Un caso Mirès [1] su scala internazionale

Marx (1862)

 


Trascritto da Roberto Saranga, Settembre 2000


 

Londra, 28 aprile 1862

Un tema importante nei circoli diplomatici inglesi è la comparsa della Francia sulla scena messicana. Si trova sconcertante il fatto che Luigi Bonaparte abbia dovuto rinforzare il corpo di spedizione nel momento in cui aveva promesso di ridurlo, e che egli voglia andare avanti mentre l'Inghilterra si ritira. Qui si sa molto bene che la spinta per la spedizione messicana è venuta dal governo di San Giacomo, non dalle Tuileries. Si sa altrettanto bene che a Luigi Bonaparte piace portare a termine tutte le sue imprese, ma in modo particolare le avventure oltremare, sotto l'egida dell'Inghilterra. Come è noto, il restaurato impero non ha ancora emulato le gesta del suo predecessore acquartierando gli eserciti francesi nelle capitali dell'Europa moderna. Come pis aller, li ha portati invece nelle capitali dell'antica Europa, a Costantinopoli, Atene e Roma, e nientemeno che a Pechino. E se si perdesse l'effetto spettacolare di un viaggio nella capitale degli aztechi, e l'occasione di raccolte archeologiche militari à la Montauban? Tuttavia, se si considerano lo stato attuale delle finanze francesi e i futuri seri conflitti con gli Stati Uniti e con l'Inghilterra ai quali può portare l'avanzata di Luigi Bonaparte in Messico, allora si è costretti a rifiutare senza ulteriori domande l'interpretazione precedentemente data della sua condotta, che è condivisa da diversi giornali britannici.

Al tempo della Convenzione del 17 luglio 1861, quando si dovevano soddisfare i diritti dei creditori inglesi, e contemporaneamente il plenipotenziario inglese richiedeva un esame di tutti i debiti ed i misfatti del Messico, il ministro degli Esteri messicano valutò il debito nei confronti della Francia a 200 mila dollari, cioè una bagatella di circa 40 mila sterline. Il calcolo fatto ora dalla Francia, d'altra parte, non si limita affatto a questa modesta cifra.

Sotto l'amministrazione cattolica di Zuloaga e Miramon furono emesse obbligazioni dello stato messicano per l'ammontare di 14 milioni di dollari, per il tramite della banca svizzera di J. B. Jecker e Co. La somma totale delle obbligazioni arrivò soltanto a 5% dell'ammontare nominale, ossia a 700 mila dollari. La somma totale delle obbligazioni emesse cadde immediatamente nelle mani dei francesi più importanti, fra i quali i parenti dell'imperatore e le eminenze grigie della haute politique. La banca di Jecker e Co. fece avere le obbligazioni a quei signori a molto meno del loro prezzo di emissione.

Miramon contrasse questo debito al tempo in cui la capitale era in suo possesso. In seguito, dopo che si ridusse alla stregua di un semplice capo di guerriglieri, fece in modo che obbligazioni di stato per il valore nominale di 38 milioni di dollari venissero emesse attraverso il cosiddetto ministro delle Finanze, il Señor Peza-y-Peza. Ancora una volta fu la banca di Jecker e Co. che negoziò l'emissione, ma in quell'occasione limitò il suo anticipo alla modesta somma di 500 mila dollari, ossia dall'1% al 2% a dollaro. Ancora una volta i banchieri svizzeri seppero disporre della loro proprietà messicana con la massima rapidità, e ancora una volta le obbligazioni caddero nelle mani di quei francesi "importanti", tra i quali vi erano gli habitués della corte imperiale i cui nomi resteranno negli annali delle borse europee finché si ricorderà il caso Mirès.

Dunque, questo debito di 52 milioni di dollari, dei quali finora non sono stati pagati nemmeno 1.200.000 dollari, l'amministrazione del presidente Juarez si rifiuta di riconoscerlo, da un lato perché non ne sa niente, dall'altro perché Miramon, Zuloaga e Peza-y-Peza non avevano alcuna autorità costituzionale per contrattare un tale debito di stato. Ad ogni modo i francesi "importanti" in questione dovevano far valere in alto loco il punto di vista opposto.

Lord Palmerston da parte sua veniva debitamente informato da alcuni membri del Parlamento che tutta la faccenda avrebbe provocato interpellanze molto spiacevoli alla Camera Bassa. Tra le tante cose da temere, si poteva porre la questione se la potenza terrestre e navale britannica dovesse servire a sostenere le operazioni rischiose di certi politici d'oltre Manica amanti del gioco d'azzardo. Di conseguenza Palmerston ha colto prontamente l'occasione della Conferenza di Orizaba per ritirarsi da un affare che minaccia di insozzarci come una caso Mirès su scala internazionale.

Die Presse, 12 maggio 1862

 

Note

1. Isaac Jules Mirès, banchiere parigino (1809-71).

 


Ultima modifica 28.9.2000