Principi Elementari di Filosofia

Parte prima

I PROBLEMI FILOSOFICI

INTRODUZIONE

1. Il problema fondamentale della filosofia

2. L'idealismo

3. Il materialismo

4. Chi ha ragione l'idealista o il materialista?

5. Esiste una terza filosofia? L'agnosticismo

 

 

INTRODUZIONE

 

 

1. Perché studiare la filosofia?


Nel corso di quest'opera ci proponiamo di presentare e di spiegare i principi elementari della filosofia materialistica.

Perché? Perché il marxismo è intimamente legato a una filosofia e a un metodo: quelli del materialismo dialettico. È dunque indispensabile studiare questa filosofia e questo metodo sia per capire il marxismo e confutare gli argomenti delle teorie borghesi, sia per svolgere una lotta politica efficace.
Difatti Lenin ha detto: « Senza teoria rivoluzionaria, non vi può essere movimento rivoluzionario » (1), Questo significa innanzitutto: occorre unire teoria e pratica.

Cos'è la pratica? È il fatto di realizzare. Per esempio, l'industria, l'agricoltura realizzano (cioè: fanno passare nella realtà) alcune teorie (teorie chimiche, fisiche o biologiche).

Cos'è la teoria? È la conoscenza delle cose che vogliamo realizzare.
Possiamo essere solo pratici, ma allora realizziamo meccanicamente. Possiamo essere solo teorici, ma allora ciò che pensiamo è spesso irrealizzabile. Occorre quindi che vi sia un legame tra la teoria e la pratica. La questione è di sapere quale deve essere questa teoria e quale il suo legame con la pratica.

Riteniamo che il militante operaio debba avere un metodo di analisi e di ragionamento corretto per poter realizzare un'azione rivoluzionaria corretta. Egli ha bisogno di un metodo che non sia un dogma che gli dia delle soluzioni già pronte, ma un metodo che tenga conto dei fatti e delle circostanze, che non sono mai gli stessi, un metodo che non separi mai la teoria dalla pratica, il ragionamento dalla vita. E tale metodo è contenuto nella filosofia del materialismo dialettico, base del marxismo, che ci proponiamo di spiegare.


2. Lo studio della filosofia è difficile?

Generalmente si pensa che, per gli operai, lo studio della filosofia sia pieno di difficoltà e che richieda delle conoscenze particolari. Dobbiamo ammettere che il modo in cui sono redatti i manuali borghesi sembra fatto apposta per confermare questa loro idea e non può che scoraggiarli. Non neghiamo le difficoltà che si incontrano nello studio in genere, e in quello della filosofia in particolare; ma si tratta di difficoltà perfettamente superabili e che derivano soprattutto dal fatto che si tratta di cose nuove per molti dei nostri lettori.
Sin dall'inizio, precisando bene le cose, li inviteremo a rivedere le definizioni di alcune parole che sono state alterate nel linguaggio comune.

3. Cos'è la filosofia?

Comunemente per filosofo si intende: o uno che vive nelle nuvole, o uno che prende le cose per il verso migliori uno che « non se la prende». Il filosofo, invece, è colui che vuole dare delle risposte precise ad alcune domande e, se consideriamo che la filosofia vuole dare una spiegazione ai problemi dell'universo (qual è l'origine del mondo? dove andiamo noi? ecc.), vediamo, dunque, che il filosofo si occupa di molte cose e che, contrariamente a quanto si dice, « se la prende molto ».
Quindi, per definire la filosofia, diremo che vuole spiegare l'universo, la natura, che la filosofia è lo studio dei problemi più generali. I problemi meno generali sono studiati dalle scienze. La filosofia è dunque un prolungamento delle scienze nel senso che si basa su di esse e da esse dipende.
Aggiungiamo subito che la filosofia marxista fornisce un metodo di risoluzione dei problemi e che questo metodo deriva da ciò che viene chiamato il materialismo.

4. Cos'è la filosofia materialistica?

Anche qui vi è una confusione che occorre immediatamente mettere in luce; comunemente, si intende per materialista colui che non pensa che a godere dei piaceri materiali. Giocando sulla parola materialismo .(che contiene la parola materia) si è cosi giunti ad attribuirle un significato completamente falso.

Studiando il materialismo, nel senso scientifico del termine, gli restituiremo il suo autentico significato; essere materialista non impedisce, e lo vedremo, di avere un ideale e di combattere per farlo trionfare.

Abbiamo detto che la filosofia vuole dare una spiegazione ai problemi più generali del mondo. Ma, nel corso della storia dell'umanità, questa spiegazione non è sempre stata la stessa. I primi uomini cercarono, sì, di spiegare la natura, il mondo, ma non vi riuscirono. Ciò che consente, infatti, di spiegare il mondo e i fenomeni che ci circondano, sono le scienze; ma le scoperte che hanno consentito alle scienze di progredire sono molto recenti. L'ignoranza dei primi uomini era quindi un ostacolo alle loro ricerche. Ecco perché, nel corso della storia, a causa di questa ignoranza, vediamo comparire le religioni, che intendono anch'esse spiegare il mondo, ma per mezzo di forze sovrannaturali. Si tratta di una spiegazione antiscientifica. Tuttavia, poiché, nel corso dei secoli, poco alla volta, la scienza si sviluppa, gli uomini si sforzeranno di spiegare il mondo attraverso i fatti materiali, a partire da esperienze scientifiche, ed è cosi che, da questa volontà di spiegare le cose con le scienze, nasce la filosofia materialistica.

Nelle pagine successive studieremo così il materialismo ma, fin d'ora, dobbiamo tenere a mente che il materialismo altro non è che la spiegazione scientifica dell'universo. Studiando la storia della filosofia materialistica, potremo vedere quanto ardua e difficile è stata la lotta contro l'ignoranza. Ma occorre anche notare che, ai nostri giorni, questa lotta non è ancora terminata, poiché materialismo e ignoranza continuano a sopravvivere insieme, uno a fianco dell'altra.

È nel mezzo di questa lotta che sono intervenuti Marx ed Engels. Avendo capito l'importanza delle grandi scoperte del XIX secolo, essi hanno permesso alla filosofia materialistica di fare grandi progressi nella spiegazione scientifica dell'universo. È così che è nato il materialismo dialettico. Poi, per primi, essi hanno capito che le leggi che governano il mondo permettono anche di spiegare l'evoluzione delle società ed hanno cosi enunciato la celebre teoria del materialismo storico.

Ci proponiamo qui di studiare prima il materialismo, poi il materialismo dialettico e infine il materialismo storico. Ma, innanzitutto, desideriamo definire i legami esistenti tra materialismo e marxismo.

 

 

5. Quali sono i rapporti tra materialismo e marxismo?


Possiamo riassumerli nel modo seguente:

1. La filosofia del materialismo costituisce la base del marxismo.

2. Questa filosofia materialistica, che vuole fornire una spiegazione scientifica ai problemi del mondo, progredisce, nel corso della storia, contemporaneamente alle scienze. Quindi, il marxismo è sorto dalle scienze, si basa su di esse e progredisce con esse.

3. Prima di Marx e di Engels vi furono, a più riprese e sotto forme diverse, delle filosofie materialistiche. Ma, nel corso del XIX secolo, avendo le scienze compiuto un grande passo in avanti, Marx e Engels hanno rinnovato questo materialismo antico sulla base delle scienze moderne e ci hanno dato il materialismo moderno, che si chiama materialismo dialettico e che costituisce la base del marxismo.

Attraverso queste poche spiegazioni possiamo vedere che, contrariamente a quanto viene detto, la filosofia del materialismo ha una sua storia. Questa storia è intimamente legata alla storia delle scienze. Il marxismo, basato sul materialismo, non è venuto fuori dal cervello di un solo uomo. Il marxismo è il risultato, il proseguimento del materialismo antico, che era già molto avanzato in Diderot. Il marxismo è la realizzazione del materialismo sviluppato dagli enciclopedisti del XVIII secolo, arricchito dalle grandi scoperte del XIX secolo. Il marxismo è una teoria viva e, per dimostrare subito in che modo affronta i problemi, prenderemo un esempio che tutti conoscono: il problema della lotta di classe.
Cosa pensa la gente di questa questione? Alcuni pensano che la difesa del proprio pane li dispensi dalla lotta politica. Altri pensano che sia sufficiente fare a pugni per la strada e negano la necessità di qualsiasi organizzazione.

Altri ancora ritengono che con la sola lotta politica si troverà una soluzione a questo problema.
Per il marxista, la lotta di classe comprende:
a) una lotta economica;
b) una lotta politica;
c) una lotta ideologica.
Occorre quindi che il problema sia posto simultaneamente in questi tre campi.
a) Non si può lottare per il pane senza lottare per la pace, senza difendere la libertà e tutte le idee che rafforzano la lotta per questi obiettivi.
b) Lo stesso si deve dire per la lotta politica che, da Marx in poi, è diventata una vera scienza: per combattere questa battaglia, occorre tener conto contemporaneamente della situazione economica e delle correnti ideologiche.
e) Per quanto riguarda la lotta ideologica, che si manifesta attraverso la propaganda, bisogna tener conto, affinché sia veramente efficace, della situazione economica e politica;
È chiaro dunque che questi problemi sono strettamente legati e non possiamo prendere nessuna decisione riguardo a qualsiasi aspetto di quel grande problema che è la lotta di classe (durante uno sciopero, per esempio) senza prendere in considerazione ogni dato del problema e l'insieme del problema stesso.
Sarà quindi colui che riuscirà a lottare su tutti questi terreni che fornirà la guida migliore al movimento.
È cosi che un marxista comprende il problema della lotta di classe. Dunque, nella lotta ideologica che dobbiamo sostenere quotidianamente, ci troviamo con dei problemi difficili da risolvere: immortalità dell'anima, esistenza di Dio, origine del mondo, ecc. Il materialismo dialettico ci fornirà un metodo di ragionamento che ci permetterà di affrontare tutti questi problemi e cosi pure di smascherare tutte le campagne di falsificazione del marxismo, che hanno la pretesa di completarlo e di rinnovarlo.

6. Campagne della borghesia contro il marxismo

Questi tentativi di falsificazione si basano su argomenti assai diversi. Si cerca di utilizzare contro il marxismo gli autori socialisti del periodo premarxista (prima di Marx). È cosi che si trovano sovente impiegati contro Marx gli « utopisti ». Altri si servono di Proudhon; altri risalgono ai revisionisti anteriori al 1914 (benché magistralmente confutati da Lenin). Ma quel che occorre soprattutto sottolineare è la campagna del silenzio cui ricorre la borghesia contro il marxismo. Essa ha fatto di tutto in particolare per impedire la conoscenza della filosofia materialistica sotto l'aspetto marxista. Particolarmente significativo, a questo proposito, è l'insieme degli insegnamenti filosofici impartiti in Francia.
Nella scuola media superiore viene insegnata la filosofia. Ma si può benissimo seguire questo insegnamento senza mai imparare che esiste una filosofia materialistica elaborata da Marx e Engels. Quando nei manuali di filosofia si parla di materialismo (non si può infatti ignorarlo), marxismo e materialismo vengono trattati separatamente. In genere, il marxismo viene presentato unicamente come una dottrina politica e, quando si parla di materialismo storico, non si fa riferimento alla filosofia del materialismo; inoltre si tace del tutto sul materialismo dialettico.
Questa situazione non si riscontra soltanto nei licei: nelle università è esattamente la stessa cosa. Il fatto più notevole è che, in Francia, si può essere uno « specialista » della filosofia, munito dei più elevati titoli di studio rilasciati dalle università francesi, e non sapere che il marxismo ha una sua filosofia, il materialismo, e che il materialismo tradizionale ha una forma moderna, il marxismo o materialismo dialettico.
Qui noi vogliamo dimostrare che il marxismo implica una concezione globale non soltanto della società, bensì dell'universo stesso. È quindi inutile, contrariamente a quanto viene sostenuto da alcuni, rimpiangere che la grande ombra del marxismo sia la carenza di una filosofia e volere, come alcuni teorici del movimento operaio, andare alla ricerca di questa filosofia che mancherebbe al marxismo. Infatti il marxismo ha una filosofia, il materialismo dialettico.
Nonostante questa campagna del silenzio, nonostante queste falsificazioni e le precauzioni prese dalle classi dirigenti, il marxismo e la sua filosofia incominciano ad essere sempre più conosciuti.

 

 

 

Il problema fondamentale della filosofia

 

 

1. Come iniziare lo studio della filosofia?


Nella nostra introduzione abbiamo ribadito più volte che il materialismo dialettico è la filosofia sulla quale si basa il marxismo.
Lo scopo che ci proponiamo è appunto lo studio di questa filosofia; ma, per raggiungerlo, dobbiamo procedere per tappe successive.

Quando parliamo di materialismo dialettico, pronunciamo due parole: materialismo e dialettico; il che significa che il materialismo è dialettico. Sappiamo che prima di Marx e di Engels il materialismo già esisteva, ma che furono proprio loro, con l'aiuto delle scoperte del XIX secolo, a trasformare questo materialismo e a creare il materialismo « dialettico ».
Esamineremo più avanti il significato del termine « dialettico », che indica la forma moderna del materialismo.
Poiché, prima di Marx e di Engels, vi sono stati filosofi materialisti (per esempio Diderot, nel XVIII secolo) e poiché vi sono punti comuni a tutti i materialisti, dobbiamo studiare la storia del materialismo prima di affrontare il materialismo dialettico. Dobbiamo anche conoscere le concezioni che si oppongono al materialismo.

2. Due modi di spiegare il mondo


Abbiamo visto che la filosofia è lo « studio dei problemi più generali » e che il suo scopo è di spiegare il mondo, la natura, l'uomo.
Se apriamo un manuale di filosofia borghese, siamo inorriditi dal numero di filosofie che vi si trovano. Sono definite da molti nomi più o meno complicati che terminano con «ismo»: il criticismo, l'evoluzionismo, l'intellettualismo, ecc., e questa moltitudine crea confusione. La borghesia, d'altro canto, non ha fatto nulla per chiarire la situazione, tutt'altro. Ma noi possiamo già classificare tutti questi sistemi e distinguere due grandi correnti, due concezioni nettamente opposte:
a) la concezione scientifica;
b) la concezione non scientifica del mondo.

3. Materia e spirito

Quando i filosofi hanno iniziato a spiegare il mondo, la natura, l'uomo, insomma tutto ciò che ci circonda, hanno dovuto fare delle distinzioni. Noi stessi constatiamo che vi sono delle cose, degli oggetti che sono materiali, che vediamo e che tocchiamo. Vi sono anche altre realtà che non vediamo e che non possiamo toccare, né misurare, come le nostre idee.
È cosi che i filosofi si sono trovati di fronte materia e spirito.

4. Cos'è la materia? Cos'è lo spirito?


Abbiamo visto in generale che si è giunti a classificare le cose a seconda che siano materia o spirito. Ma occorre precisare che questa distinzione avviene sotto forme diverse e con parole diverse. Quindi, invece di parlare dello spirito, parliamo anche del pensiero, delle nostre idee, della nostra coscienza, dell'anima; allo stesso modo in cui, parlando della natura, della terra, dell'essere, è della materia che parliamo. Così dunque, quando Engels nel suo libro Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca parla dell'essere e del pensiero, l'essere è la materia; il pensiero è lo spirito.
Per definire cosa si intende per pensiero o spirito, essere o materia, diremo: il pensiero è l'idea che noi ci facciamo delle cose; alcune di queste idee ci vengono di regola dalle nostre sensazioni e corrispondono a oggetti materiali; altre idee, come quella di Dio, della filosofia, dell'infinito, del pensiero stesso, non corrispondono a oggetti materiali. La cosa essenziale da tenere qui presente è che abbiamo delle idee, dei pensieri, dei sentimenti per il fatto che vediamo e sentiamo. La materia o l'essere è ciò che le nostre sensazioni e le nostre percezioni ci mostrano e ci presentano; è, in linea di massima, tutto quanto ci circonda, ciò che si chiama il « mondo esterno ». Esempio: il mio foglio di carta è bianco. Sapere che è bianco è un'idea, e sono i miei sensi che mi danno quest'idea. Ma la materia è il foglio stesso. Per questo, quando i filosofi ci parlano dei rapporti tra l'essere e il pensiero, o tra lo spirito e la materia, o tra 'la coscienza e il cervello, ecc., tutto ciò riguarda lo stesso problema e significa: qual è, tra materia e spirito, tra essere e pensiero, il termine più importante? Qual è quello anteriore all'altro? Questo è il quesito fondamentale della filosofia.

5. L'interrogativo o problema fondamentale della filosofia


Ognuno di noi si è sempre domandato che ne sarà di noi dopo la morte, da dove viene il mondo, come si è formata la terra. E ci è difficile ammettere che è sempre esistito qualcosa. Tendiamo a pensare che, a un certo punto, non vi fosse niente. Ecco perché è più facile credere quanto ci insegna la religione: « Lo spirito aleggiava sulle tenebre... poi è venuta la materia ». Ci si chiede anche dove si trovano i nostri pensieri e cosi si pone per noi il problema dei rapporti che esistono tra spirito e materia, tra pensiero e cervello. Ma vi sono molti altri modi di porre il quesito. Per esempio, quali sono i rapporti tra volontà e possibilità? La volontà è, in questo caso, lo spirito, il pensiero; e la possibilità è ciò che è possibile, è l'essere, la materia. Incontriamo anche assai spesso il problema dei rapporti tra la « coscienza sociale » e l'« esistenza sociale ».
Il quesito fondamentale della filosofia si presenta quindi sotto diversi aspetti e vediamo quanto sia importante riconoscere sempre il modo in cui il problema dei rapporti tra materia e spirito si pone; sappiamo appunto che vi possono essere solo due risposte a questa domanda:
1. una risposta scientifica;
2. una risposta non scientifica.

6. Idealismo o materialismo


È cosi che i filosofi sono stati costretti a prendere posizione su questo importante dilemma.
I primi uomini, del tutto ignoranti, senza alcuna conoscenza del mondo e di loro stessi, disponendo di scarsi mezzi tecnici per agire sul mondo, attribuivano a esseri soprannaturali la responsabilità di ciò che 'li lasciava stupiti. Nella loro immaginazione, eccitata dai sogni in cui vedevano vìvere i loro simili e loro stessi, elaborarono la teoria che ognuno di noi avesse una doppia esistenza. Turbati dall'idea di questo « doppio », « giunsero a farsi l'idea che i loro pensieri e le loro sensazioni non fossero un'attività del loro corpo ma di una speciale anima, che abitava in questo corpo e lo abbandonava dopo la morte ». Di conseguenza è nata l'idea dell'immortalità dell'anima e di una possibile vita dello spirito al di fuori della materia. Allo stesso modo, la loro debolezza, la loro inquietudine di fronte alle forze della natura, di fronte a tutti quei fenomeni che non capivano e che il livello della tecnica non consentiva di dominare (germinazione, temporali, inondazioni, ecc.) li portarono a credere che, dietro queste forze, vi fossero esseri onnipotenti, « spiriti » o « dei », benefici o malefici, ma comunque capricciosi. Così, essi credevano negli dei, in esseri più potenti degli uomini, ma li immaginavano sotto forma di uomini o di animali, come corpi materiali. Solo più tardi le anime e gli dei (poi il Dio unico che ha sostituito gli dei) furono concepiti come puri spiriti. Si giunse allora all'idea che gli spiriti fanno parte della realtà e che posseggono una vita assolutamente propria, indipendente da quella dei corpi, e che non hanno bisogno di un corpo per esistere. In seguito questo problema si è posto in modo molto più preciso in relazione alla religione e sotto questa forma: « È Dio che ha creato il mondo, oppure il mondo esiste dall'eternità? I filosofi si sono divisi in due grandi campi secondo il modo come rispondevano a tale quesito ».

I filosofi che adottarono la spiegazione non scientifica ammettevano la creazione del mondo per opera di Dio, cioè affermavano che lo spirito aveva creato la materia, e cosi venivano a trovarsi nel campo dell'idealismo. Gli altri, quelli che cercavano di dare una spiegazione scientifica del mondo e che pensavano che la natura, la materia, fosse l'elemento principale, appartenevano alle diverse scuole del materialismo. All'origine i due termini, idealismo e materialismo, non significavano niente altro che questo.

L'idealismo e il materialismo danno dunque due risposte opposte e contraddittorie al problema fondamentale della filosofia. L'idealismo è la concezione non scientifica. Il materialismo è la concezione scientifica del mondo.
Vedremo più avanti le prove di questa affermazione, ma possiamo dire, fin d'ora, che se, attraverso l'esperienza, verifichiamo che vi sono dei corpi senza pensiero come le pietre, i metalli, la terra, non verifichiamo mai, al contrario, l'esistenza di spirito senza corpo.

Per concludere questo capitolo senza equivoci vediamo che, per rispondere alla domanda: come mai l'uomo pensa? non vi possono essere che due alternative assolutamente diverse e totalmente opposte:
l° risposta: l'uomo pensa perché ha un'anima;
2° risposta: l'uomo pensa perché ha un cervello.
Secondo la risposta che daremo, saremo portati a fornire soluzioni diverse ai problemi derivanti da questa domanda.
Secondo la nostra risposta, saremo idealisti o materialisti.

 

L'idealismo

 

 

1. Idealismo morale e idealismo filosofico


Abbiamo denunciato la confusione creata dal linguaggio corrente per quanto riguarda il materialismo. La stessa confusione si ritrova a proposito dell'idealismo. Non bisogna confondere, infatti, idealismo morale e idealismo filosofico. L'idealismo morale consiste nel consacrarsi a una causa, a un ideale. La storia del movimento operaio internazionale ci insegna che un numero grandissimo di rivoluzionari, di marxisti, si sono consacrati, fino a sacrificare la propria vita, a un ideale morale, pur essendo avversari di quell'altro idealismo che chiamiamo idealismo filosofico. L'idealismo filosofico è una dottrina che ha per base la spiegazione del mondo attraverso lo spirito. È la dottrina che risponde al quesito fondamentale della filosofia dicendo: « Il pensiero è l'elemento principale, il più importante, il primo ». E l'idealismo, nell'affermare l'importanza primaria del pensiero, afferma che quest'ultimo produce l'essere o, in altri termini, che « è lo spirito che produce la materia ». Questa è la prima forma dell'idealismo ed ha trovato pieno sviluppo nelle religioni in quanto afferma che Dio, «spirito puro», è il creatore della materia.

La religione, che ha avuto la pretesa e che pretende tuttora di essere al di fuori dalle discussioni filosofiche, è invece in realtà la rappresentazione diretta e logica della filosofia idealistica. Ma poiché, nel corso dei secoli, la scienza progredì, diventò necessario spiegare la materia, il mondo, le cose, non soltanto attraverso Dio. Fin dal XVI secolo, la scienza incominciò a spiegare i fenomeni della natura senza tener conto di Dio e facendo a meno dell'ipotesi della creazione. Per meglio confutare queste spiegazioni scientifiche, materialistiche e atee, fu necessario estendere il concetto di idealismo e negare l'esistenza stessa della materia.
A questo si è dedicato, all'inizio del XVIII secolo, un vescovo inglese, Berkeley, che è stato anche chiamato il padre dell'idealismo.

2. Perché studiare l'idealismo di Berkeley?


Lo scopo del suo sistema filosofico è quindi quello di distruggere il materialismo, di cercare di dimostrarci che la sostanza materiale non esiste. Egli scrive, nella prefazione del suo libro Dialoghi fra Hylas e Filonous:
« Se i principi che qui cerco di diffondere saranno riconosciuti veri, le conseguenze che mi sembrano derivare evidentemente da essi sono che l'ateismo e lo scetticismo verranno distrutti dalle basi; molte questioni complicate diverranno chiare, si risolveranno gravi difficoltà [...] e gli uomini saranno ricondotti dai paradossi al buonsenso».
Quindi, per Berkeley, ciò che è vero è che la materia non esiste e che è paradossale sostenere il contrario. Vedremo come riesce a dimostrarcelo. Ma penso che non sia del tutto inutile insistere affinché coloro che vogliono studiare la filosofia considerino molto attentamente la teoria di Berkeley. Mi rendo conto che le tesi di Berkeley faranno sorridere alcuni, ma non dimentichiamo che noi viviamo nel XX secolo e che ci avvantaggiamo di tutti gli studi del passato. E d'altronde vedremo, quando studieremo il materialismo e la sua storia, che i filosofi materialisti di un tempo possono, anche loro, farci a volte sorridere.
Occorre sapere che Diderot, che fu, prima di Marx e di Engels, il più grande pensatore materialista, dava una certa importanza al sistema di Berkeley, poiché lo descrive come un «sistema che, a vergogna dell'intelletto umano e della filosofia, è il più difficile da confutare, quantunque sia il più assurdo ». Lenin stesso ha dedicato numerose pagine alla filosofia di Berkeley, e scrive: « I "moderni" machisti non hanno portato contro i materialisti nessun argomento [.,.] che non si trovi anche nelle opere del vescovo di Berkeley ».
Infine ecco l'apprezzamento sull'immaterialismo di Berkeley che ci fornisce un manuale di storia della filosofia, utilizzato nei licei: «Teoria ancora imperfetta senza dubbio, ma ammirevole e che deve distruggere per sempre, negli spiriti filosofici, la credenza nell'esistenza di una sostanza materiale ». È evidente dunque l'importanza per chiunque (sebbene per differenti motivi, come dimostrano queste citazioni) di questo ragionamento filosofico.

3. L'idealismo di Berkeley


Lo scopo di questo sistema consiste nel dimostrare che la materia non esiste. Berkeley diceva: « La materia non è quello che noi crediamo pensando che esiste al di fuori della nostra mente. Noi pensiamo che le cose esistono perché le vediamo, perché le tocchiamo; esse ci fanno questo effetto e quindi crediamo nella loro esistenza. «Ma le nostre sensazioni non sono altro che delle idee che abbiamo nella nostra mente. Dunque gli oggetti che percepiamo attraverso i nostri sensi non sono altro che delle idee, e le idee non possono esistere al di fuori della nostra mente».

Per Berkeley le cose esistono; egli non nega la loro natura e la loro esistenza, ma afferma che esistono soltanto sotto la forma delle sensazioni che ce le fanno conoscere e conclude che le nostre sensazioni e gli oggetti sono una sola ed unica cosa. Le cose esistono, è certo, ma in noi, egli dice, nel nostro pensiero, e non hanno alcuna realtà al di fuori del nostro pensiero. Noi concepiamo le cose attraverso la vista; le percepiamo attraverso il tatto; l'odorato ci informa sull'odore; il sapore sul gusto, l'udito sui suoni. Queste diverse sensazioni ci forniscono idee che, combinate le une con le altre, fanno sì che siamo in grado di dar loro un nome comune e che le consideriamo come degli oggetti. «Così, per esempio, essendo stato osservato [...] un certo colore, gusto, odore, figura e consistenza [...] tutte queste idee sono considerate come una cosa distinta, espressa con il nome mela; altre collezioni di idee [...] costituiscono una pietra, un albero, un libro e simili cose sensibili. » Noi saremmo dunque vittime di illusioni quando pensiamo che il mondo e le cose siano esterni, poiché tutto ciò non esisterebbe che nel nostro pensiero.
Nel suo libro Dialoghi fra Hylas e Vilonous, Berkeley ci dimostra questa tesi nel modo seguente: « Non è assurdo pensare che la stessa cosa possa essere, allo stesso tempo, tanto calda che fredda? Supponete ora che una delle vostre mani sia calda, e che l'altra sia fredda e che ambedue vengano al momento stesso messe nello stesso recipiente di acqua che non sia né calda né fredda. Non è vero che l'acqua sembrerà calda ad una mano e fredda all'altra? ».
Cosa fa, quindi, Berkeley, col suo metodo di ragionamento e di discussione? Egli spoglia gli oggetti, le cose, di tutte le loro proprietà.
« Dite che gli oggetti esistono in quanto hanno un colore, un odore, un sapore, in quanto sono grandi o piccoli, leggeri o pesanti? Vi dimostrerò che sono proprietà che non esistono negli oggetti, ma nella nostra mente.
« Ecco un taglio di stoffa: mi dite che è rosso. Ne siete certi? Pensate che il rosso è nel tessuto stesso. È poi certo? Voi sapete che vi sono degli animali che hanno occhi diversi dai nostri e che non vedranno che questo tessuto è rosso: allo stesso modo un uomo che ha l'itterizia lo vedrà giallo! Allora, di che colore è? Dipende, direte? Il rosso non è dunque nel tessuto, ma nell'occhio, in noi.
« Dite che questo tessuto è leggero? Lasciatelo cadere su di una formica, lo troverà certamente pesante. Chi ha ragione? Pensate che sia caldo? Se aveste la febbre, lo trovereste freddo! Allora, è caldo o freddo?
« In breve, se le stesse cose possono essere al contempo per gli uni rosse, pesanti, calde e per gli altri esattamente il contrario, questo significa che siamo vittime di illusioni e che le cose esistono solamente nella nostra mente.» Se togliamo tutte le proprietà agli oggetti, arriviamo così a dire che questi esistono solamente nel nostro pensiero, cioè che la materia è un'idea.

Già prima di Berkeley, i filosofi greci dicevano, e questo era esatto, che alcune qualità come il sapore, il suono, non erano nelle cose in sé, ma erano in noi. Quello che vi è di nuovo nella teoria di Berkeley è appunto che egli estende questa osservazione a tutte le qualità degli oggetti. I filosofi greci avevano appunto stabilito la seguente distinzione tra le qualità delle cose: da una parte le qualità primarie, cioè quelle che si trovano negli oggetti, come il peso, la dimensione, la resistenza, ecc.; dall'altra le qualità secondarie, cioè quelle che si trovano in noi stessi, come l'odore, il sapore, il calore, ecc. Berkeley applica alle qualità primarie la stessa tesi delle qualità secondarie, cioè che tutte le qualità, tutte le proprietà non sono negli oggetti, ma in noi.
Se guardiamo il sole, lo vediamo rotondo, piatto, rosso. La scienza ci insegna che ci sbagliamo, che il sole non è piatto, non è rosso. Faremo quindi astrazione, con l'aiuto della scienza, da alcune false proprietà che attribuiamo al sole, senza peraltro concludere che il sole non esiste! Tuttavia è questa la conclusione alla quale Berkeley giunge. Berkeley non ha avuto torto nel mostrare che la distinzione degli antichi non resisteva più all'analisi scientifica ma commette un errore di ragionamento, un sofisma, nel trarre conclusioni che non sono affatto necessarie. Egli ci dimostra infatti che le qualità delle cose non sono tali quali ce le mostrano i nostri sensi, cioè che i nostri sensi ci ingannano e deformano la realtà materiale; e da ciò egli giunge immediatamente alla conclusione che la realtà materiale non esiste.

4. Conseguenze dei ragionamenti idealistici


Se la tesi è: « Tutto esiste, ma soltanto nel nostro pensiero », dobbiamo concludere che il mondo esterno non esiste. Se portassimo questo ragionamento alle estreme conseguenze, arriveremmo a dire: « Sono il solo a esistere, poiché sono le mie stesse idee a farmi conoscere altri uomini; gli altri uomini sono per me, come gli oggetti materiali, una semplice collezione di idee ». È quanto in filosofia viene chiamato solipsismo (che significa solo io stesso).
Berkeley, ci dice Lenin nel suo libro già citato, si difende istintivamente contro l'accusa di sostenere una simile teoria. Possiamo notare che il solipsismo, forma estrema dell'idealismo, non è mai stato sostenuto da nessun filosofo. Per questo dobbiamo sforzarci, quando discutiamo con degli idealisti, di metter in risalto che i ragionamenti che negano la realtà della materia, per essere logici e conseguenti, devono giungere a quell'estrema assurdità che è il solipsismo.

5. Gli argomenti idealistici


Abbiamo cercato di riassumere nel modo più semplice la teoria di Berkeley perché è stato lui che, con maggior franchezza, ci ha mostrato cosa sia l'idealismo filosofico. Ma, se vogliamo capire a fondo questi ragionamenti, del tutto nuovi per noi, è adesso indispensabile prenderli molto sul serio e fare uno sforzo intellettuale. Perché? Perché vedremo in seguito che, se l'idealismo si presenta in maniera più nascosta, mascherato da termini ed espressioni nuove, qualsiasi filosofia idealista non fa che riprendere gli argomenti del « vecchio Berkeley » (Lenin). Perché vedremo anche quanto la filosofia idealistica che ha dominato e che domina tuttora la storia ufficiale della filosofia, portando con sé un metodo di pensiero di cui siamo imbevuti, ha saputo contagiarci, nonostante una educazione laica. Poiché il fondamento degli argomenti di tutte le filosofie idealistiche si trova nei ragionamenti del vescovo Berkeley, cercheremo, nel riassumere questo capitolo, di mettere in evidenza quali sono i suoi principali argomenti e cosa cercano di dimostrarci.

1) Lo spirito crea la materia.


È questa, come già sappiamo, la risposta idealistica al problema fondamentale della filosofia: è la prima forma di idealismo, che si riflette nelle diverse religioni, in cui viene affermato che lo spirito ha creato il mondo.
Questa affermazione può avere due significati:
Dio ha creato il mondo e questo esiste realmente, al di fuori di noi. È l'idealismo abituale delle teologie. Oppure, Dio ha creato l'illusione del mondo, dandoci delle idee che non corrispondono ad alcuna realtà materiale. È l'« idealismo immaterialista » di Berkeley, il quale intende dimostrarci che lo spirito è la sola realtà, mentre la materia è un prodotto del nostro spirito.
Per questo gli idealisti affermano che:

2) Il mondo non esiste al di fuori del nostro pensiero.


È quanto Berkeley intende dimostrarci affermando che siamo in errore quando assegniamo alle cose proprietà e qualità a loro proprie, mentre queste esistono solo nella nostra mente.
Per gli idealisti i banchi e i tavoli esistono davvero, ma solamente nel nostro pensiero, e non al di fuori di noi, poiché:

3) Sono le nostre idee che creano le cose.


Ovvero le cose sono il riflesso del nostro pensiero. Infatti, poiché è lo spirito che crea l'illusione della materia, poiché è lo spirito che fornisce al nostro pensiero l'idea di materia, poiché le sensazioni che proviamo di fronte alle cose non provengono dalle cose stesse, ma soltanto dal nostro pensiero, la vera origine della realtà del mondo e delle cose è il nostro pensiero, e, quindi, tutto ciò che ci circonda non esiste al di fuori del nostro spirito e non può essere che il riflesso del nostro pensiero. Ma, siccome secondo Berkeley il nostro spirito sarebbe incapace di creare da solo queste idee e, d'altronde, lo spirito non ne fa quello che desidera (come avverrebbe, invece, se le creasse lui stesso), allora occorre ammettere che vi è un altro spirito più potente, che è il creatore. È quindi Dio colui il quale crea il nostro spirito e ci impone tutte le idee del mondo.

Ecco le principali tesi sulle quali poggiano le dottrine idealistiche e le risposte che queste ultime forniscono al problema fondamentale della filosofia. È giunto il momento di esaminare la risposta della filosofia materialista a questo problema e a quelli sollevati da queste tesi.

 

 

Il materialismo(2)

 

1. Perché studiare il materialismo ?


Abbiamo già visto che al problema: « Quali sono i rapporti tra l'essere e il pensiero? » non vi possono essere che due risposte opposte e contraddittorie. Abbiamo studiato nel capitolo precedente la risposta idealistica e gli argomenti presentati in difesa della filosofia idealistica. Occorre ora esaminare la seconda risposta a questo problema fondamentale (problema, ripetiamolo, che si trova alla base di ogni filosofia) e vedere quali sono gli argomenti che il materialismo fornisce. Tanto più che il materialismo è per noi una filosofia particolarmente importante, poiché è la filosofia del marxismo.

È perciò indispensabile conoscere a fondo il materialismo; indispensabile soprattutto perché i princìpi di questa filosofia sono mal conosciuti e spesso sono stati falsificati. Indispensabile anche perché, a causa della nostra educazione e dell'istruzione che ci è stata impartita (sia elementare che più approfondita), a causa del nostro stesso modo di vivere e di ragionare, siamo tutti, più o meno, senza accorgercene, impregnati di principi idealistici. (Vedremo peraltro, in altri capitoli, numerosi esempi a sostegno di questa affermazione e il motivo di tutto ciò). È quindi assolutamente necessario che coloro che desiderano studiare il marxismo ne conoscano il fondamento: il materialismo.

2. Da dove viene il materialismo?


Abbiamo definito in termini generali la filosofia come uno sforzo per spiegare il mondo, l'universo. Ma sappiamo anche che, secondo il grado delle conoscenze umane, le spiegazioni sono cambiate e che due atteggiamenti, nel corso della storia, sono stati adottati per spiegare il mondo: uno, antiscientifico, che si richiama a uno o più spiriti superiori, a forze soprannaturali; l'altro, scientifico, fondato su fatti ed esperienze.
La prima di queste concezioni è difesa dagli idealisti; l'altra dai materialisti. Ecco perché, fin dall'inizio di questo libro, abbiamo precisato che la prima idea che occorre farsi del materialismo è che questa filosofia rappresenta la « spiegazione scientifica dell'universo ». Se l'idealismo è nato dall'ignoranza degli uomini (e vedremo come questa ignoranza fu conservata e alimentata nella storia delle società da forze culturali e politiche che facevano proprie le concezioni idealistiche), il materialismo è nato dalla lotta delle scienze contro l'ignoranza o l'oscurantismo. Ecco perché questa filosofia fu tanto combattuta e perché, nella sua forma moderna (il materialismo dialettico), essa è poco conosciuta, quando non ignorata o misconosciuta dal mondo universitario ufficiale.

3. Come e perché il materialismo ha subito un'evoluzione


Contrariamente a quanto sostengono coloro che combattono questa filosofia e asseriscono che questa dottrina non ha subito alcuna evoluzione in venti secoli, la storia del materialismo ci mostra quanto tale filosofia sia viva e sempre in movimento.
Nel corso dei secoli, le conoscenze scientifiche degli uomini hanno fatto progressi. All'inizio della storia del pensiero, nell'antichità greca, le conoscenze scientifiche erano pressoché nulle, e i primi scienziati erano nel medesimo tempo, dei filosofi, perché, a quell'epoca, la filosofia e le scienze nascenti formavano un tutto, l'una essendo il proseguimento delle altre.
In seguito, poiché le scienze apportavano nuovi particolari nella spiegazione dei fenomeni del mondo, particolari che disturbavano ed erano persino in contraddizione con i dogmi delle filosofie idealistiche, nacque un conflitto tra la filosofia e le scienze.
Le scienze, in quanto si ponevano in contraddizione con la filosofia ufficiale dell'epoca, non potevano non separarsi da quest'ultima.
«Le scienze hanno l'impellente necessità di liberarsi del fardello filosofico e di lasciare ai filosofi il compito di fare ipotesi generali per prendere invece contatto con problemi ristretti, che siano maturi per una soluzione vicina.. È allora che nasce questa distinzione tra le scienze [...] e la filosofia.». Ma il materialismo, nato con le scienze, legato a queste e da esse dipendente, ha progredito e si è sviluppato con esse, fino a giungere, con il materialismo moderno, quello di Marx e di Engels, a riunire nuovamente la scienza e la filosofia nel materialismo dialettico.
Studieremo più avanti questa storia e quest'evoluzione, collegate come sono al progresso della civiltà, ma possiamo constatare fin d'ora, ed è ciò che è più importante tenere a mente, che il materialismo e le scienze sono strettamente legate tra di loro e che il materialismo è rigorosamente dipendente dalla scienza. Ci restano da stabilire e da definire le basi del materialismo, basi comuni a tutte le filosofie che, sotto diversi aspetti, si richiamano al materialismo.

4. Quali sono i principi e gli argomenti materialistici?


Per dare una risposta, occorre riandare alla domanda fondamentale della filosofia, quella dei rapporti tra l'essere e il pensiero: quale dei due è il principale? I materialisti affermano innanzitutto che vi è un rapporto determinato tra l'essere e il pensiero, tra la materia e lo spirito; per essi ciò che è, la materia, è la realtà prima, la cosa prima; ed è lo spirito a costituire la realtà seconda, subordinata alla materia. Così, per i materialisti, non è lo spirito o Dio che ha creato il mondo e la materia, ma è il mondo, la materia, la natura, che hanno creato lo spirito: « Lo spirito stesso non è altro che il più alto prodotto della materia [...] ».

Ecco perché, se riproponiamo la domanda già posta nel secondo capitolo: « Perché l'uomo pensa? », i materialisti rispondono che l'uomo pensa perché ha un cervello e che il pensiero è il prodotto del cervello; per essi, non vi può essere pensiero senza materia, senza corpo: « [...]la coscienza e il pensiero, per quanto appaiano soprasensibili, sono il prodotto di un organo materiale, corporeo: il cervello ». Perciò, per i materialisti, la materia, ciò che è, è sempre qualcosa di reale, che esiste indipendentemente dal nostro pensiero, che non dipende dal pensiero o dallo spirito per esistere. Così, se lo spirito non può esistere senza materia, non c'è anima immortale e indipendente dal corpo. Contrariamente a quello che dicono gli idealisti, le cose che ci stanno intorno esistono indipendentemente da noi: sono le cose che ci forniscono i pensieri; le idee altro non sono che il riflesso delle cose nel nostro cervello.

Il secondo aspetto del problema dei rapporti dell'essere e del pensiero può essere così posto: « Quale relazione passa tra le nostre idee del mondo che le circonda e questo mondo stesso? È in grado il nostro pensiero di conoscere il mondo reale, possiamo noi nelle nostre rappresentazioni e nei nostri concetti del mondo reale avere un'immagine fedele della realtà? Questa questione si chiama, nel linguaggio filosofico, questione dell'identità dell'essere e del pensiero ». La risposta dei materialisti a tale questione è affermativa: sì, noi possiamo conoscere il mondo, e le idee che noi ci facciamo del mondo sono sempre più esatte, poiché possiamo studiarlo con l'aiuto delle scienze; queste ultime ci dimostrano continuamente attraverso l'esperienza che le cose che ci circondano hanno una realtà loro propria, indipendente da noi, e che tali cose possono essere già in parte riprodotte dall'uomo, create artificialmente.

Riassumendo, diremo dunque che i materialisti, di fronte al problema fondamentale della filosofia, affermano:


1. È la materia che produce lo spirito e infatti, da un punto di vista scientifico, non si è mai dato spirito senza materia.


2. La materia esiste indipendentemente dallo spirito e non ha bisogno di alcuno spirito per esistere, poiché possiede un'esistenza propria. Quindi, contrariamente a quanto dicono gli idealisti, non sono le idee che creano le cose, ma, invece, sono le cose che ci danno le idee.


3. Possiamo conoscere il mondo, e le idee che ci facciamo della materia e del mondo sono sempre più precise, poiché, attraverso l'aiuto delle scienze, possiamo meglio precisare ciò che già conosciamo e scoprire ciò che ignoriamo.

 

 

 

Chi ha ragione l'idealista o il materialista?

 

1. Come porre il problema


Adesso che conosciamo le tesi eia degli idealisti che dei materialisti, cercheremo di sapere chi dei due ha ragione. Occorre innanzitutto rilevare da un lato che queste tesi sono del tutto in opposizione e in contrapposizione tra di loro e, d'altra parte, che, nel momento in cui prendiamo posizione per l'una o per l'altra teoria siamo, per ciò stesso, portati a conclusioni con conseguenze estremamente rilevanti. Per sapere chi ha ragione dobbiamo far riferimento ai tre punti con i quali abbiamo riassunto ogni argomentazione.


Gli idealisti affermano:
1. che lo spirito crea la materia;
2. che la materia non esiste al di fuori del nostro pensiero ed è dunque per noi soltanto una illusione;
3. che le nostre idee creano le cose.


I materialisti, da parte loro, affermano esattamente il contrario.


Per facilitare il nostro lavoro occorre in primo luogo studiare ciò che è oggetto del senso comune e che più ci stupisce.
1. È vero che il mondo esiste solo nel nostro pensiero?
2. È vero che sono le nostre idee che creano le cose?

Ecco due argomenti sostenuti dall'idealismo « immaterialista » di Berkeley, le cui conclusioni sfociano, come in ogni teologia, in quella che è la nostra terza domanda:
3.È vero che lo spirito crea la materia?
Queste sono domande molto importanti, poiché rimandano al problema fondamentale della filosofia. E, discutendole, sapremo chi ha ragione; sono particolarmente interessanti per i materialisti, in quanto le risposte materialistiche a queste domande sono comuni a tutte le filosofie materialistiche e quindi al materialismo dialettico.

2. È vero che il mondo esiste soltanto nel nostro pensiero?


Prima di affrontare questo quesito, dobbiamo introdurre due termini filosofici di cui ci serviremo e che ritroveremo spesso nelle nostre letture.
Realtà soggettiva (cioè, realtà che esiste soltanto nel nostro pensiero).
Realtà oggettiva (cioè, realtà che esiste al di fuori del nostro pensiero).
Gli idealisti dicono che il mondo non è una realtà oggettiva, ma soggettiva.
I materialisti dicono che il mondo è una realtà oggettiva.

Per dimostrarci che il mondo e le cose non esistono che nel nostro pensiero, il vescovo Berkeley le scompone nelle loro proprietà (colore, grandezza, densità, ecc.). E ci dimostra che queste proprietà, che variano da individuo a individuo, non si trovano nelle cose stesse, ma nella mente di ognuno di noi. Da ciò deduce che la materia è un insieme di proprietà non oggettive, ma soggettive e, quindi, che non esiste. Per ritornare all'esempio del sole, Berkeley ci chiede le noi crediamo veramente alla realtà oggettiva di un disco rosso e ci dimostra, mediante il suo metodo di discussione delle proprietà, che il sole non è rosso e non è un disco.
Quindi il sole non è una realtà oggettiva, poiché non esiste di per sé, ma è una mera realtà soggettiva, poiché esiste solo nella nostra niente.

I materialisti, invece, affermano che il sole esiste realmente, non perché lo vediamo sotto forma di un disco piatto e rosso (questo infatti è una forma di ingenuo realismo, quello dei bambini e dei primitivi che disponevano solo dei loro sensi per controllare la realtà), ma affermano che il sole esiste invocando la scienza. Quest'ultima ci permette, infatti, di correggere gli errori dei nostri sensi.
In questo esempio del sole dobbiamo porre chiaramente il problema: con Berkeley, diremo che il sole non è un disco e che non è rosso, ma non per questo accetteremo le sue conclusioni: la negazione del sole come realtà oggettiva.
Non siamo qui per discutere delle proprietà delle cose, ma della loro esistenza, né per sapere se i nostri sensi ci ingannano e deformano la realtà materiale, ma per sapere se questa realtà esiste al di fuori dei nostri sensi.
Ebbene, i materialisti affermano l'esistenza di questa realtà al di fuori di noi e posseggono degli argomenti che si concretano nella scienza stessa. Cosa fanno invece gli idealisti per dimostrarci che hanno ragione? Discutono sui termini, fanno grandi discorsi, scrivono molte pagine.

Supponiamo un istante che essi abbiano ragione. Se il mondo non esiste all'infuori della nostra mente, allora il mondo non sarebbe esistito prima degli uomini. Ma sappiamo che questo è falso, poiché la scienza ci dimostra che l'uomo è apparso assai tardi sulla terra. Alcuni idealisti ci diranno che prima dell'uomo vi erano gli animali e che il pensiero poteva essere presente in loto. Ma noi sappiamo pure che prima degli animali esisteva una terra inabitabile, sulla quale nessuna forma di vita organica era possibile. Altri poi ci diranno che, anche se esisteva solo il sistema solare senza l'uomo, il pensiero, lo spirito esistevano in Dio. È cosi che giungiamo alla forma suprema dell'idealismo ed è allora che dobbiamo scegliere tra Dio e la scienza. L'idealismo non può reggersi senza Dio e Dio non può esistere senza l'idealismo.

Ecco quindi esattamente come si pone il problema dello idealismo e del materialismo: chi ha ragione? Dio o la scienza? Dio è un puro spirito, creatore della materia, un'affermazione senza prova. La scienza invece, attraverso la pratica e l'esperienza, ci dimostra che il mondo è una realtà oggettiva e ci permette di rispondere alla seguente domanda:
3. E vero che sono le nostre idee che creano le cose?


Prendiamo per esempio un autobus che passa proprio, mentre attraversiamo la strada in compagnia di un idealista, con il quale stiamo discutendo per sapere se le cose possiedono una realtà oggettiva o soggettiva e se è vero che è il nostro pensiero a creare le cose. È ovvio, se non vogliamo essere schiacciati, che staremo ben attenti. Quindi, nella pratica, l'idealista è costretto a riconoscere l'esistenza dell'autobus. Praticamente per lui non c'è differenza tra un autobus oggettivo e un autobus soggettivo, e questo è talmente giusto che la pratica offre la prova che gli idealisti, nella vita, sono materialisti. Su questo argomento potremmo citare numerosi esempi, nei quali vedremmo che i filosofi idealisti e coloro che sostengono questa filosofia non disprezzano alcune bassezze «oggettive» allo scopo di ottenere ciò che, per loro, è solo realtà soggettiva! Per questo non troviamo più nessuno che affermi, come Berkeley, che il mondo non esiste. Gli argomenti sono molto più raffinati e più mascherati. (A questo proposito, si consulti il capitolo intitolato « La scoperta degli elementi del mondo » nel libro di Lenin Materialismo ed empiriocriticismo.)

È dunque la « verifica della pratica », secondo l'espressione di Lenin, quella che ci consentirà di smascherare gli idealisti. Questi ultimi risponderanno sicuramente che la teoria e la pratica sono due cose diverse. Ma non è vero. Se un giudizio è vero o falso la sola pratica, attraverso la esperienza, potrà dimostrarcelo. L'esempio dell'autobus indica che il mondo possiede dunque una realtà oggettiva e non è un'illusione creata dalla nostra mente. Poiché la teoria dell'immaterialismo di Berkeley non può reggersi di fronte alle scienze né sopravvivere alla verifica della pratica, ci rimane ora da vedere se è vero che lo spirito crea la materia, come giungono a concludere sia le filosofie idealistiche che le religioni e le teologie.

4. È vero che lo spirito crea la materia?


Come abbiamo appena visto, lo spirito, secondo gli idealisti, ha la sua forma suprema in Dio. È la risposta finale, la conclusione della loro teoria, ed è per ciò che il problema spirito-materia si può porre sinteticamente così: chi ha ragione, l'idealista o il materialista, ossia « Dio o la scienza » ?


Gli idealisti affermano che Dio è sempre esistito e che, non avendo subito alcun cambiamento, è sempre lo stesso. È lo spirito puro, per di quale tempo e spazio non esistono. È il creatore della materia, A sostegno della loro affermazione dell'esistenza di Dio, gli idealisti non forniscono però nessun argomento. A difesa del creatore della materia, ricorrono a una quantità di misteri che nessuna scienza può accettare.

Quando si risale alle origini delle scienze, si constata che proprio a causa della loro grande ignoranza gli uomini primitivi hanno creato nella loro mente l'idea di Dio e si nota che gli idealisti del XX secolo continuano, come i primi uomini, a ignorare tutto ciò che un lavoro paziente e perseverante ha permesso di conoscere. Poiché in definitiva Dio, per gli idealisti, non è spiegabile e rimane per loro una credenza senza alcuna prova. Quando gli idealisti vogliono « provarci » la necessità della creazione del mondo, ci dicono che la materia non può essere sempre esistita, che deve ben avere avuto un'origine e cosi fanno ricorso a un Dio che però non ha mai avuto origine. In che cosa questa spiegazione sarebbe più chiara?

A sostegno dei loro argomenti, i materialisti, al contrario, si servono della scienza, che gli uomini hanno sviluppato mano a mano che facevano arretrare i « confini della loro ignoranza ». Ma la scienza non ci può certo permettere di arrivare a pensare che lo spirito ha creato la materia. L'idea stessa di una creazione da parte di uno spirito puro è incomprensibile proprio perché (l'esperienza non ci mostra nulla di simile; per renderla possibile sarebbe stato necessario (come infatti affermano gli idealisti) che lo spirito esistesse indipendentemente e prima della materia, mentre la scienza ci dimostra che tutto ciò non è possibile e che non vi è mai stato spirito senza materia. Al contrario, lo spirito è sempre legato alla materia e, in particolare, constatiamo che la mente dell'uomo è legata al cervello, fonte delle nostre idee e del nostro pensiero. La scienza non ci consente di pensare che le idee esistano nel vuoto. Per poter esistere, occorrerebbe quindi che lo spirito-Dio avesse un cervello. Ecco perché possiamo dire che non è stato Dio a creare la materia, e perciò anche l'uomo, ma che è stata la materia, sotto forma di cervello umano, che ha creato lo spirito-Dio.

Vedremo più avanti se la scienza ci dà la possibilità di credere in un Dio o in qualcosa su cui il tempo non incida e per cui spazio, movimento e mutamento non esistano.
Fin d'ora possiamo concludere con la risposta dei materialisti al problema fondamentale della filosofia.

5. I materialisti hanno ragione e la scienza conferma le loro affermazioni


I materialisti hanno ragione di affermare:
1. contro l'idealismo di Berkeley e contro i filosofi che si nascondono dietro il suo immaterialismo, che, da un lato, il mondo e le cose esistono davvero al di fuori del nostro pensiero e che non hanno bisogno del nostro pensiero per esistere; dall'altro, che non sono le nostre idee a creare le cose ma che, al contrario, sono le cose che ci forniscono le nostre idee;
2. contro tutte le filosofie idealistiche, — in quanto le loro conclusioni giungono ad affermare la creazione della materia per opera dello spirito (cioè, in ultima istanza, ad affermare l'esistenza di Dio e a sostenere le teologie), — riferendosi alle scienze, che la materia crea lo spirito: non hanno bisogno dell'« ipotesi Dio » per spiegare la creazione della materia.

Nota

Dobbiamo stare attenti al modo in cui gli idealisti pongono i problemi. Essi affermano che Dio ha creato l'uomo mentre abbiamo visto che è stato l'uomo a creare Dio. Affermano anche che lo spirito ha creato la materia mentre vediamo, in verità, esattamente il contrario. È questo un modo di rovesciare le prospettive che ci sembra doveroso far notare.

 

 

Esiste una terza filosofia? L'agnosticismo

 

l. Perché una terza filosofia?


Dopo questi primi capitoli può sembrarci che, tutto sommato, possiamo facilmente orientarci tra questi ragionamenti filosofici, poiché due sole grandi correnti si contendono tutte le teorie: l'idealismo e il materialismo. Inoltre, gli argomenti a favore del materialismo convincono in modo definitivo. Dopo alcune prime osservazioni, ci sembra dunque di aver ritrovato il cammino che porta verso la filosofia della ragione: il materialismo. Ma le cose non sono tanto semplici. Come abbiamo già segnalato, gli idealisti moderni non hanno la stessa franchezza del vescovo Berkeley. Essi presentano le loro idee « rivestite di una forma molto più astuta, e complicata da un terminologia "nuova", affinché gli ingenui le considerino come una filosofia "moderna"! ». Abbiamo visto che al quesito fondamentale della filosofia si possono dare due risposte, nettamente opposte, contraddittorie e inconciliabili. Queste due risposte sono molto precise e non si prestano ad alcuna confusione. Infatti, fino al 1710 circa, il problema era cosi posto: da un "lato coloro che affermavano l'esistenza della materia al di fuori del nostro pensiero (questi erano i materialisti), dall'altro coloro i quali, con Berkeley, negavano l'esistenza della materia e sostenevano che questa esiste solo in noi, nel nostro pensiero (questi erano gli idealisti).
Ma, in tale epoca, con il progresso della scienza, altri filosofi sono intervenuti e hanno cercato di dividere idealisti e materialisti, creando una corrente filosofica che gettasse confusione tra queste due teorie; e questa confusione ha la sua ragione d'essere nella ricerca dì una terza filosofia.

 

2. Argomentazioni di questa terza filosofia

Il principio di questa filosofia, elaborata dopo Berkeley, è che è inutile cercare di conoscere la natura reale delle cose e che conosceremo sempre e soltanto le apparenze. Ecco perché questa filosofia viene chiamata agnosticismo (dal greco a, negazione, e gnosticos, capace di conoscere: quindi, « incapace di conoscere »). Secondo gli agnostici, non si può sapere se il mondo è spirito o natura. Possiamo conoscere l'apparenza delle cose, ma non possiamo conoscerne la realtà. Riprendiamo l'esempio del sole. Abbiamo visto che non è, come credevano i primi uomini, un disco piatto e rosso. Tale disco non era quindi che un'illusione, una apparenza (l'apparenza è l'idea superficiale che abbiamo delle cose; non è la loro realtà). Perciò, dato che gli idealisti e i materialisti litigano per sapere se le cose sono materia o spirito, se tali cose esistono o meno al di fuori del nostro pensiero, se siamo in grado o meno di conoscerle, gli agnostici dicono che sì può benissimo conoscere l'apparenza, ma mai la realtà. Essi dicono che i nostri sensi ci consentono di vedere e di sentire le cose, di conoscerne l'aspetto esterno, le apparenze; tali apparenze esistono quindi per noi; costituiscono ciò che chiamiamo, in linguaggio filosofico, la « cosa per noi». Ma non possiamo conoscere la cosa indipendente da noi, con la sua propria realtà, ciò che si chiama la « cosa in sé ».

Gli idealisti e i materialisti, in quanto discutono in continuazione su questi argomenti, sono paragonabili a due ipotetici uomini, l'uno con occhiali blu, l'altro con occhiali rosa, che passeggiassero nella neve e litigassero per decidere qual è il suo esatto colore. Supponiamo che non possano mai togliersi gli occhiali. Potranno, un giorno, conoscere l'esatto colore della neve? No. Ebbene, gli idealisti e i materialisti che litigano per sapere chi di loro ha ragione portano occhiali blu e rosa. Non conosceranno mai la realtà. Avranno una conoscenza della neve «per loro»; ognuno la vedrà a modo suo, ma non conosceranno mai la neve «in se stessa». Questo è il ragionamento degli agnostici.

3. Da dove viene questa filosofia?


I fondatori di questa filosofia sono Hume (1711-1176), che era scozzese, e Kant (( 1724-1804), che era tedesco. Ambedue hanno cercato di conciliare idealismo e materialismo.
Ecco un passaggio dei ragionamenti di Hume, citati da Lenin nel suo libro Materialismo ed empiriocriticismo:
« Appare evidente che gli uomini sono spinti, da un istinto naturale [...], a credere nei loro sensi; e che, senza alcun ragionamento, o persino prima dell'uso della ragione, noi consideriamo sempre un universo esterno [...] che non dipende dalla nostra percezione, ma che esisterebbe anche se noi .[...] fossimo assenti o annientati. [...] Ma questa universale e originaria credenza di tutti gli uomini è presto distrutta dalla più tenue [...] filosofia, la quale c'insegna che soltanto un'immagine o percezione può essere presente alla mente, e che i sensi -sono soltanto i canali [... ] attraverso i quali queste immagini sono trasportate, senza poter produrre alcun rapporto [...] immediato fra la mente e l'oggetto. La tavola che vediamo sembra più piccola quando noi ce «e allontaniamo, ma la tavola reale, che esiste indipendentemente da noi, non subisce alterazioni; perciò alla mente non era presente che la sua immagine [...]. Questi sono gli ovvi dettati della ragione».

Vediamo che Hume accetta innanzitutto ciò che è evidente al senso comune: la « esistenza di un universo esterno » che non dipende da noi. Ma in seguito egli rifiuta di accettare questa esistenza come realtà oggettiva. Per lui, questa esistenza è soltanto un'immagine e Ì nostri sensi, che verificano questa esistenza, questa immagine, sono incapaci di stabilire un qualsivoglia rapporto tra lo spirito e l'oggetto.

In una parola, noi viviamo in mezzo alle cose come al cinema, dove possiamo prendere atto, sullo schermo, della immagine degli oggetti, della loro esistenza; ma dietro alle immagini stesse, cioè dietro allo schermo, non vi è nulla.
Ora, se vogliamo sapere come il nostro spirito può avere conoscenza degli oggetti, questo può essere dato « dall'energia della mente stessa o dall'azione di qualche spirito invisibile e sconosciuto, o da qualche altra causa a noi ancora più ignota ».

4. Conseguenze


Ecco una teoria seducente che, d'altronde, è molto diffusa. La ritroviamo, sotto molteplici aspetti, nel corso della storia, tra le teorie filosofiche e, ai nostri giorni, tra tutti coloro che pretendono « rimanere neutrali e mantenersi i n un 'riserbo scientifico ».
Occorre quindi esaminare se questi ragionamenti sono giusti e quali conseguenze ne derivano.

Se ci è davvero impossibile, come affermano gli agnostici, conoscere la vera natura delle cose e se la nostra conoscenza si limita alle loro apparenze, non possiamo affermare l'esistenza della realtà oggettiva né sapere se le cose esistono per loro stesse. Per noi, ad esempio, l'autobus è una realtà oggettiva: l'agnostico ci dice che non è certo, che non possiamo sapere se questo autobus è un pensiero o una realtà. Ci è quindi proibito sostenere che il nostro pensiero sia il riflesso delle cose. Ma così ci troviamo in pieno ragionamento idealistico perché, tra l'affermare che le cose non esistono oppure semplicemente che non possiamo sapere se esistono, la differenza non è molto grande!


Abbiamo visto che l'agnostico distingue le «cose per noi» e le «cose in sé». Lo studio delle cose per noi è dunque possibile: è la scienza; ma lo studio delle cose in sé non è possibile, perché non possiamo conoscere ciò che esiste al di fuori di noi.
Il risultato di questo ragionamento è il seguente: l'agnostico accetta la scienza; e, siccome non si può fare scienza se non a condizione di espungere dalla natura ogni forza sovrannaturale, egli, davanti alla scienza, è materialista.
Ma si affretta ad aggiungere che, poiché la scienza ci fornisce solamente delle apparenze, nulla prova, peraltro, che non vi sia nella realtà altra cosa oltre la materia, oppure anche che esista la materia o che Dio non esista. La ragione umana non può saperne nulla e non deve quindi immischiarsene. Se vi sono altri mezzi per conoscere le « cose in sé », come la fede religiosa, l'agnostico non desidera nemmeno saperlo e non si riconosce il diritto di discuterne.
Quindi l'agnostico, per quanto riguarda la condotta di vita e la costruzione della scienza, è un materialista, ma è un materialista che non osa affermare il suo materialismo e che cerca, innanzitutto, di non crearsi dei problemi con gli idealisti, di non entrare in conflitto con le religioni. Quello degli agnostici è « un materialismo che si vergogna »3.
La conseguenza è che, dubitando del valore profondo della scienza e non vedendo in essa che delle apparenze, questa terza filosofia ci propone di non attribuire alcuna verità alla scienza e di ritenere perfettamente inutile cercare di sapere qualcosa e cercare di contribuire al progresso.
Gli agnostici dicono: un tempo gli uomini vedevano il sole come un disco piatto e credevano che quella fosse la realtà; essi sbagliavano. Oggi la scienza ci insegna che il sole non è come noi lo vediamo .e pretende spiegarci tutto. Noi sappiamo però che spesso sbaglia e che distrugge ciò che ha costruito il giorno prima. Errore ieri, verità oggi, ma errore domani. Cosi, sostengono gli agnostici, non possiamo sapere; la ragione non è in grado di fornirci alcuna certezza. E se altri mezzi diversi dalla ragione, come la fede religiosa, pretendono di darci delle certezze -assolute, non è nemmeno la scienza che può impedirci di credervi. Nel diminuire la fiducia nella scienza, l'agnostico prepara cosi il ritorno delle religioni.

5. Come confutare questa « terza » filosofia?


Abbiamo visto che, per dimostrare le loro affermazioni, i materialisti si servono non solo della scienza, ma anche dell'esperienza, che permette di controllare le scienze. Grazie alla « verifica della pratica » siamo in grado di sapere, di conoscere le cose.
Gli agnostici ci dicono che è impossibile affermare che il mondo esterno esiste o non esiste. Ma, attraverso la pratica, sappiamo che il mondo e le cose esistono. Sappiamo che le idee che ci facciamo delle cose sono fondate, che i rapporti che abbiamo stabilito tra le cose e noi sono reali. « Nel momento che facciamo uso di questi oggetti secondo le qualità che in essi percepiamo, sottoponiamo a una prova infallibile l'esattezza o l'inesattezza delle percezioni dei nostri sensi. Se queste percezioni erano false anche il nostro giudizio circa l'uso dell'oggetto deve essere falso; di conseguenza il nostro tentativo di usarlo deve fallire. Ma se riusciamo a raggiungere il nostro scopo, se troviamo che l'oggetto corrisponde all'idea che ne abbiamo, che esso serve allo scopo a cui lo abbiamo destinato, questa è la prova positiva che entro questo limite le nostre percezioni dell'oggetto e delle sue qualità concordano con la realtà esistente fuori di noi. Quando invece il nostro tentativo non riesce, non ci mettiamo molto, d'abitudine, a scoprire le cause del nostro insuccesso; troviamo che la percezione che ha servito di base al nostro tentativo, o era per se stessa incompleta o superficiale, o era collegata in modo non giustificato dalla realtà coi dati di altre percezioni. Il che noi chiamiamo un ragionamento difettoso. Nella misura in cui avremo preso cura di educare e di utilizzare correttamente i nostri sensi, e di mantenere la nostra azione nei limiti prescritti da percezioni correttamente utilizzate, troveremo che il successo delle nostre azioni dimostra che le nostre percezioni sono conformi alla natura oggettiva degli oggetti percepiti. Finora non abbiamo un solo esempio che le nostre percezioni sensorie, scientificamente controllate, determinino nel nostro cervello delle idee sul mondo esterno le quali siano, per loro natura, in contrasto con la realtà, o che vi sia una incompatibilità immanente fra il mondo esterno e le percezioni sensorie che noi ne abbiamo.»

Riprendendo l'espressione di Engels, diremo che « il budino lo si prova mangiandolo » (proverbio inglese). Se il budino non esistesse o se non fosse che un'idea, dopo averlo mangiato il nostro appetito non sarebbe per nulla soddisfatto. Quindi possiamo perfettamente conoscere le cose e vedere se le nostre idee corrispondono alla realtà. Possiamo controllare i dati della scienza sia attraverso l'esperienza che attraverso l'industria, poiché ambedue traducono i risultati teorici delle scienze in applicazioni pratiche. Se possiamo fare della gomma sintetica, è perché la scienza conosce « la cosa in sé », cioè la gomma. Vediamo dunque che non è inutile cercare di sapere chi ha ragione, poiché attraverso gli errori teorici che la scienza può commettere, l'esperienza ci dà ogni volta la prova che è davvero la scienza ad avere ragione.

6. Conclusioni


Fin dal XVIII secolo, con i diversi pensatori che si sono più o meno rifatti agli agnostici, vediamo che questa filosofia oscilla tra idealismo e materialismo. Sotto la maschera di parole nuove, come dice Lenin, pretendendo di servirsi delle scienze per sostenere i loro ragionamenti, essi non fanno che creare confusione tra le due teorie, permettendo cosi ad alcuni di avere una filosofia comoda, che dà loro modo di dichiarare che non sono idealisti, perché si servono della scienza, ma che non sono nemmeno materialisti, perché non osano andare fino in fondo ai loro argomenti, perché non sono coerenti.
«Infatti che cosa è l'agnosticismo — dice Engels —— se non un materialismo che si vergogna? La concezione della natura dell'agnostico è interamente materialista. L'intero mondo naturale è governato da leggi, ed esclude in modo assoluto l'intervento di qualsiasi azione esterna. Ma - aggiunge l'agnostico con circospezione — noi non siamo in grado di poter affermare o infirmare la esistenza di là dell'universo conosciuto di un qualsiasi essere supremo.»
Questa filosofia fa quindi il gioco dell'idealismo e, in fin dei conti, poiché sono incoerenti nei loro ragionamenti, gli agnostici sfociano nell'idealismo. « Grattate l'agnostico, — dice Lenin, — troverete l'idealista. »


Abbiamo visto che si può sapere chi ha ragione tra materialismo e idealismo.


Vediamo adesso che le teorie che pretendono di conciliare queste due filosofie, in effetti, non possono che sostenere l'idealismo e non forniscono una terza risposta al problema fondamentale della filosofia e, quindi, che non vi è una terza filosofia.

 

Domande di controllo
Introduzione
1.- Quale importanza riveste lo studio della filosofia per il militante operaio?
2. Quale importanza, più particolare, riveste per lui lo studio del materialismo dialettico?
Capitolo I
1. Qual è il problema fondamentale della filosofia?
2. Spiegare e correggere la confusione corrente alla quale si prestano le parole idealismo e materialismo.
Capitolo II
Quali sono i principali argomenti degli idealisti?
Capitolo III
Quali sono i punti di opposizione tra idealismo e materialismo?
Capitolo IV
Cosa occorre rispondere a quelli che sostengono che il mondo esiste soltanto nella nostra mente?
Capitolo V
Tra materialismo e idealismo c'è posto per una terza filosofia?

 

 

 


Note

1. V.I.Lenin, Che fare?

2. Per meglio capire questo capitolo, occorre confrontarlo con le indicazioni importanti che si trovano da p. 76 a p. 78 e da p. 199 a p. 213. Quando Engels dice che il pensiero è un « prodotto » del cervello, non bisogna credere che il cervello secerne il pensiero come il fegato secerne la bile. Al contrario, Engels ha combattuto questo punto di vista (soprattutto in Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca; cfr. pure V.I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, capp. I e II).La coscienza non è la secrezione di un organo, è una funzione del cervello. Non è una « cosa » come la bile o un ormone. È un'attività. In alcune condizioni organiche, più complesse, che fanno intervenire la corteccia cerebrale (condizioni organiche che sono inscindibili dalle condizioni sociali, come mostra più avanti Politzer), l'attività umana è cosciente. Su questi punti rimandiamo a L. Sève, ìntroduction au léninisme, in Essais de la « Nouvelle Crìtique », Paris, 1960, pp. 98-108 (n.d.r.).

3 F. Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza


Ultima modifica 22.11.2008