L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza

Friedrich Engels (1880)


Versione di Leonardo Maria Battisti, novembre 2017


I. IL SOCIALISMO UTOPISTICO

[Cfr.: Antidühring 1,1]

Il contenuto del socialismo moderno è anzitutto la concezione scaturita dal contrasto di classe in atto nella società moderna fra abbienti & nullatenenti, salariati & capitalisti; e dall'anarchia regnante nella produzione. La forma teorica del socialismo moderno appare all'inizio come una radicale e rigorosa prosecuzione dei princìpi sostenuti dai grandi illuministi francesi del ‘700. Come ogni nuova teoria, il socialismo ha dovuto anzitutto ricollegarsi al sistema di idee preesistente, benché avesse la sua radice nella realtà economica.

In Francia gli stessi che prepararono gli spiriti alla vicina rivoluzione furono dei rivoluzionari: non accolsero alcuna autorità esteriore di alcun tipo. Tutto fu vagliato dalla critica più spietata (religione, concezione della natura, società, governo); tutto doveva giustificare la sua esistenza ante il tribunale della ragione o esser annientato. L'intelletto pensante fu usato come unica misura. Era il tempo in cui «il mondo si rizzò sulla testa» (Hegel*1 ), prima nel senso che princìpi trovati dal pensiero umano pretesero di valer come base d'ogni azione e d'ogni associazione; e poi nel senso più vasto che ogni realtà che non rispettasse tali princìpi fu affatto ribaltata. Tutte le forme sociali e statali fino allora esistite, tutte le concezioni tradizionali furono gettate in soffitta come cose irrazionali. Fino allora il mondo si era fatto guidare solo da pregiudizi; tutto il passato meritava solo compassione e disprezzo. Ora finalmente sorgeva la luce della Ragione; d'ora in poi la superstizione, l'ingiustizia, il privilegio e l'oppressione sarebbero stati elisi dalla verità eterna, dalla giustizia eterna, dall'uguaglianza fondata sulla natura, dagli inalienabili diritti umani.

Ora noi sappiamo che tal regno della Ragione fu solo il regno della borghesia idealizzato, che la giustizia eterna fu realizzata solo come giustizia borghese; che l'uguaglianza andò a finir nell'uguaglianza borghese ante la legge; che la proprietà fu proclamata come il principale diritto umano; e che lo Stato conforme a ragione (il contratto sociale di Rousseau1) si realizzò come repubblica democratica borghese (e solo così poteva realizzarsi). Come i loro predecessori, i grandi pensatori del ‘700 non poterono oltrepassare i limiti imposti loro dalla loro epoca.

[Il proletariato]

Ma, oltre al contrasto fra nobiltà feudale & borghesia (che pretendeva rappresentare tutto il resto della società), c'era il contrasto generale fra sfruttatori e sfruttati, fra ricchi oziosi e poveri lavoratori. Tale circostanza permise ai rappresentanti della borghesia di porsi rappresentanti di tutta l'umanità sofferente (anziché d'una sola classe). Ma fin dall'inizio alla borghesia attecchiva la sua antitesi: non possono esserci capitalisti senza operai salariati. Come il maestro della corporazione medievale evolveva nel borghese moderno, così il garzone della corporazione e il lavoratore giornaliero senza vincolo corporativo evolvevano nel proletario. Nella lotta contro la nobiltà, con diritto la borghesia si proclamò rappresentante delle varie classi lavoratrici di ogni tempo; eppure in ogni grande movimento borghese scoppiavano dei moti autonomi di quella classe che fu l'antecessore più o meno sviluppato del proletariato moderno (la Guerra dei contadini degli anabattisti e Thomas Münzer durante la Riforma tedesca2; i Livellatori durante la Gloriosa rivoluzione inglese3; Babeuf durante la Prima rivoluzione francese4). Tali sommosse rivoluzionarie d'una classe ancora indefinita si espressero pure teoricamente: nel ‘500 e nel ‘600, utopistiche descrizioni di regimi sociali ideali5; nel ‘700 teorie già comuniste (Morelly e Mably6).

[Il socialismo utopico]

Oltre ai diritti politici, l'uguaglianza doveva estendersi alla condizione sociale dei singoli; oltre ai privilegi di classe, si dovevano elider le stesse differenze di classe. La prima forma della nuova dottrina fu un comunismo ascetico ricalcato su Sparta (spregiatore di tutti i godimenti della vita). Poi seguirono tre grandi utopisti: Saint-Simon7 (che accanto alla tendenza proletaria, dava ancora valore alle tendenze borghesi); Fourier8; Owen9 (che nel paese in cui la produzione capitalistica era più sviluppata causando impressionanti lotte di classi, sviluppò sistematicamente dei progetti connessi direttamente al materialismo francese per elider le differenze di classe). Niun dei tre grandi utopisti stimò di rappresentar il proletariato (frattanto prodottosi storicamente): come gli illuministi, i socialisti utopisti volevano liberar tutta l'umanità, non una classe; volevano crear il regno della ragione e dell'eterna giustizia; ma il loro regno differisce da quello degli illuministi. Il mondo borghese basato su princìpi illuministici parve loro irrazionale e ingiusto come il feudalesimo e tutte le società anteriori, da seppellir nella storia. Finora la ragione e la giustizia effettive non hanno regnato nel mondo perché non le si era intese esattamente. Mancò l'uomo geniale che ora è sorto e ha capito la verità; ed è apparso ora e solo ora la verità è nota per un puro caso fortuito anziché necessariamente in seguito allo sviluppo storico. Sarebbe potuto nascere parimenti 500 anni prima risparmiando all'umanità 500 anni di errori, lotte e sofferenze.

[Cfr.: Antidühring, 3,1]

I filosofi francesi del XVIII secolo (prodromi della rivoluzione) vollero che la ragione fosse unico giudice di tutto l'esistente. Dovevano istituirsi uno Stato e una società razionali. Checché contraddicesse la ragione eterna doveva esser eliso senza pietà. Ma tale ragione eterna fu solo l'intelletto idealizzato del cittadino della classe media che si stava evolvendo nel borghese moderno. Ora, tostoché la rivoluzione francese realizzò tale società e tale Stato razionali, le nuove istituzioni, benché razionali rispetto a quelle passate, comunque non furono razionali in senso assoluto.

Lo Stato razionale si ruppe affatto. Il Contratto sociale di Rousseau trovò la sua realizzazione nel Terrore10, dopo cui la borghesia (persa la fede nella propria capacità politica) si rifugiò prima nella corruzione del Direttorio11 e poi sotto l'egida del dispotismo napoleonico. La promessa pace perpetua mutò in una guerra di conquista senza fine.

La società secondo ragione non ebbe sorte migliore. Anziché risolversi nel benessere generale, il contrasto fra ricchi & poveri fu acuito tostoché aboliti i privilegi corporativi e le opere benefiche della Chiesa di beneficenza che lo mitigavano. La “libertà della proprietà” dai lacci feudali si attuò ma ai piccoli borghesi e ai piccoli contadini parve libertà di vender al grande proprietario la loro piccola proprietà (oppressa dalla concorrenza preponderante del grande capitale e della grande proprietà terriera), cioè libertà di mutarsi in “libertà dalla proprietà”.

Lo slancio dell'industria a base capitalistica rese miseria e povertà delle masse lavoratrici necessarie pella società. Il pagamento in contanti divenne sempre più «il solo elemento di coesione della società» (Carlyle12). Il numero dei delitti crebbe di anno in anno. Mentre i vizi feudali prima ostentati divennero osceni, i vizi borghesi prima osceni divennero ostensivi. Il commercio si sviluppò sempre più come truffa. La parola d'ordine rivoluzionaria “fratellanza” si attuò nei soprusi e nelle rivalità della concorrenza. La corruzione sostituì l'oppressione violenta, il denaro sostituì la spada come leva primaria del potere sociale. Il ius primae noctis passò dai signori feudali ai fabbricanti borghesi. La prostituzione dilagò in misura inedita. Il matrimonio restò la forma legale, l'involucro ufficiale della prostituzione integrato dall'adulterio. Insomma: rispetto alle grandi promesse degli illuministi, le istituzioni sociali e politiche instaurate col “trionfo della ragione” si rivelarono caricature e amare delusioni. Mancarono allora solo gli uomini che constatassero tale delusione, i quali vennero all'inizio del secolo successivo. Saint-Simon (Lettere ginevrine, 1802); Fourier (Teoria dei quattro movimenti, 1808, benché la base della sua teoria risalga al 1799); Robert Owen (direttore di New Lanark13 dal 1° gennaio 1800). Ma al loro tempo la produzione capitalistica (e con essa l'antagonismo fra borghesia & proletariato) era assai poco sviluppata. La grande industria nata in Inghilterra era ancora ignota in Francia. E solo la grande industria sviluppa quei conflitti (nonché fra classi, fra le forze produttive & le forme di scambio) che rendono uopo un mutamento del modo di produzione, l'elisione del suo carattere capitalistico. Insieme alle sue gigantesche forze produttive l'industria sviluppa i mezzi per risolvere tali conflitti. Come nel 1800 i conflitti scaturiti dal nuovo ordine sociale erano solo sul nascer, così i mezzi per risolverli.

Durante il Terrore, le masse nullatenenti parigine (conquistando per un istante il potere e mettendo la rivoluzione borghese contro la borghesia) provarono la loro impossibilità di mantener il potere a lungo nelle condizioni coeve. Il proletariato (non ancora staccato da tali masse nullatenenti come nucleo di una nuova classe) era ancora incapace di un'azione politica autonoma, apparendo come un ceto oppresso, sofferente, bisognosa di ricever un aiuto dall'esterno o dall'alto.

Tale situazione storica segnò i fondatori del socialismo: a produzione e lotta di classi imperfette corrisposero teorie imperfette. Finché celata nei rapporti economici arretrati, la soluzione della questione sociale doveva uscir dal cervello. La società offriva solo incongruità: eliderle toccava alla ragione pensante. Serviva inventar un nuovo e più perfetto ordine sociale ed imporlo alla società dall'esterno colla propaganda e magari con l'esempio di colonie-modello. Tali nuovi sistemi sociali erano condannati ad esser utopie: più essi erano elaborati nei loro particolari, più dovevano risultar fole. Ciò detto, lasciamo tal argomento (ormai appartenente solo al passato) ai bottegai della letteratura che girovagano raccattando tali fole che oggi fanno solo rider, e facendo valere ante tali fole la superiorità dei loro sobri ragionamenti. Invece noi preferiamo rallegrarci dei germi di pensieri geniali che formarono quegli organismi fantastici, ai quali i filistei sono ciechi.

[Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon (Parigi, 17 ottobre 1760 – Parigi, 19 maggio 1825)]

Saint-Simon fu un figlio della prima rivoluzione francese (aveva appena 30 anni quando scoppiò). La rivoluzione fu la vittoria del terzo stato (cioè della gran massa della nazione attiva nella produzione e nel commercio) sugli stati oziosi fino allora privilegiati: nobiltà e clero. Ma la vittoria del terzo stato tosto si rivelò la vittoria esclusiva di una piccola parte di esso, la conquista del potere politico da parte dello suo strato sociale privilegiato: la borghesia possidente. Infatti già durante la rivoluzione tale borghesia si era lesta sviluppata mercé la speculazione sulla proprietà terriera di nobiltà e clero confiscata e poi venduta, e la frode compiuta ai danni della nazione dai fornitori militari. Proprio il dominio di tali ciarlatani sotto il Direttorio portò la Francia e la rivoluzione vicina alla rovina dando a Napoleone il pretesto per il suo golpe. Così nella mente di Saint-Simon l'antagonismo fra terzo stato & stati privilegiati prese la forma di un conflitto fra “lavoratori” & “oziosi”. Gli “oziosi”, oltre agli antichi privilegiati, erano tutti coloro che vivevano di rendita senza partecipare alla produzione e al commercio. E i “lavoratori”, oltre ai salariati, erano i fabbricanti, i mercanti e i banchieri. Che gli oziosi avessero perso la capacità della direzione spirituale e del dominio politico era un fatto compiuto e sancito dalla Rivoluzione. Che i nullatenenti non avessero tale capacità fu per Saint-Simon provato dall'esperienza del Terrore. Chi allora doveva diriger e dominar? Per Saint-Simon la scienza e l'industria, ambe rilegate da un nuovo nesso religioso: serviva ristabilir l'unità delle idee religiose rotta dalla Riforma (un “nuovo cristianesimo” necessariamente mistico e rigidamente gerarchico). Ma la scienza erano i professori e l'industria erano anzitutto i borghesi attivi (fabbricanti, mercanti e banchieri). Costoro dovevano mutarsi in una sorta di pubblici ufficiali, persone di fiducia della società, pur conservando ante gli operai un posto di comando e di privilegio economico. I banchieri specialmente dovevano esser tenuti a regolar tutta la produzione sociale con una regolazione del credito. Tale concezione esprime un periodo in cui in Francia la grande industria (e con essa il conflitto fra borghesia e proletariato) era solo sul nascer. Ma ciò che Saint-Simon particolarmente accentua è questo: che tiene anzitutto in cale, dovunque e sempre, la sorte della «classe più numerosa e più povera» (la classe la plus nombreuse et la plus pauvre).

Già nelle sue Lettere ginevrine Saint-Simon stabilisce che «tutti gli uomini devono lavorare» e che il dominio del Terrore fu il dominio delle masse nullatenenti. Grida loro «Guardate cosa fecero i vostri compagni quando governavano in Francia: essi portarono la fame!». Intender la Rivoluzione francese come una lotta di classi, nonché fra nobiltà e borghesia, fra nobiltà, borghesia e nullatenenti fu una scoperta genialissima per l'anno 1802. Nel 1816 disse che la politica è la scienza della produzione e ne predisse la dissoluzione nell'economia. Che la realtà economica è la base delle istituzioni politiche qui appare solo ancora in germe, ma è già esplicitata la trasformazione del governo politico (sugli uomini) in un'amministrazione di cose e in una gestione dei processi produttivi (cioè quell'«elisione dello Stato» che oggi fa tanto discuter14). Con pari superiorità sui suoi coevi egli proclama nel 1814 (subito dopo l'entrata degli alleati a Parigi15), e ancora nel 1815 (durante la guerra dei Cento giorni16), che l'unica garanzia di uno sviluppo prospero e di pace per l'Europa fosse l'alleanza fra Francia e l'Inghilterra e fra ambi i Paesi colla Germania. Predicar ai francesi del 1815 l'alleanza coi vincitori di Waterloo17 esigeva coraggio pari a riflessione.

[François Marie Charles Fourier (Besançon, 7 aprile 1772 – Parigi, 10 ottobre 1837)]

Saint-Simon ha una geniale larghezza di vedute con cui concepisce in germe quasi tutte le idee dei socialisti successivi non strettamente economiche. Invece Fourier fa una critica delle condizioni sociali coeve, il cui puro estro francese non la rende meno penetrante. Fourier prende in parola la borghesia, i suoi ispirati profeti prerivoluzionari e i suoi interessati apologisti postrivoluzionari. Ei svela implacabile la miseria materiale e morale del mondo borghese e le oppone sia le splendide promesse illuministe d'una società dominata dalla ragione, di una prospera civilizzazione e d'un'illimitata perfettibilità umana, sia l'ipocrita frasario degli ideologi borghesi contemporanei, provando come ovunque alla frase più altisonante corrisponda la realtà più ingrata, e copre di beffe mordaci questo irreparabile fiasco delle frasi. Nonché un critico, Fourier è reso dalla sua natura gaia satirico, anzi uno dei più grandi satirici di tutti i tempi. Con bravura nonché spirito ei descrisse la speculazione e la frode fiorite fallita la rivoluzione, nonché la generale rapacità del commercio francese. Ancora più salace è la sua critica della forma borghese dei rapporti sessuali e della posizione della donna nella società borghese18. Ei per primo asserì che in una data società il grado di emancipazione della donna è la misura naturale dell'emancipazione generale. Ma Fourier dà il massimo nella sua concezione della storia della società. Fourier divide tutto il corso della storia della società finora svolto in quattro fasi di sviluppo: ferinità, barbarie, patriarcato, civiltà19. La civiltà coincide con quella che oggi si chiama società borghese (l'ordinamento sociale introdotto dal ‘500). Fourier prova che: «l'ordine incivilito eleva ciascun vizio che la barbarie pratica in modo semplice ad un modo di essere complesso, a doppio senso, ambiguo e ipocrita»; che la civiltà si muove in un «circolo vizioso», in contraddizioni che essa riproduce sempre senza poterle superare, onde ottiene sempre il contrario di ciò che voleva o pretendeva di ottenere. Per esempio «nella civiltà la povertà sorge dall'abbondanza». Come si vede, Fourier maneggia la dialettica con la maestria del coevo Hegel. Con pari dialettica (contro il discorso sull'infinita perfettibilità umana) prova che ogni fase storica ha una fase ascendente ed una discendente, ed applica tale concezione pure al futuro di tutta l'umanità. Come Kant introdusse nella scienza naturale la futura distruzione della Terra, così Fourier introduce nel pensiero storiografico la futura distruzione dell'umanità.

[Côte della rivoluzione industriale]

Mentre l'uragano della rivoluzione spazzava la Francia, in Inghilterra ci fu una rivoluzione più silenziosa ma altrettanto efficace. Il vapore e le nuove macchine utensili mutarono la manifattura in industria, e così rivoluzionarono tutta la base della società borghese. Il pigro sviluppo della manifattura mutò in un tempestoso periodo di sviluppo della produzione20. Con sempre più velocità si polarizzò la società in grandi capitalisti e proletari nullatenenti: fra tali due classi, il ceto medio ben definito di prima mutò in una massa instabile di artigiani e di piccoli bottegai menanti un'esistenza insicura e formanti la parte più fluttuante della popolazione.

Il nuovo modo di produzione (il solo modo di produzione possibile e normale in quella rivoluzione industriale) era ancora all'inizio della sua fase ascendente, ma produceva già stridenti incongruità sociali: addensarsi d'una popolazione senza tetto nei peggiori quartieri delle grandi città; dissolversi dei legami tradizionali, della sottomissione familiare al patriarca; sopralavoro fino all'estremo (specie delle donne e dei fanciulli); apoteriosi della classe operaia gettata tosto a vivere in condizioni affatto nuove (dalla campagna alla città, dall'agricoltura all'industria, da condizioni di vita stabili a condizioni INSICURE e mutevoli di giorno in giorno). [Cfr.: La situazione della classe operaia in Inghilterra]

[Robert Owen (Newtown, 14 maggio 1771 – Newtown, 17 novembre 1858) ]

Apparve allora come riformatore un industriale ventinovenne, un uomo d'una semplicità infantile fino al sublime e dalle capacità direttive innate molto rare. Robert Owen avea assimilato dagli illuministi la teoria materialista che: il carattere dell'uomo è prodotto, nonché da un'organizzazione innata, dalle situazioni che lo circondano durante la vita (specie durante il suo sviluppo).

Nella rivoluzione industriale la maggior parte degli uomini del suo ceto vedeva solo confusione e caos, atti a pescare nel torbido rapide ricchezze. Invece Owen ci vide l'occasione di portar ordine nel caos con l'applicar il suo principio favorito. Aveva già avuto un successo a Manchester come direttore di una fabbrica di più di cinquecento operai. Dal 1800 al 1829 applicò gli stessi princìpi nelle grandi filande di New Lanark in Scozia, come codirettore ma con più libertà di azione e con un successo che gli valse fama europea. Owen trasformò una popolazione di 2.500 unità (formata da elementi più svariati e perlopiù fortemente demoralizzati) in una perfetta colonia modello: senza ubriachezza, polizia, tribunali, processi, assistenza ai poveri, bisogno di carità privata. E tutto ciò solo mettendo quella gente in condizioni più degne dell'uomo e sorvegliando l'educazione della nuova generazione. A New Lanark Owen introdusse per la prima volta gli asili infantili21. I bambini iniziavano la scuola a due anni, dove stavano così bene da riportarli a casa a fatica. Mentre i suoi concorrenti facevano lavorar tredici o quattordici ore al giorno, a New Lanark si lavorava solo dieci ore e mezza. Allorché una crisi cotoniera costrinse a fermare il lavoro per quattro mesi, agli operai disoccupati fu pagato l'intero salario; eppure il valore dello stabilimento era più che raddoppiato e rese fino all'ultimo un lauto profitto ai proprietari.

Eppure Owen era insoddisfatto. Per lui l'esistenza che aveva creata pei suoi operai non era ancora degna dell'uomo; «costoro sono miei schiavi»: le condizioni relativamente favorevoli in cui li aveva messi non garantivano ancora un razionale sviluppo sotto tutti gli aspetti del carattere e dell'intelletto, e ancora meno una libera attività. «Eppure la parte attiva di questi 2.500 uomini produceva per la società una ricchezza reale quanta appena un mezzo secolo prima avrebbe potuto produrne una popolazione di 600.000 uomini. Io mi chiedevo: dove finisce la differenza fra la ricchezza consumata da 2.500 persone e quella che avrebbero dovuto consumare in 600.000?». La risposta era chiara: era stata usata per pagar ai proprietari dello stabilimento il 5% di interesse sul capitale investito22 e un profitto di 300.000 lire sterline (6 milioni di marchi). E ciò valeva per New Lanark come per tutte le fabbriche inglesi. «Senza tale nuova ricchezza creata dalle macchine non si sarebbero potute far le guerre contro Napoleone a difesa della società aristocratica. Ma tale nuova potenza fu creata dalla classe operaia»23, quindi alla classe operaia dovevano appartenere pure i frutti di questa nuova potenza industriale.

Le nuove potenti forze produttive, fin ad allora servite solo ad arricchir i singoli e asservir le masse, davano a Owen le basi per un nuovo ordine sociale: dovevano lavorar come proprietà comune solo per il benessere comune. In tal guisa pragmatica (frutto dei conti di un commerciante, per così dir) sorse il comunismo di Owen. E conservò sempre lo stesso carattere orientato verso la pratica. Così nel 1823 Owen propose d'elider la miseria irlandese con colonie comuniste e allegò al progetto preventivi esatti su: costi di impianto, spese annue e prevedibili guadagni. Il suo definitivo piano per il futuro è studiato con tale competenza (con elaborazione tecnica dei dettagli e visione di tutto il complesso) che al suo metodo per riformar la società non si trova un'obiezione manco dal punto di vista di uno specialista.

Il passaggio al comunismo rovinò la vita di Owen. Finché si contentò d'esser filantropo raccolse solo ricchezze, plausi, onori e fama. Era l'uomo più popolare d'Europa. Oltre ai suoi pari, pure statisti e prìncipi lo ascoltavano plaudendo. Ma tostoché propose le sue teorie comuniste, ciò mutò. Per Owen tre grossi ostacoli impedivano la riforma sociale: proprietà privata; religione; matrimonio. Sapeva che attaccarli gli avrebbe riservato il bando da tutta la società ufficiale la perdita della sua posizione sociale. Ma ciò non gli impedì di attaccarli patendo quanto previsto. Bandito dalla società ufficiale, seppellito nel silenzio dalla stampa, impoverito dai falliti esperimenti comunisti in America (in cui sacrificò tutta la sua fortuna) si volse direttamente alla classe operaia e rimase a lavorare nel suo seno per altri trent'anni.

Tutti i movimenti sociali, tutti i veri progressi che in Inghilterra furono compiuti nell'interesse degli operai, sono legati al nome di Owen. Così nel 1819, dopo una lotta quinquennale, ottenne la prima legge che limitava il lavoro delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche. Così presiedette il primo congresso in cui le Trade Unions di tutta l'Inghilterra si riunirono in un'unica grande organizzazione sindacale.24 Così introdusse (come misure transitorie verso una società affatto comunista) le società cooperative (di consumo e di produzione), che se non altro provarono praticamente l'inutilità di mercante e fabbricante nella filiera; e gli empori del lavoro (istituti per lo scambio dei prodotti del lavoro mediante una carta moneta la cui unità di valore era l'ora di lavoro)25, che dovevano fallir d'uopo ma che anticipavano la Banca di cambio di Proudhon (1849)26 con una differenza: essi erano stimati la cura di tutti i mali sociali, bensì solo un primo passo verso una radicale trasformazione della società27.

[Conclusione diversa dall'Antidühring]

La concezione degli utopisti segnò a lungo le idee socialiste dell'800, e in parte le domina ancora. Fin a poco tempo fa, in essa rientravano sia il socialismo francese ed inglese sia il primo comunismo tedesco (incluso quello di Weitling28). Il socialismo è per tutti loro l'espressione delle assolute Verità, Ragione, Giustizia. Basta saperlo onde conquisti il mondo colla propria forza. Poiché la verità assoluta è avulsa dal tempo, dallo spazio e dallo sviluppo storico dell'uomo, è solo un caso quando e dove sia scoperta. Ma la verità, la ragione e la giustizia assolute sono diverse per ogni caposcuola; e poiché il particolare tipo che la verità, la ragione e la giustizia assolute assumono è a sua volta condizionato dalla comprensione, dalle condizioni di vita, dal grado di nozioni e di educazione a pensare di ogni caposcuola, allora in tal conflitto d'assolute verità è impossibile una soluzione diversa dall'escludersi a vicenda. Quae cum ita sint, poteva venir fuori solo un socialismo medio eclettico, quale effettivamente regna oggi nelle menti della maggior parte degli operai socialisti francesi e inglesi; una miscela che ammette varie sfumature, che risulta dalle invettive critiche meno polemiche, da princìpi di economia e immagini della società futura dei vari fondatori di sette; miscela che si ottiene tanto più facilmente quanto più, durante la discussione, sono smussati gli angoli acuti della precisione dei singoli componenti, come ciottoli levigati nel torrente. Per far del socialismo una scienza, serviva anzitutto porlo su una base reale.

Note

*1. Il passo di Hegel sulla rivoluzione francese è il seguente: «il pensiero, il concetto del diritto si fece valere súbito, e l'antico edificio dell'ingiustizia non poté opporre resistenza. In nome del diritto fu così redatta una costituzione su cui tutto doveva basarsi. Dacché il sole sta sul firmamento e i pianeti gli girano intorno, mai si era visto l'uomo rizzarsi sulla sua testa, cioè sul pensiero, su cui costruire conformemente la realtà. Anassagora per primo disse che il Nous folce il mondo; ma solo con la Rivoluzione francese l'uomo giunge a riconoscer che il pensiero deve governar la realtà spirituale. Questa fu un inizio glorioso celebrato da tutti gli esseri pensanti. Una nobile commozione dominò quel periodo, un entusiasmo dello spirito scosse il mondo, come se finalmente fosse avvenuta una conciliazione del divino col mondo» (G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia). Non sarebbe tempo di mettere in moto le leggi antisocialiste contro tali dottrine sovversive del defunto professor Hegel? [Nota di Engels]


1. Jean-Jacques Rousseau [1712-1778]: filosofo illuminista, deista, ispiratore dei princìpi della Rivoluzione del 1789 e dei suoi più radicali protagonisti.

2. Thomas Münzer [1490-1525]: teorico d'un comunismo biblico durante la Guerra dei contadini [1535] ribellatisi in Turingia insieme alla setta degli anabattisti all'epoca della Riforma.
Gli anabattisti erano membri di una setta religiosa protestante che stimavano inefficace il battesimo dei bambini perché imposto in età non razionale.

3. Levellers [Livellatori]: rappresentanti delle plebi urbane e rurali che durante la Rivoluzione inglese del 1648 avanzarono le rivendicazioni più democratiche e radicali. Più radicali di loro furono i diggers [zappatori] che formularono temi di socialismo libertario.

4. François-Noel Babeuf [1760-1797]: detto Caio Gracco, grande rivoluzionario francese, è il primo a sottolineare l'importanza della lotta di classe come molla della storia. Durante la Rivoluzione francese si proclama seguace dei sanculotti e lotta contro ogni involuzione e deviazione dei vari gruppi dirigenti. Fonda e dirige il giornale Il tribuno del popolo. Durante il Direttorio [1795] promosse con Filippo Buonarroti una “congiura degli Eguali”, rivendicante l'uguaglianza economica, superando l'uguaglianza politica voluta dai giacobini. Costretto all'illegalità, il suo gruppo diventa il primo “partito” retto da principi centralistici. Soppressa la congiura nel 1796, fu arrestato e fatto giustiziare il 28 maggio 1797.

5. Engels ivi allude alle opere di Tommaso Moro (XVI sec.) e Tommaso Campanella (XVII sec.), rappresentanti del comunismo utopistico.

6. Morelly [XVIII sec.]: abate francese, scrisse un Codice della natura (classico della letteratura utopistica) in favore dell'abolizione della proprietà privata. Fu ispiratore di Babeuf.
Gabriel Bonnot Mably [1709-1785]: abate francese, vagheggiò il ritorno all'uguaglianza primitiva e alla comunanza dei beni.

7. Henri Claude Saint-Simon [1760-1825]: socialista francese, ideò una riforma della società basata sulla collaborazione delle classi in nome di vaghe religiosità e fratellanza umane. Egli capì la divisione in classi della società, ma non il loro necessario conflitto e la necessità della loro scomparsa una volta mutati i rapporti di produzione.

8. Fourier [1772-1837]: socialista utopista francese, scrisse opere di critica della società, progettò colonie comuniste come unità economiche indipendenti.

9. Owen [1771-1858]: socialista utopista inglese. Fautore di un “nuovo mondo etico”, introdusse per la prima volta nella sua filanda di New Lanark innovazioni all'epoca straordinarie, tra cui la riduzione del tempo di lavoro, un sistema di previdenza contro malattie e vecchiaia, comitati operai consultivi, etc. Grande successo ebbero le cooperative di consumo da lui suggerite. Non così una sorta di banca di scambio basata sulla “carta moneta del lavoro” per assicurare all'operaio un valore di scambio equivalente al valore del lavoro prestato. Consumò tutto il suo patrimonio in esperimenti di comunità comuniste di produzione che si rivelarono irrealizzabili.

10. Terrore (giugno 1793 - luglio 1794): periodo della Rivoluzione francese durante il quale i Giacobini esercitano la loro dittatura rivoluzionaria e democratica.

11. Direttorio [1795-1799]: superesecutivo di cinque membri in Francia. Praticò il terrore contro le forze democratiche a favore della grande borghesia. Fu rovesciato da Napoleone.

12. Thomas Carlyle [1795-1881]: filosofo idealista inglese. Scrisse che solo individui singoli fanno la storia (Gli eroi e il culto degli eroi). Approdò a posizioni conservatrici e reazionarie. Fu annoverato nel Manifesto come “socialista feudale” per la sua critica della società borghese inglese (in: Past and Present, libro recensito da Engels negli Annali franco-tedeschi).

13. New Lanark: opificio per la filatura del cotone fondato nel 1784 da Robert Owen e piccola città operaia nelle vicinanze della città scozzese di Lanark.

14. Engels ivi si riferisce alla propaganda anarchica dei seguaci di Bakunin.

15. Presa di Parigi: 31 marzo 1814.

16. I Cento giorni: arco di provvisorio ripristino dell'Impero fra il ritorno a Parigi di Napoleone dall'isola d'Elba [20 marzo 1815] e la sua definitiva abdicazione [22 giugno 1815].

17. Waterloo: villaggio belga dove le truppe anglo-olandesi al comando del duca di Wellington e le truppe prussiane comandate da Blucher sconfissero Napoleone I [1815-06-18].

18. La critica di Fourier della forma borghese dei rapporti sessuali e della posizione della donna nella società è esposta in: L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato.

19. Invece ne L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato Engels distingue solo tre fasi (stato selvaggio; barbarie; civiltà) anziché quattro.

20. Nell'Antidühring Engels precisa «in un periodo di vero Sturm und Drang della produzione». Sturm und Drang [tempesta e impeto] fu il motto del primo romanticismo tedesco.

21. Ovviamente l'italiano asilo, il franese crèche, il tedesco Kleinkinderschule sono denominazioni di tre istituzioni dalla diversa origine e natura.

22. Nel 1813, stanco dei vincoli impostigli da gente che voleva condurre l'azienda secondo i principi consueti, Owen organizzò l'acquisto delle loro quote da parte di nuovi investitori (che comprendevano Jeremy Bentham e un noto Quacchero, William Allen) disposti ad accettar un rendimento annuo del 5% sul capitale lasciando spazio alla filantropia di Owen.

23. Owen: La rivoluzione nel pensiero e nella pratica della razza umana: memoriale diretto a tutti i «repubblicani rossi, ai comunisti e ai socialisti d'Europa», al governo provvisorio francese del 1848, e «alla regina Vittoria e ai suoi consiglieri responsabili».

24. Nell'ottobre 1833 Owen presiedette a Londra un congresso delle società cooperative e sindacali, creando la Grande associazione delle imprese della Gran Bretagna e dell'Irlanda. Accolta molto sfavorevolmente dalla borghesia e dallo Stato, l'Associazione cessa di esistere nell'agosto 1834.

25. Empori del lavoro: fondati dalle cooperative operaie di Owen in diverse città dell'Inghilterra. In essi si effettuava lo scambio equitativo dei prodotti del lavoro sulla base di una “carta moneta del lavoro” la cui unità di base era l'ora di lavoro.

26. Proudhon tentò di istituire una banca di cambio durante la rivoluzione del 1848-1849. Questa Banca del popolo fu fondata il 31 gennaio 1849 a Parigi. Esistette due mesi e fallì agli inizi di aprile 1849 senza aver neppure iniziato a funzionare.

27. Al posto del successivo capoverso, nell'Antidühring ci sono due capoversi finali accusanti Dühring di aver trattato con disprezzo Saint-Simon (malgrado riconoscimenti formali), di aver considerato di Fourier solo le fantasie avveniristiche dipinte con particolari romanzeschi, di aver ignorato gli scritti di Owen definendolo un mostro di importuna filantropia. Eppure come i primi utopisti Dühring trae le sue costruzioni solo dal suo cervello, ma è imperdonabile in un'epoca con in atto tutti gli elementi per analizzare le leggi del capitalismo.

28. Wilhelm Weitling [1808-1871]: esponente di primo piano del primitivo movimento operaio tedesco, teorico del comunismo egualitario utopistico. Sarto e filosofo tedesco, fu il primo teorico tedesco del comunismo. Benché dipendente dal socialismo evangelico di F.R. de Lamennais, offrì un contributo importante alla formazione di una coscienza proletaria di classe. Nel 1836, recatosi a Parigi, aderisce alla Lega dei Giusti: una società di cospiratori influenzata dalle concezioni di Blanqui e di Babeuf, alla quale avevano aderito Karl Schapper, Heinrich Bauer, Karl Pfänder e Georg Eccarius. La Lega dei Giusti fu travolta dalla sconfitta toccata alla “Società delle stagioni” il 12 maggio 1839: Schapper e Bauer dovettero, dopo lunga prigionia, lasciar la Francia e riparar a Londra. Engels definì i limiti della Lega nel carattere artigiano tedesco e idealmente corporativo dei suoi esponenti, il che impediva di costituirsi coscientemente in partito proletario. Si credeva fermamente nell'eguaglianza, nella fratellanza e nella giustizia e si era fermamente ignoranti in fatto di economia politica. Weitling pubblica L'umanità com'è e come dovrebbe essere [1838]. Nel 1839 si rifugia in Svizzera. Pubblica Garanzie dell'armonia e della libertà [1842] e Il vangelo di un povero peccatore [1843]. Nel 1844, espulso dalla Svizzera, viene consegnato al governo prussiano e condannato a dieci mesi di carcere per attività sovversiva ed empietà. Poi emigra in Inghilterra dove collabora per qualche tempo con K. Marx e F. Engels. Infine si stabilisce a New York dove muore in miseria [1871]. Weitling fu incluso da Marx ed Engels (pur senza nominarlo nel Manifesto) nel gruppo dei “comunisti egualitari” dominato dalle idee di Babeuf. Il passo del Manifesto in cui si parla del sottoproletariato può essere interpretato come una velata allusione pure a Weitling, poiché sia Weitling sia Bakunin vedevano nel Lumpenproletariat (sottoproletariato) l'elemento più leale e sicuro della rivoluzione. Weitling non ammetteva, nel cammino verso il comunismo, la necessità di un periodo di transizione nel quale la borghesia agisca come classe dirigente, cosa che lo distanziò da Marx. Per lui, il modo migliore per instaurar un diverso ordine sociale era portar il disordine sociale esistente a un livello tale da far esaurir la pazienza del popolo. Benché Marx salutasse con entusiasmo l'apparizione, nel 1842, del libro di Weitling Garanzie dell’armonia e della libertà, ruppe definitivamente con lui il 30 marzo 1846, quasi un anno prima della fondazione della "Lega dei comunisti".


Ultima modifica 2019.05.20