Ideologia Tedesca

Capitolo IV

Comunismo, produzione della forma di relazione stessa

Il comunismo si distingue da tutti i movimenti finora esistiti in quanto rovescia la base di tutti i rapporti di produzione e le forme di relazione finora esistite e per la prima volta tratta coscientemente tutti i presupposti naturali come creazione degli uomini finora esistiti, li spoglia del loro carattere naturale e li assoggetta al potere degli individui uniti. La sua organizzazione è quindi essenzialmente economica, è la creazione materiale delle condizioni di questa unione, essa fa delle condizioni esistenti le condizioni dell’unione. Ciò che è tradotto in esistenza dal comunismo è appunto la base reale che rende impossibile tutto ciò che esiste indipendentemente dagli individui, nella misura in cui questo non è altro che un prodotto delle precedenti relazioni degli individui stessi. I comunisti dunque trattano praticamente le condizioni create dalla produzione e dalle relazioni anteriori come condizioni inorganiche, senza tuttavia immaginare che siano stati il piano o la missione delle generazioni precedenti a fornire loro del materiale, e senza credere che queste condizioni fossero inorganiche per gli individui che le creavano. La differenza fra individuo personale e individuo contingente non è una distinzione concettuale, ma un fatto storico. Questa distinzione ha un senso diverso in tempi diversi, per esempio l’ordine come qualche cosa di contingente per l’individuo nel secolo XVIII, plus ou moins anche la famiglia. È una distinzione che non dobbiamo fare noi per ciascuna epoca, ma che proprio ogni epoca fa tra i diversi elementi che trova già costituiti, e non sulla base di un concetto, ma costretta dalle collisioni materiali della vita. Ciò che appare come contingente all’epoca posteriore in opposizione all’epoca anteriore, e quindi anche fra gli elementi tramandati ad essa dall’epoca anteriore, è una forma di relazioni che corrispondeva a uno sviluppo determinato delle forze produttive. Il rapporto fra le forze produttive e la forma di relazioni è il rapporto fra la forma di relazioni e l’occupazione o l’attività degli individui. (La forma fondamentale di questa attività è naturalmente quella materiale, dalla quale dipende ogni altra forma intellettuale, politica, religiosa, ecc. La diversa configurazione della vita materiale è naturalmente dipendente, volta per volta, dai bisogni già sviluppati, e tanto la produzione quanto il soddisfacimento di questi bisogni sono essi stessi un processo storico, che non si trova in una pecora o in un cane, — capzioso argomento principale di Stirner adversus hominem (contro l'uomo), — benché nella loro forma attuale pecore e cani siano senza dubbio, ma malgré eux , prodotti di un processo storico). Le condizioni sotto le quali gli individui, finché non è ancora apparsa la contraddizione, hanno relazioni tra loro, sono condizioni che appartengono alla loro individualità, non qualche cosa di esterno ad essi, condizioni sotto le quali soltanto questi individui determinati, esistenti in situazioni determinate, possono produrre la loro vita materiale e ciò che vi è connesso; esse sono quindi le condizioni della loro manifestazione personale e da questa sono prodotte[1]. La determinata condizione nella quale essi producono corrisponde dunque, finché non è ancora apparsa la contraddizione, alla loro limitazione reale, alla loro esistenza unilaterale, la cui unilateralità si manifesta soltanto quando appare la contraddizione e quindi esiste solo per le generazioni posteriori. Allora questa condizione appare come un intralcio casuale, e allora si attribuisce anche all’epoca precedente la coscienza che essa è un intralcio. Queste diverse condizioni, che appaiono dapprima come condizioni della manifestazione personale e più tardi come un intralcio per essa, formano in tutto lo sviluppo storico una serie coerente di forme di relazioni, la cui connessione consiste in questo, che al posto della forma di relazioni precedente, diventata un intralcio, ne viene sostituita una nuova, corrispondente alle forze produttive più sviluppate e quindi al modo più progredito di manifestazione personale degli individui, e questa forma à son tour[2] diventa poi un intralcio e quindi viene sostituita con un’altra. Poiché ad ogni stadio queste condizioni corrispondono allo sviluppo contemporaneo delle forze produttive, la loro storia è altresì la storia delle forze produttive che si sviluppano e che sono riprese da ogni nuova generazione, e pertanto è la storia dello sviluppo delle forze degli individui stessi.
Poiché questo sviluppo procede per via naturale, ossia non è subordinato a un piano complessivo di individui liberamente associati, esso muove da diverse località, tribù, nazioni, branche di lavoro, ecc., ciascuna delle quali all’inizio si sviluppa indipendentemente dalle altre e non entra che a poco a poco in collegamento con le altre. Inoltre esso procede assai lentamente; i diversi stadi e interessi non vengono mai completamente superati, ma soltanto subordinati all’interesse che trionfa e continua a trascinarsi per secoli accanto ad esso. Ne segue che anche all’interno di una nazione gli individui hanno sviluppi del tutto diversi, anche non tenendo conto delle loro condizioni finanziarie, e che un interesse anteriore, la cui peculiare forma di relazioni è già stata soppiantata da quella appartenente a un interesse posteriore, resta ancora a lungo in possesso di un potere tradizionale nella comunità apparente che si è resa indipendente di contro agli individui (Stato, diritto), un potere che in ultima analisi può essere spezzato soltanto da una rivoluzione. Ciò spiega anche perché in rapporto a singoli punti, che permettono una sintesi più generale, la coscienza possa apparire talvolta più avanzata rispetto alla situazione empirica contemporanea, cosicché nelle lotte di un periodo posteriore ci si può appoggiare, come autorità, a teorici anteriori.
Al contrario, in paesi come il Nord America, che cominciano in un’epoca storica già progredita, lo sviluppo procede assai rapido. Tali paesi non hanno altri presupposti naturali all’infuori degli individui che vi si stabiliscono e che sono stati indotti a ciò dalle forme di relazioni dei vecchi paesi, non corrispondenti ai loro bisogni. Essi cominciano quindi con gli individui più evoluti dei vecchi paesi e pertanto con la forma di relazioni più sviluppata, corrispondente a questi individui, ancor prima che questa forma di relazioni possa imporsi nei vecchi paesi[3]. Questo è il caso di tutte le colonie, che non siano semplici stazioni militari e commerciali. Ne sono esempio Cartagine, le colonie greche e l’Islanda nel secolo XI e XII. Una situazione analoga si verifica nella conquista, quando nel paese conquistato viene trasportata bella e pronta la forma di relazioni sviluppata su un altro terreno; mentre nel luogo d’origine essa era ancora legata ad interessi e rapporti sopravvissuti da epoche precedenti, qui invece può e deve essere stabilita completamente e senza impedimenti, se non altro per assicurare un potere durevole ai conquistatori. (L’Inghilterra e Napoli dopo la conquista normanna, con cui ricevettero la forma più perfetta dell’organizzazione feudale).
Secondo la nostra concezione, dunque, tutte le collisioni della storia hanno la loro origine nella contraddizione tra le forze produttive e la forma di relazioni. D’altronde non è necessario che per provocare delle collisioni in un paese questa contraddizione sia spinta all’estremo in questo paese stesso. La concorrenza con paesi industrialmente più progrediti, provocata dall’allargamento delle relazioni internazionali, è sufficiente per generare una contraddizione analoga anche nei paesi con industria meno sviluppata (per esempio il proletariato latente in Germania, fatto apparire dalla concorrenza dell’industria inglese).
Questa contraddizione fra le forze produttive e la forma di relazioni, che come abbiamo visto si è già manifestata più volte nella storia fino ad oggi senza però comprometterne la base, dovette esplodere ogni volta in una rivoluzione, assumendo in pari tempo diverse forme accessorie, come totalità di collisioni, come collisioni di diverse classi, contraddizione della coscienza, lotta ideologica, ecc., lotta politica, ecc. Da un punto di vista limitato si può isolare una di queste forme accessorie e considerarla come la base di quelle rivoluzioni, ciò che è tanto più facile in quanto gli individui da cui procedevano le rivoluzioni si facevano essi stessi delle illusioni sulla loro propria attività, a seconda del loro grado di cultura e dello stadio dello sviluppo storico.

La trasformazione delle forze (rapporti) personali in forze oggettive, provocata dalla divisione del lavoro, non può essere abolita togliendosene dalla testa l’idea generale, ma soltanto se gli individui sussumono nuovamente sotto se stessi quelle forze oggettive e abolendo la divisione del lavoro. Questo non è possibile senza la comunità. Solo nella comunità con altri ciascun individuo ha i mezzi per sviluppare in tutti i sensi le sue disposizioni; solo nella comunità diventa dunque possibile la libertà personale. Nei surrogati di comunità che ci sono stati finora, nello Stato, ecc., la libertà personale esisteva soltanto per gli individui che si erano sviluppati nelle condizioni della classe do minante e solo in quanto erano individui di questa classe. La comunità apparente nella quale finora si sono uniti gli individui si è sempre resa autonoma di contro a loro e allo stesso tempo, essendo l’unione di una classe di contro a un’altra, per la classe dominata non era soltanto una comunità del tutto illusoria, ma anche una nuova catena. Nella comunità reale gli individui acquistano la loro libertà nella loro associazione e per mezzo di essa.

Da tutto quello che si è visto finora risulta che il rapporto di comunità nel quale entravano gli individui di una classe e che era condizionato dai loro interessi comuni di fronte a un terzo, era sempre una comunità alla quale questi individui appartenevano soltanto come individui medi, soltanto in quanto vivevano nelle condizioni di esistenza della loro classe; era un rapporto al quale essi partecipavano non come individui, ma come membri di una classe. Nella comunità dei proletari rivoluzionari, invece, i quali prendono sotto il loro controllo le condizioni di esistenza proprie e di tutti i membri della società, è proprio l’opposto: ad essa gli individui prendono parte come individui. È proprio l’unione degli individui (naturalmente nell’ambito del presupposto delle forze produttive attualmente sviluppate), che mette le condizioni del libero sviluppo e del libero movimento degli individui sotto il loro controllo, condizioni che finora erano lasciate al caso e che si erano rese autonome di contro ai singoli individui proprio attraverso, il fatto che essi erano separati come individui, attraverso la loro necessaria unione, che era data con la divisione del lavoro ma che per la loro separazione era diventata un vincolo ad essi estraneo. L’unione che si è avuta finora non era affatto arbitraria, come viene rappresentata per esempio nel Contrat social, ma necessaria (si confronti per esempio la formazione dello Stato nordamericano e le repubbliche sudamericane) sulla base di quelle condizioni entro le quali poi gli individui potevano godere della casualità. Questo diritto, di poter godere indisturbati della casualità all’interno di certe condizioni, veniva finora chiamato libertà personale. Queste condizioni di esistenza sono naturalmente soltanto le forze di produzione e le forme di relazioni di ciascun periodo.

Se si considera filosoficamente questo sviluppo degli individui nelle condizioni comuni di esistenza degli ordini e delle classi che si susseguono nella storia, e nelle idee generali che perciò vengono loro imposte, ci si può facilmente immaginare che in questi individui si sia sviluppata la specie o l’uomo, o che essi abbiano sviluppato l’uomo: modo di immaginare che schiaffeggia sonoramente la storia[4]. Si possono allora concepire questi diversi ordini e classi come specificazioni dell’espressione generale, come suddivisioni della specie, come fasi di sviluppo dell’uomo.
Questa sussunzione degli individui sotto classi determinate non può essere superata finché non si sia formata una classe la quale non abbia più da imporre alcun interesse particolare di classe contro la classe dominante.
Gli individui hanno sempre preso le mosse da se stessi, ma naturalmente da sé nell’ambito delle loro date condizioni e situazioni storiche, non dal « puro » individuo nel senso degli ideologi. Ma nel corso dello sviluppo storico, e proprio attraverso l’indipendenza inevitabile che entro la divisione del lavoro acquistano i rapporti sociali, emerge una differenza tra la vita di ciascun individuo in quanto essa è personale, e in quanto è sussunta sotto un qualche ramo di lavoro e sotto le condizioni relative. (Ciò non va inteso nel senso che per esempio il rentier o il capitalista cessino di essere delle persone; ma la loro personalità è condizionata e determinata da rapporti di classe determinatissimi, e la differenza emerge solo nel contrasto con un’altra classe, e per loro stessi emerge solo quando fanno bancarotta). Nell’ordine (e più ancora nella tribù) questo fatto rimane ancora nascosto: per esempio un nobile resta sempre un nobile, un roturier sempre un roturier, a prescindere da ogni altra sua condizione: è una qualità inseparabile dalla sua individualità. La differenza fra l’individuo personale e l’individuo come membro di una classe, la casualità delle condizioni di vita per l’individuo, si ha soltanto con la comparsa della classe che a sua volta è un prodotto della borghesia. Solo la concorrenza e la lotta degli individui tra di loro produce e sviluppa questa casualità come tale. Quindi sotto il dominio della borghesia gli individui sono più liberi di prima, nell’immaginazione, perché per loro le loro condizioni di vita sono casuali; nella realtà sono naturalmente meno liberi perché più subordinati a una forza oggettiva. La differenza dall’ordine si manifesta particolarmente nell’antagonismo fra borghesia e proletariato. Quando l’ordine della popolazione urbana, le corporazioni, ecc. si affermarono contro la nobiltà delle campagne, le loro condizioni di vita, la proprietà mobiliare e il lavoro artigiano, che già erano esistiti allo stato latente prima che si separassero dal vincolo feudale, apparvero come qualche cosa di positivo, che veniva fatto valere contro la proprietà fondiaria feudale, e quindi in un primo tempo anche assunsero a loro volta e a loro modo la forma feudale. Senza dubbio i servi della gleba che fuggivano consideravano la loro servitù come qualche cosa di casuale per la loro personalità. Ma con ciò facevano semplicemente la stessa cosa che fa ogni classe che si libera da un vincolo, e poi non si liberavano come classe, ma isolatamente. Inoltre essi non uscivano dall’ambito del sistema degli ordini, ma si limitarono a formare un nuovo ordine e conservarono il modo di lavoro che avevano avuto fino allora anche nella nuova situazione, e lo perfezionarono liberandolo dai vincoli che lo avevano impacciato fino allora e che non corrispondevano più allo sviluppo che esso aveva raggiunto. Nel caso dei proletari, invece, la loro propria condizione di vita, il lavoro, e quindi tutto l’insieme delle condizioni di esistenza della società odierna, sono diventati qualche cosa di casuale, su cui i singoli proletari non hanno alcun controllo e su cui nessuna organizzazione sociale può dare loro il controllo; e la contraddizione tra la personalità del singolo proletario e la condizione di vita che gli è imposta, il lavoro, si manifesta al proletario stesso, soprattutto perché egli è stato sacrificato fin dalla giovinezza e perché gli manca la possibilità di arrivare, in seno alla sua classe, alle condizioni che lo farebbero passare nell’altra classe. Mentre i servi della gleba fuggitivi, dunque, volevano soltanto sviluppare e fare affermare liberamente le loro condizioni di esistenza già in atto, e quindi in ultima istanza arrivarono soltanto al lavoro libero, i proletari invece, per affermarsi personalmente, devono abolire la loro propria condizione di esistenza quale è stata fino ad oggi, che in pari tempo è la condizione di esistenza di tutta la società fino ad oggi, il lavoro. Essi si trovano quindi anche in antagonismo diretto con la forma nella quale gli individui della società si sono dati finora un’espressione collettiva, lo Stato, e devono rovesciare lo Stato per affermare la loro personalità.

NOTE

1. Produzione della forma di relazioni stessa. (Nota di Marx).

2. A sua volta.

3. Energia personale degli individui di singole nazioni – Tedeschi e Americani – energia già per incrocio di razze – donde il cretinismo dei tedeschi – in Francia, Inghilterra, ecc. Popoli stranieri trapiantati su un terreno già sviluppato, in America su un terreno tutto nuovo, in Germania la popolazione naturale è rimasta tranquillamente al suo posto. (Nota di Marx e Engels)

4. La frase che ricorre spesso in san Max, che ciascuno è tutto ciò che è attraverso lo Stato, è in sostanza identica all’affermazione secondo cui il borghese è soltanto un esemplare della specie borghese; affermazione che presuppone che la classe dei borghesi sia esistita già prima degli individui che la compongono (Nota di Marx e Engels)


Ultima modifica 16.12.2007