La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845)

Friedrich Engels


Tradotto direttamente dall'originale tedesco da Vittorio Piva (†1907) e trascritto da Leonardo Maria Battisti, giugno 2018

II. Il proletariato industriale.

L'ordine secondo cui noi dobbiamo considerare le diverse categorie del proletariato risulta dalla precedente storia della sua origine. I primi proletarii appartennero all'industria e furono direttamente da essa prodotti; i lavoratori industriali, coloro che si occupano della lavorazione belle materie greggie, adunque avranno primi la nostra attenzione.

La produzione del materiale industriale, delle materie greggie e combustibili divenne importante in seguito alla rivoluzione industriale e poté far sorgere un nuovo proletariato: i lavoratori delle cave di carbone e delle miniere di metalli. In terza istanza l'industria spiegò la sua azione sull'agricoltura ed in quarto luogo sull'Irlanda; e conforme a ciò si deve assegnare il loro posto alle frazioni del proletariato che appartengono ad essa.

Noi troveremo pure, forse eccettuati gl'irlandesi, che il grado di educazione dei diversi lavoratori sta precisamente in rapporto alla loro connessione con l'industria e che adunque i lavoratori industriali nella maggioranza, i minatori già meno e gli agricoltori quasi nulla del tutto, sono coscienti dei loro interessi. Noi ritroveremo ugualmente questo ordine tra i lavoratori industriali e vedremo come i lavoratori delle fabbriche, questi antichissimi figli della rivoluzione industriale, sieno stati dal principio sino adesso, l'anima del movimento operaio e come i rimanenti si sieno uniti al movimento, nella misura in cui il loro mestiere era stato attaccato dalla rivoluzione industriale; noi comprenderemo per l'esempio dell'Inghilterra, per l'egual passo che tenne il movimento operaio con il movimento industriale, l'importanza storica dell'industria.

Ma poichè, ora tutto il proletariato industriale è così bene abbracciato dal movimento e la popolazione delle singole categorie, appunto perchè sono tutte industriali, ha molto di comune, così noi tratteremo quello che è comune, innanzi a tutto; più tardi potremo osservare ogni singola ramificazione nelle sue particolarità, tanto più rigorosamente.

* * *

Già abbiamo sopra osservato come l'industria centralizzi la proprietà nelle mani di pochi. Essa esige grandi capitali con cui innalza colossali stabilimenti e perciò rovina la piccola borghesia artigiana e con cui si fa soggette le forze della natura per cacciare dai mercati i singoli operai. La divisione del lavoro, l'utilizzazione della forza-idraulica e specie del vapore e della meccanica, sono le tre grandi leve, con cui l'industria, dalla metà del secolo passato, lavora a scardinare il mondo. La piccola industria creò la classe media, la grande industria creò la classe lavoratrice e portò sul trono i pochi predestinati della classe media, ma solo per rovinarli un giorno con tanta maggior sicurezza. Frattanto, nondimeno, è un fatto non negabile e facilmente spiegabile, che la numerosa piccola classe media del «buon tempo antico» è distrutta dall'industria e disciolta da una parte in ricchi capitalisti e dall'altra in poveri lavoratori1. Ma la tendenza centralizzatrice dell'industria non si ferma a ciò. La popolazione si centralizza tanto come il capitale; naturalmente, poichè nell'industria l'uomo, il lavoratore, viene soltanto considerato come una parte del capitale a cui il fabbricante per compenso, poichè il lavoratore gli si dà da sfruttare, concede interessi sotto nome di salario. Il grande stabilimento industriale richiede molti operai, i quali lavorano assieme in un edificio; essi devono abitare assieme, essi formano già un villaggio pur quando la fabbrica è piccola. Hanno bisogni, e, per soddisfare questi bisogni, è necessaria altra gente; operai, sarti, calzolai, fornai, muratori, falegnami passano quindi nel villaggio. Gli abitanti di questo, specie la giovane generazione, si abitua al lavoro di fabbrica, diviene famigliare con esso, e, se la prima fabbrica, come si capisce, non può occuparli tutti, il salario discende e ne è conseguenza lo stabilimento di nuovi fabbricati. E così sorge dal piccolo villaggio una piccola città e dalla piccola città una grande. Tanto più grandi sono le città e maggiori i vantaggi della colonizzazione. Si hanno le ferrovie, i canali e le strade di campagna, la, scelta tra gli operai esperti diviene sempre più grande; a causa della concorrenza tra gli operai e le macchine fabbricatrici, che si hanno facilmente alla mano, i nuovi stabilimenti si possono collocare più a buon mercato che in un paese lontano ove il legno da costruzione, le macchine, i lavoratori, gli operai delle fabbriche devono in primo luogo essere trasportati; si ha un mercato, una borsa alla quale si affollano i compratori; si sta in diretta unione con i mercati che danno il materiale greggio o accettano le merci confezionate. Da qui il meraviglioso sviluppo delle città industriali. Di certo la campagna ha all'incontro il vantaggio che là il salario è a più buon prezzo; la campagna e la città industriale rimangono così in continua concorrenza e se oggi il vantaggio è dalla parte della città, domani il salario si riabbassa in modo che nuovi stabilimenti si collocano in campagna più vantaggiosamente. Ma la tendenza centralizzatrice dell'industria rimane nondimeno in piena forza ed ogni nuova fabbrica che viene stabilita in campagna porta in sè il germe di una nuova città. Sarebbe possibile, se questo eccessivo movimento dell'industria procedesse ancora un secolo, che ognuno dei distretti industriali dell'Inghilterra divenisse una sola città industriale e Manchester e Liverpool si incontrassero presso Warrington o Newton; poichè anche nel commercio si effettua questa centralizzazione della popolazione completamente nell'egual modo e perciò un paio di porti come Liverpool, Bristol, Hull e Londra monopolizzano quasi completamente il commercio marittimo dell'impero britannico.

In queste grandi città, l'industria ed il commercio pervengono al loro più completo sviluppo, e adunque pur qui le loro conseguenze si mostrano nel modo più chiaro ed aperto in rapporto al proletariato. Qui la centralizzazione della proprietà è arrivata al punto più alto; qui sono distrutti completamente i costumi e le condizioni del buon tempo antico; qui si è andati abbastanza lontano per non poter più pensare al nome di Old merry England2 perchè l'Old England non si conosce più nemmeno attraverso i ricordi e dai racconti dei nonni. V'è qui soltanto una classe ricca ed una povera, poichè la piccola borghesia sparisce ogni giorno più. Essa, prima la classe più stabile, è divenuta ora la più mobile; essa consiste soltanto in poche rovine di un tempo passato e di un numero di persone che vogliono farsi una forza, di completi cavalieri di industria e speculatori dei quali uno diviene ricco, mentre novantanove fanno bancarotta, o di questi novantanove, più che la metà vivono soltanto di bancarotte.

Ma l'immensa maggioranza in queste città è formata di proletari, e ora esamineremo come questi vivono e quale influenza esercita su di essi la grande città.


Note

1. Confrontare su ciò i miei “Lineamenti di una critica all'economia nazionale„ negli Annali franco-tedeschi. In questa memoria si tratta della libera concorrenza; ma l'industria è soltanto la pratica della libera concorrenza e questa soltanto il principio dell'industria.

2. Gaia vecchia Inghilterra


Ultima modifica 2019.07.31