Karl Marx davanti ai giurati di Colonia

Friedrich Engels (1885)


Versione di Leonardo Maria Battisti, luglio 2018


Per capir meglio i seguenti discorsi, basterà riassumer gli eventi principali a cui si rifanno.

La viltà della borghesia tedesca lasciò rialzar la reazione feudale, burocratica e assolutistica dalla terribile disfatta del marzo 1848 al punto che alla fine d'ottobre già incombeva una seconda battaglia decisiva. La caduta di Vienna [1848.10.31] (dopo lunga, eroica resistenza) insufflò il coraggio d'un colpo di Stato alla camarilla prussiana, che stimava la pur docile “Assemblea nazionale” di Berlino incontrollabile. Doveva saltar, serviva farla finita con la rivoluzione.

L'8 ottobre 1848 si formò il governo Brandeburg-Manteuffel. Il 9 trasferì la sede dell'Assemblea nazionale da Berlino a Brandeburgo onde potesse “liberamente” discutere sotto la protezione delle baionette e fuori l'influsso rivoluzionario di Berlino. L'Assemblea rifiuta di andarsene; la guardia civica rifiuta di marciare contro l'Assemblea. Il ministero scioglie la guardia civica, la disarma senza che essa resista, e pone Berlino in stato di assedio. Il 13 novembre l'Assemblea risponde ponendo il governo in stato di accusa per alto tradimento. Il governo dà la caccia all'Assemblea da un capo all'altro di Berlino. Il 15 novembre l'Assemblea decide che il ministero Brandeburg non ha facoltà di disporre del pubblico denaro né a riscuotere tasse finché essa non possa tenere liberamente le sue sedute in Berlino.

La risoluzione di rifiutar le tasse può esser efficace solo con un popolo armato contro la loro esazione. Allora la guardia civica aveva ancora armi bastevoli; eppure quasi ovunque si restò alla resistenza passiva. Solo in qualche luogo si stabilì di respingere la forza con la forza. L'appello più audace alla resistenza armata restò quello del Comitato dei circoli democratici della provincia renana, con sede a Colonia, formato da Marx, Schopper e Schneider1.

Il Comitato non riteneva che la lotta contro il colpo di Stato, fatto con successo a Berlino, potesse riprender con successo sul Reno. La provincia renana includeva cinque fortezze: lì e in Vestfalia, Magonza, Francoforte e Lussemburgo, c'era circa un terzo di tutto l'esercito prussiano, fra cui tanti reggimenti delle province orientali. A Colonia e in altre città la guardia civica era stata già sciolta e disarmata. Né il comitato riteneva di ottener la vittoria immediata in Colonia (liberata solo da poche settimane dallo stato di assedio). Si trattava di dare un esempio alle altre provincie e di salvare l'onore rivoluzionario della provincia renana. E così avvenne.

La borghesia tedesca, che aveva ceduto al Governo un posto di potere dopo l'altro, spaventata dai primi fremiti del proletariato (allora perlopiù fatti di sogni), già pentita delle velleità di dominio, fin dal marzo non sapeva cosa fare, poiché c'erano lì i poteri dell'antica società raggruppati intorno all'assolutismo, e là il giovane proletariato maturante la coscienza della sua posizione di classe, in arrivo minaccioso. La borghesia tedesca fece ciò che ha sempre fatto in tutti i momenti decisivi... essa si sottomise. I lavoratori non furono così sciocchi da combattere per la borghesia senza la borghesia; per essi (per quelli del Reno) le questioni prussiane erano solo questioni locali. Se i lavoratori avessero dovuto combattere nell'interesse della borghesia, allora lo avrebbero fatto per e in tutta la Germania. Un significativo segno precursore fu che già allora la “testa prussiana”2 non ottenne alcunché dalla classe operaia.

In breve, il Governo vinse. Il 5 dicembre, un mese dopo, il governo sciolse infine l'Assemblea di Berlino (che fino allora menò un'esistenza stentata) e impose una nuova Costituzione; che di fatto entrò in vigore solo allorché ridotta a mera farsa costituzionale.

Il giorno dopo la pubblicazione dell'appello, il 20 novembre, i tre firmatari furono citati dinanzi al giudice istruttore e fu iniziato contro essi un processo per ribellione. Manco a Colonia si parlò al tempo di arrestare gli accusati. Il 7 febbraio la Nuova Gazzetta Renana affrontò il suo primo processo per reati di stampa; Marx, io e il gerente Korff comparimmo dinanzi ai giurati e fummo assolti3. Il giorno dopo si dibatte la causa del comitato4; ma il popolo aveva già emesso il suo giudizio, eleggendo, 14 giorni prima, l'accusato Schneider a deputato di Colonia.

Il discorso difensivo di Marx, forma, come è naturale, il punto culminante del processo. È interessante per due motivi.

Primo. Perché si tratta di un comunista che deve spiegare ai giurati borghesi che le azioni che ha commesso (per le quali sta innanzi a loro come accusato) rappresentano qualcosa che era dovere ed obbligo della loro classe (la borghesia) nonché commettere, di portar alle estreme conseguenze. Basta ciò a caratterizzar la condotta della borghesia tedesca (specie prussiana) durante il periodo rivoluzionario. Si tratta di stabilire chi deve dominar: le potenze sociali e politiche raggruppate intorno alla monarchia assoluta (grande proprietà feudale, esercito, burocrazia, clero) o la borghesia? Il nascente proletariato è interessato alla lotta solo in quanto con la vittoria della borghesia esso riceve condizioni giovanti al proprio sviluppo, spazio sul campo di battaglia ove poi dovrà conseguire la propria vittoria su tutte le classi. Ma la borghesia (ceti medi inclusi) né si muove né si eccita allorché il governo nemico l'attacca nella sede del suo potere, scioglie il suo Parlamento, disarma la sua guardia civica e le impone lo stato d'assedio. Allora i comunisti scendono nell'arena, esortano la borghesia a fare ciò che è suo dannato obbligo di fare. Ante la vecchia società feudale, borghesia e proletariato sono la nuova società e alleati. L'appello resta naturalmente inascoltato e l'ironia della storia vuole che la stessa borghesia qui sieda a giudicare i proletari comunisti e rivoluzionari e lì i governi controrivoluzionari.

Secondo (e ciò vale pure ai nostri giorni) il discorso del Marx difende il punto di vista rivoluzionario contro l'ipocrita legalitarismo del governo, in modo ancora esemplare. Noi abbiamo chiamato il popolo alle armi contro il governo? Noi lo facemmo poiché dovevamo. La legge è infranta da noi fuori dal terreno della legalità? Benissimo: ma la legge da noi infranta lo fu prima dal governo eliminando il terreno della legalità. Ci si può sopprimere come nemici vinti, ma non ci si può condannar da trasgressori.

I partiti ufficiali, dalla conservatrice Kreuz-Zeitung alla liberale Frankfurter-Zeitung, rinfacciano al partito operaio socialdemocratico di essere un partito rivoluzionario, di non voler riconoscer il terreno legale creato nel 1866 e nel 1871 ponendosi (così dicono almeno i vari partiti ufficiali, fino ai nazional-liberali) fuori dal diritto comune5. A parte l'idea disumana che sia porsi fuori dal diritto comune sostener un'opinione (il che è puro Stato di polizia, che si farebbe meglio a praticar in segreto ed a qualificarlo in pubblico come Stato di Diritto), che cosa è mai il terreno legale del 1866 se non un terreno rivoluzionario? Allora si ruppe il patto federale e si dichiarò la guerra agli alleati6. Bismark risponde: «No, furono gli altri a rompere trattato federale». Al che si può rispondere che un partito rivoluzionario deve esser stupido per non trovar, per ogni levata di scudi, motivi giuridici validi per lo meno quanto quelli di Bismark nel 1866.

Allora si provocò la guerra civile (altro non fu la guerra del 1866); ma ogni guerra civile è una guerra rivoluzionaria. Si condusse la guerra con mezzi rivoluzionari. Si fecero alleanze con paesi stranieri contro tedeschi; si misero in campo truppe e navi italiane7; si adescò Napoleone III con speranze di annessioni territoriali nelle terre tedesche del Reno8. Si formò una legione ungherese che doveva combattere per scopi rivoluzionari contro i sovrani ereditari dell'Ungheria; si appoggiò Klapka in Ungheria9 e Garibaldi in Italia. Si vinse e... s'ingerirono tre corone per grazia divina (Hannover, Elettorato d'Assia, Nassau), ognuna delle quali era tanto “ereditaria” e “per grazia divina” quanto la corona prussiana10. Infine s'impose agli alleati una costituzione imperiale che, almeno in Sassonia, fu accolta tanto spontaneamente quanto la Prussia accettò la pace di Tilsit11.

Mi lagno di ciò? Giammai! Sugli eventi storici non ci si lagna; bensì si cerca di comprenderne le cause e con ciò gli effetti lungi dall'essersi attuati. Ma ciò che si ha il diritto di pretendere è che gli artefici di tutto ciò non accusino gli altri d'esser rivoluzionari. L'impero tedesco è una creatura della rivoluzione... d'una rivoluzione singolare, certo, eppure d'una rivoluzione. Ora ciò che è giusto per uno, è giusto pure per gli altri. La rivoluzione resta rivoluzione, che la faccia sia il re sia un calderaio. Un governo che adopri le leggi vigenti per liberarsi dagli avversari è come tutti gli altri governi. Ma se crede di annientarli meglio con la terribile apostrofe “sovversivi!”, al massimo spaventa il filisteo. «TU STESSO SEI UN GOVERNO SOVVERSIVO!» rintrona da tutta Europa.

Comica si fa la pretesa che un partito perda la sua natura rivoluzionaria derivante d'uopo dalle condizioni storiche, se il partito a cui si fa tale pretesa è stato prima espulso dal diritto comune, messo fuori legge, per poi chiedergli di riconoscer il terreno legale per esso espressamente abolito12.

Che si debba anche solo parlare di ciò prova l'arretratezza della Germania. Tutto il resto del mondo sa che l'assetto politico attuale è il risultato di rivoluzioni d'ogni tipo. Francia, Spagna, Svizzera, Italia... tanti Paesi, tanti governi per grazia della rivoluzione. In Inghilterra pure il whig Macaulay capisce che lo stato giuridico attuale si fonda su rivoluzioni in serie (revolutions heaped upon revolutions). Ogni 4 luglio l'America festeggia da cento anni la data inaugurale della sua rivoluzione13. In quasi tutti tali Paesi ci sono partiti che si sentono legati allo stato giuridico esistente solo finché questo è in grado di tenerli legati! Ma chi, ad esempio, accusasse in Francia i monarchici o i bonapartisti di essere rivoluzionari farebbe solo ridere.

Solo in Germania, dove politicamente mai si completano le cose (altrimenti non sarebbe divisa in due metà: l'Austria e la cosiddetta Germania), dove per questo vegetano imperiture nelle teste le idee di tempi passati ma solo in parte superati (perciò i tedeschi si autodefiniscono un popolo di pensatori)... solo in Germania si può pretender da un partito che deva sentirsi fissato all'ordine giuridico non solo nei fatti, ma pure moralmente; anzi che deva garantire a priori che, checché succeda, esso non vorrà rovesciar l'ordinamento giuridico vigente, manco potendo! Insomma un partito politico dovrebbe prometter di perpetuare l'ordinamento politico esistente. Questo significa pretendere dalla democrazia socialista di non esser più rivoluzionaria.

Ma il piccolo borghese tedesco (la cui opinione è sempre l'opinione pubblica tedesca) è un uomo singolare: mai ha fatto una rivoluzione (il Quarantotto lo fecero i lavoratori per lui... con suo raccapriccio) bensì ha subìto tante rivoluzioni. Perché in Germania a fare rivoluzioni da trecento anni sono i prìncipi. Il loro dominio territoriale e la conseguente sovranità furono il frutto di ribellioni contro l'imperatore. La Prussia per prima dette loro il buon esempio. La Prussia poté farsi regno solo allorché “il grande principe elettore” si ribellò con successo contro il suo feudatario, la corona di Polonia, e rese indipendente dalla Polonia il ducato di Prussia14. Da Federico II in poi la ribellione della Prussia contro l'impero tedesco fu elevata a sistema: costui «se ne infischiò» della costituzione imperiale in ben altro modo che il nostro amico Bracke della legge antisocialisti. Poi ci fu la rivoluzione francese, partita con lacrime e lai da principi e piccolo borghesi. I francesi e i russi col Reichsdeputationshauptschluss (relazione finale della deputazione imperiale) del 1803 divisero nel modo più rivoluzionario l'impero tedesco fra i prìncipi tedeschi poiché incapaci questi di concordar una divisione15. Poi ci fu Napoleone e permise ai suoi speciali protetti (i prìncipi di Baden, Baviera e Wurttemberg) di impossessarsi di tutte le contee, baronie e città sottoposte al diretto potere dell'imperatore, che fossero in mezzo ai loro territori. Poco dopo, questi tre rei di alto tradimento fecero l'ultima ribellione vittoriosa contro l'imperatore con l'aiuto di Napoleone, facendosi sovrani e abolendo l'antico impero tedesco16. D'allora in poi l'imperatore tedesco di fatto, Napoleone, divise di nuovo da Germania (all'incirca ogni tre anni) fra i suoi fedeli servitori, i prìncipi tedeschi e altri. Ci fu infine la gloriosa liberazione dallo straniero e per compenso la Germania fu divisa e venduta dal congresso di Vienna (cioè dalla Russia, Francia e Inghilterra) come territorio comune da usar per risarcir i prìncipi decaduti, e i borghesucci tedeschi, come tanti montoni castrati (in circa 2000 fazzoletti di terra) furono distribuiti fra trentasei sovrani, ante alla maggior parte dei quali ancor oggi essi «spirano devotissimamente» come se fossero sovrani per diritto ereditario. Ma tutto ciò non si vorrebbe essere rivoluzionario... Quanto aveva ragione Schnapphahnski-Lichnowski, sbottando nel Parlamento di Francoforte: il diritto storico non ha data. Infatti mai ne ha avuta una.

Cosa i borghesucci tedeschi pretendono dal Partito operaio socialdemocratico tedesco è che diventi piccolo borghese come loro; cioè che non faccia rivoluzioni ma le subisca. Che un governo giunto al potere mercé rivoluzioni e controrivoluzioni pretenda lo stesso significa solo che la rivoluzione va bene se è fatta da Bismark e per Bismark e soci, ma non se è fatta contro Bismark e soci.

Londra, 1° luglio 1885.

Frederich Engels.

Note

1. L'Appello del comitato distrettuale dei democratici renani a rifiutare le tasse (in: Karl Marx – Friedrich Engels, Opere Complete, vol. VIII, p. 39) uscì il 18 novembre 1848.

2. Nel 1848.03.20 il re di Prussia Federico Guglielmo IV diede la disponibilità a «mettersi alla testa di tutta la patria per la salvezza della Germania», il che divenne uno slogan durante l'unificazione tedesca.

3. Marx, Engels e Hermann Korff (il gerente della Nuova Gazzetta Renana) furono accusati di aver offeso il primo procuratore Zweiffel e i gendarmi che arrestarono Gottschalk e Anneke.

4. Marx, Karl Schapper e l'avvocato Schneider II furono accusati di incitamento alla rivolta per L'Appello del comitato distrettuale dei democratici renani a rifiutare le tasse.

5. Nel 1866 ci fu la Guerra austro-prussiana. Nel 1871.05.10 si concluse la Guerra franco-prussiana completando l'unificazione dall'alto della Germania attuata dalla politica “del ferro e del sangue” di Bismarck.

6. La Guerra austro-prussiana abolì la Confederazione germanica, creata al Congresso di Vienna (favorente il frazionamento feudale della Germania) e fondò la Confederazione Tedesca del Nord [1866.08.28].

7. Nel 1866.04.08 Prussia & Italia concludono un'alleanza segreta in cui l'Italia si impegna a dichiarare guerra all'Austria in caso lo faccia la Prussia entro tre mesi.

8. Napoleone III riteneva minaccioso uno stato tedesco unitario ai confini orientali francesi ma Bismarck promise in forma non vincolante concessioni territoriali nel Belgio e sul Reno in cambio della neutralità.

9. Nel 1866 in Slesia si formò una legione di soldati ungheresi prigionieri dei prussiani, sottoposta al comando di György Klapka, che fu però sconfitta dalle truppe austriache e sciolta alla fine della guerra.

10. La legge del 1866.09.20 annetté nello Stato prussiano il reame di Hannover, il principato di Hessen-Kassel, il ducato di Nassau e la città libera di Francoforte sul Meno, che furono alleati dell'Austria nemica.

11. La costituzione comune della Confederazione Tedesca del Nord [1867.04.17] (che passò da alleanza militare ad autentica federazione) diede al re di Prussia il controllo dell'esercito e della politica estera.
Pace di Tilsit [1807.07]: trattati fra Napoleone e la quarta coalizione antifrancese sconfitta nella battaglia di Jena-Auerstädt. La Prussia perse un notevole territorio (fra cui le terre ad ovest dell'Elba).

12. Engels scrive mentre sono in vigore le leggi antisocialiste (la prima delle quali fu approvata il 1878.10.19 dal Reichstag tedesco) che misero la socialdemocrazia fuorilegge; chiusero i giornali operai; vietarono loro le associazioni e le riunioni; permisero di dichiarare lo stato di assedio in città o distretti. Ma il partito coniugò lavoro illegale e possibilità legali. Engels ne scrive in: Bismarck and the German Working Men’s Party.

13. Nel 1776.07.04 il Congresso dei rappresentanti delle 12 colonie inglesi, riunito a Filadelfia, approvò la Dichiarazione di indipendenza, scritta da Thomas Jefferson, che proclamava la separazione dall'Inghilterra.

14. Nel 1618 il principato di Brandeburgo si unì con il Ducato di Prussia (costituito all'inizio del ‛500 da possedimenti dell'Ordine teutonico) che era vassallo dello Stato polacco.

15. Col pretesto di risarcir gli Stati tedeschi sulla riva sinistra del Reno i cui territori erano stati acquisiti dalla Francia, Francia e Russia fecero un accordo che regolava le questioni territoriali nell'interesse della Francia. Con tal accordo i 112 Stati tedeschi cessarono di esistere e i loro territori furono dati a Stati dipendenti dalla Francia: Baviera; Württemberg; Baden; Prussia. Le misure furono attuate nel 1803.02.25.

16. Alleandosi con la Francia contro la terza coalizione, Baviera e Württemberg si fecero regni indipendenti con la Pace di Presburgo [1805.12.26], e il Baden si fece granducato allo scioglimento il Sacro Romano Impero [1806]


Ultima modifica 2018.07.10