L'origine della famiglia, della proprieta privata e dello Stato

Friedrich Engels (1884)


AVVERTENZE FILOLOGICHE DI FILIPPO TURATI

Fu durante gli squallidi e non volontarii ozii del reclusorio di Pallanza che potei dedicare parecchie giornate a una diligente revisione di questa versione - completata colle notevoli aggiunte dell'ultima edizione tedesca - dell'amico prof. Martignetti. Dei ritocchi intesi soltanto a viemmeglio italianizzarne lo stile - talvolta, per delicato scrupolo di fedeltà, un po' tedescamente duro - non occorre ch'io m'intrattenga. Debbo invece al traduttore e al lettore e alla memoria di Engels - il quale, buon conoscitore della nostra come di quasi tutte le moderne lingue europee, aveva approvato la prima versione (Benevento, 1885), e che pur troppo non è più là perché, nei dubbii, possiamo consultarlo, come solevamo - debbo un po' anche a me stesso, per la responsabilità che ciascuno deve assumere dei fatti suoi, un chiarimento su quelle modificazioni, che, toccando ad alcune parole, se così posso esprimermi, sostanziali potrebbero essere soggetto di critica.


EINZELEHE. - Questo termine ricorre frequentissimo nel volume e appartiene a quella che chiamerei la «terminologia tecnica» dell'autore. Martignetti, e con esso il Sig. Enrico Ravé, che voltò questo libro in francese1 , lo traducono quasi sempre con monogamia, matrimonio monogamico, al pari della parola Monogamie, che l'Engels impiega pure con non minore frequenza. Letteralmente, Einzelehe significa connubio singolare o di singoli, cioè connubio di due sole persone, in contrapposizione alle varie forme di connubio plurale, (poligamia, poliandria, connubio per gruppi, ecc.). Io, dovunque l'Engels adopera Einzelehe, sostituii - ad evitare anche il doppio senso dell'aggettivo «singolare» - la dizione «connubio (o unione coniugale) individuale».

Invero, finchè si credette che, di connubii plurali, non esistessero che le forme tradizionalmente note - poligamia e poliandria - e, viceversa, di connubii singolari, la sola forma monogamica, il vocabolo monogamia rispondeva e bastava. Ma le scoperte del Morgan, illustrate dall'Engels, rovesciarono cotesto semplicismo. Questo volume ci apprende come, da un lato, la poligamia e la poliandria siano state precedute (a prescindere dall'antichissima e supposta promiscuità assoluta, che non sarebbe una forma, anzi sarebbe piuttosto la negazione di ogni forma di vero connubio) da molteplici modi di una unione coniugale, che ha insieme della poliandria e della poligamia, senza essere nè l'una, nè l'altra, e che fu chiamata «connubio per gruppi» (Gruppenehe): nel quale tutta una serie di donne erano mogli di tutta una serie di mariti, e del quale la forma punalua sarebbe stata il tipo più evoluto e classico. Ci apprende, dall'altro lato, che, assai prima che trionfasse la rigorosa monogamia dei tempi storici (feste Monogamie), la quale del resto non significa sempre - non significò mai, secondo Engels - la limitazione del rapporto sessuale abituale ad una coppia unica; usarono, per quasi tutto il periodo della Barbarie e per gran parte altresì dell'epoca selvaggia, forme varie di connubii a tempo, dal vincolo più o meno rilassato (lockre Monogamie), ma fra due sole persone; vere forme dunque di connubio singolare od individuale (Einzelehe). La Paarungsehe, connubio per coppie, o sindiasmico, sarebbe stata la forma classica di questi maritaggi, risolubili per mutuo consenso, o per volontà di una delle parti, rimanendo i figli alla madre.

Non solo: ma, mentre le varie forme di connubio per gruppi tennero un larghissimo posto nella evoluzione umana e durarono per millennii, come unioni perfettamente organizzate, sulle quali imperniavasi un sistema complicato e ben fisso di parentela e tutta una costituzione sociale; l'Engels ci dimostra come la poligamia e la poliandria, queste forme di connubii per gruppo unilaterali, non poterono essere mai se non l'eccezione e, com'egli si esprime, «un prodotto di lusso della storia» (pag. 76). Dall'altro canto, la monogamia propriamente detta, quella che l'Engels chiama preferibilmente Monogamie, non si svolge dalle varie forme di connubio individuale, e in particolare dal connubio sindiasmico, se non a un dato momento della storia e sotto la pressione di fattori speciali - fattori economici. - Fu dacché l'allevamento sistematizzato degli armenti, devoluto sopratutto al sesso maschile, permise all'uomo di accumulare ricchezze suscettive di appropriazione individuale e di scambio, dalla proprietà delle quali la donna era esclusa: fu soltanto da tale momento, il quale appare nello stadio più avanzato della Barbarie, già quasi alle soglie dell'epoca civile, che l'uomo - intendiamo il maschio umano - ebbe possibilità ed interesse di modificare la forma di famiglia per modo, da assicurare ai propri figli (la cui paternità doveva, a tal uopo, risultare ben certa) l'eredità di cotesti suoi beni. Caddero allora (nell'ipotesi dell'Engels) il diritto materno e la discendenza in linea femminile; l'uomo diventò, nella famiglia, il despota; si pretese dalla donna (non si dice che la si ottenesse) la fedeltà più rigorosa, e il connubio non fu più risolubile per sua iniziativa. La «monogamia» nasce in questo momento, dopo un lungo periodo di Einzelehen di varia natura; nasce, col suo corteggio obbligato di infedeltà, specialmente mascolina, di eterismo, di prostituzione; monogamia, in ogni caso, temperata e corretta dall'adulterio. E, com'essa è nata da fattori economici, così con questi si trasforma; ecco l'odierno matrimonio proletario, nel quale, per la rispettiva indipendenza e quasi parità economica dei due sessi, i caratteri storici della monogamia, la supremazia del maschio, l'adulterio ecc., la stessa ferrea indissolubilità, si ottundono; e più si ottunderanno quanto più (come già sta avvenendo) i lavori domestici si trasformeranno in servizio sociale. Il matrimonio proletario, dice l'Engels, è monogamo nel senso etimologico, ma non affatto nel senso storico della parola; il connubio dell'avvenire farà della monogamia (intendasi qui, dunque, nel senso etimologico) una realtà per la prima volta anche per l'uomo (pagg. 92 e 97).

Non è dunque un semplice accidente se l'Autore di questo libro adopera distintamente le due diverse espressioni, Monogamie ed Einzelehe; e generalmente (non manca qualche esempio in contrario, ma in casi nei quali non è possibile l'equivoco) adotta il termine greco per la forma storica e il tedesco per la monogamia in senso etimologico, e quindi nel significato più generale. Postochè l'Einzelehe comprende la Monogamie, ma non viceversa, e questa è preceduta e potrà essere susseguita da lunghissimi periodi di Einzelehen che non sono Monogamie, è chiaro che l'adottare un vocabolo solo per i due concetti non può essere senza confusione. Sovente, infatti, la confusione si affaccia. Qualche volta il Ravé tenta sfuggirle, rendendo, per esempio, Einzelehe con «mariage unique»(?) (pag. XIV), o risolve la difficoltà sopprimendone l'obbietto, come a pag. 13, dove Einzelehe diventa Ehe: «ce genre de mariage.....»; preceduto in questo spediente dal Martignetti (ediz. 1885, pag. 21). Ma ecco un brano che mi sembra risolutivo (cfr. più oltre, pag. 105-106; ultima ediz. tedesca 1894, pagg. 71-72):

«Or poiché - scrive l'Engels - l'amore sessuale è di sua natura esclusivo,.... il connubio fondato sull'amore sessuale è, di sua natura, Einzelehe. Vedemmo quanta ragione aveva Bachhofen di considerare il progresso dal connubio per gruppi all'Einzelehe come l'opera sopratutto delle donne; solo il passaggio dal connubio sindiasmico alla Monogamie è dovuto agli uomini; e, storicamente,.... agevolò la infedeltà degli uomini. Ecc.»

Qui è ben chiaro che Einzelehe e Monogamie sono distinti, successivi ed in contrapposto fra loro; fra essi, cronologicamente, sta di mezzo il connubio sindiasmico, forma speciale di Einzelehe, onde si è svolta la Monogamie. Martignetti, nelle pagina manoscritte (il brano è fra gli aggiunti nelle ultime edizioni tedesche), rendeva Einzelehe nel primo caso con monogamia, nel secondo, fatto accorto della contraddizione, con matrimonio per coppie. Ravé si districa ancor peggio (pag. 108):

«Mais, dès lors que, par sa nature, l'amour sexuel est exclusif,.... le mariage basé sur l'amour sexuel est, de par sa nature, la monogamie. Nous avons vu combien Bachofen avait raison lorsqu'il considérait le progrés du mariage par groupe au mariage par couple, comme étant surtout l'oeuvre de la femme; seul le passage du mariage syndiasmique à la monogamie peut être mis au compte de l'homme; ecc.»

Nel quale testo non solo si sostituisce arbitrariamente «mariage par couple» - che sarebbe piuttosto la Paarungsehe o connubio sindiasmico, del quale pure, nel brano, è distintamente fatto cenno - alla generica Einzelehe; ma il vocabolo Monogamie gioca due parti in commedia, e, che è peggio, due parti contraddittorie: quella di connubio individuale in genere (compresa la Paarungsehe, e tutte le altre forme antiche e future) e quella di monogamia nel senso storico, e cioè di quel matrimonio, coevo alla proprietà privata e contrassegnato dal dominio maschile, al quale si applica l'aforisma di Fourier: «come nella grammatica due negazioni fanno una affermazione, così nella morale coniugale due prostituzioni formano una virtù.»

Non giova moltiplicare gli esempi. Le cose dette bastano, spero, a salvarmi da accusa di stranezza o di temerità se, per rendere Einzelehe, coniai la dicitura «connubio individuale», e sia pur che la frase non lusinghi l'orecchio: l'importante, ad ogni modo, è di intenderci sul significato.

Analogamente, Einzelfamilie volli tradotta, anzichè con «famiglia monogamica», con famiglia individuale, o singola, od isolata, a seconda dei casi. Isolirte familie usa in qualche caso l'Autore (ediz. tedesca, pag. 143), che risponde alle familles incohérentes del Fourier, nella nota a pag. 240 di questo volume. - Al vocabolo matrimonio, quando si tratta di forme primitive, ho poi sostituito connubio; non parendomi che alla Einzelehe, che fioriva, non ancora staccata, sul tronco del connubio per gruppi, possa imprimersi il suggello giuridico e contrattuale, che il sostantivo matrimonio, storicamente e volgarmente, porta con sè.


LEIBLICH. - L'aggettivo (letteralmente: corporale) è impiegato dall'Engels a designare un rapporto di consanguineità reale e diretta. Nelle famiglie per gruppi, in cui tutta una serie di donne vive in comunanza coniugale con una serie di uomini, questi sono reputati altrettanti padri, quelle altrettante madri dei figli di ciascuna di esse; e tutti i loro figli, anche quelli che nella nomenclatura odierna chiameremmo cugini, sono reputati fratelli e sorelle fra loro; i cugini (nel senso moderno) non esistono ancora. Ma vi è pure di ciascun figlio una madre certa, che lo ha generato, e un padre - il più spesso incerto - che concorse direttamente al concepimento. Questi genitori, e i fratelli e sorelle, figli di cotesta coppia, sarebbero reciprocamente genitori, figli e fratelli e sorelle leibliche. Nei rapporti però della parentela riconosciuta, in coteste famiglie per gruppi, non erano propriamente leiblich se non la genitrice verso i figli, e, fra loro, i figli di una stessa genitrice: leiblichen Geschwister (das heisst von mütterlichen Seite), scrive esplicitamente l'Engels parlando della famiglia punalua (ediz. tedesca citata, pag. 21). - Martignetti traduce talvolta carnale, tal'altra volta (di fratelli e sorelle) germani. Ravé rende leiblich colle frasi: la mère propre, le vrai père, e, trattandosi di fratelli e sorelle, germains, e una volta (pag. 31) utérins; in un luogo (pag. 118) lo sopprime. - Tutto ciò non solo genera discordanza, ma si risolve (mi sembra) nel sostituire concetti presi a prestito dalla famiglia moderna a quelli che regnavano, e soli potevano regnare, nella famiglia per gruppi. - Io preferii adottare invariabilmente l'aggettivo: carnale.


KULTUR, KULTURVÖLKER, KULTURSTUFEN. - Non è facile rendere nelle lingue latine, con vocabolo unico e costante, il tedesco Kultur e i suoi composti. Martignetti e Ravé traducono: cultura, civilizzazione, popoli civilizzati; culture, civilisation, peuples civilisés, cultivés. Se Kultur corrispondesse a civiltà o ad incivilimento, noi ci troveremmo, sin dal primo capitolo (pag. 23), a intitolare Stadii preistorici di civiltà (Vorgeschichtliche Kulturstufen) il quadro dello stato selvaggio e della Barbarie! Il Martignetti, infatti, e con esso il Ravé, ci danno per popoli inciviliti (civilizzati, civilisés, cultivés) gli antiken Kulturvölkern nei quali il diritto paterno si è appena sostituito al diritto materno della gens primitiva, i Greci dei tempi eroici, i Germani di Tacito, ecc., che appartengono allo stadio superiore della Barbarie, anzi quegli stessi Kulturvölker (ediz. tedesca, pag. 41; Martignetti, 1885, pag. 41; Ravé, pag. 63) nei quali cotesta rivoluzione non si è ancora compiuta.

L'antinomia è tanto più stridente in un libro, in cui le tre grandi epoche dell'evoluzione umana (selvaggia, barbarica, civile), e gli stadii di ciascuna di esse, sono tratteggiati colla maggior precisione, e quegli epiteti acquistano un valore tecnico, che non ha nulla d'indeterminato. D'altro canto, non potrebbe parlarsi di Kulturvölker, alludendo a popoli che stagnano, senza speranza di elevamento, nelle bassure sociali dello stato selvaggio od anche barbarico, quasi sottratti alla legge della evoluzione storica. Questi riflessi mi suggerirono di significare Kulturvölker con l'equivalente: «popoli tendenti od avviati a civiltà» od anche, dove il senso lo comporta, «più o meno inciviliti», e Kulturstufen con stadii dell'evoluzione. «Coltura», «coltivati», in italiano e in francese, hanno altro senso preciso.


PREISGEBUNG. - In più luoghi l'Engels ci parla del costume, durato a lungo fra gli antichi popoli, e tuttora esistente presso popolazioni barbariche, pel quale le fanciulle, prima di passare al connubio individuale, o anche le donne durante questo, dovevano, in dati periodi, sich preisgeben (abbandonarsi, darsi in balia) ad unioni sessuali più o meno promiscue; avanzo e riconoscimento della tradizione dei tempi, nei quali le donne appartenevano indistintamente a tutti gli uomini della tribù, o, in uno stadio successivo, a tutti gli uomini della tribù che non fossero della loro gente; e, insieme, sorta di sacrificio espiatorio (Sühnopfer), col quale acquistavano il diritto alla relativa castità del connubio individuale già sorto.

A non voler meritare il rimprovero che l'Engels muove al Westermark (V. più oltre, pag. 43) di «guardare lo stato di cose primitivo colla lente del lupanare», non mi pare possibile tradurre il concetto della Preisgebung, come fa talora il Ravé (pag. 53, 80, ecc.), coi vocaboli moderni prostituirsi e prostituzione. Simili espressioni (Prostitution, Prostituirten) sono a preferenza, se non sempre, impiegate dall'Engels per indicare il far commercio e lucro di sè, la moderna prostituzione venale o professionale, figlia dell'epoca proprietaria e compagna inevitabile del predominio maschile e del matrimonio monogamico, colla quale l'antica promiscuità nulla aveva di comune; nè quindi poteva avervi alcunchè di comune quest'altra promiscuità, rituale o simbolica, avvenisse pure talvolta a prezzo di denaro (Hingebung für Geld), denaro che in origine passava al tesoro del tempio nel quale celebravasi il rito d'amore (pag. 84). Lo stesso eterismo dei Greci, comechè le Etere fossero straniere o liberte, non è ancora la vera prostituzione. Giova rammentare come l'Engels, in una nota (pag. 45), rimproveri al Goethe di avere, in una sua ballata, troppo assimilato la religiöse Frauenpreisbung degli antichi alla prostituzione moderna.

Il Martignetti ben avvertì la differenza e soleva tradurre Preisgebung con abbandono. Questa espressione dovette soltanto venir completata, perchè non apparisse un pudibondo eufemismo.

(Aprile 1901)

Filippo Turati.


Note

1. Paris, George Carrés, 1893.



Ultima modifica 2019.06.20