L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza

Friedrich Engels (1880)


Versione di Leonardo Maria Battisti, novembre 2017


II. IL MATERIALISMO DIALETTICO

[Cfr. Antidühring 1,1]

Intanto, accanto e dopo la filosofia francese del ‘700, era sorta la filosofia classica tedesca che trovò il suo coronamento in Hegel, il cui merito maggiore fu aver assunto la dialettica come la forma più alta del pensiero. Gli antichi filosofi greci furono tutti dialettici nati, e il più enciclopedico fra loro (Aristotele) indagò perfino le forme essenziali del pensiero dialettico. Invece la filosofia moderna (benché annoveri pure grandi esponenti della dialettica, es.: Cartesio e Spinoza) sotto l'influsso inglese si arenò sempre più nel cosiddetto metodo metafisico, che regnò quasi affatto fra i filosofi francesi del ‘700 (almeno nelle loro opere di tipo filosofico). Ma, fuori dalla filosofia autentica, pure i francesi scrissero capolavori di dialettica, es.: Nipote di Rameau (Diderot1, †1821); Discorso sull'origine della diseguaglianza tra gli uomini (Rousseau, 1755).

Adesso esporremo brevemente l'essenza di tali due METODI di pensiero [METAFISICO ovvero DIALETTICO].

Considerando la natura o la storia umana o la propria attività spirituale, appare anzitutto il quadro d'un infinito intreccio di cose connesse e interagenti, in cui nulla resta dove e come era, ma tutto si muove, muta, nasce e muore. Cioè appare anzitutto un quadro generale in cui i particolari più o meno passano in seconda linea e si bada più al movimento, ai passaggi, ai nessi (anziché a ciò che si muove, passa ed è connesso). Tale visione del mondo primitiva, ingenua ma in sostanza giusta, è l'antica filosofia greca e fu per la prima volta espressa chiaramente da Eraclito2: «tutto è e anche non è, perché tutto scorre, è in continuo cambiamento, in continuo nascer e morir». Ma, benché colga giustamente il carattere generale dei fenomeni, tale concezione è insufficiente a spiegare i particolari di cui consta il quadro generale, e finché questi particolari non sono noti, manco il quadro generale è chiaro. Per conoscere tali particolari serve staccarli dal loro nesso naturale o storico ed esaminarli ognuno per sé, nella loro natura, nelle loro cause, nei loro effetti particolari, ecc. Tale è il compito delle scienze naturali e della ricerca storica. Tali scienze ebbero appo i greci dell'età classica una funzione secondaria per valide ragioni: serviva prima raccoglier il materiale. Solo dopo un certo accumulo di materiale naturale e storico, inizia il vaglio critico, il raffronto, la divisione in classi, ordini e tipi. I princìpi delle scienze naturali furono trovati solo dai greci del periodo alessandrino3 e poi dagli arabi del Medioevo. Ma una vera scienza naturale risale solo alla seconda metà del ‘400, e poi è progredita con celerità sempre crescente. L'analisi della natura nelle sue singole parti, la ripartizione dei fenomeni e degli oggetti naturali in categorie distinte, lo studio dell'interno dei corpi organici nelle loro varie conformazioni anatomiche furono le condizioni essenziali dei progressi giganteschi nella conoscenza della natura portati dagli ultimi quattro secoli. Ma tale metodo ci ha dato una concezione generale delle cose e dei fenomeni della natura nel loro isolamento, avulsi dal vasto nesso d'insieme; un concepire le cose nel loro stato di quiete (anziché nel loro moto) come di natura fissa e stabile (anziché di natura mutevole), nella loro morte (anziché nella loro vita). E tal abito di intuizione delle cose [Weltanschauung], allorché con Bacone e Locke passò dalle scienze naturali alla filosofia, creò l'inadeguato modo di pensare metafisico la limitatezza degli ultimi secoli.

Per il metafisico le cose e le loro immagini mentali (nozioni) sono oggetti di indagine da studiare l'uno dopo l'altro e l'uno senza l'altro; fissi, rigidi, dati una volta per tutte. Il metafisico pensa per antitesi prive di termine medio; dice solo o sì o no, stimando il resto decettivo. Per lui, una cosa esiste o non esiste; ed è impossibile che una cosa sia sé stessa ed un'altra nello stesso tempo. Positivo e negativo si escludono reciprocamente in modo assoluto. Inoltre causa ed effetto stanno in rigida opposizione reciproca. Tal modo di pensare par assai verisimile poiché è il modo del sedicente senso comune. Ma il senso comune (compagno rispettabile nel mondo domestico) vive avventure curiose se si arrischia nel vasto mondo dell'indagine scientifica. Il metodo metafisico di intendere (giustificato e perfino necessario per l'analisi di tanti tipi di oggetti) prima o poi giunge a un limite oltre cui diviene parziale, ristretto, astratto e si perde in contraddizioni insolubili; poiché se contempla le cose isolate allora neglige il loro nesso, se il significato allora il loro divenir e dissolversi, se il loro stato di quiete allora il loro moto; poiché vede gli alberi anziché la foresta. Es. Pei casi più frequenti, si sa e si può dir esattamente se un animale esiste o no; ma ad un esame più esteso tal cosa è a volte complessa, come sanno i giuristi tormentati dal trovar un limite razionale oltre cui l'aborto è omicidio. E poi è impossibile stabilir l'ora del decesso poiché la fisiologia prova che la morte non è un fenomeno istantaneo, bensì di lunga durata. E poi ogni corpo organico in ogni istante è e non è sé stesso: in ogni istante assimila materie dall'esterno e ne secerne delle altre; in ogni istante muoiono cellule del suo corpo e se ne formano nuove; finché dopo un tempo la materia corporea è affatto rinnovata, sostituita da altri atomi di materia, onde ogni essere organico è sempre sé stesso nonché un altro. Ad un esame più preciso risulta pure che: i due poli di un'antitesi (positivo e negativo) sono indivisibili l'uno dall'altro benché affatto opposti; si compenetrano a vicenda malgrado la loro opposizione. E che: causa e effetto sono idee valevoli solo se applicate a casi singoli; ma considerando il nesso generale fra il caso e il mondo, tali idee si dissolvono nell'universale azione reciproca dove cause e effetti si scambiano incessanti di posto (ciò che ora o qui è effetto, là o poi diviene causa; e viceversa).

Tutti tali fenomeni e metodi di pensiero trascendono il pensiero metafisico ma confortano il metodo dialettico che stima le cose e le loro immagini mentali nel loro nesso, nel loro concatenamento, nel loro movimento, nel loro divenire e dissolversi. La natura è il banco di prova della dialettica e la scienza moderna ha fornito a tale banco di prova un ricco materiale, che cresce ogni giorno dimostrando che in definitiva la natura procede dialetticamente e non metafisicamente, che non si muove nell'eterna uniformità di un circolo che si ripete uguale bensì percorre una vera storia. Ivi serve citar anzitutto Darwin che inflisse un duro colpo alla concezione metafisica della natura, provando che tutta la natura organica d'oggi (piante; animali, uomo incluso) è il prodotto d'un processo di sviluppo milionario.4 Ma essendo finora stati pochi i naturalisti dialettici, oggi il conflitto fra i risultati scoperti & l'invalso modo di pensare metafisico causa nelle scienze naturali teoriche l'enorme confusione che porta alla disperazione maestri e scolari, scrittori e lettori.

Un'esatta rappresentazione dell'universo, del suo sviluppo e di quello dell'umanità, nonché dell'immagine di tale sviluppo nella mente degli uomini, può ottenersi solo per via dialettica, considerando sempre le azioni reciproche del divenir e del dissolversi, dei mutamenti progressivi o regressivi. Tale via percorse la filosofia tedesca moderna fin dall'inizio. Kant iniziò la sua carriera scientifica provando che il sistema solare newtoniano (preteso stabile e di eterna durata) è un processo storico (una volta dato il famoso impulso iniziale): cioè una formazione del sole e di tutti i pianeti da una massa nebulosa rotante.5 E concluse che dalla formazione del sistema solare segue d'uopo la sua futura dissoluzione. Mezzo secolo dopo le sue teorie ricevettero da Laplace una base matematica; e un altro mezzo secolo dopo lo spettroscopio trovò nello spazio cosmico tali masse gassose incandescenti a diversi gradi di condensazione.

Tale filosofia tedesca moderna trovò il suo compimento nel sistema hegeliano che per la prima volta (ciò è il suo grande merito) concepì tutto il mondo naturale, storico e spirituale come un processo (cioè in un movimento, in un cambiamento, in una trasformazione, in uno sviluppo incessanti) e cercò il legame che rende tali movimento e sviluppo un'unità. Da tale punto di vista, la storia umana non parve più una serie di violenze insensate (tutte ugualmente condannabili davanti al tribunale della matura ragione filosofica, e che è meglio dimenticare al più presto possibile); bensì come il processo di evoluzione dell'umanità. E ora il compito del pensiero consisteva nel: seguire lo sviluppo progressivo di tale processo che si compie per gradi (attraversando pure deviazioni); e trovare una legge intima di tale processo (in apparenza dovuto al caso).

Il memorabile merito di Hegel è aver impartito tale compito; è irrilevante che non l'abbia assolto. Invero è un compito che nimo potrà assolver da solo. Hegel (con Saint-Simon, le menti più universali coeve) era tuttavia limitato dalle sue conoscenze d'uopo limitate e poi dalle conoscenze coeve altrettanto ridotte. Ma soprattutto Hegel era un idealista, cioè per lui le idee della mente non erano i riflessi (più o meno astratti) delle cose e dei fenomeni reali, bensì le cose e il loro sviluppo erano i riflessi materializzati dell'«Idea» preesistente (non si sa come) al mondo creato ad immagine di un'idea esterna. Il nesso autentico fra mondo materiale e idee prodotte dal cervello era così ribaltato. E benché certe questioni della scienza e della storia siano concepite in modo giusto e geniale da Hegel, il sistema nel suo insieme riproduce d'uopo l'errore basilare, dovendo risultare un aborto; ma fu anche l'ultimo nel suo genere. Inoltre ha un'intima contraddizione insanabile: da un lato presuppone la visione storica delle cose (per cui la storia umana è un processo di sviluppo per natura infinito che non può concludersi nella scoperta d'una verità assoluta) & d'altro canto il sistema pretende di esplicare proprio tale verità assoluta. Un sistema complessivo e concluso della conoscenza della natura e della storia contraddice i principi basilari del pensiero dialettico. Ma ciò non esclude affatto bensì implica che la conoscenza sistematica di tutto il mondo esterno migliora in ogni generazione.

Svelar l'assurdità dell'idealismo tedesco coevo portò d'uopo al materialismo dialettico, ma bada: non un settecentesco materialismo metafisico e solamente meccanicistico, che nella foga rivoluzionaria rifiutò in toto la storia passata, bensì il materialismo dialettico che vede nella storia l'evoluzione dell'umanità (graduale e sovente interrotta) e ha il compito di scoprirne le leggi di movimento. Anziché (come i francesi settecenteschi e Hegel) concepir la natura come un tutto invariabile moventesi in orbite ristrette, coi suoi eterni corpi celesti (come aveva insegnato Newton6) e colle sue invariabili specie di esseri organici (come aveva insegnato Linneo7) , il materialismo dialettico caletta coi progressi delle scienze naturali, per cui pure la natura ha uno sviluppo storico: i corpi celesti e le specie organiche che ci abitano nascono e muoiono in situazioni favorevoli, e le orbite assumono dimensioni molto più vaste (nei limiti del possibile). In ambi i casi al moderno materialismo dialettico non serve una filosofia che trascenda le scienze. Se ogni scienza particolare trova posto nel nesso generale delle cose e della conoscenza delle cose, allora una scienza specifica del nesso generale è superflua. Ciò che resta di tutta la filosofia esistita finora è la dottrina del pensiero e delle sue leggi (logica formale e dialettica). Il resto è scienza della natura e della storia.

La concezione della natura fu rivoluzionata solo dall'apporto al materiale fornito dalla scienza positiva, invece la rivoluzione della concezione della storia fu resa necessaria già prima da fatti storici. Nel 1831 a Lione8 capitò la prima rivolta operaia: dal 1838 al 1842 il primo movimento operaio nazionale (quello dei cartisti inglesi) raggiunse il suo apice9. La lotta di classe fra proletario e borghesia segnò la storia dei paesi più progrediti d'Europa, man mano che si sviluppava in quei paesi da un lato la grande industria e dall'altro la conquista borghese del potere politico. I fatti smentirono sempre di più le teorie economiche borghesi dell'identità di interessi del capitale e del lavoro, dell'armonia generale e del benessere generale del popolo come conseguenza della libera concorrenza. Erano innegabili sia tali fatti sia il socialismo francese ed inglese che ne era l'espressione teorica, benché imperfetta. Ma la concezione idealistica della storia coeva non conosceva le lotte di classi basate su interessi materiali; anzi non riconosceva alcun interesse materiale; infatti la produzione e tutti i rapporti economici vi rientravano solo di sfuggita come elementi secondari della “storia della civiltà”.

I nuovi fatti costrinsero a riesaminar tutta la storia passata, provando che essa (eccetto le età primitive) era tutta storia di lotte delle classi, che tali classi sociali in lotta fra loro sono generate dai rapporti di produzione e di scambio, cioè dai rapporti economici coevi; onde la struttura economica di una data società è la base reale necessaria per spiegare davvero tutta la sovrastruttura sia delle sue istituzioni giuridiche e politiche e delle ideologie religiose, filosofiche e di altro genere che le sono proprie. Hegel liberò la concezione della storia dalla metafisica, la rese dialettica ma comunque essenzialmente idealistica. Ora l'idealismo veniva espulso dal suo ultimo rifugio dalla scienza storica basata sulla concezione materialistica della storia che riuscì a spiegar la coscienza degli uomini col loro vivere, anziché spiegare il loro vivere con la loro coscienza, come si era fatto fino allora. Onde il socialismo pareva ora (anziché scoperta accidentale di questa o di quella mente geniale) il risultato necessario della lotta di due classi formatesi storicamente: il proletariato e la borghesia. Anziché approntar un sistema il più possibile perfetto della società, il compito socialista era studiare il processo storico-economico da cui d'uopo erano sorgono le classi e il loro conflitto, e cercare nella situazione economica così creata il mezzo per elidere il conflitto. Ma il socialismo coevo era incompatibile con la nuova scienza storica quanto il materialismo francese era incompatibile colla dialettica e con la scienza naturale. Il socialismo coevo, pur criticando il vigente modo di produzione capitalistico e i suoi effetti, non sapeva spiegarlo né quindi superarlo: poteva solo giudicarlo un male. Quanto più violentemente il socialismo primitivo inveiva contro lo sfruttamento della classe operaia (inseparabile dal modo di produzione capitalistico), tanto meno sapeva spiegare cosa fosse e come sorga tale sfruttamento. Invece serviva, da un lato, spiegar tale modo di produzione capitalistico come una tappa storica e la sua necessità per un certo periodo storico (onde la sua necessaria transitorietà); e, dall'altro, esibir il suo carattere intimo (non ancora capito). Ciò capitò colla scoperta del plusvalore. Fu provato che l'appropriazione di lavoro non pagato è la forma basilare del modo di produzione capitalistico e del connaturato sfruttamento dell'operaio; che, anche comprando la forza-lavoro dell'operaio al pieno valore che come merce essa ha sul mercato, il capitalista ne trae comunque un valore maggiore di ciò che ha pagato per comprarla; e che insomma tale plusvalore è la somma dei valori per cui si accumula la massa di capitale continuamente crescente nelle mani delle classi possidenti. Ecco spiegato come funzionano la produzione capitalistica e la produzione del capitale. Ambe tali grandi scoperte (la concezione materialistica della storia e la spiegazione del segreto della produzione capitalistica mediante il plusvalore) sono di Karl Marx. Ambe tali grandi scoperte resero il socialismo una scienza che ora serve anzitutto elaborare ulteriormente in tutti i suoi particolari e in tutte le sue relazioni.

Note

1. Denis Diderot [1713-1784]: illuminista francese, seguace del materialismo meccanicistico, ateo, precursore della borghesia rivoluzionaria francese, redattore dell'Enciclopedia.

2. Eraclito [VI sec. a.C.]: filosofo greco, uno dei fondatori della dialettica, seguace del materialismo spontaneo. Concepì la vita dell'universo come un perenne divenire.

3. Periodo alessandrino [III sec. a.C. - VII sec. d.C.]: periodo di intenso sviluppo delle scienze: matematica (Euclide; Archimede; ...); geografia; astronomia; anatomia; fisiologia.

4. Darwin pubblicò nel 1859 l'Origine della specie e nel 1871 l'Origine dell'uomo.

5. Engels ivi si riferisce all'opera di Kant: Storia naturale universale e teoria dei cieli [1755].

6. Isaac Newton [1642-1727]: fisico, astronomo e matematico inglese, padre della meccanica classica. Enunciò la legge della gravitazione universale.

7. Karl von Linné [1707-1778]: naturalista svedese, autore della prima classificazione scientifica delle piante e degli animali.

8. Durante uno sciopero degli operai tessili di Lione per la fissazione del salario minimo, una manifestazione fu dispersa a fucilate. Gli operai insorsero e tennero la città finché non fu fatto intervenire l'esercito.

9. Cartisti: movimento attivo fino al 1848, senza un programma e una tattica determinati né una direzione proletaria e rivoluzionaria. La sua importanza e l'influenza del cartismo sulla storia politica dell'Inghilterra e sull'evoluzione del movimento operaio mondiale furono enormi.


Ultima modifica 2019.05.20