specifici. In Russia, a cavallo del secolo, in una fase di sviluppo capitalistico, il liberalismo industriale, contro il populismo agricolo, prese le forme, in alcune sue correnti, del cosiddetto "marxismo legale" il quale utilizzava, deformandole, alcune tesi del marxismo per rafforzare la borghesia. Il leninismo sorge anche come lotta al "marxismo legale", ossia al liberalismo mascherato. La concezione materialistica della politica applicata da Lenin alle ideologie e alle forme politiche russe costituisce un esempio vittorioso di lotta della scienza marxista.

Oggi, la crisi di ristrutturazione della metropoli italiana, provocando una serie di interessi divergenti nelle frazioni borghesi, sta determinando concezioni ideologiche e forme politiche che hanno caratteri specifici. Gli interessi pi ù proiettati nella concorrenza europea si esprimono nelle forme di attacco al marxismo e al leninismo. In sostanza, queste forme, di tipo socialdemocratico europeo, sono l'espressione di quello che abbiamo definito liberismo imperialista che si scontra con interessi protezionistici e capitalistico-statali. Il dibattito ideologico serve, ancora una volta, allo scontro di interessi.

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Le forme del socialismo falso

L’ideologia tenta di comprendere le forme politiche partendo dalle idee della politica stessa. Per questa concezione soggettivistica lo Stato assume le forme secondo le idee che dello Stato hanno i politici che lo dirigono: è fascista se le idee sono dei fascisti, democratico se le idee sono dei democratici, totalitario, ecc. ecc. In questo gioco ideologico senza senso non vi è mai un inizio ed una fine. Da dove nascono le idee dei fascisti, dei democratici, dei totalitari? Da altre idee, naturalmente.

La scienza marxista ha, invece, scoperto che le idee sono determinate dai rapporti sociali di produzione e che l'evoluzione di questi determina la formazione delle nuove idee necessarie ad indirizzare nuove forme politiche e la forma dello Stato. La concezione soggettivistica della politica, negando la determinazione economica, non è neppure in grado di comprendere la forma politica se non nei suoi aspetti superficiali e secondari. è incapace di cogliere i caratteri fondamentali perch é, mancando di un criterio di raffronto con l'oggettiva vita economica, non pu ò stabilire il peso reale delle varie e molteplici manifestazioni della politica. Inevitabilmente coglie del potere politico gli aspetti pi ù appariscenti e, quindi, contingenti ed effimeri.

Se non vede che il potere politico è l'espressione dell'effettivo potere economico non è neppure in grado di vedere come avviene che il secondo si esprima nel primo. Il reale meccanismo del potere resta, cos ì, sconosciuto e non diventa neppure teoricamente oggetto di indagine. L’ideologia vede dell'orologio della vita sociale le lancette e non la molla. è incapace, inoltre, di coglierne i caratteri specifici, ossia quegli aspetti che sono primari e non secondari ma che corrispondono alla funzionalità di una forma di potere politico e non a tutte. Cos ì, mentre da un lato annega nella genericità della definizione del potere, in astratto, dall'altro non riesce mai ad analizzare il potere in concreto.

La concezione soggettivistica della politica pu ò, cos ì, dire che il marxismo non ha una teoria politica. Certamente, una simile teoria il marxismo non l'ha n é l'avrà mai. Una teoria che non affronta per pregiudizio, e per pregiudizio maschera l'interesse, vera natura del potere politico, è solo una propaganda del potere economico. Possono cambiare le forme del potere politico, ma, in questo modo, la sostanza del potere economico non cambierà mai.

Nel grande testo di scienza e di lotta, nell' "Anti-Dühring" che compie cento anni ed è appena un cucciolo che affila i denti, Engels scopre la tendenza storica di sviluppo al capitalismo di Stato. La forma politica di questa tendenza è il "socialismo falso": "di recente per ò, da quando Bismarck si è dato a statizzare, ha fatto la sua comparsa un certo socialismo falso, e qua e là persino degenerato in una forma di compiaciuto servilismo, che dichiara senz'altro socialista ogni statizzazione ... ". La tendenza storica che partorisce la forma politica del "socialismo falso" risiede non in una idea ma nello sviluppo della economia verso le società anonime e la proprietà statale. La comprensione di questa tendenza permette di affrontare l'analisi delle forme politiche della fase imperialistica, delle forme politiche dei nostri giorni.

Seguiamo Engels: "è questa reazione al proprio carattere di capitale delle forze produttive nel loro rigoglioso sviluppo, è questa progressiva spinta a far riconoscere la propria natura sociale, ci ò che obbliga la stessa classe capitalistica a trattare sempre pi ù come sociali queste forze produttive, nella misura in cui è possibile, in generale, sul piano dei rapporti capitalistici".

Lo sviluppo delle forze produttive, la "illimitata inflazione creditizia", il crac di grandi imprese "spingono a quella forma di socializzazione masse considerevolmente grandi di mezzi di produzione che incontriamo nelle diverse specie di società anonime. Molti di questi mezzi di produzione e di scambio sono sin dal principio cos ì enormi da escludere, come ad es. avviene nelle strade ferrate, ogni altra forma di sfruttamento capitalistico".

La società anonima è il primo risultato dello sviluppo delle forze produttive e della espansione del credito che lo precede. La proprietà privata dei mezzi di produzione non è pi ù possibile nel rapporto individuale diretto. è possibile solo nel rapporto indiretto della quota di capitale sociale. Anche la forma politica segue questo processo oggettivo. Ma ad un certo grado di sviluppo neanche la società anonima "è pi ù sufficiente". "I grandi produttori nazionali di uno stesso ramo di produzione si riuniscono in un "trust", in una associazione avente lo scopo di regolare la produzione, se la ripartiscono fra di loro ed impongono cos ì il prezzo di vendita stabilito in precedenza". Se lo sviluppo si fermasse a questo punto, come hanno teorizzato tutti i sostenitori del "capitalismo monopolistico" e del "capitalismo organizzato" avremmo anche la forma politica adeguata e definita. Ma cos ì non è.

I trust, per Engels, "quando gli affari cominciano ad andare male per lo pi ù si dissolvono". Per questa stessa ragione "essi spingono ad una forma ancora pi ù concreta di socializzazione". "In un modo o nell'altro, con trust o senza trust, una cosa è certa: che il rappresentante ufficiale della società capitalistica, lo Stato, deve alla fine assumerne la direzione. La necessità della trasformazione in proprietà statale si manifesta anzitutto nei grandi organismi di comunicazione: poste, telegrafi, ferrovie". Questa concentrazione nella statizzazione, dice Engels, rappresenta "un nuovo stadio preliminare nella presa di possesso di tutte le forze produttive da parte della società". Ma il proletariato deve preparare la sua rivoluzione, a questo punto, contro la statizzazione, contro il "socialismo falso".

E lo pu ò fare perch é ha di fronte la forma politica della tendenza economica al capitalismo statale. Non pu ò scambiare l'effetto per la causa poich é, come ammonisce Engels, "lo Stato moderno è l'organizzazione che la società capitalistica si dà per mantenere il modo di produzione capitalistico di fronte agli attacchi sia degli operai che dei singoli capitalisti. Lo Stato moderno, qualunque ne sia la forma, è una macchina essenzialmente capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale". Appunto, qualunque ne sia la forma. Lenin lo ha capito anche per noi.

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Il contenuto finanziario della forma democratica

Nel Terzo libro del "Capitale" Marx definisce la tendenza di sviluppo del capitalismo, che matura nell'imperialismo, nella formazione del profitto medio del capitalista singolo determinato "unicamente come parte proporzionale de1 capitale complessivo" e non pi ù dal pluslavoro che ogni capitale individuale "si appropria di prima mano". "Questo carattere sociale del capitale è reso possibile e attuato integralmente dal pieno sviluppo del sistema creditizio e bancario". Con questo sistema creditizio "n é chi dà in prestito, n é chi impiega questo capitale ne è proprietario o produttore" poich é esso "mette a disposizione dei capitalisti commerciali e industriali tutto il capitale disponibile e anche potenziale della società...".

Possiamo vedere chiaramente, cos ì, dove conduce la tendenza di sviluppo capitalistico tramite il credito: al capitale potenziale della società del quale nessun capitale individuale è proprietario o produttore. Marx pu ò giustamente affermare che il sistema creditizio e bancario "elimina con ci ò il carattere privato del capitale e contiene in s é, ma solamente in s é, la soppressione del capitale stesso... non v'è dubbio che il sistema creditizio servirà da leva potente, durante il periodo di transizione dal modo capitalistico al modo di produzione del lavoro associato; ma solo come un elemento in connessione con le altre grandi trasformazioni organiche dello stesso modo di produzione".

La scienza di Marx ha anticipato il processo reale dell'economia e le sue conseguenze nella politica. Solo la continua mistificazione e la ignoranza della profondità scientifica del marxismo ha permesso di continuare a confondere l'idea del capitalismo con la sua realtà di capitale sociale.

Se del capitalismo si ha l'idea del suo carattere privato, la sua realtà di capitale sociale tramite il sistema creditizio pu ò essere contrabbandata come non capitalistica. Difatti la tendenza allo sviluppo del capitalismo di Stato pu ò essere vista, come noi abbiamo già fatto, come un sistema statale creditizio che attua il carattere sociale del capitale e ne elimina il carattere privato. L’espansione del credito diventa, come abbiamo visto, disposizione del capitale presente e potenziale per le imprese. La forma politica di questo processo è in effetti la forma determinata dal movimento del contenuto.

Essa è lo Stato moderno del capitalismo moderno, lo Stato del capitalismo finanziario. Questo contenuto moderno del capitalismo, naturalmente, oltre alle forme politiche, esprime ideologie che servono da tramite alla politica stessa. Sono le ideologie del carattere sociale del capitale, contrabbandato come carattere non capitalistico o anticapitalistico, in contrapposizione al carattere privato del capitale, contrabbandato come unico carattere del capitalismo. Non è da credere che le ideologie del carattere sociale del capitale siano una cosa recente. Anzi, esse hanno accompagnato lo sviluppo del sistema creditizio e bancario collocandosi come il risultato pi ù perfezionato della cultura politica borghese e delle sue diramazioni sociali imperialiste ed opportuniste. Se nella metropoli italiana, dove anche i cosiddetti mutamenti dell'economia e dello Stato sono considerati in termini generali e generici, queste ideologie sono poco diffuse, è segno solo del ritardo del pensiero borghese imperialistico italiano e della sua sottospecie riformista e opportunista.

Nei "Quaderni sull'imperialismo" Lenin, già nel 1915, commenta e critica la teoria di Schulze-Gaevernitz. Questo economista tedesco, assieme a Robert Liefmann ed a Werner Sombart, ricava dall'intenso processo di formazione del capitale finanziario che aveva investito i paesi industriali la tesi che il capitalismo era cambiato ed era diventato uno "Stato industriale completamente organizzato", ossia un "capitalismo organizzato". Secondo lui, ci ò valeva per la Germania dove le grandi banche dominavano la Borsa. L’economia veniva, cos ì, ad essere completamente organizzata dalle grandi banche. In questo modo "si riduce il campo di azione delle leggi economiche automaticamente funzionanti e si allarga enormemente il campo della regolazione cosciente attraverso le banche". "La funzione economica nazionale delle banche" da "amministrazione della ricchezza nazionale" subisce, secondo l'autore, una trasformazione "da privato-economica, nei confronti degli azionisti, in nazional-economica, nei confronti di tutto lo Stato".

Da queste teorie borghesi, che distorcono il processo previsto da Marx del capitale sociale tramite il credito e capovolgono il necessario rapporto tra l'evoluzione economica e lo Stato imperialista da essa determinato, vengono a generarsi le teorie del cosiddetto "socialismo finanziario", ossia le teorie opportuniste del "capitalismo organizzato" che si basano sull’analisi del sistema creditizio bancario.

Rudolf Hilferding è il massimo esponente della corrente opportunistica del "socialismo finanziario" la quale, a differenza delle correnti latine che non hanno mai compiuto un minimo di analisi e si caratterizzano per l'eclettismo, parte da uno studio del capitale finanziario ma non vede come questo "nuovo contenuto economico" determini la "nuova forma politica". Già Lenin, che pure aveva utilizzato questo studio per individuare la forma politica imperialistica, criticava in Hilferding la mancanza della concezione materialistica politica. La concezione idealistica della politica condurrà, infatti, Hilferding a teorizzare la "terza via" nel 1927.

Mentre nella società della libera concorrenza i sindacati non possono che condurre una lotta di classe, in quella del capitalismo organizzato essi devono, per Hilferding, porsi dei compiti socialisti. Seguiamo il ragionamento di Hilferding anche per constatare come poco di nuovo vi sia sotto il sole dell'opportunismo. Con il superamento della libera concorrenza e del cieco gioco delle leggi di mercato si giunge allo "stadio dell'organizzazione capitalistica dell'economia", si passa "da una economia dove si affrontano liberamente le forze economiche ad una economia organizzata". Al principio capitalistico della libera concorrenza si sostituisce "grazie ad una regolamentazione sociale, il principio socialista della pianificazione". Lo Stato interviene sulla regolamentazione del mercato del lavoro.

Economia e Stato si compenetrano, quindi se il proletariato si inserisce politicamente nello Stato, attraverso le sue istituzioni, si ha uno Stato democratico che influenza democraticamente l'economia. Esso ha "il compito di organizzare, di regolarizzare l'economia capitalistica con l'aiuto dello Stato e di trasformare l'economia organizzata e diretta dai capitalisti in economia diretta dallo Stato democratico". Hilferding cos ì conclude: "Una economia diretta dallo Stato democratico è il socialismo".

Nella sua tesi si ha il completo ribaltamento della concezione marxista della politica perch é è il capitale sociale a determinare lo stato democratico e non viceversa. Merito di Lenin è di aver visto che la forma dello Stato democratico è l'involucro del contenuto imperialistico.

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La scoperta della politica

A metà luglio 1878 appariva a Lipsia, con prefazione dell'autore, la prima edizione dell’ "Anti-Dühring" di F. Engels. La concezione materialistica della politica, elaborata da pi ù di trent'anni da Marx e da Engels, veniva cos ì sistemata in un grande trattato organico. Come è destino di ogni grande opera storica, anche questa doveva segnare un momento di lotta ed avere un parto travagliato.

Da anni Engels era occupato in quella che definisce la "scienza teorica della natura", ossia ad "una concezione dialettica e ad un tempo materialistica della natura". Dovette interrompere questo studio per occuparsi, dal settembre del 1876, della "nuova teoria del socialismo" del sig. Dühring, una di quelle "sublimi sciocchezze con la pretesa ad una superiorità ed una profondità di pensiero che le distingue dalle sciocchezze semplici". Il guaio è che queste "sublimi sciocchezze" che volevano riformare il socialismo erano lette dagli operai tedeschi di quegli anni. La fortuna è che dal tempo perso da Engels è rimasto I’ "Anti-Dühring".

Tutto è dialettico nella storia. Scomparso è Dühring, che tra l'altro era un povero insegnante perseguitato dai baroni della cattedra sulla quale pensava di instaurare il suo socialismo, ma la malapianta delle "sublimi sciocchezze" continua a dare frutti ad ogni stagione dell'opportunismo che sulla cattedra, anche se in mezzapanca e di sbieco, si è ormai seduto.

Noi lo sappiamo: ogni opera nata nella lotta non pu ò vivere che nella lotta. Molti non volevano che Engels la pubblicasse sotto forma di articoli sui giornali operai che avevano molti lettori. Fu tenuta persino una riunione per bloccare questi articoli e, come soluzione di compromesso, furono dirottati su un supplemento teorico. Alla fine furono raccolti in un libro che divenne il testo sul quale si form ò la nuova generazione rivoluzionaria, la generazione dei Lenin. Quarant'anni dopo, Lenin, capo maturo e collaudato del comunismo internazionale, ne tramand ò le pagine fondamentali sulla concezione mate rialistica della politica travasandole in "Stato e Rivoluzione".

Era un altro momento della lotta, un momento terribile di isolamento della Pattuglia bolscevica nella gigantesca tormenta della prima guerra mondiale imperialistica che scagliava milioni di proletari contro altri. Ma le pagine dell’ "Anti-Dühring", riscoperte per mezzo del cervello di Lenin, squarciarono la nube con la loro forza teorica e tuonarono con le cannonate dell’ "Aurora".

Molti non vorrebbero oggi che quest'opera dimostrasse la sua giovane vitalità, non vorrebbero che le sue pagine fossero una miniera di scienza e di teoria da scoprire. è un momento di lotta che prepara le battaglie di domani contro l'imperialismo, contro il suo opportunismo. Per questa semplice e grande ragione le teniamo sempre aperte: "La concezione materialistica della storia parte dal principio che la produzione, e con la produzione lo scambio dei suoi prodotti, sono la base di ogni ordinamento sociale; che, in ogni società che si presenta nella storia, la distribuzione dei prodotti, e con essa l'articolazione della società in classi o Stati, si modella su ci ò che produce, sul modo come si produce e sul modo come si scambia ci ò che si produce. Conseguentemente le cause ultime di ogni mutamento sociale e di ogni rivolgimento politico vanno ricercate non nella testa degli uomini, nella loro crescente conoscenza della verità eterna e dell'eterna giustizia, ma nei mutamenti del modo di produzione e di scambio; esse vanno cercate non nella filosofia, ma nell'economia dell'epoca che si considera". Le cause ultime di ogni mutamento politico risiedono, dunque, nell'economia e in essa vanno ricercate.

Il movimento politico è, in definitiva, determinato dalla economia indipendentemente da ci ò che esso pensa di se stesso e dalle idee che fungono da tramite tra lo sviluppo della struttura e l'azione. Ma i mezzi per agire "debbono del pari esistere, pi ù o meno sviluppati, negli stessi mutati rapporti di produzione". Altrimenti, possiamo aggiungere, non si ha azione politica ma solo velleità ideologica. La classe dominante pu ò esprimere molte di queste velleità, che poi sono coltivate in genere dalla piccola borghesia e dalle sue correnti reazionarie ed opportuniste, ma agisce politicamente solo quando i mezzi della sua azione esistono nel movimento dei rapporti di produzione.

Ogni gruppo imperialista pu ò pensare di dominare sugli altri, ma, in ultima istanza, la sua azione è regolata dagli effettivi rapporti di forza. Per il proletariato la consapevolezza che i mezzi della sua azione politica debbono esistere nel movimento dei rapporti di produzione è il fondamento dell'economia della sua azione stessa. Senza questa coscienza ogni azione del proletariato diventa di fatto un elemento dell'azione politica delle frazioni della classe dominante.

Solo la scienza garantisce l'autonomia del proletariato perch é solo la scienza pu ò fornirgli i mezzi idonei all'azione, la tattica per la contingenza e la strategia per la prospettiva. Questi mezzi non possono essere inventati, debbono essere scoperti.

La politica deve essere scoperta nell'economia poich é essa è nel movimento dei rapporti di produzione e non esiste un livello autonomo della politica. I rapporti di produzione sono rapporti sociali e, quindi, sono contemporaneamente rapporti economici e rapporti politici.

Il compito della scienza del proletariato è quello di scoprire nel movimento dei rapporti sociali i mezzi della politica autonoma di classe. Questo è uno degli scopi o, per meglio dire, dei risultati della concezione materialistica della politica. Engels lo indica chiaramente: "Questi mezzi non devono, diciamo, essere inventati dal cervello, ma essere scoperti per mezzo dèl cervello nei fatti materiali esistenti della produzione". Scoprire per mezzo del cervello: solo la profonda capacità teorica e la limpida chiarezza politica di Engels potevano scolpire nella roccia della vita naturale e sociale il momento di questa sintesi che si erge contro il cielo nebuloso dell'inventare per mezzo del cervello. In questa formula sintetica è riassunta tutta la concezione materialistica della politica, tutta la scienza della politica.

I soggettivisti inventano, per mezzo del cervello, la politica. I materialisti usano il cervello per scoprirla. I soggettivisti, credendo di averli inventati, finiscono con l'usare i mezzi, ì soli possibili, che fornisce loro l'economia e non possono che usarli per conservare i rapporti sociali di produzione. Pi ù inventano la politica, per mezzo del cervello, e pi ù sono i servi sciocchi, illusi nella loro presunzione, accecati nella loro vanità, di chi detiene il dominio nei rapporti sociali di produzione. Pi ù inventano, per mezzo del cervello, una realtà sociale inesistente e pi ù quella esistente li domina, li condiziona, li utilizza.

Il servo sciocco è proprio quello che inventa, per mezzo dei cervello, di non essere servo. Se poi, sempre per mezzo del cervello, inventa di essere padrone, sciocco lo è doppiamente perch é neppure pi ù la paga prende. Scoprire per mezzo del cervello e non inventare per mezzo del cervello: scoprire nei fatti materiali esistenti della produzione quali sono i mezzi della politica borghese e come si manifestano nella loro reiterabilità, nella loro costanza, nella loro regolarità sino a poter rappresentare leggi di movimento della sovrastruttura in quanto tendenze espresse invariabilmente dalle leggi di movimento della struttura, o costanti della forma di costanti del contenuto.

Scoprire nei fatti materiali esistenti della produzione i mezzi della politica proletaria, i mezzi della strategia. La politica non fine astratto ma mezzo concreto della scienza del mutamento sociale, della scienza della rivoluzione.

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Mercato mondiale e forme politiche

Nel "Manifesto dei Comunisti", alla vigilia del 1848, Marx ed Engels affermano che "... le separazioni e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno scomparendo sempre pi ù con lo sviluppo della borghesia, con la libertà di commercio, col mercato mondiale, con l'uniformità della produzione industriale e delle corrispondenti condizioni d'esistenza".

Lo sviluppo capitalistico significa la creazione di un mercato mondiale che ha, appunto, caratteri uniformi anche se ha ritmi differenziati. I modi di produzione precapitalistici, invece, avevano difformità sia nella qualità che nella quantità dei loro fattori ed, infatti, non costituiscono un mercato mondiale anche se includono correnti pi ù o meno vaste di scambio mercantile. è l'uniformità della produzione industriale capitalistica a costituire il mercato mondiale.

Quando il marxismo afferma che l'economia determina la politica sostiene che, in ultima istanza, è il mercato mondiale a determinare la politica in ogni settore del mondo e, quindi, la vita politica degli Stati. è solo in questa ampia visione spaziale e temporale che pu ò essere compresa e verificata la concezione materialistica della politica la quale non pu ò essere ridotta a una formula meccanicistica per ogni singola contingenza.

Vi sono, indubbiamente, momenti nei quali avviene che gli elementi della sovrastruttura rispecchiano con rapida corrispondenza il movimento della struttura economica. In questi momenti le correnti politiche, e a volte le singole personalità politiche, riflettono direttamente gli interessi e le tendenze delle frazioni della classe dominante, e a volte gli interessi e le tendenze dei singoli gruppi capitalistici. Si pu ò dire che pi ù il capitalismo raggiunge la sua maturità imperialista pi ù tale corrispondenza tra correnti politiche e gruppi economici diventa diretta, come già Lenin notava nel suo studio sull'imperialismo e come decenni di storia imperialistica stanno ormai a dimostrare.

La pluralità dei gruppi capitalistici si riflette nel pluralismo politico ed ai vari centri del potere economico corrisponde una varietà di posizioni politiche. La democrazia come forma specifica del modo di produzione capitalistico è, in questo senso, il migliore involucro, ossia l'involucro pi ù funzionale, del meccanismo di trasmissione degli interessi economici, dei gruppi della classe dominante, in volontà e decisioni politiche.

L'involucro democratico permette al meccanismo di determinazione di funzionare con il minimo di attriti e con il massimo di risultati poich é facilita la formazione dell'interesse generale della classe dominante componendo i suoi interessi singoli e settoriali. Anche in questa sua funzionalità la democrazia è l'involucro dove pi ù chiaramente si manifesta la determinazione economica della politica. Ci ò risulta ancora pi ù a fondo se si considerano, come avverte Lenin, i vari aspetti e le varie gradazioni della democrazia che non si esauriscono nel solo parlamentarismo, che vedono plurimi modi di rappresentanza, che ancor pi ù che nello Stato si diramano nella società.

Se si analizzano perci ò tutti i vari aspetti della sovrastruttura si pu ò ampiamente vedere quanto essi siano determinati dalla struttura. La somma delle sovrastrutture corrisponde, in definitiva, alla somma degli interessi espressi politicamente dalle frazioni e dai gruppi della classe dominante. è la somma delle varie istituzioni ed organizzazioni presenti nello Stato e, soprattutto, nella società. è la somma pluralistica che la concentrazione capitalistica nella fase imperialistica non annulla ma anzi esalta, perch é ogni grande gruppo necessariamente dovrà trovarvi espressione.

Questo processo è tanto forte che il pluralismo dei grandi gruppi nella fase imperialistica e la loro diretta determinazione della politica trascende la forma democratica. Anche se questa è il migliore involucro, il contenuto del pluralismo dei grandi gruppi capitalistici trova un involucro anche nella forma fascista. Solo chi non ha analizzato scientificamente la forma fascista pu ò pensare che i grandi gruppi capitalistici non vi esprimono le loro correnti politiche e il loro scontro di interessi.

Il pluralismo prima che una ideologia è una realtà economica dove vi sono imprese che lottano per ascendere ad altre che lottano per non discendere. è una delle tante manifestazioni delle leggi di ineguale sviluppo del capitalismo. Da tale legge discende il processo per il quale la politica che ha, nel complesso, limiti locali o nazionali viene determinata dalla economia che tali limiti non ha perch é è mercato mondiale. Questa contraddizione reale è stato il primo grande problema affrontato dalla concezione materialistica della politica, affrontato dalla scienza di Marx e di Engels. Lo Stato è Stato-nazione, la struttura è mercato mondiale che ingloba e collega ogni cellula produttiva ed è questa struttura che determina la politica e, quindi, lo Stato nazionale. Descrivere un tale meccanismo di determinazione è stato uno dei compiti pi ù ardui del marxismo, ma anche quello dove pi ù ha dimostrato e pu ò dimostrare la sua validità e fecondità scientifica.

Esso lo ha potuto assolvere solo dopo aver stabilito una corretta teoria del mercato mondiale, una teoria che permettesse di analizzare il processo di sviluppo e le tendenze fondamentali dell'economia internazionale. Esso pu ò continuare ad assolverlo alla sola condizione di riuscire ad individuare le tendenze di fondo che emergono da una realtà cos ì gigantesca e in continuo movimento. Se il marxismo continuerà ad analizzare il mercato mondiale, cos ì come la scuola marxista ha fatto ed insegnato, la individuazione del meccanismo di determinazione della politica non presenterà ostacoli insormontabili. Anzi, essa continuerà ad essere un compito secondario e derivato essendo quello dell’analisi del mercato mondiale primario e indispensabile.

Lo Stato nazionale è dentro un sistema di Stati e comunque, anche attraverso questo sistema, riceve la determinazione del mercato mondiale dei suoi atti politici. è solo questione di tempo. Inevitabilmente il movimento del mercato mondiale finirà col determinare un movimento nel sistema di Stati e, di conseguenza, nello Stato nazionale.

Per noi oggi, tutto ci ò è riscontrabile in tempi brevi e la conferma della nostra teoria è questione di anni. Per Marx ed Engels la conferma venne dopo una vita proprio a dimostrare la saldezza e la lungimiranza della fondazione della loro scienza. Pensarono che lo sviluppo del mercato mondiale avrebbe portato la rivoluzione democratico-borghese nell'Europa del 1848. Invece port ò le "rivoluzioni dall'alto" e le forme politiche del bonapartismo e del bismarckismo. Solo dopo decenni di sviluppo capitalistico e la formazione di nuovi Stati nazionali la forma specifica del capitale, la forma democratica, si generalizz ò, per assumere, in seguito, gradazioni e deviazioni. La storia si era fatta attendere, ma la scienza l'aveva attesa nella sua certezza.

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La teoria eclettica dell'ideologia

Negli anni a cavallo del secolo si sviluppa il pi ù insidioso attacco al marxismo portato avanti dal revisioniamo, ossia da quella corrente che in seno al movimento socialista si fece portatrice di tutta una serie di critiche borghesi e piccolo-borghesi alla teoria rivoluzionaria di Marx e di Engels. Queste critiche hanno, per la verità, contrassegnato le varie tappe storiche della elaborazione di Marx ed Engels e ad esse è dedicata una parte della loro puntualizzazione teorica e politica, ma non è un caso se hanno trovato nell'area tedesca e in un momento di espansione del movimento socialista il massimo punto di accumulo e di approfondimento.

L’area tedesca vedeva uno sviluppo capitalistico che, superato quello inglese, si poneva al secondo posto mondiale dopo quello statunitense. In questa grande officina dell'imperialismo tutte le tecniche di organizzazione del capitale finanziario, della centralizzazione e della concentrazione del capitale, vennero messe a punto; per la stessa ragione, di lotta interna tra le classi e frazioni di classe e di lotta esterna di competizione monopolistica, anche tutte le teorie borghesi e piccolo borghesi trovarono il terreno di una generale sistemazione e ridefinizione. Confrontandosi col marxismo, diffusosi nel movimento operaio tedesco come in nessun'altra parte, trovarono una occasione unica di raccordo, di incubazione e di sintesi prima di irradiarsi, con le sconfitte della metropoli tedesca, in altre aree, specie in quella anglosassone.

Gran parte di quello che oggi viene detto sulla politica, sullo Stato, sulla democrazia, sulla critica al marxismo proviene da quella fonte alla quale il revisioniamo port ò un contributo non indifferente. Occorre riandare a queste fonti, occorre studiarle, occorre criticarle come già fecero Lenin ed il marxismo rivoluzionario russo che proprio da questo storico confronto usc ì vaccinato, rafforzato, vittorioso e lo pot é fare perch é il nemico che aveva di fronte era veramente poderoso.

Un protagonista del confronto del marxismo rivoluzionario russo fu Eduard Bernstein, capofila del revisioniamo. Normalmente egli è conosciuto come sostenitore della via riformistica contro quella rivoluzionaria. Meno conosciuto è come revisionista della concezione materialistica della politica. Da questo punto di vista, citandolo in dettaglio, possiamo considerarlo. A lui spettano i diritti per tante idee, spacciate come originali, che circolano ai nostri giorni.

Bernstein pone il problema di "qual è il rapporto reciproco dei vari fattori dinamici, quale ruolo spetta, nella storia, alla natura, all'economia, alle istituzioni giuridiche, alle idee" e critica come esagerata ed unilaterale la soluzione che Marx ne dà nella Prefazione a "Per la critica dell'economia politica". Dice: "Nel brano già citato, Marx risponde indicando, come fattore determinante, le forze produttive materiali e i rapporti di produzione umani di ogni periodo storico".

Indipendentemente dai termini e dalla argomentazione usata, che vedremo in seguito, risulta chiaro lo scopo del suo attacco e ancora pi ù chiaro risulta quando si scopre dove vuole arrivare. "Nel complesso, la coscienza e la volontà degli uomini appaiono come un fattore molto subordinato al movimento materiale": ecco il ruolo che, secondo Bernstein, la Prefazione di Marx assegna anche alla lotta politica.

Seguiamolo meglio nel suo attacco al marxismo. Con la conoscenza delle leggi dello sviluppo economico, dice, "cresce la capacità di guidare lo sviluppo economico"; questa capacità è impedita solo "dal contrasto di interessi".

Ma "l'interesse generale si rafforza sempre pi ù di fronte a quello privato" e pi ù il proletariato si organizza e si rende cosciente delle leggi di sviluppo pi ù diventa portatore dell'interesse generale contro quello privato, pi ù accresce la sua capacità di guidare lo sviluppo economico e, di conseguenza, "si arresta l'azione elementare dei fattori economici".

Per comprendere meglio il capovolgimento soggettivistico, operato da Bernstein, del rapporto struttura-sovrastruttura, è necessario soffermarsi su una tesi, assai poco considerata ma che è essenziale al suo discorso revisionista. è una tesi che ha trovato larga diffusione anche tra coloro che non si richiamano a Bernstein o che, come è il caso di Gramsci, lo criticano. Eppure è in essa il nucleo originario di ogni teoria sulla "egemonia culturale" e sulla "rivoluzione culturale" variamente argomentata.

Dice Bernstein: "Rispetto alle società che l'hanno preceduta, la società moderna è molto pi ù ricca di ideologia non determinata dall'economia e dalla natura che agisce come forza economica. Le scienze, le arti e una maggiore serie di relazioni sociali dipendono oggi molto meno dall'economia che in qualsiasi epoca precedente. O meglio, per evitare fraintendimenti: il grado di sviluppo economico oggi raggiunto lascia ai fattori ideologici, e specialmente a quelli etici, un'autonomia pi ù ampia del passato".

Prosegue Bernstein: "A chi trovasse paradossale questa formazione, sarà bene rammentare che in generale solo nella società moderna la classe pi ù numerosa della popolazione ha cominciato a contare in termini di autonomia ideologica nel senso suddetto". Con la leva dell'autonomia, o relativa autonomia, della ideologia, Bernstein tenta di scardinare la teoria marxista della determinazione, la teoria materialista politica, e propone come ancora valida "come base scientifica della teoria socialista, la concezione materialistica della storia" solo se si tiene conto "dell'azione reciproca tra le forze materiali e quelle ideologiche".

In sostanza, Bernstein sostiene che la concezione materialistica della storia è ancora valida solo se diviene la concezione dell'azione reciproca tra l'economia e l'ideologia politica, la quale è sempre pi ù autonoma dalla struttura, ossia solo se la concezione materialistica cessa di esserlo. Bernstein non è tanto sprovveduto da sostenere il primato dell'ideologia o il primato della politica poich é conosce troppo bene l'economia. A differenza di tanti soggettivisti cerca il rapporto quantitativo tra le "forze materiali" e le "forze ideologiche"; è significativo che n é lui n é i suoi imitatori siano riusciti a fornirlo giacch é solo partendo dall'analisi quantitativa della struttura si pu ò tentare di individuare il rapporto quantitativo con la sovrastruttura. Se lo si vuole analizzare autonomamente, infatti non si ricava niente di significativo come dimostra tutta la sociologia borghese.

Comunque Bernstein ha ben chiaro cosa significa, ai fini della lotta politica, la sua revisione del marxismo: "Ha un grande significato pratico infatti correggere, via via che si conosce il rapporto quantitativo degli altri fattori, quelle tesi che sono state formulate in base ad una esagerata accentuazione della forza determinante del fattore tecnico-economico nella storia".

Quindi, "per molto tempo", il compito del movimento socialista non è di "speculare sul crollo generale" del capitalismo ma di "organizzare politicamente la classe operaia e fonderla alla democrazia" e di lottare per tutte quelle riforme politiche che elevano il proletariato e trasformano in senso democratico il "sistema politico". Questo processo di democratizzazione, dove il fattore ideologico conta sempre pi ù e dove il fattore economico conta sempre meno, condurrebbe addirittura al rovesciamento del dominio di classe.

La democrazia da migliore involucro del capitalismo diventa, nella testa di Bernstein, il migliore involucro del dominio del proletariato. "La democrazia, ogni volta, tanto dominio della classe operaia quanto questa è capace di esercitarne secondo la sua maturità intellettuale e il livello di sviluppo economico generale".

Il tentativo di Bernstein di sovvertire la concezione materialistica della politica comunque un risultato politico lo ha dato. Mentre la borghesia non ha bisogno di esaltare, per se stessa, il fattore ideologico per giustificare la democrazia, questo bisogno il revisioniamo lo sente per giustificarla presso il proletariato. Siccome l'economia dimostra chiaramente che la democrazia è una forma del dominio di classe, l'opportunismo è condannato a predicare il dominio delle idee per negare la realtà. Per questo è e sarà sempre subalterno di fronte al movimento reale che, alfine, lo spazzerà via.

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Democrazia e catastrofe politica

Il corso delle lotte politiche non è autonomo dal corso dell’economia e dei suoi antagonismi.

In primo luogo perch é, in una società divisa in classi come quella capitalistica, esiste un antagonismo inconciliabile tra acquirenti e venditori di forza-lavoro, tra sfruttatori e sfruttati. Questo antagonismo si riflette sulla dinamica delle lotte politiche, in modo diretto nel movimento di emancipazione del proletariato e nella sua battaglia per l'autonomia teorica, politica ed organizzativa e, in modo indiretto, perch é provoca nella classe dominante differenze strategiche e tattiche sull'atteggiamento da assumere di fronte al proletariato stesso. è questa, in realtà, la base oggettiva del processo di democratizzazione che esprime una linea strategica e tattica delle frazioni della classe dominante interessate alla forma politica pi ù funzionale alla produzione e alla circolazione del capitale.

In secondo luogo, perch é esiste un antagonismo conciliabile tra i vari capitali individuali, o frazioni della classe dominante. Anche questo antagonismo si riflette sulla dinamica delle lotte politiche in modo diretto, con la formazione di correnti politiche che esprimono i vari capitali individuali o raggruppamenti di capitali individuali e che riproducono a livello politico il loro scontro di interessi che avviene a livello strutturale, e in modo indiretto perch é tale dinamica influenza inevitabilmente gli strati proletari.

Basti pensare che questi antagonismi, sia quello inconciliabile tra capitalismo e proletariato che quello conciliabile tra le frazioni del capitalismo stesso, hanno un carattere internazionale, hanno una dimensione internazionale, avvengono sull'arena internazionale perch é l'economia è il mercato mondiale e la politica è il sistema degli Stati.

Pensare che gli antagonismi conciliabili tra le frazioni della classe dominante, che in gran parte si manifestano nella competizione internazionale finanziaria, commerciale, economica, politica e militare, non influenzino gli strati proletari, significa non porsi il problema della lotta per l'autonomia teorica, politica ed organizzativa del proletariato, significa essere già, come avviene per ogni tipo di opportunismo, una componente della lotta politica tra le frazioni borghesi. Significa essere un reparto della guerra pacifica o militare tra le frazioni borghesi, una pedina delle loro strategie.

Quanto pi ù la concezione soggettivistica della politica è patrimonio dell'opportunismo, tanto pi ù il corso delle lotte politiche è caratterizzato dallo scontro tra le frazioni borghesi. Tipico è l'esempio della lotta per la democrazia che soggettivisticamente viene assunta dall'opportunismo come lotta politica non determinata dal suo contenuto economico.

La concezione materialistica della politica, invece, riesce, proprio per la sua impostazione scientifica, ad individuare nel corso delle lotte politiche la influenza sul proletariato dell'antagonismo delle frazioni borghesi e ne tiene conto nella prospettiva strategica rivoluzionaria. Essa non presume di controllare il processo oggettivo dell'antagonismo tra le frazioni borghesi ma di utilizzarlo in modo autonomo. Non pensa di controllare la crisi ma di utilizzarla, non pensa di controllare, o impedire, la guerra, massima espressione dell'antagonismo borghese, ma di utilizzarla per uscirne con una soluzione rivoluzionaria che batta entrambe le frazioni borghesi in competizione, come insegna l'esempio bolscevico contro Kornilov e Kerensky. Il corso delle lotte politiche, determinato dagli antagonismi presenti nella struttura, per sua natura non pu ò essere lineare. Esso è soggetto a cadute, balzi, stagnazioni momentanee, catastrofi.

La catastrofe politica, come insegna tutta la storia, è un momento ineliminabile nel corso delle lotte politiche, cos ì come lo è la crisi nel cielo economico. Il concetto di catastrofe politica è un aspetto importante della concezione materialistica della politica, e anche per questo il marxismo è scienza e non ideologia. Non a caso le concezioni soggettivistiche della politica, tipiche dell'opportunismo, devono escludere la catastrofe politica, devono, cioè, escludere la realtà. Imbevute di ideologia democratica diventano prigioniere dei suoi miti. La democrazia per loro è progresso e quindi la lotta politica deve seguire la direzione democratica del progresso. Quando la concezione soggettivistica democratica tiene conto della catastrofe politica la prevede pur sempre come un passo all'indietro nella marcia. Non sa vederla come un aspetto della lotta politica, come l'accumulo delle contraddizioni del ciclo politico, come, possiamo dire, una ristrutturazione della sovrastruttura e del suo nuovo ciclo.

Esemplare, in questo senso, è la posizione di E. Bernstein. Il ruolo relativamente autonomo che Bernstein assegna all'ideologia e alla politica nei confronti dell'economia lo conduce ad una tipica visione soggettivistica della lotta politica: alla lotta per la cosiddetta "democratizzazione" della struttura e dello Stato. In questa visione scompare persino ci ò che tutta la storia conosce e che lo stesso pensiero politico grande borghese, per quanto idealista, considera la catastrofe politica.

Marx dice che prima di lui la lotta di classe era stata opera dai grandi storici borghesi; proprio perch é sono grandi storici questi erano stati gli storici delle catastrofi politiche. Non avevano bisogno della concezione materialistica della politica, la quale ne ricerca le cause economiche, per comprendere chiaramente che la catastrofe politica è parte integrante della stessa vita politica.

La negazione di un processo oggettivo, quale è la catastrofe politica come manifestazione sovrastrutturale della crisi economica e sociale, è in fondo il risultato della revisione della concezione materialistica della politica. Se la forma politica viene concepita come indipendente dal contenuto economico che storicamente l'ha generata, se, come fa Bernstein, si assegna un ruolo relativamente autonomo all'economia e alla politica e non si vede, invece, come e perch é la prima determini la seconda, il movimento della forma diventa nient'altro che il frutto immaginario di una volontà politica ancora pi ù immaginaria nella sua libertà di scelta. Non a caso Bernstein deve farla riferire ad un principio etico, poich é a tale ha ridotto il socialismo.

In questo mondo immaginario delle aspirazioni etiche si svolgerebbe la lotta politica che, cos ì nobilitata, non conoscerebbe pi ù salti ma solo graduale progresso. La democratizzazione da processo di adeguamento della forma politica allo sviluppo del capitalismo diventa invece, nella ideologia, avanzamento verso il suo contrario, il socialismo.

"Ma quanto pi ù le istituzioni politiche delle nazioni moderne vengono democratizzate, tanto pi ù si riducono le necessità e le occasioni di grandi catastrofi politiche" scrive Bernstein.

La democratizzazione delle istituzioni politiche è invece per il marxismo la risultante di un processo economico. Non è una idea resa necessaria, ma la necessità che realizza l'idea. Quindi non è la democrazia a dover decidere sulla necessità e l'occasione della catastrofe politica, ma il movimento della struttura capitalistica che l'ha espressa a forgiarne la sorte. Pi ù sviluppo capitalistico significa, contemporaneamente, pi ù democrazia e pi ù catastrofe politica. Questa equazione è una scoperta della politica compiuta dalla scienza marxista, una scoperta che è sempre stata al centro della sua riflessione strategica.

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Ritmi sociali e forme politiche

"Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza", afferma Marx nella "Prefazione" del 1859 a "Per la critica dell'economia politica".

In termini di concezione materialistica della politica possiamo tradurre cos ì la dinamica delle lotte sociali: non è la coscienza politica che determina le lotte sociali ma, al contrario, sono le lotte sociali che determinano la coscienza politica. Se questa coscienza politica, oggettivamente determinata, giunge, come nel marxismo, alla consapevolezza scientifica e quindi alla conoscenza analitica del meccanismo che l'ha determinata, essa diviene coscienza politica non solo del presente ma anche e soprattutto del futuro. La conoscenza della legge di movimento della struttura economica diviene conoscenza del movimento delle lotte sociali e delle lotte politiche da questa determinata.

In fondo, Bernstein dimostra di non aver compreso lo specifIco "schema di sviluppo" di Marx e di Engels quando gli attribuisce una costruzione "alla maniera hegeliana" e crede di scoprirvi una contraddizione.

Dice infatti: "Di qui la contraddizione per cui, alla tormentosa e geniale precisione nell'indagare la struttura economica della società, si accompagna una quasi incredibile negligenza dei fatti pi ù evidenti, la contraddizione per cui la stessa teoria che muove dall’influenza determinante dell'economia sul potere politico sfocia in una vera e propria fede miracolosa della virt ù creativa del potere politico". La questione, evidentemente, non sta, per il marxismo, nella negligenza dei fatti politici pi ù evidenti, poich é a questi si riferisce l'autore, dato che questi evidenziano solo quello che oggettivamente possono evidenziare, e cioè solo il movimento della forma e non del contenuto che l'ha determinata. Da tale punto di vista soggettivistico e non scientifico, ogni forma politica è nuova cos ì come ogni giorno è un nuovo giorno se non si tiene assolutamente conto delle leggi di movimento della materia. Il che pu ò andare benissimo per un paesaggista ma è una faccenda che non interessa lo scienziato quando fa scienza e, per la verità, non dovrebbe interessare chi ritiene di criticarlo sul piano scientifico.

La questione sta, invece, nella considerazione diligente dei fatti politici pi ù evidenti ma che abbiano un significato nella concatenazione con altri fatti sociali meno evidenti o del tutto non evidenti. Altrimenti tali fatti saranno evidenti e nient’altro. Saranno forme politiche puramente contingenti ed episodiche destinate a non avere alcuna importanza nel corso storico degli avvenimenti proprio perch é espressione di una semplice oscillazione ma non di una profonda svolta del movimento strutturale. Il cimitero della storia è pieno di queste tombe senza "virt ù creativa" del potere politico. La contraddizione sta, quindi, in chi non vede che è la precisione nell'indagine della struttura economica a definire l'importanza dei fatti e delle forme politiche e a permettere di stabilire la forza e la possibilità di un determinato potere politico il quale deriva la sua virt ù creativa, se cos ì vogliamo chiamarla con Bernstein, non dai fatti politici pi ù evidenti ma dai fatti sociali pi ù profondi e, perci ò, meno evidenti.

Bernstein critica la prefazione di Engels alla riedizione delle "Rivelazioni sul processo dei comunisti" perch é: "Le conseguenze dei nuovi livelli raggiunti dalla conoscenza, egli le ha tratte solo riguardo a determinati metodi e forme della lotta politica …". Siccome Engels non sarebbe, e non potrebbe essere, a conoscenza di nuovi metodi e forme della 1otta politica, Bernstein ne trae la conclusione che: "Se non altro, è comunque non scientifico definire il punto di vista di un politico o di un teorico esclusivamente dalla concezione che egli ha della rapidità del corso dello sviluppo sociale".

Anche se fosse vero, e non lo è, che Engels non poteva conoscere i nuovi metodi e le nuove forme della lotta politica, resta pur sempre il problema a quale concezione se non a quella dei ritmi del corso dello sviluppo sociale un politico o un teorico possa definire scientificamente il suo punto di vista.

Bernstein dice non "esclusivamente"; ma se la definizione del punto di vista deve essere scientifica essa non pu ò che basarsi esclusivamente sulla concezione dei ritmi del corso dello sviluppo sociale. Bernstein si riferisce ad una concezione della "rapidità" e polemizza con Marx e con Engels circa loro previsioni, che per lui sono errori, anche se inevitabili, su scadenze decennali di crisi sociali.

Ma ci ò non sposta di una virgola il problema. L’eventuale errore di previsione temporale è un errore di valutazione ma non di metodo. La "rapidità", infine, è un concetto che indica solo una relazione: è rapido un processo di industrializzazione che impieghi solo cinquant'anni ed è rapida una insurrezione che si svolge solo in un giorno. Non fare dipendere esclusivamente il punto di vista scientifico nella lotta teorica e politica del proletariato dalla concezione generale dello sviluppo sociale solo perch é si ha una impressione soggettiva della rapidità o durata del suo corso e perch é si incontrano difficoltà, a volte inevitabili, nello stabilire i suoi ritmi e le sue scadenze, significa esclusivamente abbandonare la scienza, la quale non pu ò ecletticamente essere assunta solo per la "geniale precisione nell'indagare la struttura economica della società" per essere poi messa da canto quando si indagano i metodi e le forme di lotta politica che la struttura ha generato.

A che serve la "precisione nell'indagine" strutturale al politico del proletariato se non a definire scientificamente la strategia e la tattica? Non è una questione di durata temporale, di lentezza o di rapidità indefinibili scientificamente se non con punti di riferimento a scadenza storica e con termini di comparazione che solo la continua ricerca scientifica pu ò offrire ed aumentare: è una questione di metodo.

Certo, ad un politico o teorico marxista si presenta sempre il compito arduo ed immediato di definire la posizione politica di partito e di classe in rapporto alla concezione che si ha dei ritmi del corso dello sviluppo sociale e in rapporto al movimento reale del proletariato. è un compito che non è risolto in partenza ma che deve essere risolto dalla lotta teorica e politica del partito rivoluzionario. è un compito che ogni generazione del marxismo, a cominciare da Marx ed Engels, ha dovuto affrontare e risolvere e lo ha potuto fare perch é si è basata esclusivamente sulla scienza.

Solo partendo dall'analisi scientifica, che è perenne e mai conclusa, i marxisti sono riusciti, in ogni tappa della tormentata lotta di classe, a risolvere i problemi della lotta politica, a decifrare i nuovi metodi e le nuove forme di lotta, ad affrontare la battaglia quotidiana con una prospettiva strategica che, di fatto e con vigore, la trascende.

 

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Ultima modifica 9.1.2001