La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845)

Friedrich Engels


Tradotto direttamente dall'originale tedesco da Vittorio Piva (†1907) e trascritto da Leonardo Maria Battisti, giugno 2018


V. L'immigrazione irlandese.

Noi facemmo già incidentalmente menzione degli irlandesi che sono immigrati in Inghilterra, ed esamineremo ora più davvicino le cause e gli effetti di questa immigrazione.

Il rapido estendersi dell'industria inglese non avrebbe potuto aver luogo, se l'Inghilterra non avesse potuto disporre di una riserva nella numerosa e povera popolazione irlandese. L'irlandese, a casa sua, nulla aveva da perdere, molto da guadagnare in Inghilterra, e, dopo che in Irlanda si venne a sapere che nella parte orientale del canale di S. Giorgio, v'era lavoro sicuro e buon salario per forti braccia, ogni anno squadre di irlandesi immigrarono. Si calcola che a questo modo siano sinora immigrati più di un milione di irlandesi ed ancora annualmente ne immigrano cinquanta mila, che si gettano quasi tutti nei distretti industriali, specie nelle grandi città e là formano la classe più bassa della popolazione. Cosi in Londra vi sono 120,000 irlandesi poveri, 40,000 in Manchester, 34,000 in Liverpool, 24,000 in Bristol, 40,000 in Glasgow, 29,000 in Edimburgo1. Questa gente cresciuta quasi tutta senza civiltà, abituata dalla gioventù alle privazioni d'ogni genere, rozza, ubbriacona, noncurante dell'avvenire, viene e porta tutti i suoi usi brutali in una classe della popolazione inglese che in vero ha poche attrazioni per l'educazione e la moralità.

Lasciamo parlare Tommaso Carlyle2:

«I selvaggi volti dei milesiani3 improntati di falsa astuzia, bassezza, stoltezza, miseria e scherno, vi salutano ín tutte le nostre strade principali ed in quelle secondarie. Il cocchiere inglese, quando gli corre innanzi, colpisce con la frusta il milesiano; questi lo maledice nella sua lingua, si leva il cappello e chiede l'elemosina. Egli è la peggior disgrazia, contro cui questo paese deve combattere. E con i suoi cenci e con il suo riso selvaggio, è al caso di fare ogni lavoro che richiede soltanto braccia forti ed una forte schiena, per un salario che gli provvede delle patate. Egli abbisogna soltanto di sale per condimento; dorme tutto lieto nel primo porcile o canile, s'annida nei granai, porta un vestito di stracci, indossare e levare il quale è un'operazione difficilissima, e che viene messo soltanto nei giorni di festa e specie nei tempi favorevoli. Il sassone che non può lavorare a tali condizioni, rimane disoccupato. L'irlandese non civilizzato, non per la sua energia, ma per l'opposto, caccia l'indigeno sassone e prende possesso del suo posto. Egli vive nella sua sporcizia e noncuranza, nella sua violenza di ubbriaco e falsità, la perfetta incarnazione della degradazione e del disordine. Chi si dà la pena di nuotare, e di tenersi alla superficie, può qui vedere un esempio del come l'uomo possa esistere non nuotando ma calando a fondo... Che la condizione dello strato basso dei lavoratori inglesi s'avvicini sempre più a quella degli irlandesi, con i quali concorrono in tutti i mercati; che ogni lavoro che può essere eseguito con la semplice forza fisica senza molta abilità, non sia fatto per il salario inglese, ma per qualche cosa di simile al salario irlandese, cioè per qualche cosa di più che «una mezza porzione di patate della più cattiva qualità per trenta settimane in un anno» per qualche cosa di più, ma con l'arrivo di ogni nuovo battello a vapore dall'Irlanda, questa mèta si abbassa — chi non lo vede?»

Carlyle ha qui — se noi accettiamo l'esagerata e parziale censura del carattere nazionale irlandese — completamente ragione. Questi lavoratori irlandesi, che per quattro pence4, vanno in Inghilterra — sulla coperta dei vapori, ove spesso sono accalcati come bestie — s'insinuano ovunque. Le più luride abitazioni sono per essi sempre buone; i vestiti danno loro poca pena, fino a che sono teuuti assieme da un filo; non conoscono scarpe; il loro nutrimento è di patate e soltanto di patate. Quello che guadagnano in più, lo spendono in bevande; che bisogno ha una tale razza di un salario elevato? I quartieri più luridi di tutte le grandi città sono abitati da irlandesi; ovunque, dove un quartiere si distingue per particolare sudiciume e particolare corruzione, si può esser certi innanzi tutto di incontrarsi con queste faccie celtiche, che si distinguono a primo sguardo dalle fisonomie sassoni degli indigeni, e di udire l'aspirata pronuncia dura del vero irlandese, che questi giammai dimentica. Qualche volta ho udito parlare persino l'irlandese-celtico nelle parti di densa popolazione di Manchester. La maggioranza delle famiglie, che abitano nelle cantine, è quasi ovunque d'origine irlandese. Breve; gli irlandesi hanno trovato, come dice il Dr Kay, quello che è il minimum dei bisogni della vita e lo insegnano agli operai inglesi. Essi hanno portato con sé pure la sporcizia e la passione del bere. Questa sporcizia, che nel paese, dove la popolazione vive sparsa, non danneggia molto, ma che per l'irlandese è divenuta una seconda natura, diviene nelle grandi città per la loro concentrazione, spaventevole e pericolosa. Come il milesiano era abituato a casa sua, getta pur qui tutte le immondizie ed i resti innanzi alla porta di casa, e perciò s'ammassano pozzanghere e mucchi di escrementi che insudiciano i quartieri operai ed appestano la loro aria. Come usa in patria, l'irlandese fabbrica in casa il suo porcile, e, se non può, lascia che il suo porco dorma nella stanza presso di lui. Questo nuovo modo anormale di allevamento nelle grandi città è completamente di origine irlandese; l'irlandese è attaccato al suo porco, come l'arabo al suo cavallo, soltanto con la differenza che il primo vende il porco se è abbastanza grasso per poter essere macellato, ma parimenti mangia e dorme con esso, con esso giuocano i suoi bambini che lo cavalcano e che con esso rotolano nelle immondizie, come si può vedere in tutte le grandi città d'Inghilterra, centinaia di volte. Non si può dare alcuna idea della sporcizia, dell'inabitabilità dominante nelle stesse case. L'irlandese non è abituato al mobiglio; un mucchio di paglia, un paio di stracci troppo rovinati per vestiti, ecco quanto è sufficiente per il suo giaciglio. Un pezzo di legno, una sedia rotta, una vecchia cassa invece del tavolo, egli non abbisogna di più; un ramino per il thè, alcune pentole ed alcuni cocci, tutto ciò gli basta ad arredare la sua cucina, che contemporaneamente è camera da letto o d'abitazione. E, se gli manca combustibile, tutto ciò che può essere bruciato, e che è alla sua portata, sedie, scaffali, assi, se vi dovessero essere, passano sul camino. Inoltre a che gli abbisogna molto spazio? Nella sua capanna d'argilla, in Irlanda, soltanto un locale serviva per tutti i bisogni casalinghi; anche in Inghilterra alla famiglia non abbisogna di più di una stanza. Così, pure questo affollamento di molte persone in un solo locale, che ora avviene generalmente, sopratutto fu portato dall'immigrazione irlandese. E perciò il povero diavolo nondimeno deve avere un godimento e la società lo ha escluso da ogni altro, così egli va a cercarlo e beve l'acquavite. L'acquavite è la sola cosa che fa cara all'irlandese la vita di fatiche — l'acquavite e nel medesimo tempo il suo carattere trascurato e lieto — e quindi gozzoviglia nell'acquavite sino all'ubbriachezza più brutale. ll carattere meridionale e leggero dell'irlandese, la sua ruvidezza, che lo pone poco più in alto del selvaggio, il suo disprezzo per tutti i godimenti umani, dei quali è incapace appunto per questa ruvidezza, la sua sporcizia e la sua miseria, tuttociò favorisce la sua passione per le bevande — la tentazione è troppo forte, egli non le può resistere, e, come guadagna denaro, deve cacciarlo in gola. Come potrebbe essere altrimenti? Come vuole la società, che lo pone in uno stato in cui egli quasi di necessità deve divenire un'ubbriacone, che lo trascura in tutto e che lo lascia inselvatichire, come vuole essa di poi accusarlo, se realmente egli diviene un ubbriacone?

L'operaio inglese ha da lottare con un simile concorrente, un concorrente che sta nel gradino più basso ch'è possibile in un paese civilizzato e che perciò abbisogna anche di un salario minore di qualsiasi altro. Perciò non è affatto possibile, come il Carlyle dice, che il salario dell'operaio in tutti i rami in cui l'irlandese può con lui concorrere, non venga sempre più abbassato. Questi rami di lavoro sono molti. Tutti quelli che richiedono poca o nessuna abilità, sono aperti all'irlandese. Invero per lavori che richiedono un lungo tempo per essere appresi o un'azione regolarmente continua, l'irlandese sregolato, incostante e ubbriacone si trova troppo in basso. Per divenire meccanico (mechanic è in inglese ogni lavoratore occupato alla fabbricazione delle macchine) e operaio industriale, l'irlandese dovrebbe in primo luogo accettare la civiltà inglese ed i costumi inglesi, in breve, divenire inglese. Ma dove si tratta di un lavoro semplice e poco esatto, che dipende più dalla forza che dall'abilità, in tale caso l'irlandese è capace quanto l'inglese. Perciò pure questi rami di lavoro sono abbandonati dagli inglesi; i tessitori a mano, i manuali, i facchini, gli artigiani, sono nella massima parte irlandesi, e l'affollarsi di questa nazione ha contribuito moltissimo all'abbassamento del salario e della classe lavoratrice. E se anche gli irlandesi, penetrati nelle altre branche di lavoro, dovessero divenire più civilizzati, rimarrebbero tuttavia sempre abbastanza dipendenti dalla vecchia economia per influire — accanto all'influenza che sarebbe prodotta dalla vicinanza degli irlandesi — in modo degradante sui compagni di lavoro inglesi. Poichè, se quasi in ogni grande città un quinto od un quarto degli operai sono irlandesi o figli di irlandesi cresciuti nella sporcizia irlandese, non farà meraviglia che la vita dell'intera classe operaia, i suoi costumi, la condizione intellettuale e morale, tutto il suo carattere abbiano preso una parte importante di questa natura irlandese; si potrà intendere come la condizione del lavoratore inglese deplorevole per l'industria moderna e per le sue conseguenze, sia divenuta ancor più degradante.


Note

1. Archibald Alison, High Sheriff of Lanarkihire. The Principles of Population, and their connection with Human Happines. 2 vols. Questo Alison è lo storico della rivoluzione francese, e come suo fratello, il Dr W. P. Alison, religioso Tory.

2. Chartism, p. 28, 31, ecc.

3. Miles è il nome degli antichi re celti di Irlanda.

4. Quaranta centesimi.



Ultima modifica 2019.07.17