Marx sulla «ripartizione nera» americana

Lenin (1905)


Pubblicato in: Vpériod n° 15, 20 (7) aprile 1920.

Traduzione di Alberto Carpitella, Elena Robetti e Renato Vecchione.

Trascritto da: Leonardo Maria Battisti, luglio 2018.


Nel n. 12 del Vperiod si é accennato all'articolo di Marx contro Kriege a proposito della questione agraria. Quest'articolo non fu scritto nel 1848, come per errore è detto nell'articolo del compagno X, ma nel 1846. Un collaboratore di Marx, Hermann Kriege, che a quel tempo era ancora molto giovane, si era trasferito nel 1845 in America e vi aveva fondato la rivista Der Volkstribun (Il tribuno del popolo) per propagandare il comunismo. Ma questa propaganda era condotta in modo tale che Marx fu costretto a protestare energicamente in nome dei comunisti tedeschi contro Hermann Kriege, che comprometteva il partito comunista. La critica dell'orientamento di Kriege, pubblicata nel 1846 dalla rivista Westfälisches Dampfboot e riprodotta nel II volume delle Opere di Marx (edizione Mehring), presenta per i socialdemocratici russi di oggi un notevole interesse.

Sta di fatto che il corso stesso del movimento sociale americano poneva allora la questione agraria in primo piano, come oggi avviene in Russia, e per giunta non si trattava di una società capitalistica evoluta, ma della creazione delle premesse prime, fondamentali per un effettivo sviluppo del capitalismo. Quest'ultima circostanza assume particolare rilievo quando si voglia istituire un parallelo fra l'atteggiamento di Marx verso le idee americane sulla «ripartizione nera», e l'atteggiamento dei socialdemocratici russi verso il movimento contadino contemporaneo.

Nella sua rivista, Kriege non forniva materiali per lo studio delle concrete particolarità sociali del sistema americano o per mettere in luce la reale natura del movimento dei riformatori agrari di allora, i quali tendevano alla soppressione della rendita. Kriege invece (proprio come i nostri «socialisti-rivoluzionari») rivestiva la questione della rivoluzione agraria di frasi enfatiche e dense di promesse lusingatrici. «Ogni povero — scriveva Kriege — si trasformerà in un membro utile della società non appena gli verrà data la possibilità di compiere un lavoro produttivo. Questa possibilità gli sarà assicurata per sempre non appena la società gli darà un pezzo di terra che gli permetta di nutrirsi e di nutrire la sua famiglia... Se questa immensa estensione di terra (i 1.400 milioni di acri delle terre statali dell'America del nord) sarà sottratta alla circolazione commerciale e assicurata alle forze del lavoro in quantità limitate*1, il pauperismo americano riceverà il colpo di grazia... »

Al che Marx obietta: «C'era da sperare che si sarebbe capito che non è in potere dei legislatori arrestare con decreti la trasformazione del regime patriarcale, caro a Kriege, in un regime industriale o rigettare gli Stati industriali e commerciali del litorale orientale verso la barbarie patriarcale».

Ecco dunque davanti a noi un vero e proprio piano americano di ripartizione nera: la terra sottratta alla circolazione commerciale, il diritto alla terra, la limitazione del possesso o del godimento della terra. E Marx, fin dal primo momento, interviene con una critica serena dell'utopismo, rileva l'inevitabilità della trasformazione del regime patriarcale in regime industriale, cioè, per parlare il linguaggio dei nostri giorni, l'ineluttabilità dello sviluppo del capitalismo. Ma sarebbe un grave errore pensare che i sogni utopistici dei partecipanti al movimento abbiano indotto Marx ad assumere un atteggiamento negativo verso quel movimento in generale. Niente di tutto questo. Fin da allora, agli inizi della sua attività pubblicistica, Marx seppe discernere la reale essenza progressiva del movimento dai suoi vistosi orpelli ideologici. Marx, nella seconda parte, della sua critica intitolata L'economia (cioè l'economia politica) del «Tribuno del popolo» e il suo atteggiamento verso la giovane America, scriveva

«Riconosciamo in pieno la legittimità storica del movimento dei nazionalriformisti americani. Sappiamo che questo movimento mira a ottenere un risultato che in questo momento darebbe; è vero, impulso allo sviluppo dell'industrialismo nella moderna società borghese, ma che, essendo frutto di un movimento proletario, nell'attacco alla proprietà fondiaria in generale e in un attacco alla proprietà fondiaria nelle condizioni oggi esistenti in America in particolare, deve ineluttabilmente procedere oltre, in forza delle sue proprie conseguenze, verso il comunismo. Kriege, che assieme con i comunisti tedeschi a New York ha aderito al movimento contro la rendita (Anti-Rent-Bewegung), adorna questo semplice fatto di frasi enfatiche senza curarsi di esaminare l'essenza del movimento. Egli dimostra cosí di non avere, un'idea chiara del nesso esistente tra la giovane America e le condizioni sociali dell'America. Citiamo ancora un esempio delle sue frasi enfatiche sul plano degli agrari mirante a spezzettare la proprietà fondiaria su scala americana.

Nell'articolo Che cosa vogliamo, pubblicato nel n. 10 del Tribuno del popolo, si dice: “I nazionalriformisti americani chiamano la terra patrimonio comune di tutti gli uomini... ed esigono una legislazione popolare in virtú della quale i 1.400 milioni di acri di terra, non ancora caduti nelle mani dei briganti speculatori, siano conservati come patrimonio inalienabile comune dell'intera umanità”. E per conservare all'umanità questo “patrimonio inalienabile e comune”, egli accetta il piano dei nazionalriformisti: “Concedere a ogni contadino, qualunque sia il suo paese di origine, 160 acri di terra americana, per il suo mantenimento”. Nel n. 14, nell'articolo Risposta a Konze, questo piano è esposto come segue: “Di questo patrimonio popolare, ancora intatto, nessuno deve ricevere in proprietà piú di 160 acri, e nessuno deve ricevere questa quantità se non a condizione di coltivarla lui stesso”. E cosí, per conservare la terra come “patrimonio comune inalienabile”, e appartenente per giunta all'“intera umanità”, bisogna incominciare subito col ripartire questa terra. Kriege immagina di poter impedire con una qualche legge le inevitabili conseguenze di questa ripartizione: la concentrazione, il progresso industriale, ecc., 160 acri di terra gli sembrano un qualche cosa di sempre uguale a sé stesso, come se il valore di questa superficie non variasse col variare della sua qualità. I “contadini” dovranno scambiare tra loro e con altri, se non la terra stessa, almeno i suoi prodotti. E, giunti a questo punto, non si tarderà a vedere che tra i “contadini” l'uno, anche senza capitale, per effetto del suo lavoro e della maggiore fertilità naturale del suoi 160 acri, ridurrà l'altro alla condizione di suo operaio agricolo. E poi non è forse la stessa cosa che “tra le mani degli speculatori rapaci cadano” la “terra” oppure i suoi prodotti? Esaminiamo con serietà il regalo che Kriege fa al genere umano. 1.400 milioni di acri devono essere conservati “come patrimonio inalienabile e comune dell'intera umanità”. E ogni contadino deve ricevere 160 acri. Possiamo dunque calcolare quanto sia grande l'“umanità” di Kriege: si tratta esattamente di 8.750.000 “contadini”, cioè di 43 milioni di persone, calcolando 5 persone per famiglia. Possiamo ugualmente calcolare quanto dureranno questi “tempi perpetui”, in cui il proletariato deve “possedere” tutta la terra, come rappresentante dell'“umanità”, almeno negli Stati Uniti. Se la popolazione degli Stati Uniti continua ad aumentare rapidamente come è aumentata finora, cioè raddoppiando ogni 25 anni, questi “tempi perpetui” dureranno meno di quarant'anni. In quarant'anni 1.400 milioni di acri saranno occupati, e per le generazioni successive non ci sarà piú niente da “possedere”. Ma, poiché la distribuzione gratuita delle terre farà aumentare grandemente l'immigrazione, .i " tempi perpetui " di Kriege possono aver fine molto prima, soprattutto se si tien conto che un'estensione di terra sufficiente per 44 milioni di uomini non basterebbe neppure come sbocco per il pauperismo europeo attuale. In Europa c'è un indigente ogni dieci persone : nelle sole isole britanniche si contano sette milioni di poveri. C'imbattiamo in un'ingenuità politico-economica dello stesso genere nel n. 13, nell'articolo Alle donne dove Kriege scrive che, se la città di New York desse gratuitamente i suoi 52.000 acri di terra situati a Long Island, ciò basterebbe per liberare “immediatamente” e per sempre New York da ogni specie di pauperismo, dalla miseria e dai delitti.

Se Kriege avesse considerato il movimento che tende a emancipare la terra come la prima forma, indispensabile in certe condizioni, del movimento proletario, se l'avesse valutato come un movimento che, in virtú delle condizioni di esistenza della classe dalla quale emana, deve necessariamente procedere oltre, evolvendosi in un movimento comunista, se avesse mostrato per quali ragioni le aspirazioni comuniste dovevano originariamente assumere in America questa forma agraria, che è a prima vista in assoluta contraddizione con ogni specie di comunismo, non vi sarebbe stato niente da obiettare. Ma Kriege afferma che questa forma di movimento, che purè il prodotto di uomini determinati e che ha soltanto una importarza subordinata, è invece la causa dell'umanità nel suo complesso. Kriege fa di questa causa il fine ultimo e supremo di qualsiasi movimento in generale, riducendo cosí gli scopi ben definiti del movimento al piú puro e piú enfatico assurdo. Nell'articolo già menzionato, nel n. io della sua rivista, egli intona quest'inno trionfale: “Ed ecco che in questo modo si avvererebbero alfine i sogni secolari degli europei, ai quali si preparerebbe da questa parte dell'oceano una terra che essi dovrebbero soltanto prendere e fecondare con il lavoro delle loro mani, per poter gettare in faccia a tutti i tiranni del mondo queste fiere parole: ecco la mia capanna, che non avete costruito voi, ed ecco il mio focolare, che riempie d'invidia i vostri cuori”.

Kriege avrebbe potuto aggiungere: ecco il mio mucchio di letame prodotto da me, da mia moglie, dai miei figli, dal mio bracciante e dal mio bestiame. Ma quali sono gli europei che vedrebbero in tutto questo l'avverarsi dei loro “sogni”? Non certo gli operai comunisti! Forse i bottegai e gli artigiani falliti o i contadini rovinati che aspirano alla felicità di ridiventare in America piccoli borghesi e contadini. In che cosa consiste dunque il “sogno” che dovrebbe avverarsi per mezzo dei 1.400 milioni di acri? Unicamente nel trasformare tutti gli uomini in proprietari privati. Questo sogno è tanto realizzabile e comunista quanto il sogno di tramutare tutti gli uomini ín imperatori, re e papi.»

La critica di Marx è densa di bruciante sarcasmo. Egli sferza Kriege appunto per quegli elementi della sua concezione che riscontriamo oggi nei «socialisti-rivoluzionari»: regno delle frasi, utopie piccolo-borghesi spacciate per il piú elevato utopismo rivoluzionario, incomprensione delle basi reali del sistema economico moderno e del suo sviluppo. Marx, che a quel tempo era soltanto un futuro economista, indicava con mirabile perspicacia la funzione dello scambio, dell'economia mercantile. Se i contadini non scambieranno la terra, egli dice, scambieranno i prodotti della terra. E questo vuol dire tutto! Questa impostazione del problema è in larghissima misura applicabile al movimento contadino russo e ai suoi ideologi «socialisti» piccolo-borghesi.

Ma, nello stesso tempo, Marx è ben lontano dal «negare» semplicemente il movimento piccolo borghese, dall'ignorarlo come farebbe un dottrinario, dal temere, come molti dogmatici, di sporcarsi le mani venendo a contatto con la democrazia rivoluzionaria piccolo-borghese. Pur schernendo senza pietà l'assurdo travestimento ideo- logico del movimento, Marx, con la lucidità del materialista, si sforza di determinare l'essenza storica reale e le conseguenze inevitabili che devono prodursi in forza delle condizioni obiettive, indipendentemente dalla volontà e dalla coscienza, dai sogni e dalle teorie di questa o quella persona. Perciò Marx non biasima, ma approva interamente l'appoggio che i comunisti danno a questo movimento. Marx si mette sul piano della dialettica, considera cioè il movimento in tutti i suoi aspetti, tenendo conto del passato e dell'avvenire, rilevando il lato rivoluzionario dell'attentato alla proprietà fondiaria e riconoscendo nel movimento piccolo-borghese una forma primordiale originale del movimento proletario comunista. Ciò che voi sognate di ottenere con questo movimento, dice Marx rivolgendosi a Kriege, non l'otterrete: invece della fratellanza, avrete l'isolamento piccolo-borghese; invece dell'inalienabilità dei lotti contadini, avrete l'attrazione della terra nell'orbita della circolazione mercantile; invece di un colpo inferto ai rapaci speculatori, avrete una base piú estesa per lo sviluppo capitalistico. Ma il flagello capitalistico, che voi pensate invano di poter evitare, storicamente è un bene, perche affretterà ai massimo l'evoluzione sociale e avvicinerà di molto le nuove forme superiori del movimento comunista. Il colpo inferto alla proprietà fondiaria agevolerà gli inevitabili colpi ulteriori contro la proprietà in generale; l'azione rivoluzionaria di una classe inferiore e la trasformazione che assicurerà provvisoriamente, e non certo a tutti, un modesto benessere, faciliterà l'ulteriore inevitabile azione rivoluzionaria della classe che sta più in basso e una trasformazione la quale assicurerà effettivamente a tutti i lavoratori una felicità umana completa.

Per noi, socialdemocratici russi, il modo come Marx ha impostato la questione contro Kriege deve servire di esempio. Il carattere effettivamente piccolo-borghese dell'attuale movimento contadino in Russia non può esser posto in dubbio, e noi dobbiamo spiegare questo carattere, con tutte le nostre forze, e lottare implacabilmente, inflessibilmente contro tutte le illusioni che i vari «socialisti-rivoluzionari» o socialisti primitivi nutrono a questo riguardo. Il nostro scopo costante, lo scopo che non dobbiamo mai perdere di vista neppure per un istante, è la creazione di un'organizzazione particolare del partito autonomo del proletariato, che tende alla rivoluzione socialista totale, attraverso tutti i rivolgimenti democratici. Ma volgere, per questa ragione, le spalle al movimento contadino sarebbe prova di incurabile filisteismo e pedantismo. No, il carattere democratico-rivoluzionario di questo movimento è indubbio, e noi, con tutte le nostre forze, dobbiamo appoggiarlo, svilupparlo, dargli una coscienza politica e una precisa impronta di classe, spingerlo avanti, procedere al suo fianco, gomito a gomito, fino alla sua conclusione, giacché noi trascendiamo di molto il termine ultimo di qualsiasi movimento contadino, nel marciare verso la completa scomparsa di ogni divisione della società in classi. Non esiste forse al mondo un altro paese nel quale i contadini siano angariati, oppressi, oltraggiati come in Russia. Quanto piú cupa è stata l'oppressione, tanto piú potente sarà il risveglio dei contadini; tanto piú irresistibile sarà l'attacco rivoluzionario. Spetti al proletariato rivoluzionario cosciente sostenere con tutte le forze quest'attacco, affinché esso non lasci pietra su pietra della vecchia, maledetta Russia autocratica, feudale, servile, affinché esso dia vita a una nuova generazione di uomini liberi e intrepidi, crei un nuovo paese repubblicano nel quale la nostra lotta proletaria per il socialismo si svilupperà nel modo piú ampio.

Note

*1. Ricordate che cosa scriveva la Revoliussionnaia Rossia, cominciando dal n. 8, sul passaggio delle terre dal capitale al lavoro, sull'importanza delle terre demaniali in Russia, sul godimento egualitario della terra, sull'idea borghese di immettere le terre nella circolazione commerciale, ecc. Proprio come Kriege! [Nota di Lenin]


Ultima modifica 2018. 07. 04